Ieri pomeriggio, quasi per caso, ho ascoltato una conferenza stampa negli USA con tre palestinesi sull'iniziativa del 15 marzo. Di seguito i miei appunti
Stephanie
La conferenza era organizzata dall'Institute for Middle East Understanding (organizzazione che, in poche parole, cerca di facilitare l'accesso dei media a voci palestinesi), con tre ospiti dalla Palestina:
Fadi Quran dalla Cisgiordania, coordinatore di vari movimenti di giovani. Laureato in fisica e relazioni internazionali a Stanford, attualmente sta facendo un Master in diritti umani e diritto costituzionale.
Lina Al-Sharif da Gaza, studia letteratura inglese all'Islamic University a Gaza, è una blogger e scrittrice.
Fajr Harb dalla Cisgordania, vice direttore del Carter Center Field Office a Ramallah e membro di al Shabaka: The Palestinian Policy Network.
Raccontateci come è nata l'iniziativa del 15 marzo
Fadi: da un po' di tempo ci sono tanti gruppi di giovani palestinesi, dalla Cisgiordania, Gaza, Israele e la diaspora, che hanno lavorato su appelli vari con diverse richieste volte ad un cambiamento. 270 gruppi si sono uniti su delle richieste specifiche che ha portato all'appello per il 15 marzo. Tra le principali richieste sono: una rappresentanza democratica per tutti i palestinesi a prescindere da dove risiedono, elezioni, la fine della divisione fra Fatah e Hamas.
Fajr: Quello che abbiamo capito è che c'era un sentimento comune in tutta la Palestine che lo status quo non era più accettabile. Sta nascendo un movimento forte, portato avanti dai giovani, ispirato chiaramente dagli eventi in Egitto e Tunisia.
Lina: A Gaza, ovviamente abbiamo le stesse richieste. Tanti gruppi si stanno mobilitando. Gaza Youth Breaks Out è tra gli organizzatori. Per quanto riguarda la partecipazione, non so se sarà uguale a quella della Cisgiordania e Gerusalemme, comunque stiamo cercando di mobilitare la gente. Utiliziamo gli stessi metodi come in Cisgiordania. Facebook e Twitter sono gli strumenti più importanti. È tutto comminciato come una piccola idea, ma ora la maggior parte della gente qua sa dell'iniziativa. Generalmente, la gente qua non si fida molto di Facebook, dato che è facile mascherarsi, ma in questo caso è diverso. La gente qua sa che è in programma una mobilitazzione e che ci si aspetta che anche a Gaza si manifesta.
Fadi: Facebook e Twitter sono degli strumenti importanti, specialmente per collegarci fra la Cisgiordania e Gaza, ma anche con il resto del mondo. Però, sono solo degli strumenti. Questa rivoluzione nel mondo araba stava arrivando, e sarebbe arrivata anche senza facebook. Quello che succede negli altri paesi ci aiuto ad alzarci dalla disperazione e trovare la speranza. La gente qua ora sa che le cose possono cambiare, e sono pronti a fare sacrifici perché avvenga.
Quale sono le lezioni che avete imparato dalle mobilitazionin Egitto e Tunisia?
Fadi: Abbiamo imparato tanto dai manuali degli egiziani, per esempio come trattare con infiltrati, come pianificare una permanenza (sit-in) ad oltranza, dove mettere le tende, ecc. Però la Tunisia per noi è un esempio più vicino, è un paese piccolo, simile alla Palestina.
C'erano poi degli aspetti della rivoluzione egiziana che non possiamo usare. Per esempio, per noi non è possibile, date le restrizioni sul movimento, far convergere tutti in una città. A non parlare dell'occupazione israeliana. Dobbiamo prepararci per la reazione alle proteste contro Israele.
Fajr: Non possiamo dire più di tanto sulle tattiche che utilizzaremo, ma siamo consapevoli degli ostacoli e ci stiamp preparando.
Fadi: conosciamo la potenza della popolazione palestinese. Ultimamente, con alcune persone, che stanno marginalmente meglio per via della "pace economica", opporsi all'occupazione non era più tra le priorità. Ora questo è cambiato. La gente ha visto che invece il cambiamento è possibile.
Lina: Una cosa importante da ricordare è che questa non è una protesta contro Hamas. È una manifestazione per l'unità. Tutti insieme contro l'occupazione. Chiaramente, a Israele non fa piacere sentir parlare di unità. E Hamas deve capire che queste proteste sono per il bene di tutti, per porre fine all'occupazione e l'assedio di Gaza, per aiutare tutti i palestinesi. E questo non può succedere se non siamo uniti. Può essere che all'inizio non piace a chi ha il potere, ma devono capire che per la maggior parte della gente, l'unità è una priorità.
Cosa chiedete della comunità internazionale?
