giovedì 23 ottobre 2008

UN'ALTRA PENSATA DI ISRAELE

ISRAELE / 20-10-2008
NELLE PRIGIONI ISRAELIANE CI SONO 11.700 PALESTINESI, TRA I QUALI ANCHE 274 MINORI E 88 DONNE. E LA TUTA DEL DETENUTO PASSA DAL MARRONE ALL'ARANCIONE, COME PER I PRIGIONIERI DI GUANTANAMO

Prigionieri palestinesi con tute arancione: come già accade nel famigerato carcere americano di Guantanamo.

La direzione delle prigioni israeliane impone ai detenuti palestinesi nuove forme di punizione e umiliazione, ma l'ultima "novità" adottata è veramente tra le più angoscianti: il colore della divisa dei prigionieri passerà dal marrone scuro all’arancione, nello stile del famigerato carcere statunitense di Guantanamo. Oppure, in quello altrettanto crudele dei condannati nel braccio della morte nelle carceri americane.



Nelle prigioni israeliane sono rinchiusi 11.700 palestinesi, tra cui 274 minori e 88 donne.

Abdelnaser Farawneh, esperto in "diritti dei prigionieri politici palestinesi", ha affermato che la decisione israeliana di imporre la divisa arancione "è ingiusta e dannosa per il movimento nazionale e per le lotte dei detenuti, perché è un nuovo modo di opprimere e umiliare".

I prigionieri hanno minacciato di avviare un periodo di lotte per affrontare tale nuovo abuso israeliano.

La storia del colore arancione risale all’anno 1967, a seguito dell’occupazione della Cisgiordania e della Striscia di Gaza, quando le forze israeliane imposero ai detenuti le divise arancioni. Negli anni '80 venne sostituito dal marrone e dall'azzurro.

Il colore arancione: "tortura psicologica per associazione". Parlano gli esperti. In un'intervista con il nostro corrispondente, il dott. Fadel Abu Hein, psicologo, ha spiegato: "In generale, i colori hanno degli effetti sulla psiche delle persone. Questa scelta peggiorerà la vita dei detenuti. Parlo in base ad un’esperienza personale nelle prigioni israeliane: ci si sente forzati in tutto, anche nel mangiare e nel bere. Si tratta di interferenze nella volontà dell’uomo".Anche Saber Abu Karsh, direttore dell’associazione Waed per la Difesa dei Detenuti, ha confermato che "l'arancione disturba psicologicamente i cittadini incarcerati, perché è il colore usato per i criminali e per i condannati a morte".

Egli ha aggiunto che la direzione delle prigioni israeliane "studia tutti i mezzi per nuocere ai detenuti. Il più noto è l'installazione di telecamere in ogni angolo".

I nuovi aguzzini. Per secoli, gli ebrei hanno sofferto crudeli persecuzioni. Durante il periodo nazi-fascista, erano rinchiusi in campi, in Europa, isolati dal resto degli abitanti, costretti a indossare vestiti e distintivi di riconoscimento.con una riga fosforescente di 10 centimetri sul petto e sulla schiena, e un'altra sui pantaloni intorno alle gambe. Questa divisa rende chi la indossa un facile obiettivo...".

Ora, sottolineano i detenuti, "siamo costretti anche noi ad indossare camicie

Abu Hein continua: "Per le autorità di occupazione, il colore arancione ha un senso particolare: è lo stesso 'colore di condanna' imposto agli ebrei in Europa. Esso è un mezzo attraverso il quale tentano di umiliare e di opprimere i detenuti" - detenuti politici e non criminali comuni.Nuova Guantanamo. La prima cosa che viene in mente, quando si vede questo colore arancione, sostengono le persone intervistate da Infopal, è la prigione americana di Guantanamo, dove sono imprigionati i “terroristi”.Farawneh e Abu Karsh affermano: "L’imposizione dell'arancione ai detenuti palestinesi, significa volerli assimilare ai criminali che meritano la morte. L’uso del colore arancione rafforza nell'opinione pubblica internazionale la convinzione che chi lo indossa è un criminale o terrorista, come l’America definisce i detenuti di 'Guantanamo', che 'non devono essere trattati come prigionieri di guerra, ma come assassini'".

Farawneh prevede una sommossa dei detenuti in tutte le prigioni israeliane contro l’applicazione di questo nuovo abuso, mentre Abu Hein immagina una violenta operazione punitiva da parte delle forze israeliane. Insomma, ancora ingiustizie, feriti e morti sotto lo sguardo indifferente della comunità internazionale.

mercoledì 1 ottobre 2008

SOSTIENI LA PALESTINA BEVI SAMAR COLA!

IL PROGETTO SAMAR
Il Progetto Samar ha l’obiettivo di sostenere la società civile palestinese, attraverso l’importazione e la diffusione dei prodotti che, a causa dell’occupazione israeliana, non trovano sbocco sul mercato interno, determinando il progressivo collasso dell’economia. Recentemente, la Camera di Commercio Palestinese calcolava che almeno la metà delle circa trecento imprese artigiane ad essa affiliate sono state costrette a chiudere, con le ricadute sociali e occupazionali che tutti possiamo immaginare.
Partner e destinataria dell’iniziativa è la Mezzaluna Rossa Palestinese, l’equivalente della nostra Croce Rossa, che gestisce gli interventi sanitari, assistenziali e umanitari nella Cisgiordania, nella Striscia di Gaza e nei campi profughi dove sono rifugiati milioni di Palestinesi espulsi dalla propria terra dalle invasioni israeliane del 1948 e del 1967. Attualmente, per esempio, la Mezzaluna Rossa Palestinese è impegnata nell’assistenza ai rifugiati del campo di Nahr El Bared, nel nord del Libano, raso al suolo dall’esercito libanese, con il conseguente rovesciamento di decine di migliaia di persone sulle strutture già prossime alla crisi degli altri campi libanesi, principalmente quello di Beddawi, che ha accolto oltre la metà dei circa 40.000 residenti di Nahr El Bared.
I principali prodotti che intendiamo collocare sui mercati italiani ed europei sono in gran parte quelli dell’artigianato palestinese: scacchiere, scatole ed altri oggetti in legno di Betlemme; servizi di bicchieri ed oggetti d’arte in vetro di Hebron; piatti, tazze ed altri elementi in ceramica di Nablus; abbigliamento e gioielleria prodotti da piccole imprese e cooperative. Sono allo studio altri progetti, quali l’importazione e la diffusione di prodotti industriali nel campo della cosmesi, in particolare provenienti dal Mar Morto. Accanto all’importazione di prodotti palestinesi, prenderà il via la produzione di una linea di bevande dedicate alla Palestina: le prime bibite commercializzate saranno la Samar Cola e la Samar Orange, di cui il 20% del ricavato sarà devoluto alla Mezzaluna Rossa Palestinese.
La mission dell’iniziativa è molto impegnativa, inserendosi nel filone del commercio solidale, dal quale fino ad ora la società palestinese è stata inspiegabilmente quasi del tutto esclusa, carenza che ci proponiamo di colmare, con il duplice obiettivo di contribuire a rivitalizzare il tessuto produttivo palestinese e di sostenere la struttura sanitaria ed umanitaria della Mezzaluna Rossa Palestinese, costretta ad operare in condizioni drammatiche ed i cui operatori spesso pagano con la vita la dedizione al proprio, indispensabile lavoro.




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