giovedì 12 marzo 2015

L’Ucraina e la NATO-USA Connection


*
6 Marzo 2015

di *Antonio Mazzeo*

*Intervento all’incontro-dibattito “USA – NATO – Unione Europea: La
crisi ucraina e la ricostruzione del movimento contro la guerra”, Roma,
6 marzo 2015*

Per sostenere e “difendere” il regime fascista di Kiev,
l’amministrazione Obama e il complesso militare-finanziario-industriale
degli Stati Uniti d’America sono pronti a utilizzare i più micidiali
strumenti di guerra. A metà febbraio, Washington ha ribadito le proprie
intenzioni belliche di fronte ai partner europei e alla Russia di Putin,
rischierando a Spangdahlem (Germania) dodici aerei da attacco al suolo
A-10 Thunderbolt II e 300 aviatori del 355th Fighter Wing dell’US Air
Force, provenienti dalla base aerea di Davis-Monthan (Arizona). I
sofisticati velivoli hanno disseminato morte e distruzione in
Afghanistan, Iraq e Libia: sono armati con cannoni lunghi più di sei
metri, i GAU-8/ “Avenger” (vendicatori), in grado di sparare fino a
4.200 colpi al minuto. I proiettili di 30 centimetri contengono ognuno
300 grammi di uranio impoverito e riescono a perforare facilmente
blindati e carri armati. “I Thunderbolt opereranno per i prossimi sei
mesi congiuntamente ad altri velivoli da guerra della Nato
principalmente lungo le frontiere di Russia, Lituania, Estonia, Romania
e Bulgaria, ma potranno essere impiegati in caso di crisi anche nel
continente africano”, ha dichiarato il Dipartimento della difesa Usa.

Il trasferimento in Europa degli A-10 dell’US Air Force è stato deciso
nel quadro della cosiddetta “Operation Atlantic Resolve”, la missione
militare avviata dal Pentagono dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina,
e rientra nel Theater Security Package (TSP), il piano di sicurezza e di
“difesa attiva” che prevede la predisposizione di reparti di pronto
intervento nelle aree del pianeta ritenute “sensibili”. “Atlantic
Resolve è un’ulteriore dimostrazione della volontà degli Stati Uniti di
contribuire alla scurezza collettiva della Nato e supportare i nostri
partner in Europa orientale, alla luce dell’odierno intervento russo in
Ucraina”, ha riferito il generale Ben Hodges, comandante dell’Esercito
americano in Europa (USAREUR, US Army Europe).

Il piano statunitense di rafforzamento della propria presenza militare
in funzione anti-Russia prevede pure che ad aprile un imprecisato numero
di cacciabombardieri F-15C “Eagles” siano trasferiti dagli Stati Uniti
in alcune basi europee, sino ad oggi top secret. Sempre nel quadro
dell’operazione “Atlantic Resolve”, lo scorso mese di gennaio 75
velivoli da combattimento “Stryker” del 2° Reggimento di Cavalleria di
US Army sono stati schierati in alcuni paesi dell’est Europa per
partecipare a una serie di esercitazioni con le forze terrestri dei
partner Nato. Contemporaneamente, un centinaio di militari della IV
Divisione di Fanteria dell’esercito Usa di stanza a Fort Carson
(Colorado) sono giunti in Germania per coordinare in ambito alleato le
operazioni terrestri di “contenimento” della Russia sul fronte
orientale. A partire dal mese di marzo, oltre 3.000 militari del 1st
Heavy Brigade Combat Team, della 3rd Combat Aviation Brigade, della
Divisione d’artiglieria e della 3rd Infantry Division saranno distaccati
per non meno di tre mesi in Germania, Estonia, Lettonia, Lituania,
Polonia, Romania e Bulgaria. “Grazie a queste unità, il numero delle
esercitazioni con i nostri alleati nel quadro di Atlantic Resolve
aumenterà del 60% nel 2015”, ha spiegato il generale Tom Jones,
vicecomandante dell’US Air Force in Europa.

Nel 2014, il personale Usa assegnato alle basi dell’Europa orientale è
cresciuto di 3.000 unità, sommandosi così ai circa 67.000 militari già
presenti nel continente. In particolare, più di 400 tra militari e
dipendenti civili statunitensi sono giunti nella base di Mihail
Kogalniceanu, Romania, elevata a vero e proprio hub aereo per il
transito delle forze aeree Usa e Nato. Sempre in Romania si alternano
200 Marines Usa per partecipare ad esercitazioni e interventi marittimi
nel Mar Nero, nell’ambito della Black Sea Rotational Force 14 di US
Navy, attivata nel settembre 2014. Sei caccia F-15C e 150 avieri dell’US
Air Force sono stati trasferiti nel marzo 2014 in Lituania dalla base
britannica di Lakenheath per partecipare alla Baltic Air Patrol, la
missione Nato di pattugliamento e sorveglianza dello spazio aereo delle
Repubbliche baltiche e dell’Ucraina. Team dell’aeronautica statunitense
si addestrano a rotazione in Polonia dove dal novembre 2012 è attivo un
piccolo distaccamento aereo, la prima presenza in pianta stabile di
personale Usa in territorio polacco. Sempre in questo paese sono
periodicamente rischiarati i cacciabombardieri F-16 a capacità nucleare
provenienti dalla base Italiana di Aviano (Pordenone) e i velivoli cargo
C-130 “Hercules” impiegati in esercitazioni congiunte con le forze
armate polacche. Dal prossimo mese di aprile, altri tre velivoli C-130 e
un centinaio di avieri provenienti dalla grande base tedesca di Ramstein
giungeranno nello scalo aereo di Powidz. Il 24 luglio 2014, il
Comandante supremo delle forze Nato e Usa in Europa, generale Philip
Breedlove, ha chiesto al Pentagono di realizzare in Polonia un deposito
dove stoccare armi, munizioni ed equipaggiamenti militari “per
supportare il rapido dislocamento di migliaia di militari contro la
Russia”. Come se non bastasse, il governo polacco ha formalmente chiesto
a Washington di trasferire stabilmente in Polonia perlomeno un gruppo di
volo con cacciabombardieri F-16 di stanza oggi in Italia.

