Non un incontro di pace, ma una conferenza di guerra
Michel Warschawski - 23 ottobre 2007.
Per farsi un’opinione su una conferenza, si ritiene di solito importante sapere innanzitutto chi vi parteciperà. Io penso, da parte mia, che la vera questione dovrebbe sempre essere: «Chi non è stato invitato?».
Un incontro per la pace sul conflitto israelo-palestinese dove Hamas non è invitato, non è un incontro per la pace, ma una conferenza per la guerra, contro, tra l’altro, Hamas e parte importante della popolazione palestinese di Cisgiordania e Gaza che ha votato in maggioranza Hamas al Consiglio legislativo palestinese.
Il contesto strategico della conferenza di Annapolis si situa nella strategia neo-conservatrice per una guerra globale, infinita e preventiva, contro «la minaccia islamica», quella che i fondamentalisti della destra cristiana USA che consigliano il presidente George W. Bush chiamano semplicemente senza bisogno di eufemismi, «la guerra contro l'Islam». Hamas non è che un bersaglio, a cui bisogna aggiungere l'Iran, gli Hezbollah in Libano ed eventualmente la Siria, benché il regime siriano sia un regime laico che ha massacrato più islamisti di ogni altro Stato del Medio Oriente. Ma chi se ne preoccupa? Per alcuni dei neo-conservatori inesorabili che stanno sempre attorno a Bush, tutti gli Arabi sono musulmani, e tutti i nemici di Washington sono obiettivi della crociata americana per difendere la civiltà detta giudeo-cristiana contro la minaccia dell'Islam, anche se questa minaccia si chiama Hugo Chavez o Evo Morales.
Durante la sua visita in Medio Oriente, la segretaria di Stato, Condoleezza Rice, ha disposto le sue truppe per la prossima guerra, distribuendo il denaro ai paesi mercenari, minacciando chi esita ancora e dando le ultime istruzioni al governo israeliano. Il fronte degli «Stati moderati», come il dipartimento di Stato osa chiamare gli Stati vassalli di Washington, dovrebbe ora essere pronto per la guerra, e la conferenza di Annapolis costituirà la prima riunione del «gabinetto di guerra» di questa guerra.
C’è tuttavia un elemento che manca nei preparativi americani: quali saranno le rappresaglie iraniane e quanto costerà in uomini e materiali una guerra del genere? Teheran non è Gaza, e l'Iran ha i mezzi per rispondere ad un’aggressione israelo-americana. Gli abitanti di Tel Aviv potrebbero ben essere tra quelli che pagheranno molto caro i piani dementi di George W. Bush... il quale non se ne preoccupa molto.
L’ultima dichiarazione del pazzo della Casa Bianca fa rabbrividire: egli mette in guardia contro una «Terza Guerra mondiale»! «Messa in guardia» è l'espressione neo-conservatrice per dire «minaccia». In breve, nella sua completa follia, Bush minaccia di lanciare una guerra nucleare in Medio Oriente, una guerra che, facilmente, potrà propagarsi in tutto il mondo. Nel loro assoluto cinismo, i neo-con presentano questa guerra come una guerra «per la difesa degli Ebrei». Gli Ebrei, presi come pretesto di una nuova crociata condotta dai fondamentalisti cristiani, e lo Stato d'Israele come testa di ponte della guerra di difesa della civiltà giudeo-cristiana!
No, grazie! Noi, gli Ebrei, dovremo pagare due volte, e un prezzo molto elevato, per questa guerra: in primo luogo per essere i battaglioni di punta dei crociati e poi come capri espiatori, quando questa guerra sarà perduta. Non c’è dubbio alcuno che, quando l'avventura USA arriverà alla sua conclusione, in un fiasco sanguinoso, questi stessi dirigenti che si sono serviti degli Ebrei come pretesto, accuseranno gli Ebrei del loro fallimento. Nessun bisogno di essere profeta per predire che i fondamentalisti cristiani che circondano Bush e spingono ad uno «scontro di civiltà» - che sono dei super-sionisti e degli antisemiti arci-convinti – se la prenderanno, ancora una volta, con gli Ebrei per la crisi nella quale la santa crociata, che fu la loro, contro l'Islam, avrà condotto il mondo occidentale.
