di Loretta Mussi
Mentre Letta e Netanyahu, in una Roma blindata e circondati da uno stuolo di ministri, funzionari e uomini della sicurezza, discutevano di affari, in tutta la Palestina storica (cioè l’attuale Israele ed i territori Occupati) si svolgevano manifestazioni e proteste contro il Piano Prawer, che prevede la distruzione di 45 villaggi beduini del Negev, con l’ espulsione e il trasferimento forzato di 70.000 beduini palestinesi in nuove “township”, e la confisca di oltre 800.000 dunam di terre, cioè 800.000 metri quadrati.
Tali manifestazioni, nel giorno dei sorrisi e degli affari tra i due Governi, ma anche tra Netanyahu ed i vertici del Vaticano, sono state duramente represse dalla polizia israeliana, che ha eseguito retate e numerosi arresti, incurante della giovane età di molti manifestanti, tra cui un dodicenne che è stato trascinato per terra per alcuni metri con una pistola puntata alla testa.
Tra i diversi accordi, sono stati stipulati anche un protocollo sanitario tra la Regione Abruzzo e il governo israeliano, una lettera di Intenti tra il Policlinico “Gemelli” e il “Rambam Hospital” di Haifa, ed un Memorandum di Intesa tra le Facoltà di Medicina ed il Politecnico dell’Università degli Studi di Torino e l’ “Israeli Insitute of Technology”.
“Sono convinto che la collaborazione tra il sistema sanitario israeliano e quello abruzzese, ci consentirà di affrontare al meglio le criticità e le sfide presenti e future della nostra realtà sanitaria”, ha detto il Presidente della regione Abruzzo Chiodi. “La nostra ambizione è creare, dopo il risanamento, una rete di emergenza urgenza di grandissima qualità. Per questo collaboreremo con il sistema sanitario di Israele che in questo settore è il migliore al mondo (…)….Una delle criticità che abbiamo rilevato nella rete dell’emergenza urgenza abruzzese era proprio la mancanza di un programma di formazione aggiornato ed omogeneo diffuso a tutti gli operatori della rete dell’emergenza. E dato che l’economia insegna che quando le risorse sono poche vanno ottimizzate e che quando non si ha la possibilità per crescere individualmente, bisogna creare sinergie, abbiamo deciso di dar vita a questa collaborazione con Israele”.
Queste affermazioni, oltre a sminuire il lavoro di chi, nonostante la carenza di risorse, il mercimonio e lo scambio politico che amministratori e politici fanno sul corpo della salute, riesce a far si che il nostro sistema sanitario continui ad essere uno dei migliori del mondo, in particolare proprio nel sistema dell’emergenza-urgenza, denotano cecità o noncuranza nei confronti delle violazioni che quotidianamente Israele compie proprio nel campo dei diritto alla salute, in violazione della IV convenzione di Ginevra.
Politici ed universitari che hanno firmato accordi e lettere di intenti nel campo della organizzazione dei servizi sanitari e della ricerca biomedica non possono non sapere che a Gaza si muore per l’impossibilità di accedere alle cure e per il gravissimo inquinamento ambientale provocato da guerre e da un embargo che impedisce il passaggio di medicine, attrezzature sanitarie e delle tecnologie necessarie alla potabilizzazione dell’acqua e alla ricostituzione del sistema fognario.
Non possono non sapere che i malati, tra cui donne incinta e bambini, vengono trattenuti e respinti ai checkpoint, dove talvolta muoiono.
E forse non sanno che tale avanzato sistema è tra i pochi in cui il virus della polio non è stato eradicato? E’ stata la OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) a lanciare l’allarme per Israele, dove il poliovirus selvaggio di tipo 1 (Wpv1) è stato isolato in 30 campioni di acque reflue provenienti da zone abitate dai beduini del Negev, ma anche nelle acque reflue in alcune zone costiere del Paese. C’entra forse qualcosa la mancanza d’acqua e l’insalubrità di alcuni territori palestinesi, causata dal furto delle risorse idriche sistematicamente operato da Israele, e lo scarico delle acque reflue degli insediamenti illegali in essi?
Questo Governo, i suoi ministri, i rettori delle facoltà di medicina del Gemelli e di Torino, il governatore dell’Abruzzo Chiodi, hanno firmato accordi con un paese che pratica costantemente la violazione del diritto alla vita, sancito dal Diritto Internazionale ed in particolare dalla e alla IV Convenzione di Ginevra.
