domenica 31 agosto 2008

L'ARRIVO DELLA NAVE FREE GAZA

LA FREE GAZA E LA LIBERTY FELICEMENTE APPRODATE A GAZA

Dopo le minacce, le difficoltà, le telefonate alla gloriosa ciurma del tono "Come vuoi morire oggi?" finalmente le imbarcazioni hanno raggiunto Gaza, accolte dalle associazioni e dalla società civile di Gaza con calore e affetto.
Dal blog guerrillaradio.iobloggo.com


"da oggi una piazza centrale di Gaza è stata ribatezzata Free Gaza e Liberty,
e presto un monumento con inciso tutti i nostri nomi verrà posto a futura memoria della nostra folle, umana impresa.
Personalmente più di questa pietra, il miglior premio è l'indescrivibile gioia, la sincera riconoscenza, che non si placa,
dei Gazauri nei nostri confronti,
abbiamo lenito il dolore, ridonato speranza, e questo e solo l-inizio."

Vicky

mercoledì 20 agosto 2008

FREE GAZA

Partirà da Cipro navigando in acque internazionali la nave Free Gaza per arrivare sulle coste di Gaza senza passare, per la prima volta per Israele. Fanno parte dellìequipaggio palestinesi e pacifisti internazionali che si apprestano a rompere l'assedio. Ci sono state minacce da parte di Israele molto pesanti, ai palestinesi di uccidere le loro famiglie rimaste nei territori occupati, agli altri minacce di arresti ecc. Ma Israele non ha nessuna giurisdizione sul percorso della Free Gaza affiancata da altre imbarcazioni e alla fine ha cambiato atteggiamento, staremo a vedere.






08/08/2008

Liberty, il nostro vascello più piccolo,
sta viaggiando a vele spiegate verso Creta, sabato ci sarà un'attesa conferenza stampa,
inviteremo a bordo la stampa internazionale.

Free Gaza, l'imbarcazione più grande, è fuori in alto mare a compiere gli ultimi test di navigazione.
Mai mi sarei immaginato che armonizzare tutti gli strumenti di rotta fosse così complicato, come accordare un'orchestra sinfonica.
Per fortuna con noi c'è Paul Larudee, coofondatore del Free Gaza Movement, di professione accorda pianoforti.

Mi comunicano che sono molte le testimonianze giunte di affetto e vicinanza,
ringrazio vivamente tutti coloro che si stanno spendendo affinchè questa nostra missione non scada nell'anonimato.

Numerosi i palestinesi da ogni parte del mondo ci hanno chiesto un passaggio,
uomini e donne esuli di Gaza non rivedono la famiglia anche da più di dieci anni. A questi fratelli prometto che una volta riusciti a rompere l'assedio, tornati a Cipro, organizzaremo subito un altro convoglio, e ci sarà posto per tutti (ti ho dato la mia parola, Khalil).

Una terza barca seguirà la nostra impresa,
l'equipaggio è composto dai molti giornalisti ci hanno chiesto di poter essere accreditati, fra gli altri, Alan Johnston, il reporter della BBC rapito l'anno scorso proprio a Gaza da un gruppo di estremistri islamisti e rilasciato soprattutto grazie alle pressioni esercitate da Hamas.

Penso che sia ormai noto ai più che Luaren Booth, cognata di Tony Blair fa parte della nostra ciurma.

Grazie a Valentina ci è arrivato fino a qui l'incoraggiamento di Wafa,
suo carissimo amico palestinese che vive presso il campo profughi di Al Shatee.
Wafa sarà fra le decine di migliaia di palestinesi pronti a riceverci al porto di Gaza.
Queste le sue letterali parole:

"Al di là delle provviste che porterete, nei nostri occhi vedrete la vittoria di avere una risposta alla nostra
soffocata richiesta di vita, una forma di rispetto al nostro stato di sopravvivenza e un gesto , un
je accuse verso i veri assassini delle libertà,
certo che ce la farete.."