Bisognerebbe che una voce ebraica, forte, in Israele come in tutto il mondo, si levasse per dire al mondo: «Non in nostro nome! Non servitevi degli Ebrei come pretesto per la vostra aggressione imperiale!» Purtroppo, e si può dire tragicamente, ad Annapolis, i due Ehud, Olmert e Barak, faranno esattamente il contrario, faranno il gioco e la propaganda dei peggiori antisemiti della nostra epoca: offriranno spontaneamente la nostra nazione e gli Ebrei di tutto il mondo perché siano, insieme, il principale strumento della Terza Guerra mondiale.
Che Dio ci aiuti, o chiunque altro che possa fermare questa follia!
22 ottobre 2007 - Blog di Michel Warschawski su Alternative Information Center
mercoledì 31 ottobre 2007
martedì 16 ottobre 2007
Violenza fascista
ANCORA IL FASCISMO
Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad una recrudescenza degli attacchi fascisti che hanno colpito Viterbo, ma anche Roma, ci ricordiamo di Villa Ada quest'estate dove un'invasione di forsennati vide un tardivo arrivo delle cosiddette forze dell'ordine che seppero solo arrestare qualcuna delle persone aggredite. I commentatori dei media etichettarono l'aggressione come una bravata che niente aveva di politico, allo scopo di sminuirne l'importanza, così gli episodi di violenza fascista si ripeterono ben presto. Dal 2005 ci sono state 55 aggressioni fasciste ai danni di migranti, omosessuali e giovani di sinistra. Ma queste vili aggressioni sono solo un aspetto dell'imbarbarimento dilagante, dove appare normale che chi ha già dei diritti li deve difendere contro chi non ne ha affatto. Così diventa normale trattare le fasce più deboli come un problema di ordine pubblico, di sicurezza legalità e pulizia. E quindi il sindaco di Roma caccia i rom dalla città, quello di Firenze criminalizza i lavavetri, quello di Pavia si esercita ancora nell'applaudito esercizio di far sloggiare i rom mentre quello di Bologna si fa un punto d'onore nell'essere, nella sua febbre di legalità, forte con i deboli e debole con i forti. Già con le ondate di immigrazioni avevamo assistito all'indecenza dei CPT, all'orrore dei continui naufragi, allo stravolgimento perfino della legge del mare, dove è naturale salvare chi è in difficoltà. Persone generose che avevano portato in salvo dei migranti sulle coste italiane dovettero subire arresti e processi, come nel caso della Cap Anamur, o dei pescatori tunisini tuttora in carcere accusati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, mentre i pescatori di Porto Palo pescano ancora cadaveri e resti umani che ormai chiamano "tonni". Li pescano e li ributtano in mare perché se li portassero a riva perderebbero tempo e denaro. Intanto siamo ossessionati dalla sicurezza. Bisogna rendere più sicure le città. Noi poveri cittadini siamo minacciati da orde di clandestini, di romeni, di zingari e di lavavetri. E' da loro che dobbiamo difenderci, non dallo sfruttamento, dalla precarietà del lavoro, dall'impossibilità per i giovani di progettare una vita futura, dall'incredibile leggerezza con cui non si fa nulla per impedire le quotidiane morti sul lavoro. Le campagne mediatiche contro i più deboli sono altamente pericolose, un paio di volte sono stata aggredita verbalmente dalla gente per aver difeso delle bambine rom, la cosa mi ha veramente sconvolto. Ma nessuno si ricorda che i rom sono stati sterminati dai nazisti nei campi di concentrramento? Il razzismo è una bestia maledetta e quando viene convogliato su una specifica minoranza perché faccia da capro espiatorio sappiamo già quali risultati produce. E' ovvio che i problemi si risolvono sostenendo le fasce più deboli, non schiacciandole. Combattere il fascismo significa fare una politica che lo isoli, che gli tolga gli spazi e l'ossigeno. Il fascismo purtroppo non è stato mai veramente battuto, anzi, ci dobbiamo ancora fare i conti oggi anche se sembra incredibile dopo il sacrificio generoso di chi fece la Resistenza. A volte ha un basso profilo, a volte, quando la situazione glielo permette, alza la testa. E' importante quindi tenere viva l'attenzione e creare continui momenti, non solo per denunciare, ma anche per sensibilizzare la gente ed esprimere contenuti che vadano all'opposto del fascismo, del razzismo, del cinico perbenismo egoista.
Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad una recrudescenza degli attacchi fascisti che hanno colpito Viterbo, ma anche Roma, ci ricordiamo di Villa Ada quest'estate dove un'invasione di forsennati vide un tardivo arrivo delle cosiddette forze dell'ordine che seppero solo arrestare qualcuna delle persone aggredite. I commentatori dei media etichettarono l'aggressione come una bravata che niente aveva di politico, allo scopo di sminuirne l'importanza, così gli episodi di violenza fascista si ripeterono ben presto. Dal 2005 ci sono state 55 aggressioni fasciste ai danni di migranti, omosessuali e giovani di sinistra. Ma queste vili aggressioni sono solo un aspetto dell'imbarbarimento dilagante, dove appare normale che chi ha già dei diritti li deve difendere contro chi non ne ha affatto. Così diventa normale trattare le fasce più deboli come un problema di ordine pubblico, di sicurezza legalità e pulizia. E quindi il sindaco di Roma caccia i rom dalla città, quello di Firenze criminalizza i lavavetri, quello di Pavia si esercita ancora nell'applaudito esercizio di far sloggiare i rom mentre quello di Bologna si fa un punto d'onore nell'essere, nella sua febbre di legalità, forte con i deboli e debole con i forti. Già con le ondate di immigrazioni avevamo assistito all'indecenza dei CPT, all'orrore dei continui naufragi, allo stravolgimento perfino della legge del mare, dove è naturale salvare chi è in difficoltà. Persone generose che avevano portato in salvo dei migranti sulle coste italiane dovettero subire arresti e processi, come nel caso della Cap Anamur, o dei pescatori tunisini tuttora in carcere accusati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, mentre i pescatori di Porto Palo pescano ancora cadaveri e resti umani che ormai chiamano "tonni". Li pescano e li ributtano in mare perché se li portassero a riva perderebbero tempo e denaro. Intanto siamo ossessionati dalla sicurezza. Bisogna rendere più sicure le città. Noi poveri cittadini siamo minacciati da orde di clandestini, di romeni, di zingari e di lavavetri. E' da loro che dobbiamo difenderci, non dallo sfruttamento, dalla precarietà del lavoro, dall'impossibilità per i giovani di progettare una vita futura, dall'incredibile leggerezza con cui non si fa nulla per impedire le quotidiane morti sul lavoro. Le campagne mediatiche contro i più deboli sono altamente pericolose, un paio di volte sono stata aggredita verbalmente dalla gente per aver difeso delle bambine rom, la cosa mi ha veramente sconvolto. Ma nessuno si ricorda che i rom sono stati sterminati dai nazisti nei campi di concentrramento? Il razzismo è una bestia maledetta e quando viene convogliato su una specifica minoranza perché faccia da capro espiatorio sappiamo già quali risultati produce. E' ovvio che i problemi si risolvono sostenendo le fasce più deboli, non schiacciandole. Combattere il fascismo significa fare una politica che lo isoli, che gli tolga gli spazi e l'ossigeno. Il fascismo purtroppo non è stato mai veramente battuto, anzi, ci dobbiamo ancora fare i conti oggi anche se sembra incredibile dopo il sacrificio generoso di chi fece la Resistenza. A volte ha un basso profilo, a volte, quando la situazione glielo permette, alza la testa. E' importante quindi tenere viva l'attenzione e creare continui momenti, non solo per denunciare, ma anche per sensibilizzare la gente ed esprimere contenuti che vadano all'opposto del fascismo, del razzismo, del cinico perbenismo egoista.
