Esteri
Ebrei, palestinesi, antisemitismo. Stravolgimento di fatti idee e parole per difendere l’indifendibile
di Nino Lisi
Ha ragioni da vendere Gianni Rossi (Articolo 21 – Esteri, 5 giugno 2014) nel segnalare, preoccupato, che il razzismo e l’antisemitismo serpeggianti nei paesi europei hanno fortemente influenzato i risultati delle ultime elezioni europee, oltre che essersi manifestati in una serie di allarmanti episodi, anche cruenti, verificatisi pure negli ultimi tempi. Ha ragioni da vendere, perché si tratta di mali endemici delle società europee, che si riverberano nelle culture, nelle politiche e nei comportamenti di singoli e gruppi, sino a dar luogo a formazioni e movimenti politici che li assumono come capisaldi dei propri statuti fondativi. Mali endemici che vengono da lontano e non risparmiano alcuno. Come è noto, si acutizzano in tempi di crisi, quando il disfacimento dei vincoli di solidarietà causato dall’incalzare delle restrizioni e dei patimenti portano alla facile ricerca di capri espiatori cui addebitare l’origine delle sofferenze. Luciano Canfora – storico di indubbio prestigio – mise in luce alcuni decenni fa che la Germania nazista del Terzo Reich e l’Italia fascista non furono i primi stati ad emanare nel XX secolo le leggi razziali; furono preceduti di almeno un paio da uno dei paesi considerati culla della democrazia: la Gran Bretagna. Le degenerazioni cui dettero luogo e gli orrori che ne seguirono sono stati tali che non possiamo permetterci di sottovalutare il pericolo del loro riemergere ora, ancora una volta in tempi di crisi. Tanto più che l’Europa,da sempre luogo di incontro di popoli, culture e tradizioni differenti, sta accogliendo ed ancor più accoglierà nel prossimo futuro, come lo stesso Gianni Rossi sottolinea, consistenti nuovi afflussi di popolazioni mussulmane in paesi diversi da quelli in cui l’Islam è radicato da secoli. E se è vero che la diversità è ricchezza, è parimenti vero che per realizzare il convivio delle differenze occorre gestirne l’interazione con sapienza ed accortezza, ciò che non sempre riesce. Sicché dovrebbe l’Europa attrezzarsi per affrontare un periodo ricco di opportunità, ma non privo di rischi.
Le ragioni di Gianni Rossi finiscono qui per cedere il posto ad alcuni gravissimi suoi torti.
Anzitutto l’analisi di dove si verificheranno i maggiori incrementi delle popolazioni islamiche solo apparentemente è condotta in forma obiettiva; in realtà il raffronto delle cifre, crudo e senza commenti, sembra fatto a posta per suscitare forti preoccupazioni. Una, poi, sovrasta le altre ed esplode senza alcun preavviso: “Nell’Unione Europea, insomma, vivono 17 milioni di islamici, a fronte di 1 milione e 200 mila ebrei…… In Francia, la polveriera dell’antisemitismo e della xenofobia, vive la maggiore comunità ebraica europea (attorno ai 600 mila ebrei), e qui vi è presente anche la più grande comunità islamica dell’Unione” Ebbene?
Che senso hanno questi raffronti ridotti a due sole entità, come se nei paesi europei, Francia compresa, non vi fossero milioni di cattolici, milioni di protestanti, milioni di ortodossi e – perché no? – milioni di atei ed agnostici, grazie a dio? Il senso di siffatti raffronti è evidente: si ripropone la sindrome dell’assedio. In Europa come in Medio Oriente minoranze ebraiche sono circondate, assediate, da milioni di musulmani.
Ora, che gli ebrei abbiano costituito una minoranza perseguitata per 2000 anni non si può certo metterlo in dubbio; che per questa persecuzione abbiano pagato prezzi altissimi, culminati nella Shoa è fuori discussione. Che tutto ciò abbia generato in alcuni ambienti ebraici, in piccole comunità la sindrome dell’assedio si può comprendere. Ma perché un fine intellettuale come Gianni Rossi si presta ad alimentarla?