Sappiamo che sono parecchi i palestinesi di Gaza a pensarla come Wafa, nel mio peregrinare in Palestina mi sono sempre accorto che le sofferenze provocate dalla efferata occupazione israeliana, sono ulteriormente aggravate da questo sentimento di abbondono, lo sconforto nell'apprendere giorno per giorno che il mondo si è quasi completamente disinteressato alla tragedia palestinese.

Io ho la speranza che ce la faremo, non la certezza.
Ma sono sicuro che qualsiasiasi cosa succeda al larco di Gaza,
stiamo facendo la cosa giusta, legalmente e umanamente.

A volte le utopie si concretizzano.
E se non concretizzano, anche in quel caso servono.

"L'utopia è come una bella donna all'orizzonte. Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Faccio dieci passi e la bella donna si sposta di dieci passi. Per quanto cammini, mai la raggiungerò. A cosa serve l'utopia? Serve a questo: a camminare, ad andare avanti".

Andremo avanti noi, ci verranno incontro le speranze spezzate dei palestinesi, nella certezza che c'è ancora un angolo di mondo che è interessato ad ascoltare il loro pianto, che desidera ardentemente lenire il dolore,
e per far questo è disposto ad assumersi ogni rischio.

Quello di rischia di più fra noi è Jeff Halper, di cui vi presento il comunicato.
Dei 4 cittadini israeliani coinvolti nella nostra missione, è l'unico che effettivamente sarà imbarcato (gli altri resteranno a Cipro a coordinare i media). Jeff, attivista pacifista del comitato israeliano contro la demolizione delle case palestinesi, rischia fino a 20 anni di reclusione se viene arrestato.

Ma Jeff, come me, come tutti noi, ritiene che la causa dei diritti umani è un valore per cui è giusto impegnare la vita, qualsiasi rischio ciò possa comportare.

Restiamo umani,

Vittorio Arrigoni. blog:http://guerrillaradio...

website della missione: http://www.freegaza.o...

martedì 19 agosto 2008

FADEL SHANA

NESSUNA GIUSTIZIA PER FADEL SHANA

l capo dell'avvocatura militare israeliana, Gen. Avi Mendelblit ha chiuso il 13 agosto le indagini sulla morte del cameraman della Reuters Fadel Shana (nella foto), ucciso da colpi sparati da un tank israeliano a Gaza il 17 aprile 2008. I risultati dell'inchiesta sono quelli che tutti si aspettavano, gli stessi che, fra gli altri, hanno assolto i militi israeliani che avevano preso di mira, uccidendolo, il fotografo italiano Raffaele Ciriello. La commissione militare dello stato ebraico ha infatti determinato che la condotta dell'equipaggio del carro armato, che "erroneamente" identificò Shana come uomo armato, non ha oltrepassato i limiti della procedura e di conseguenza nessuno dei soldati implicati verrà processato. Risibili le precisazioni del generale Mendelblit: "L'equipaggio del carro armato non è stato capace di determinare la natura dell'oggetto montato sul treppiede ed identificarlo positivamente come un missile anti-tank, o come un mortaio, o come una telecamera" (YnetNews).
Si ricorderà che Fadel Shana, 23 anni, palestinese, stava lavorando per Reuters sulle violenze in corso a Gaza quando veniva preso di mira e trucidato da un razzo sparato da un carro armato israeliano fermo a diverse centinaia di metri di distanza. Il cameraman proseguiva a filmare fino al momento in cui il colpo mortale centrava il bersaglio scelto dall'equipaggio del tank. Indubbiamente scelto, perchè le scritte a grandi caratteri sull'autovettura del giornalista non potevano lasciare dubbi sulla natura del veicolo e del suo equipaggio. Il missile (o i missili) caricati con le micidiali flechette, uccidevano altri otto ragazzi palestinesi di età tra i 12 e i 20 anni. Una strage. Human Rights Watch dichiarava che secondo la sua indagine l'equipaggio del carro armato dell'esercito di occupazione israeliano aveva operato in modo temerario o deliberato. Un'indagine condotta per conto dell'agenzia Reuters accertava che il veicolo di Fadel Shana aveva oltrepassato, appena un'ora prima, un posto di blocco a 700 metri dai carri armati (Independent).
L'esercito di occupazione che si autodefinisce "il più morale del mondo" ha colpito ancora una volta. Ha aggiunto oggi al crimine la beffa, diffondendo l'ennesima vergognosa apologia dei propri misfatti. Ma pensando ai soldati che anche stavolta (e per l'ennesima volta) eviteranno una giusta condanna, ci si deve chiedere se sia più criminale il milite arrogante, sobillato da una dirigenza irresponsabile e da una classe politica fanatica, falsa e guerrafondaia o l'esercito e la dirigenza che assolvendolo dal suo delitto cercano di assolvere se stessi da crimini ben più gravi.


