LAMPEDUSA CHIEDE A GRAN VOCE I NOMI DEI RESPONSABILI DELLA STRAGE IN MARE E DICE BASTA ALLE MENZOGNE.
Ancora una volta Lampedusa è teatro dell'ennesima tragedia del mare, ma stavolta non è colpa del mare in tempesta, stavolta 73 persone sono morte per l'indifferenza e l'egoismo di quanti non hanno prestato soccorso, per paura di fare la fine dell'equipaggio del Pinar, di essere respinti dai porti di Malta e Lampedusa per giorni e giorni e rimanere ostaggio delle politiche xenofobe e razziste dei respingimenti, politiche che alla fine condannano a morte i migranti in cerca d'asilo, in cerca di una terra in cui approdare.
Si riuscirà questa volta ad avere i nomi dei responsabili di una simile tragedia? E a dare un nome alle vittime?
Siamo sgomenti di fronte alla disumanità di chi addirittura mette in dubbio le parole dei 5 eritrei sopravvissuti e, ancor di più, di fronte alla faccia tosta di chi ringrazia, anche da Lampedusa, il leghista, l'uomo del nord per avere così risolto il problema dell'immigrazione a Lampedusa.
Lo sgomento e la necessità di dissociarci da simili atteggiamenti dettati da fini propagandistici a tutela di interessi privati, ci impone in primo luogo di precisare:
1) gli eritrei sopravvissuti approdati a Lampedusa non sono immigrati clandestini, ma richiedenti asilo, con diritto a soggiornare regolarmente nel nostro Paese, non assimilabili per nulla ai migranti irregolari. I 73 morti sono stati abbandonati al loro destino da nazioni che hanno firmato la convenzione di Ginevra del 1951 e che, in più, hanno una tradizione marinara, fondata sulle leggi del mare che impongono, al di là di qualsiasi normativa nazionale o transnazionale, di prestare soccorso e assistenza a chiunque si trovi in difficoltà;
2) non si comprende sulla base di quale logica i 5 sopravvissuti avrebbero dovuto mentire, già nell'immediatezza dello sbarco, sulle atrocità vissute, sui cadaveri che hanno dovuto abbandonare al mare e sulle imbarcazioni incrociate durante i venti giorni di viaggio, considerato anche che tutto ciò non influisce minimamente sul loro status di rifugiati; e non si capisce la ragione per cui ai giornalisti presenti sull'isola viene impedito qualsiasi contatto diretto con i sopravvissuti. Paura della verità?
3) sulla base di dati certi del 2008, forniti dallo stesso Viminale, le politiche dei respingimenti in Libia hanno il risultato di colpire per il 75% persone che hanno diritto a richiedere asilo e solo per il 25% l'immigrazione irregolare, il che significa che avrebbero impedito l'ingresso in Italia di circa 10.000 nuovi immigrati clandestini a fronte di oltre 300.000 ingressi irregolari all'anno nel resto d'Italia. E un risultato di cui andare fieri? E a quale costo?
In ultimo, sentiamo il dovere di smentire quanto in questi giorni avrebbe affermato un imprenditore locale, in relazione alla presunta svolta che Lampedusa starebbe per intraprendere grazie alle nuove misure del Governo in materia di contrasto all'immigrazione e di cui si dice grato al Ministro Maroni. Ricordiamo al nostro concittadino che se oggi Lampedusa non è la Guantanamo d'Europa, mentre nel resto d'Italia i C.I.E. stanno esplodendo, questo è il risultato dell'aspra battaglia sostenuta da tutti i lampedusani che sono riusciti ad impedire la realizzazione abusiva del carcere per migranti a Ponente, per di più in un sito particolarmente protetto in ragione di vincoli imposti da leggi. E tutto ciò accadeva mentre la maggior parte degli albergatori, durante tutto l'inverno, facevano il pienone di militari nelle loro strutture a spese dello Stato, abbondantemente beneficiando, anzi attingendo a piene mani dal business dell'immigrazione verso cui oggi punta il dito l'albergatore Lombardo. Forse da qui la gratitudine al leghista del nord?
E' vero, l'intera economia dell'isola è basata sul turismo e il turismo è fatto d'immagine. Ma quale immagine?
Per Legambiente: Giusi Nicolini
Per Arci Askavusa: Giacomo Sferlazzo
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