lunedì 1 ottobre 2007
L’ENNESIMA VIOLENZA DI ISRAELE
E` recentissima la decisione del governo d’Israele di dichiarare Gaza “entità ostile”.
E` una decisione senza fondamento legale, in base alla quale Israele si prepara ad avviare azioni punitive, ad ogni livello, militari e civili, contro la popolazione di Gaza, in aperta violazione della legge umanitaria internazionale, che si basa sulla distinzione fra combattenti e civili, e di uno dei principi più sacri della legge internazionale: il divieto di punizioni collettive.
Ma si può dichiarare «entità nemica», un'entità che già tieni impiccata per il collo con il controllo totale, assoluto e discrezionale dei rifornimenti di acqua, elettricità, carburante, di cibo e medicinali, dei valichi di frontiera, degli spazi aerei e marittimi?
Israele, evidentemente, può.
Con questo annuncio ufficiale al mondo intero, il governo israeliano pensa di avere «le basi legali» per liberarsi dagli obblighi verso i civili imposti ai paesi che amministrano territori occupati: l’obbligo prima di tutto di non tagliare «beni» fondamentali, come appunto l'acqua e l'elettricità.
E' un'interpretazione di comodo delle leggi internazionali, questa di Israele, maestra del resto nell’aver violato decine di Risoluzioni delle Nazioni Unite in 40 anni d’occupazione della Palestina.
Maestra nel portare avanti l’Occupazione dei territori palestinesi, fingendo di non farlo: il ritiro unilaterale di due anni fa di coloni e soldati israeliani dal territorio di Gaza non ha infatti rappresentato la fine dell'occupazione, perché lo stato ebraico continua a controllare ed arbitrariamente impedire tutti i movimenti da e per la Striscia, lo spazio aereo, le acque territoriali e persino il registro della popolazione palestinese (come in Cisgiordania, del resto). L'Autorità Nazionale Palestinese, ad esempio, non può consegnare alcun documento di identità ai residenti a Gaza senza il via libera di Israele.
Negli ultimi mesi Israele ha isolato la Striscia dal mondo esterno; ora quasi tutte le fabbriche locali sono chiuse, lasciando Gaza quasi totalmente dipendente da aiuti esteri. Ora lo 87% della popolazione vive sotto la soglia di povertà (= 2,4 dollari al giorno), ed impera la disoccupazione.
Si vive sotto occupazione. La vita a Gaza, prigione a cielo aperto, sta diventando una vita impossibile.
Ancora più che in Cisgiordania,
dove la costruzione del Muro dell’Apartheid incalza inesorabile, isolando paesi, villaggi, comunità e famiglie gli uni dagli altri, separando gli agricoltori dalla loro terra, negando agli abitanti l’accesso all’istruzione, ad ambulatori ed ospedali e agli altri servizi essenziali, tagliando fuori le comunità palestinesi da riserve e sorgenti di acqua potabile;
dove non si arresta l’espansione delle colonie, né la demolizione delle case per espropriare più terra possibile, né l’edificazione di checkpoint ad umiliare la dignità dei palestinesi controllandone ogni minimo spostamento.
Di quali prospettive di pace si può dunque parlare nel previsto meeting internazionale, mentre nei Territori Occupati Israele continua quotidianamente a portare distruzione, ad uccidere e ad assediare?
