venerdì 14 dicembre 2012
Effettiva annessione: Israele ora stampa sui passaporti dei visitatori della West Bank il visto per "Judea and Samaria only"
di Ali Abunimah
Poiché l'Autorità Palestinese non ha alcun controllo reale e sovrano sul territorio, chiunque voglia andare in Cisgiordania può farlo solo con il permesso israeliano. Questo include sia i visitatori stranieri sia i migliaia di palestinesi con passaporto di paesi terzi che vivono in o visitano la Cisgiordania. Anche se molti cittadini stranieri vivono e lavorano nella West Bank, non esiste una cosa come un permesso di lavoro che permetta loro di lavorare per le istituzioni palestinesi o per società con sede nei territori occupati della Cisgiordania, o più semplicemente che permetta di vivere in modo sicuro. Così queste persone ricevono dei visti israeliani "turistici" che sono tenuti a rinnovare costantemente e che sono spesso arbitrariamente negati.
Centinaia di palestinesi attivisti della solidarietà che sfidano il pugno di ferro di Israele su chi può entrare e uscire in Cisgiordania, sono stati espulsi o si sono visti negare l'ingresso nel corso dell'ultimo anno.
Non è solo alla gente comune che viene negato l'ingresso dal regime di occupazione, ma anche a funzionari governativi stranieri che cercano di incontrare l'Autorità Palestinese.
Questo è un abuso israeliano che è stato addirittura documentato da missioni diplomatiche degli Stati Uniti nella regione.
Vidimatura dei passaporti col timbro "Giudea e Samaria"
In passato, un visto israeliano faceva sì che un visitatore straniero o palestinese con passaporto straniero potesse vagare per tutto "Israele" e in tutta la Cisgiordania.
Ma, almeno dal 2009, Israele ha iniziato a usare visti per i passaporti dei visitatori verso la Cisgiordania con le parole "Palestinian Authority only", nel senso che il titolare non poteva che spostarsi all'interno della Cisgiordania occupata.
Ora, in uno sviluppo nuovo e significativo, Israele ha cominciato a usare visti con le parole "Judea and Samaria only".
L'immagine qui sopra mostra il passaporto di Rima Merriman, una docente universitaria palestino-statunitense che insegna letteratura americana alla Al Quds University.
L'immagine mostra il timbro "Palestinian Authority only" datato 24 agosto 2012. L'immagine in alto in questo articolo, con il timbro più recente del 26 novembre 2012, mostra il nuovo visto con le parole "Judea and Samaria only".
"Judea and Samaria" è il nome ebraico nazionalista che Israele dà alla Cisgiordania occupata per rafforzare le sue false affermazioni rispetto al territorio occupato, per creare una finta patina di legittimità storica e religiosa. L'ultimo cambiamento è un'ulteriore prova, se ce ne fosse bisogno, che Israele è, senza annunciarlo, l'attuazione di una soluzione razzista dello stato unico in cui non esiste una cosa come uno Stato Palestinese e dove anche "l'Autorità Palestinese" è stata cancellata.
Rendere la vita impossibile per le istituzioni palestinesi
Merriman mi ha spiegato che le è stato negato per due volte il rientro al Ponte Allenby dalla Giordania nella Cisgiordania occupata.
Ogni volta le è stato detto "che stavo entrando a lavorare senza permesso di lavoro", anche se "non c'è modo per un lavoratore accademico internazionale presso un'università palestinese di ottenere un permesso di lavoro". Più tardi è stata in grado di rientrare "attraverso un coordinamento tra l'Ufficio Affari civili dell'Autorità Palestinese" e le autorità di occupazione israeliane, ma con notevole perdita di tempo e di costi.
Merriman rileva inoltre che la Al Quds University è l'unica università palestinese che Israele non riconosce perché è l'unica che ha una presenza nella parte orientale occupata di Gerusalemme, che Israele si è illegalmente annessa. Israele non riconosce i diplomi degli studenti, il che rende ancora più difficile la ricerca del lavoro.