Perché Israele ha compiuto, e compie, a Gaza e nella Cisgiordania, attacchi militari contro civili, attacchi indiscriminati e sproporzionati contro campi profughi, uccisioni mirate.
Usa ampiamente la tortura contro i prigionieri palestinesi, compresi i bambini e le donne, e si macchia di gravi colpe di negligenza medica e mancata assistenza nelle prigioni. Ma, oltre alla violenza, persegue una strategia di attacco alla vita, meno evidente ma incessante, attuando una sua “logica umanitaria”, al ribasso, per debellare i palestinesi.
Eyal Weizman, autore israeliano che ha smascherato magistralmente il sistema di oppressione israeliano nei suoi libri, dice in uno di essi, Il minore dei mali possibili: “In confronto ad altri conflitti nel mondo, il conflitto Israelo-palestinese non produce un maggior numero di morti dirette o violente. Ma è ormai diventata comune una forma di uccisione molto più sottile: quella messa in atto attraverso la degradazione delle condizioni ambientali, della qualità dell’acqua, dell’igiene, dell’alimentazione e delle cure; attraverso la riduzione del flusso dei materiali necessari per costruire le infrastrutture che sostengono la vita; attraverso il divieto di importazione di depuratori per l’acqua; e attraverso le restrizioni alla pianificazione sanitaria e al trasferimento dei pazienti.”
Per Gaza (e prima ancora per la Cisgiordania, al tempo della 2°Intifada), Israele ha studiato e calcolato il minimo vitale per la sopravvivenza sia in termini di beni primari, che in termini di calorie, per maschi, donne e bambini – quel giusto che possa tenere in vita e, allo stesso tempo, prevenire le critiche. La logica sottesa al sistema, la spiegò bene il consigliere Dov Weisglass del primo ministro laburista Olmert e’ “mettere a dieta i palestinesi, senza farli morire di fame”.
In un recente rapporto dell’UNRWA si stima che, a meno di interventi, entro il 2016 mancherà totalmente l’acqua ed entro il 2020 la situazione di Gaza sarà incompatibile con la vita.
Vale anche la pena segnalare che quasi tutte le città e i villaggi arabi nel nord di Israele non sono attrezzati con sirene di allarme contro gli attacchi aerei e sono privi di rifugi pubblici anti-bombardamento, a differenza di quanto succede per la maggior parte delle comunità ebraiche. A causa di ciò molte persone nei villaggi arabi sono morte sulle strade durante la guerra contro il Libano (2006). Inoltre, durante la guerra, le autorità israeliane diffusero alle famiglie istruzioni su come proteggersi in caso di emergenza attraverso la radio, la televisione e con brochure, ma soltanto in lingua ebraica, nonostante l’arabo sia una delle due lingue ufficiali di Israele.
E’ questo il sistema che si vuole imitare e con cui si vogliono creare sinergie? E’ questo il paese che può dar lezioni in materia di servizi sanitari e tutela dell’ambiente?
I rappresentanti di Israele sanno bene che la realtà è un’altra, tanto che hanno elaborato una vera e propria strategia, denominata Brand Israel, per far vedere al mondo un’immagine diversa da quella pessima, che nonostante tutta la censura dei media occidentali, i nostri in testa, riesce a filtrare. Fa parte di questa strategia anche la partecipazione di Israele all’Expo di Milano del 2015, il cui obiettivo, ha detto al vertice Elazar Cohen, ideatore del progetto, è: “Mostrare il vero carattere di Israele e non quello che di norma appare sui giornali”. Il nome del padiglione ‘Fields of tomorrow’ (Campi di domani) ne rappresenta bene li carattere: in tutta la sua estensione, pari a di 2400 metri quadrati sarà completamente verde per testimoniare i temi di fondo dell’Esposizione, agricoltura, sostenibilità, alimentazione.
Quindi tanta luce, sorgenti di acqua, e altre meraviglie, per nascondere la realtà dell’occupazione, dell’oppressione, e delle uccisioni indiscriminate o mirate, sostenuta con un apparato militare e tecnologico, nel quale invece Israele davvero eccelle.
9 dicembre 2013
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