Eppure alimentare la sindrome, invece che tentare di sedarla, a Rossi non basta. Va oltre. Dal momento che ormai è risaputo che l’origine della crisi attuale e dell’impoverimento di decine e centinaia di milioni di esseri umani in tutto il mondo sta nella finanza internazionale e poiché vi è ancora chi ricorda che per la crisi del ’29 fu chiamata in causa anche la finanza ebraica, ecco una puntualizzazione: “Nonostante quanto si cerca di far credere attraverso la propaganda negazionista e neo-revisionista, la comunità ebraica non è più preponderante nel sistema economico-finanziario europeo”. Segue quindi l’indicazione delle odierne responsabilità: “Gli investimenti nei titoli di stato, bond e obbligazioni pubbliche dei principali stati è per un terzo in mano ai Fondi sovrani arabi, un terzo a quelli cinesi e il resto alle banche europee, a quelle russe e dei paesi emergenti asiatici e sudamericani. La finanza araba è maggioritaria negli investimenti alla City di Londra, la principale Borsa affari del mondo in questo settore”. Di nuovo si ripropone dunque, questa volta a livello di finanza, l’opposizione tra arabi ed ebrei.
Il perché di questa insistenza – che può rinfocolare, indirizzandole però verso gli arabi, quelle tensioni razzistiche che all’inizio dell’articolo sono state denunciate come un rischio incombente – lo si comprende leggendo quanto l’autore scrive a proposito dell’antisemitismo. Esso avrebbe più volti, uno di destra ed uno di sinistra, uno violento ed un altro ”dai guanti bianchi, non violento che accomuna tutti i movimenti di destra e di sinistra in una sorta di lotta attraverso i mezzi legali forniti dall’Unione Europea per contrastare la politica d’Israele”.
Si palesa così la “logica” dell’articolo di Gianni Russo! Gli ebrei sono assediati ovunque; anche Israele è assediato. Per di più l’antisemitismo dilaga e ne sono affetti, oltre alla stessa Unione Europea, grandi istituti bancari, come la danese Danske Bank e la tedesca Deutsche Bank che “hanno inserito nella lista delle imprese con le quali non bisogna investire l’israeliana Bank Hapoalim”, nonché il più grande fondo pensione olandese, PGGM, che “ha ritirato i propri investimenti da cinque banche israeliane, colpevoli di svolgere le proprie attività anche negli insediamenti in Cisgiordania”. E via lamentando.
Si contrabbandano così la denuncia, l’opposizione e le lotte contro le politiche di Israele, anche la Campagna BDS nella quale sono impegnate anche associazioni e consistenti gruppi di ebrei, con l’antisemitismo. Ma ciò è un falso, un grandissimo falso! Opposizione e lotta non sono contro gli ebrei e l’ebraismo in quanto tali (nel che consiste l’antisemitismo) ma contro le politiche razziste e coloniali che Israele conduce in aperta violazione del diritto internazionale, come è ampiamente acclarato, dopo che
- 87 Risoluzioni dell’Onu, a partire dalla 242 del 1967, hanno dichiarato illegale la occupazione dei Territori Palestinesi ed intimato ad Israele di ritirarsi da essi;
- la Risoluzione 476/80 ha condannato l’annessione di Gerusalemme, avvenuta nel luglio 1980
- 5 Risoluzioni dell’Onu (446, 452, 465, 471 e 476) hanno dichiarato illegali le 140 colonie israeliane, nelle quali vivono abusivamente 650.000 coloni, costruite da Israele nei Territori Palestinesi Occupati;
- il IV Comma dell’articolo 8 dello Statuto della Corte Penale Internazionale dichiara “crimini di guerra” il trasferimento, diretto o indiretto, ad opera della potenza occupante, di parte della propria popolazione civile nei territori occupati o la deportazione o il trasferimento di tutta o di parte della popolazione del territorio occupato all’interno o all’esterno di tale territorio>, cioè le modalità con le quali Israele costruisce le colonie;
- la Dichiarazione del 9 settembre 2009 della Unione Europea ha affermato che “Gli insediamenti sono illegali secondo il diritto internazionale e costituiscono un ostacolo alla pace”;
- la Sentenza del 9 luglio 2004 della Corte Europea di Giustizia e la Risoluzione del 2 agosto 2004 dell’Assemblea Generale dell’ONU hanno condannato la costruzione del muro in Cisgiordania che non segue i Territori Palestinesi Occupati nel ’87, ma li attraversa.
Non potendo difendere ciò che ormai è indifendibile, cioè Israele, il suo governo e le sue politiche, si stravolgono fatti idee e parole e si accusano di antisemitismo le lotte per la democrazia, per il rispetto dei diritti umani, per il ripristino della legalità internazionale. E’ una mistificazione non più tollerabile, che va smascherata.
Pur nello squilibrio delle risorse, la Campagna BDS come la solidarietà con il Popolo Palestinese ed il supporto ai Comitati Popolari per la Resistenza non violenta proseguiranno.
Proseguiranno fin quando Israele non cesserà di opprimere il Popolo Palestinese e di rappresentare un atroce vulnus per la nobiltà dell’ebraismo.
17 giugno 2014
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