La natura esplicitamente razzista e discriminatoria di questo regime israeliano può essere vista nel fatto che agli ebrei di ogni nazionalità, non solo è concesso l'ingresso ogni volta che lo desiderano, ma è immediatamente concessa la cittadinanza israeliana, mentre ai palestinesi che vivono lì, o sono esiliati all'estero, anche se nati in Palestina, non è concesso che entrare nel proprio paese come "visitatori" tramite passaporti stranieri, restando soggetti ai "capricci" dell'occupante.
(tradotto a cura di PalestinaRossa)
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Ultimo aggiornamento Venerdì 07 Dicembre 2012 16:49
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lunedì 3 dicembre 2012
A proposito del voto ONU per l’accettazione della Palestina come “stato osservatore”
Il 29 novembre 1947, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite adottava una risoluzione a favore della spartizione della Palestina storica in due stati, lasciando ai palestinesi il 44% della loro terra.
Esattamente 65 anni dopo, il 29 novembre 2012, l'ANP si è appellata all’ONU perché onori quella decisione, limitandosi tuttavia a chiedere uno stato entro i confini precedenti l’occupazione del 1967, ovvero su appena il 22% della Palestina storica stessa.
Eco (Rete ebrei contro l’occupazione), condividendo le dichiarazioni della sua omologa di Ejjp Germania, si schiera con forza a sostegno del diritto dei palestinesi alla vita, alla libertà e all’autodeterminazione, del diritto perciò a prendere in mano il loro destino ed essere riconosciuti dalla comunità internazionale. Crediamo che sia un diritto inalienabile.
Come cittadini europei, siamo particolarmente preoccupati e indignati da decenni di politica europea che – nonostante atti simbolici e critiche sporadiche – nei fatti ha regolarmente appoggiato Israele sia economicamente che politicamente bloccando qualsiasi sanzione ne contrastasse gli abusi, lasciandogli così carta bianca nella continua occupazione dei territori e nella violazione dei diritti dei palestinesi. Augurandoci che quest’ultimo voto non sia l'ennesimo atto simbolico privo di sostanza, vorremmo ricordare che la complicità nei crimini è a sua volta un crimine.
L’Europa ha una responsabilità storica grave nella creazione del problema e dell'oppressione palestinese; dovrebbe quindi adottare finalmente le misure politiche necessarie (soprattutto, sospensione di quegli accordi economico-militari con Israele che ne rafforzano l’occupazione illegale di terre altrui) a determinare una presa di posizione internazionale contro i continui atti illegittimi delle leadership israeliane, la cessazione dell'occupazione e il riconoscimento dei diritti dei profughi.
In quanto ebrei, vogliamo anche sottolineare che la creazione di un loro stato è un diritto dei palestinesi e non dovrebbe in nessun modo essere subordinato all’esistenza d’Israele come stato “ebraico”, che attribuirebbe perciò maggiori diritti agli ebrei rispetto agli altri cittadini. Continueremo quindi a batterci per la democrazia e l’uguaglianza dei diritti di tutti gli abitanti dell’area rifiutando qualsiasi legge che favorisca un gruppo a scapito di un altro.
Infine come ebrei europei, riteniamo che negare i diritti dei palestinesi non solo non potrà mai servire da compensazione per i crimini commessi in passato contro gli ebrei, ma costituisce per noi un’ulteriore offesa in quanto pensiamo che Israele non abbia titolo di usare gli ebrei – né gli ebrei europei, né gli ebrei israeliani né il loro senso di insicurezza alimentato ad arte – come scudo per giustificare le sue politiche espansionistiche illegali.
ECO – Rete ebrei contro l’occupazione
2 dicembre 2012
29 pescatori palestinesi arrestati dall'inizio della tregua e 9 barche confiscate
Accompagnando i pescatori di Gaza -
Pubblicato da Rosa Schiano a 22:30
Poco più di dieci giorni dalla fine della guerra. I continui attacchi dei soldati israeliani lungo il confine ed in mare sono continue violazioni degli accordi sul cessate il fuoco.