Dall'ass. Italo-palestinese

martedì 12 agosto 2008

ADDIO VIAGGIATORE DEL SOGNO

Mahmud Darwish, luce della Palestina e uno dei più grandi poeti contemporanei ci ha lasciati. Il mondo è un po’ più vuoto e triste, ma restano “i messaggi che le sue mani hanno affidato alle colombe”. Nella sua opera “Murale” con la chiaroveggenza e la grandezza dei veri poeti aveva percorso come un sogno l’ultimo viaggio verso la morte.
“Ho visto i miei tre compagni singhiozzare
Mentre
M’intessevano un sudario
con fili dorati
Ho visto paesi cingermi
Con braccia mattinali:
sii degno del profumo del pane
Intonati ai fiori del marciapiede
Ché il forno di tua madre è ancora acceso
E il saluto caldo come il pane.
Non abbiamo sentito particolari commemorazioni dai nostri media, per la morte di uno dei più grandi poeti a livello mondiale, a cui del resto non fu conferito il Nobel per la letteratura perché palestinese. Così Darwish appare ai nostri occhi come uno dei 36 giusti nascosti che reggono il mondo in ogni generazione.
Era nato il 13 marzo 1941 in Galilea. Durante la guerra del 48 il suo villaggio fu raso al suolo e gli abitanti costretti all’esilio. Studiò nelle scuole arabo-israeliane e andò a vivere ad Haifa. Pubblicò la prima raccolta di poesie “Uccelli senza ali” a 19 anni, in seguito le sue opere conosciute in tutto il mondo furono tradotte in 40 lingue. Aderì al partito comunista israeliano nel 1961. Fu incarcerato a causa delle sue opere poetiche.
“Ho detto al carceriere sulla riva occidentale
-Sei il figlio del mio vecchio carceriere?
-Si-
-E tuo padre dov’è?
-Ha detto- mio padre è morto da anni mi ha dato in eredità la sua missione e il suo mestiere e mi ha raccomandato
Di proteggere la città dal tuo canto…
-Ho detto –da quanto mi sorvegli e t’imprigioni dentro di me?
Ha detto –da quando hai scritto le tue prime canzoni-
All’inizio degli anni 70 scelse l’esilio e partì prima per Mosca e successivamente si trasferì al Cairo. Nel 73 a Beirut diresse il mensile “Questioni palestinesi”. Nel 93 si dimise dal Comitato esecutivo dell’OLP per protestare contro gli accordi di Oslo. Nel 96 viene autorizzato per la prima volta a entrare in Israele, dopo l’esilio, per partecipare ai funerali dello scrittore Emil Habibi. Il 15 novembre 1988 scrisse la Dichiarazione di indipendenza dello stato di Palestina proclamato da Arafat ad Algeri.
In questi ultimi anni ha vissuto tra Ramallah, Amman e il Cairo.
Nel marzo 2002, durante la seconda Intifada, da mesi assediato a Ramallah e impossibilitato a rispondere ai molti inviti ricevuti dall’estero, invitò alcuni scrittori di fama internazionale a recarsi in Palestina. Una delegazione di 8 scrittori provenienti da 4 continenti del Parlamento Internazionale degli scrittori rispose al suo invito, rompendo l’assedio.
“E’ per me un grande piacere e un onore accogliervi su questa terra nella sua primavera di sangue, una terra che ha la nostalgia del suo vecchio nome: terra d’amore e di pace. La vostra visita è un modo per rompere il nostro sentimento di isolamento. Con voi noi ci rendiamo conto che la coscienza internazionale, di cui siete onorevoli rappresentanti, vive ancora ed è capace di protestare e di schierarsi dalla parte della giustizia. Voi ci avete dato l’assicurazione che gli scrittori hanno ancora un ruolo importante da svolgere nella lotta per la libertà e nella battaglia contro il razzismo” Fu l’inizio del suo discorso di saluto.
Mahmud Darwish ci ha lasciato, ma la sua poesia resterà con noi per sempre, i suoi versi canteranno nelle future generazioni e daranno forza alla lotta del popolo palestinese per la libertà e la giustizia, daranno a tutti noi la gioia interiore di elevarci per un momento sopra la miseria del mondo. La sua poesia resta come una grandiosa testimonianza e un grande regale al mondo.
“Verde la terra del mio poema, verde e alta…
Piano lo annoto, piano,
al ritmo dei gabbiani nel libro dell’acqua. Lo scrivo
e lo lascio in eredità a coloro che si domandano:
per chi canteremo
quando la salsedine si diffonderà nella rugiada?
Verde, lo scrivo nel libro dei campi
Sulla prosa delle spighe incurvate da un pallido turgore
Che è in loro, che è in me. Ogni volta che sono diventato amico
O fratello di una spiga, ho imparato a sopravvivere al nulla e al suo contrario: “sono il chicco di grano che muore
Per germogliare di nuovo,
nella mia morte c’è vita…”