Di quale Stato Palestinese entro i confini del 1967 si può parlare, mentre il Muro sta strangolando ed isolando sempre più anche Gerusalemme, sua futura capitale?
Comitato di solidarietà con il Popolo Palestinese
www.palestinalibera.it
Torino, 1 Ottobre 2007 Ciclostilato in proprio
Via S. Ottavio, 20 - Torino
E` recentissima la decisione del governo d’Israele di dichiarare Gaza “entità ostile”.
E` una decisione senza fondamento legale, in base alla quale Israele si prepara ad avviare azioni punitive, ad ogni livello, militari e civili, contro la popolazione di Gaza, in aperta violazione della legge umanitaria internazionale, che si basa sulla distinzione fra combattenti e civili, e di uno dei principi più sacri della legge internazionale: il divieto di punizioni collettive.
Ma si può dichiarare «entità nemica», un'entità che già tieni impiccata per il collo con il controllo totale, assoluto e discrezionale dei rifornimenti di acqua, elettricità, carburante, di cibo e medicinali, dei valichi di frontiera, degli spazi aerei e marittimi?
Israele, evidentemente, può.
Con questo annuncio ufficiale al mondo intero, il governo israeliano pensa di avere «le basi legali» per liberarsi dagli obblighi verso i civili imposti ai paesi che amministrano territori occupati: l’obbligo prima di tutto di non tagliare «beni» fondamentali, come appunto l'acqua e l'elettricità.
E' un'interpretazione di comodo delle leggi internazionali, questa di Israele, maestra del resto nell’aver violato decine di Risoluzioni delle Nazioni Unite in 40 anni d’occupazione della Palestina.
Maestra nel portare avanti l’Occupazione dei territori palestinesi, fingendo di non farlo: il ritiro unilaterale di due anni fa di coloni e soldati israeliani dal territorio di Gaza non ha infatti rappresentato la fine dell'occupazione, perché lo stato ebraico continua a controllare ed arbitrariamente impedire tutti i movimenti da e per la Striscia, lo spazio aereo, le acque territoriali e persino il registro della popolazione palestinese (come in Cisgiordania, del resto). L'Autorità Nazionale Palestinese, ad esempio, non può consegnare alcun documento di identità ai residenti a Gaza senza il via libera di Israele.
Negli ultimi mesi Israele ha isolato la Striscia dal mondo esterno; ora quasi tutte le fabbriche locali sono chiuse, lasciando Gaza quasi totalmente dipendente da aiuti esteri. Ora lo 87% della popolazione vive sotto la soglia di povertà (= 2,4 dollari al giorno), ed impera la disoccupazione.
Si vive sotto occupazione. La vita a Gaza, prigione a cielo aperto, sta diventando una vita impossibile.
Ancora più che in Cisgiordania,
dove la costruzione del Muro dell’Apartheid incalza inesorabile, isolando paesi, villaggi, comunità e famiglie gli uni dagli altri, separando gli agricoltori dalla loro terra, negando agli abitanti l’accesso all’istruzione, ad ambulatori ed ospedali e agli altri servizi essenziali, tagliando fuori le comunità palestinesi da riserve e sorgenti di acqua potabile;
dove non si arresta l’espansione delle colonie, né la demolizione delle case per espropriare più terra possibile, né l’edificazione di checkpoint ad umiliare la dignità dei palestinesi controllandone ogni minimo spostamento.
Di quali prospettive di pace si può dunque parlare nel previsto meeting internazionale, mentre nei Territori Occupati Israele continua quotidianamente a portare distruzione, ad uccidere e ad assediare?
Di quale Stato Palestinese entro i confini del 1967 si può parlare, mentre il Muro sta strangolando ed isolando sempre più anche Gerusalemme, sua futura capitale?
Comitato di solidarietà con il Popolo Palestinese
www.palestinalibera.it
Torino, 1 Ottobre 2007 Ciclostilato in proprio
Via S. Ottavio, 20 - Torino
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