Secondo le negoziazioni (ancora in corso) sul cessate il fuoco, ai pescatori di Gaza sarebbe stato concesso di pescare fino a 6 miglia nautiche dalla costa (mentre prima veniva imposto illegalmente un limite di 3 miglia). Questo allentamento delle restrizioni imposte ai pescatori è davvero un passo importante e ne siamo tutti felici. Tuttavia, 6 miglia non sono sufficienti per i pescatori e non apportano nessuno cambiamento positivo alla loro capacità di sussistenza. Inoltre, si tratta in ogni caso di un limite illegale, perché gli accordi di Jericho (sotto Oslo) concedono ai pescatori di Gaza 20 miglia nautiche dalla costa entro cui poter pescare. Questo limite fu progressivamente ridotto da Israele. Così, lo scorso mercoledì, 28 novembre, insieme ad altri due internazionali, ho accompagnato i pescatori di Gaza nel tentativo di superare il nuovo limite di 6 miglia e poter permettere loro di pescare nelle acque a cui hanno diritto secondo Oslo.
Abbiamo raggiunto 8 miglia nautiche dalla costa. Uno dei nostri pescherecci è stato duramente attaccato con armi da fuoco da parte della Marina militare israeliana, mentre ci trovavamo nelle acque di fronte Deir El Balah, la zona centrale della Striscia di Gaza. Il peschereccio attaccato era quello su cui ho accompagnato la maggior parte delle volte i pescatori di Gaza. Eravamo a circa 7,5 miglia dalla costa, il peschereccio era dietro di noi a circa 6 miglia. I soldati hanno iniziato a sparare pesantemente contro il peschereccio. Non posso spiegare il male che ho sentito ad assistere impotente a questa scena,la preoccupazione per i pescatori a bordo ed il dolore per la perdita del peschereccio.
I soldati israeliani questa volta non hanno usato cannonate d'acqua, hanno sparato direttamente con armi da fuoco contro i nostri pescherecci.
Ecco la foto che ho scattato quando una nave della Marina militare israeliana e due gommoni hanno bloccato il peschereccio, erano circa le 10.00 del mattino.
Il peschereccio appartiene a Murad Rajab al-Hessi, ed a bordo vi erano Mohammad Murad al-Hessi (39 anni), Ahmed Murad al-Hessi (32 anni), e Murad Mohammad al-Hessi (18 anni), e Rajab Rashad al-Hessi (36 anni). Navi militari israeliane hanno aperto il fuoco contro il peschereccio, i soldati poi hanno ordinato ai pescatori di saltare in acqua e di nuotare fino ad una nave della marina israeliana. I pescatori sono stati arrestati ed interrogati a bordo. Dopo circa 3 ore, tutti sono stati rilasciati, tranne Mohammad Murad al-Hessi, che è stato trasportato ad Ashdod in Israele ed è stato rilasciato il giorno dopo. Il loro peschereccio è stato confiscato.
Nel frattempo altre navi della Marina militare israeliana attaccavano piccole barche dei pescatori.
Verso le 8:00 del mattino dello stesso giorno, navi della marina militare israeliana avevano aperto il fuoco direttamente su una barca dei pescatori appartenente a Khader Jamal Baker, 20 anni, mentre si trovava a circa 3,5 miglia dalla costa. La barca è stata distrutta ed il pescatore è stato arrestato ed interrogato sulla barca per circa 3 ore per poi essere rilasciato.
Verso le 11:00, navi militari israeliane hanno aperto il fuoco contro un'altra piccola imbarcazione, 3 pescatori erano a bordo. Wafdi Suheil Baker, 24 anni, mentre si trovavano a cira 5 miglia nautiche dalla costa. I soldati hanno sparato al motore della barca ed hanno arrestato i 3 pescatori: Wafdi Suheil Baker, 24 anni, Khaled Suheil Baker, 20 anni, e Mohammad Suheil Baker, 18 anni.
Verso le 12:00, navi della Marina militare israeliana hanno aperto il fuoco contro due piccole imbarcazioni di pescatori appartenenti a Mohammad Najib Baker, 60 anni, e Tal'at Kamel Baker, 22 anni, mentre si trovavano a circa 3 miglia nautiche dalla costa. Le loro barche sono state danneggiate dai proiettili.
