domenica 6 luglio 2014

Andare oltre lo sconforto





Ciò che sta avvenendo in Palestina, accompagnato dal silenzio dei media e dall'indifferenza della comunità internazionale, porta tutti noi a uno stato di rabbia e di sconforto. Quando tutto sembra troppo devastante ci si sente sopraffatti e impotenti. Ci si sente disperati e qualcuno sceglie di chiudersi in se stesso. Ho letto un post dove la scrivente affermava l'inutilità di continuare a mandare orribili foto e firmare petizioni, per un paese lontano, quando non siamo in grado di difendere nemmeno i nostri cari. La mia non è una critica, capisco questo sconforto, ma non lo voglio condividere. Personalmente non ho gerarchie negli affetti, e la Palestina fa parte dei miei cari. Ma soprattutto non stiamo parlando di un paese lontano, stiamo parlando di noi. La Palestina è così vicina che la reazione sionista si è fatta sentire anche qui a Roma con il ferimento di alcune persone a partire dal 25 aprile. Mercoledì scorso i giovani palestinesi avevano indetto un presidio che non si è potuto tenere perchè gli energumeni sionisti sono arrivati per primi e hanno ferito un giovane che portava la kefia. Qui, a Roma, non in Palestina. Due giorni fa l'ambasciata palestinese è stata istoriata di scritte insultanti, i sionisti romani sono riusciti addirittura ad appendere uno striscione con scritto «Assassini» che avrebbero dovuto indirizzare ai loro omologhi israeliani e addirittura sono stati sparati contro l'ambasciata alcuni colpi di pistola. Qui, a Roma, non in Palestina. Difendere i nostri cari e difendere la Palestina, o se volete chiunque sia vittima nel mondo, è la stessa cosa. Difendendo i loro diritti, difendiamo anche i nostri. Anzi, non riusciremo a difendere noi stessi e chi amiamo se non difendiamo i diritti di chi è oppresso nel mondo. Viviamo nello stesso mondo, respiriamo la stessa aria e abbiamo gli stessi despoti che fanno a pezzi la nostra vita, in diversa misura a seconda se abbiamo la fortuna di vivere in Occidente o no. Quella che dico è una banalità, ma di cui spesso ci si dimentica e si fa il gioco dell'oppressore.
Se in Israele ci sono rabbini che incitano all'odio e alla vendetta, gli fanno da contraltare i loro omologhi jiadisti, gente peggio di Al Qaida che ha già invaso parte dell'Iraq e della Siria, e intende ulteriormente espandersi. Il loro capo pretende l'ubbidienza di tutti i mussulmani. Intende addirittura conquistare Roma. Non sono barzellette, abbiamo già visto di cosa sono capaci. Israele sta giocando con il fuoco, vuole distruggere Hamas senza rendersi conto da chi potrebbe essere occupato quel vuoto. Ma Israele con i suoi governanti i suoi rabbini i suoi soldati e i suoi coloni e molta parte della popolazione è in preda a una pazzia criminale. Quando i sionisti hanno colonizzato la Palestina pensavano che tutto sarebbe andato liscio «I vecchi moriranno e i giovani dimenticheranno» dissero. Ma poi si sono trovati di fronte una resistenza che si è rinnovata generazione dopo generazione e questo li ha resi furiosi fino alla follia criminale. In Israele però c'è stata anche la conferenza di 10 ore di Breaking the silence, 10 ore, per 10 ore c'è stata la gente che ha ascoltato inenarrabili nefandezze commesse dall'esercito israeliano. Quando si sarà alzata dalla sedia quella gente non sarà certamente stata più la stessa di quando si era seduta. L'Unione africana ha quasi cacciato a calci i rappresentanti israeliani, manifestazioni si sono tenute in tutte il mondo, non siamo così impotenti. Siamo la società civile, siamo la maggioranza, allora diventiamo più creativi, più intelligenti, più determinati di loro.
Obama, il premio ignobel per la pace, dopo aver insediato in Ucraina con un golpe un governo di neonazisti, sta progettando un attacco nucleare alla Russia, così dichiara Paul Craig Roberts, editorialista e già viceministro di Reagan e
Dick Cheney ha affermato: «Penso che ci sarà un altro attacco. E la prossima volta credo che sarà ben più letale dell’ultima».
Siamo dominati da pazzi furiosi accecati dal potere, che hanno già distrutto interi paesi, non possiamo lasciarli fare.

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