In occidente dicono che piove
Lunedì 01 Febbraio 2010 11:05 Amira Hass
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Associazione di Amicizia Italo-Palestinese, 28 gennaio 2010
Haaretz.com
27.01.2010
Israele, tramite il Ministero degli Interni, continua a sputare in faccia ai paesi amici, e quei paesi continuano ad ammirare le gocce di pioggia che cadono. Lo sputo più recente del ministero è stata la cancellazione dei visti per lavoro che per anni avevano ottenuto i cittadini di quelle nazioni che erano impiegate nelle ONG internazionali.
Invece, ad essi sono stati concessi visti turistici che limitano la loro libertà di movimento e la loro attività. Queste persone di norma sono dipendenti di organizzazioni umanitarie che operano tra la popolazione palestinese della Striscia di Gaza e della West Bank, compresa Gerusalemme Est.
Nel compiere questo passo, Israele sta mostrando il suo disprezzo per le organizzazioni di aiuto umanitario, così come la sua ingratitudine, in quanto sono questi enti che, nei territori, spengono i fuochi accesi dalle politiche discriminatorie di Israele nei confronti dei palestinesi. Sono le fondazioni governative, pubbliche o private, provenienti da quei paesi amici, prevalentemente occidentali, che sistemano i guai prodotti dall’occupazione, in entrambi i casi, sia nel passato che nel presente.
Le donazioni all’Autorità Palestinese e alle ONG internazionali e palestinesi sono verosimilmente una testimonianza che il mondo esterno sostiene i palestinesi e le loro aspirazioni per l’indipendenza all’interno dei confini del 4 giugno 1967. Ma di fatto, essi sono la prova dell’inviolabilità virtuale di Israele. Nel 1993, il mondo non chiese che nel quadro di ciò che veniva chiamato processo di pace, Israele compensasse i palestinesi per i danni procurati dall’occupazione. I paesi amici lo fecero in prima persona, al posto di Israele.
E oggi, essi non esercitano una pressione reale su Israele perché ponga fine alle sue politiche che limitano lo sviluppo della West Bank; politiche che hanno creato disastri umanitari nella Striscia di Gaza ed a Gerusalemme Est. E’ più facile per i governi occidentali spendere miliardi di dollari tratti dal denaro dei loro contribuenti, piuttosto che far sì che Israele rispetti il diritto internazionale e le risoluzioni in modo che venga a diminuire la dipendenza palestinese dal sostegno finanziario.
L’abrogazione dei visti per lavoro è un’altra espressione del modo con cui Israele traccia unilateralmente i confini dell’entità palestinese che ha in progetto di definire come stato; senza i territori di Gerusalemme Est, naturalmente, dove i tentativi di diminuire la popolazione palestinese sono in atto, e senza la Striscia di Gaza. La barriera di separazione, profonda all’interno della West Bank, è già diventata parte del consenso apparentemente moderato israeliano al “confine occidentale”, ed ora è in atto una campagna per l’annessione ad Israele della maggior parte dell’Area C.
Il Ministero dell’Interno sta facendo la sua parte per determinare questi fatti sul terreno. Fa il possibile per ricordare che le sue limitazioni per i cittadini stranieri riguardano le persone la cui destinazione è rappresentata dalle “aree dell’Autorità Palestinese” – in altre parole, le Aree A e B, o il 40% della West Bank. Non è ammessa Gerusalemme, Gaza, pressoché esclusa l’Area C, dove in ogni modo il loro lavoro è limitato dal blocco notevole imposto allo sviluppo palestinese.
Secondo gli Accordi di Oslo, quando vengono menzionati da parte di cittadini stranieri il viaggio e il soggiorno, il riferimento geografico è rivolto alla West Bank e a Gaza. Ma il Ministero degli Interni fa una distinzione tra “i confini dell’Autorità Palestinese” ed i “confini di Israele”. I confini di Israele, intenzionalmente non chiari, vengono perciò definiti sulla base delle enclave dell’Autorità Palestinese. L’Autorità Palestinese non ha alcun diritto di decidere su chi entra nelle sue enclave attraverso i posti di attraversamento di confine internazionali, che sono controllati da Israele. Il Ministero degli Interni israeliano continua ad impedire l’ingresso di dozzine di cittadini stranieri che hanno rapporti di lavoro, familiari e di amicizia con la comunità palestinese.
“Israele ha il diritto sovrano di imporre limitazioni all’ingresso,” è come i diplomatici stranieri giustificano la mancanza di intervento dei loro governi. Cioè, con il loro lassismo e la generosità finanziaria, i paesi occidentali, in primo luogo gli Stati Uniti, stanno collaborando con il processo unilaterale israeliano finalizzato a conservare le enclave palestinesi.
Testo inglese in http://www.haaretz.com/hasen/spages/1145204.html - tradotto da Mariano Mingarelli
http://www.amiciziaitalo-palestinese.org/index.php?option=com_content&task=view&id=1719&Itemid=27
1 commento:
Ma quale riserva indiana...i palestinesi sono solo prigionieri della loro classe dirigente che li tiene nei campi profughi per poterli convincere meglio che il nemico è Israele e non loro, i capi, i boss, i dittatori.
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