Il giorno successivo, giovedì 29 novembre 2012, verso le 10:15 navi militari israeliane hanno fermato una barca di pescatori a largo delle coste di Beit Lahia, mentre si trovavano a circa 5 miglia. A bordo vi erano 6 pescatori, che sono stati arrestati: Fahed Ziad Baker, 38 anni, Ihab Jawad Baker, 36 anni, Mohammad Ziad Baker, 32 anni, Nai'm Fahed Baker, 16 anni, Ziad Faged Baker, 18 anni, e Ali Alaa Baker, 18 anni.
Non si è fermata l'escalation degli attacchi sui pescatori.
Sabato 1 dicembre 2012, la Marina militare israeliana ha attaccato altre 3 barche di pescatori, 14 pescatori sono stati arrestati, di cui il più giovane ha 14 anni, e le barche sono state confiscate.
I pescatori si trovavano nelle acque di Gaza a circa 3 miglia nautiche dalla costa.
Su una prima barca vi erano Ramez Khamis Baker, 41 anni, con suo fratello Rami, 34 anni, e 3 suoi cugini, Bayan Khamis Baker, 17 anni, Mohammed Khaled Baker, 17 anni e Omar Mohammed Baker, 22 anni.
Una nave della marina militare israeliana aveva ordinato loro di fermarsi, ed i soldati avevano iniziato a sparare. Successivamente hanno ordinato loro di togliersi i vestiti, di tuffarsi in acqua e di raggiungere a nuoto la nave israeliana. I soldati hanno così arrestato i 5 pescatori e li hanno trasportati ad Ashdod, in Israele, dove sono stati interrogati. Sono stati rilasciati verso le 21.00 e le loro barche confiscate.
Successivamente, una nave della marina militare israeliana ha attaccato 2 barche di pescatori appartenenti a Sabri Mohammed Baker,52 anni, e Eid Mohsen Baker, 23 anni. I due uomini stavano pescando a circa 2 miglia nautiche dalla costa quando una nave della marina militare israeliana ha aperto il fuoco contro le barche. I soldati israeliani hanno ordinato ai 9 pescatori a bordo delle due barche di fermarsi, li hanno arrestati, li hanno trasportati ad Ashdod e li hanno interrogati. Verso le 21.00, otto pescatori sono stati rilasciati, mentre Emad Mohammed Baker è stato trattenuto. Le due barche sono state confiscate.
Gli altri pescatori che erano a bordo e che sono stati arrestati sono: Ramiz IIzzat Baker, 41 anni, Ramy Izzat Baker, 35 anni, Bayan Khamis Baker, 19 anni, Mohammed Khaled Baker, 18 anni, Omar Mohammed Najeeb Baker, 18 anni, Haitham Talal Baker 28 anni, Ziad Mohanned Baker, 18 anni, Walid Mohsen Baker, 18 anni, Sadam Samir Baker, 22 anni, Abdullah Sabry Baker, 14 anni, Omran Sabry Baker, 18 anni, Imad Mohammed Najeeb Baker, 35 anni.
Continuano le violazioni dei diritti umani contro i pescatori di Gaza.
Gli attacchi proseguono nonostante le autorità israeliane abbiano annunciato di permettere ai pescatori di pescare fino a 6 miglia nautiche dalla costa. Dall'inizio della tregua, 29 pescatori sono stati arrestati e 9 barche confiscate.
sabato 1 dicembre 2012
Oltre 60 calciatori europei firmano contro Coppa Uefa Under 21 in Israele
http://bdsitalia.org/index.php/altre-campagne/sportivo/549-60-calciatori
Oltre 60 giocatori di calcio delle principali leghe europee hanno firmato una dichiarazione che contesta la decisione di svolgere la Coppa UEFA Under 21 del 2013 in Israele. I calciatori affermano che verrà visto come premiare Israele “per azioni che sono contrarie ai valori dello sport.” Nel recente assalto a Gaza sono stati uccisi oltre 100 civili, tra cui 4 ragazzi che giocavano a calcio, e bombardati impianti sportivi. I giocatori hanno anche criticato la detenzione da parte di Israele di due calciatori palestinesi senza capi d’accusa né processo.