martedì 5 agosto 2008

SUCCESSO DELLA MARCIA DEI BAMBINI DEL 2 AGOSTO

COMUNICATO STAMPA
4 agosto 2008

Successo della marcia nonviolenta dei bambini palestinesi
in risposta alle violenze dei coloni
nonostante gli arresti di attivisti israeliani e internazionali

Nella giornata di sabato 2 agosto 2008 si è svolta con successo la marcia nonviolenta indetta per chiedere la fine dell’espansione degli insediamenti e delle aggressioni dei coloni dell'area a sud di Hebron, violenze che si protraggono nonostante ormai da tempo la Commissione per i Diritti dei Bambini del Parlamento Israeliano abbia deliberato l’obbligo di scorta da parte dell’Esercito Israeliano per proteggere i bambini palestinesi dai continui attacchi dei coloni.
Più di un centinaio di bambini palestinesi, accompagnati dai propri genitori e supportati da decine di attivisti israeliani e internazionali, tra cui i volontari di Operazione Colomba (Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII) e del Christian Peacemaker Teams (CPT - ONG Statunitense), hanno pacificamente percorso la via che congiunge il villaggio di at-Tuwani al villaggio di Tuba.
Tale strada è interdetta per i palestinesi dell'area a causa delle continue aggressioni da parte dei coloni israeliani del vicino avamposto illegale di Havat Ma'on (Hill 833).
Intorno alle 10:30 la marcia, appena iniziata, è stata però fermata con la forza dall'esercito israeliano che, dichiarando l'intera area "zona militare chiusa", ha tentato di arrestare un palestinese e ha aggredito, cercando di strozzarlo, un attivista del CPT accorso per impedire l'arresto.
La marcia è stata quindi sospesa ma, alcune ore più tardi, mentre i militari impedivano il passaggio ai volontari internazionali aggredendo e arrestando una volontaria dell’Operazione Colomba, i bambini, accompagnati dagli adulti, sono finalmente riusciti ad incamminarsi verso Tuba.
La volontaria di Operazione Colomba è stata aggredita da un ufficiale israeliano, quando poi si è recata dalla polizia per sporgere denuncia, è stata a sua volta accusata di aver aggredito l’ufficiale e dunque arrestata.
Nonostante un video mostri che l’aggressione è avvenuta esclusivamente da parte del soldato, la volontaria di Operazione Colomba è stata rilasciata soltanto a tarda notte e su di lei pendono ancora accuse ingiustificate.

Per contattare i volontari dell’Operazione Colomba in Palestina e Israele
Tel: 00972 – 548.130.634 / 548.052.843