Fadi: Ci sono tre richieste, rivolte a tre tipi di pubblico:
In primo luogo, chiediamo a tutti i palestinesi della diaspora di organizzare sit-in di lungo termine presso la delegazione palestinese nel proprio paese.
Invece per i cittadini del mondo (n.b. in realtà si rivolge sopratutto al pubblico statunitense), ho in mente una citazione di Henry David Thoreau, "non prestarsi all'ingiustizia contro la quale protesti". Quindi, per esempio negli Stati Uniti, più che chiedere un sostegno diretto alla nostra iniziativa chiediamo che si fa di tutto per bloccare gli aiuti militari che gli USA regala a Israele. E chiediamo a tutti di sostenere la campagna BDS.
In fine, per i giornalisti, chiediamo una mano nel far sapere dell'iniziativa e di dare spazio a quello che succede in Palestina e Israele.
Quale è stata la reazione fin'ora dalla stampa e che previsioni ci sono per quanto riguarda la partecipazione?
Fadi: Per la stampa, c'e sicuramente interesse. Sulla partecipazione, non vogliamo parlare di numeri, ma speriamo migliaia o decine di migliaia. Hanno assicurato la presenza le associazioni dei giovani, le ONG e alcuni partiti.
Lina: Per quanto riguarda la stampa, ho paura che qua a Gaza a differenza della Cisgiordania, i media la presenteranno come una protesta contro Hamas invece di una manifestazione per l'unità. Quindi chiediamo che il contesto vero dell'iniziativa venga raccontato.
Fadi/Fajr: Chiaramente, anche in Cisgiordania dobbiamo combattere contro la parzialità dei media. È facile per i media occidentali fare servizi sulle rivolte contro leader arabi autocratici, sarà una cosa diversa quando si tratta di proteste contro Israele. Stiamo parlando di coinvolgere tutti i palestinesi (WB, 48, Gaza, diaspora) nelle decisioni politici, siamo sicuri che l'idea di una persona, un voto attirirà l'attenzione dei media. Una volta che rivolgiamo la protesta verso Israele, invece sarà assai più difficile avere servizi positivi sulla mobilitazione. Ma non impossibile. Abbiamo già visto alcuni giornalisti occidentali cominciare a dare notizie accurate sulla Palestina.
Il più grande errore che hanno commeso i nostri leader è stato quello di non sapere far conoscere la vera natura delle nostre richieste di libertà al mondo, in modo che nel mondo spesso non c'è simpatia per i palestinesi. È moralmente giusto sostenere chi lotta per la giustizia ma non abbiamo avuto questo sostegno dal mondo.
Ci sono state tentative di co-optare l'iniziativa?
Lina: ci sono state delle azioni "preventive" da parte di chi ha il potere, sopratutto cercando di evitare qualsiasi responsabilità per la situazione attuale.
Fajr: sì, si tratta sopratutto del istinto di "sopravivenza politica".
Come vi sentite alla vigilia della mobilitazione?
Lina: Sento una cosa che non pensavo di sentirmi mai, la speranza. Che le cose possono cambiare. È la prima volta nella mia vita. Non pensavo mai di avere questi pensieri.
Fadi: Siamo ispirati dai nostri fratelli in Egitto e Tunisia. L'Egitto è importanto per il mondo arabo, la cultura, I programmi televisivi egiziani permeano la Palestina. Ora ho speranza. Vorrei vedere unità nel mondo arabo, una specie di Unione europea per i paesi arabi, l'Unione Araba, che può competere con il resto del mondo. Sono 20enne. Spero di vedere una cosa del genere quando sarò 40enne.
Fajr: Mi ricordo la prima intifada. Guardando le immagini di Tahrir Square e le donne egiziane in piazza, ho pensato al ruole forte che avevano le donne durante la prima intifada. Ho sentito le donne egiziane repetere i canti che usavano le donne palestinesi. Le donne possono essere un forza per il bene.
Lina: Io ho in mente tante immagini dell'Egitto e della Palestina che si sovrapongono e diventano una, tutti insieme, fratelli e sorelli arabi uniti.
Una della realtà palestinesi di cui parlano i media sono i comitati popolari per la resistenza nonviolenta. Sono coinvolti nell'iniziativa del 15 marzo?
Fadi: Certo. Sono coinvolti direttamente. Non dovevamo neanche chiamarli, erano integrati naturalmente sin dall'inizio. Noi abbiamo partecipato alle loro manifestazioni, abbiamo visto e rivisto i video delle loro mobilitazioni per vedere quello che funziona e quello no. Ci è stato utile per pianificare per l'oppressione israeliana e quella eventuale di Hamas e Fatah. Hanno 6 anni di esperienza, seguire quello che hanno fatto è un vero e proprio corso di formazione per un cambiamento.
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