Tra i firmatari, Frédéric Kanouté , Eden Hazard del Chelsea, Abou Diaby dell'Arsenal, Abdoulaye Baldé della squadra italiana AC Lumezzane e cinque giocatori del Newcastle, Papiss Cissé, Cheick Tioté, Sylvain Marveaux, Yohan Cabaye e Demba Ba.
Si intensifica così la mobilitazione in tutta Europa per spostare la Coppa Uefa Under 21 da Israele.
A Roma mercoledì scorso, giornata dei sorteggi per gli Under 21, la campagna Cartellino Rosso all’Apartheid Israeliana ha incontrato la FederCalcio per chiedere che la federazione italiana faccia pressione sulla UEFA perché non sia Israele ad ospitare i finali. (Comunicato: http://bdsitalia.org/index.php/altre-campagne/sportivo/543-redcard-federcalcio )
Lo stesso giorno a Londra, sono stata consegnate migliaia di firme raccolte in tutta Europa contro gli Under 21 in Israele, insieme a dichiarazioni di sostegno alla campagna da parte di politici e personalità pubbliche tra cui il regista Ken Loach e l'attrice Kika Markham. (Comunicato: http://jews4big.wordpress.com/2012/11/27/football-stars-rally-in-support-of-palestine/ )
La dichiarazione dei calciatori è stata pubblicata sul sito di Frédéric Kanouté:
http://www.kanoute.com/EUROPEAN-FOOTBALLERS-DECLARE-SUPPORT-FOR-PALESTINE_ad-id!35-l!en.ks
Di seguito il testo della dichiarazione:
Noi, giocatori di calcio europei, esprimiamo la nostra solidarietà al popolo di Gaza che vive sotto assedio e a cui sono negate la dignità umana e la libertà. Gli ultimi bombardamenti israeliani su Gaza, che hanno causato la morte di oltre un centinaio di civili, sono stati un'altra macchia sulla coscienza del mondo.
Sappiamo che in data 10 novembre 2012 l'esercito israeliano ha bombardato uno stadio sportivo a Gaza, causando la morte di quattro ragazzi che giocavano a calcio, Mohamed Harara e Ahmed Harara, di 16 e 17 anni, e i diciottenni Matar Rahman e Ahmed Al Dirdissawi.
Sappiamo inoltre che dal febbraio 2012 due calciatori della squadra Al Amari, Omar Rowis, di 23 anni, e Mohammed Nemer, di 22 anni, sono detenuti in Israele senza capi d’accusa né processo.
È inaccettabile che i bambini vengano uccisi mentre giocano a calcio. Il fatto che Israele ospiti il campionato europeo UEFA Under 21, in queste circostanze, verrà visto come un premio per azioni che sono contrarie ai valori dello sport.
Nonostante il recente cessate-il-fuoco, i palestinesi sono ancora costretti a sopportare un'esistenza disperata sotto occupazione: devono essere tutelati dalla comunità internazionale. Tutte le persone hanno diritto ad una vita in dignità, libertà e sicurezza. Ci auguriamo che emergerà finalmente una soluzione giusta.
Firmato da:
Gael Angoula, Bastia Sporting Club (France)
Karim Ait-Fana, Montpellier HSC (France)
André Ayew, Olympique de Marseille (France)
Jordan Ayew, Olympique de Marseille (France)
Demba Ba, Newcastle United (UK)
Abdoulaye Baldé, AC Lumezzane (Italia)
Chahir Belghazouani, AC Ajaccio (France)
Leon Best, Blackburn Rovers Football Club (UK)
Ryad Boudebouz, Football Club Sochaux Montbéliard (France)
Yacine Brahimi, Granada Football Club (Spain)
Jonathan Bru, Melbourne Victory (Australia)
Yohan Cabaye, Newcastle United (UK)
Aatif Chahechouche, Sivasspor Kulübü (Turkey)
Pascal Chimbonda, Doncaster Rovers Football Club (UK)
Papiss Cissé, Newcastle United (UK)
Omar Daf, Football Club Sochaux Montbéliard (France)
Issiar Dia, Lekhwiya (Qatar)
Abou Diaby, Arsenal Football Club (UK)
Alou Diarra, Olympique de Marseille (France)
Soulaymane Diawara, Olympique de Marseille (France)
Samba Diakité, Queens Park Rangers (UK)
Pape Diop, West Ham United (UK)
Abdoulaye Doucouré, Stade Rennais Football Club (France)
Didier Drogba, Shanghaï Shenhua (China)
Ibrahim Duplus, Football Club Sochaux Montbéliard (France)
Soudani El-Arabi Hilal, Vitoria Sport Club Guimares (Portugal)
Jires Kembo Ekoko, Al Ain Football Club (United Arab Emirates)
Nathan Ellington, Ipswich Town Football Club (UK)
Rod Fanni, Olympique de Marseille (France)
Doudou Jacques Faty, Sivassport Kulübü (Turkey)
Ricardo Faty, AC Ajaccio (France)
Chris Gadi, Olympique de Marseille (France)
Remi Gomis, FC Valenciennes (France)
Florent Hanin, SC Braga (Portugal)
Eden Hazard, Chelsea Football Club (UK)
Charles Kaboré, Olympique de Marseille (France)
Diomansy Kamara, Eskisehispor Kulübü (Turkey)
Frédéric Kanouté, Beijin Guoan (China)
Anthony Le Tallec, AJ Auxerre (France)
Djamal Mahamat, Sporting Braga (Portugal)
Steve Mandanda, Olympique de Marseille (France)
Kader Manganne, Al Hilal Riyad Football Club (Saudi Arabia)
Sylvain Marveaux, Newcastle United (UK)
Nicolas Maurice-Belay, FC Girondins de Bordeaux (France)
Cheikh M'bengué, Toulouse Football Club (France)
Jérémy Menez, Paris Saint-Germain Football Club (France)
Arnold Mvuemba, Olympique Lyonnais (France)
Laurent Nardol, Chartres Football Club (France)
Mahamadou N'diaye, Vitoria Sport Club Guimares (Portugal)
Mamadou Niang, Al-Sadd SC (Qatar)
Mbaye Niang, SM Caen (France)
Fabrice Numeric, FK Slovan Duslo Sala (Slovakia)
Billel Omrani, Olympique de Marseille (France)
Lamine Sané, FC Girondins de Bordeaux (France)
Mamady Sidibé, Stoke City Football Club (UK)
Momo Sissoko, Paris Saint-Germain Football Club (France)
Cheikh Tioté, Newcastle United (UK)
AdamaTraoré, Melbourne Victory (Australia)
Armand Traoré, Queen Park Rangers FC (UK)
Djimi Traore, Olympique de Marseille (France)
Moussa Sow, Fenerbahçe Spor Kulübü (Turkey)
Hassan Yebda, Granada Football Club (Spain)
Quattro italiani tra le oltre 50 prominenti figure internazionali che lanciano un appello per l’embargo militare ad Israele
Comunicati del Comitato nazionale palestinese per il boicottaggio (BNC), del PACBI e di BDS Italia
Quattro italiani tra le oltre 50 prominenti figure internazionali che lanciano un appello per l’embargo militare ad Israele
01 Dicembre 2012
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In contemporanea con la giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese, oltre 50 nomi di prestigio a livello internazionale, tra cui 4 italiani, hanno lanciato un appello che chiama ad "un'urgente azione internazionale perché si arrivi ad un embargo militare totale e obbligatorio nei confronti di Israele." Tale dichiarazione, sebbene motivata direttamente dall’ultima aggressione israeliana contro un milione e seicentomila Palestinesi, che vivono nella striscia di Gaza occupata ed assediata, è anche una reazione alla occupazione militare israeliana, che dura ormai da decenni, e alla continua negazione dei diritti del popolo palestinese, già sanciti dall’ONU.
Mentre esprime tutto l’orrore per l’ultimo bagno di sangue che ha causato la morte di 175 Palestinesi, tra cui 34 bambini, la dichiarazione afferma anche che la continua e ripetuta brutalità di Israele è resa possibile grazie alla impunita di cui gode. Ed in particolare sottolinea la complicità degli Stati Uniti, dell’Unione europea, del Brasile, dell’India e della Corea del sud, in quanto tali paesi sono sostenitori determinanti e facilitatori di Israele sul piano militare.
L’appello, che è firmato, tra gli altri, dai Nobel per la pace Mairead Maguire e Adolfo Perez Esquível, dal fondatore dei Pink Floyd Roger Waters, dai registi Mike Leigh e Ken Loach, dal premio Pulitzer Alice Walker, dalla notissima scrittrice Naomi Klein e da Stéphane Hessel, sopravvissuto all’olocausto e co-estensore della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del 1948, e per gli italiani da Margherita Hack, Don Andrea Gallo, Vincenzo Vita e Luisa Morgantini, sostiene inoltre che, “[i]l tentativo di Israele di far passare l’uso illegale di una forza militare aggressiva e sproporzionata come "auto-difesa" non regge alle norme legali – o morali—in quanto uno Stato non può invocare l’autodifesa per atti che servono a difendere una situazione illegale da esso stesso determinata.
La dichiarazione richiama pertanto l’appello della Società Civile Palestinese di un anno fa affinché si applichi l’embargo militare ad Israele sulla scia di quello intrapreso contro l’apartheid del Sud Africa come mezzo pratico per costringere Israele ad allinearsi al diritto internazionale.
Intanto il Governo italiano continua a firmare accordi militari con quello israeliano confermando che l’import e l’export di armi e tecnologie militari sono e saranno l’essenza delle relazioni tra Roma e Tel Aviv, in palese violazione della legge italiana che disciplina il commercio di tecnologie belliche e che vieta le vendite a paesi belligeranti o i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali dei diritti umani. E proprio il 2012 ha rappresentato l’anno chiave nei trasferimenti di sistemi d’arma tra i due paesi, per un ammontare di milioni e milioni di Euro.
Segue il testo completo dell’appello:
È giunto il momento per un embargo militare contro Israele!
"Essere liberi non vuol dire solo liberarsi dalle proprie catene, ma vivere in un modo che rispetti e valorizzi la libertà degli altri". -- Nelson Mandela
Inorriditi per l’ultima aggressione israeliana contro oltre un milione e mezzo di palestinesi che vive nella Striscia di Gaza assediata e occupata, e consapevoli dell’impunità che ha consentito ad Israele di aggiungere questo nuovo capitolo alle violazioni che attua da decenni nei confronti del diritto internazionale e dei diritti palestinesi, siamo convinti della necessità di un'urgente azione internazionale perché si arrivi ad un embargo militare totale e obbligatorio nei confronti di Israele. Una misura simile è stata l’oggetto di diverse risoluzioni ONU [1] ed è simile all’embargo militare imposto in passato contro l'apartheid in Sudafrica.
La belligeranza fuori ogni controllo di Israele e la persistente negazione dei diritti umani fondamentali e dell'autodeterminazione del popolo palestinese richiedono uno sforzo concertato da parte della società civile internazionale per costringere i governi del mondo ad interrompere i legami di complicità. L’impunità ha permesso ad Israele di continuare nell’occupazione, nella colonizzazione e nella negazione dei diritti dei rifugiati palestinesi sanciti dall’ONU.
Mentre gli Stati Uniti sono stati il più grande sponsor di Israele, fornendo miliardi di dollari di attrezzature militari avanzate ogni anno, il ruolo dell'Unione europea non deve passare inosservato, in particolare le sovvenzioni pesanti al complesso militare di Israele attraverso i suoi programmi di ricerca. Allo stesso modo, i crescenti legami militari tra Israele e le economie emergenti di Brasile, India e Corea del Sud sono inconcepibili dato che tali paesi appoggiano formalmente la libertà palestinese.
I rapporti militari con Israele hanno alimentato implacabili atti di aggressione. Israele continua a consolidare la sottomissione dei palestinesi mentre provoca o inizia conflitti armati con i suoi vicini nella regione.
Il tentativo di Israele di far passare l’uso illegale di una forza militare aggressiva e sproporzionato come "auto-difesa" non regge alle norme legali – o morali—in quanto uno Stato non può invocare l’autodifesa per atti che servono a difendere una situazione illegale da esso stesso determinato.[2]
Sosteniamo quindi l’appello della società civile palestinese per un embargo militare urgente e totale contro Israele quale efficace misura nonviolenta per fermare le guerre e la repressione di Israele e per ottenere il rispetto da parte di Israele degli obblighi che gli derivano dal diritto internazionale. Questo è diventato ormai un imperativo morale e legale per raggiungere una pace giusta e completa.
Note
[1] Vedere, per esempio, risoluzione 3414 (1975) dell’Assemblea Generale dell’ONU: "[L’Assemblea Generale] chiede che tutti gli stati desistano dal rifornire Israele con qualsiasi aiuto militare o economico finché prosegua nell’occupare i territori arabi e nel negare i diritti nazionali inalienabili del popolo palestinese." http://www.un.org/apps/news/story.asp?NewsID=43376#.UKEIxYdyGSo
[2] Secondo il principio fondamentale del diritto internazionale, ex injuria non oritur ius (dall’ingiustizia non può nascere il diritto)
Prime firme (in ordine alfabetico):
Udi Aloni, regista, Israele
Anthony Arnove, editore e scrittore, USA
Etienne Balibar, accademico, Francia
Robert Ballagh, artista e presidente dell’Ireland Institute for Historical and Cultural Studies, Irlanda
Walden Bello, accademico, autore e senatore, Filippine
Shyam Benegal, regista e sceneggiatore, India
John Berger, autore, critico, UK
Howard Brenton, drammaturgo e sceneggiatore, UK
Judith Butler, accademica, USA
Clayborne Carson, Direttore, Martin Luther King, Jr. Research & Education Institute, Stanford University, USA
Noam Chomsky, accademico, USA
Caryl Churchill, drammaturga, UK
Angela Davis, accademica e autrice, USA
Raymond Deane, compositore, Irlanda
John Dugard, professore di diritto internazionale, Sudafrica
Felim Egan, artista, Irlanda
Adolfo Perez Esquível, Premio Nobel per la Pace 1980, Argentina
Dror Feiler, musicista e artista, Svezia
Don Andrea Gallo, presbitero, Italia
Charles Glass, giornalista, USA
Margherita Hack, astrofisica, Italia
Denis J. Halliday, già vice-segretario generale ONU (1994-98), Irlanda
Stéphane Hessel, diplomatico, sopravvissuto all’Olocausto e co-autore della Dichiarazione universale dei diritti umani, Francia
Tor B Jørgensen, Vescovo, Norvegia
Christian Juhl, Parlamentare, Danimarca
Ronnie Kasrils, politico, Sudafrica
Aki Kaurismäki, sceneggiatore e regista, Finlandia
Marcel Khalife, musicista, Libano
Naomi Klein, scrittrice e attivista, Canada
Paul Laverty, regista, UK
Taeho Lee, Segretario Generale, People's Solidarity for Participatory Democracy, Korea del Sud
Ken Loach, regista, UK
Vibeke Løkkeberg, attrice e regista, Norvegia
Mike Leigh OBE, regista, UK (Palm D’Or 1996)
Jean-Marc Levy-Leblond, accademico, Francia
Mairead Maguire, Premio Nobel per la Pace 1976, Irlanda
Michael Mansfield, giurista, UK
Miriam Margolyes, attrice, UK
Cynthia McKinney, politico, USA
Saeed Mirza, regista, India
Luisa Morgantini, già vice-presidente Parlamento Europeo, Italia
Bjørnar Moxnes, Consigliere, Comune di Oslo, Norvegia
Suzanne Osten, scrittrice e regista, Svezia
Nurit Peled, professoressa di lingue, Israele
John Pilger, giornalista, autore, regista, Australia
Ahdaf Soueif, scrittrice, Egitto/UK
Alice Walker, autrice, USA
Roger Waters, musicista, UK
John Williams, musicista, UK
Vincenzo Vita, senatore, Italia
Slavoj Zizek, filosofo, Slovenia
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