*L’escalation militare statunitense in Ucraina*

Ovviamente lo scoppio del conflitto in Crimea e nell’Ucraina orientale è
stato utilizzato pretestuosamente da Washington per rafforzare la
propria presenza militare nel martoriato paese europeo. L’escalation è
stata rapida ed inarrestabile: prima sono giunti “consiglieri” e
contractor, poi i parà, le forze speciali e i mezzi corazzati. Nel
giugno 2014, un gruppo di ufficiali Usa sono stati inviati a Kiev per
collaborare con le forze armate locali nella realizzazione “a medio e
lungo termine” della “riforma del sistema difensivo ucraino”. Qualche
mese dopo, gli uomini di vertice del Pentagono si sono incontrati con i
generali ucraini per discutere “le modalità con cui gli Stati Uniti
possono rafforzare la cooperazione militare e aiutare l’Ucraina a
potenziare le proprie forze armate”, come riportato dal Dipartimento
della difesa. Poi, a settembre, duecento paracadutisti della 173^
Brigata Aviotrasportata dell’esercito Usa di stanza a Vicenza, hanno
raggiunto Yavoriv (nelle vicinanze di Lviv, a 50 km circa dal confine
con la Polonia), per partecipare all’esercitazione multinazionale “Rapid
Trident”, la prima in territorio ucraino dopo la crisi politico-militare
in Crimea, insieme a più di 1.100 militari provenienti da 14 paesi
(Ucraina, Azerbaijan, Bulgaria, Canada, Georgia, Germania, Gran
Bretagna, Lettonia, Lituania, Moldavia, Norvegia, Polonia, Romania e
Spagna). “Nel corso di Rapid Trident sono state eseguite operazioni di
peacekeeping, trasporto mezzi, pattugliamento, individuazione e
disattivazione di materiale esplodente”, ha riferito il portavoce del
Pentagono, colonnello Steve Warren. “L’esercitazione ha contribuito a
promuovere la stabilità e la sicurezza regionale, rafforzare la
partnership con gli alleati e migliorare l’interoperabilità tra il
Comando delle forze Usa in Europa USAREUR, le unità terrestri
dell’Ucraina e gli altri paesi Nato”. Ancora nel grande centro di
addestramento di Yavariv (uno dei più grandi d’Europa, con una
superficie di 425 Km2), tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, una
squadra di specialisti del “Tobyhanna Army Depot” (Pennsylvania) - il
principale centro logistico del Dipartimento della difesa per la
gestione dei sistemi elettronici - ha addestrato i militari ucraini
all’uso del nuovo sistema radar LCMR (Lightweight Counter Mortar Radar)
AN/TPQ-48/5, in grado di individuare le provenienza dei tiri di
artiglieria, mortai e razzi e indirizzare il tiro di contro-batteria.
Secondo fonti stampa statunitensi, il Pentagono avrebbe fornito alle
forze armate ucraine una ventina di esemplari di questo sistema radar.

Subito dopo la visita ufficiale a Kiev del generale Usa-Nato Phil
Breedlove (26 e 27 novembre 2014), una dozzina di medici dell’Air Force
Special Operations Command Europe (SOCEUR) di Stoccarda hanno raggiunto
Khmelnytskyi, nell’Ucraina occidentale, per formare più di 600
dipendenti del ministero della difesa ucraino alle procedure mediche da
seguire nei campi di battaglia. Il personale di SOCEUR, proveniente
dall’US Army 1st Battalion, dal 10th Special Forces Group, dall’Air
Force 352nd Special Operations Group e dalla Naval Special Warfare Unit
2, collabora oggi anche con l’organizzazione non governativa “Patriot
Defense” che conduce corsi di formazione a favore delle forze armate
ucraine e della famigerata Guardia nazionale. Le unità della Guardia
nazionale, comprendenti non meno di 45-50.000 “volontari”, sono state
costituite dal governo di Kiev nel marzo 2014 con un primo finanziamento
Usa di 19 milioni di dollari e hanno incorporato le formazioni
neonaziste Donbass, Azov, Aidar, Dnepr-1 e Dnepr-2, già addestrate nel
2006 da istruttori Nato in Estonia e poi utilizzate per il colpo di
stato in Ucraina e le pulizie etniche contro le popolazioni di lingua
russa. Il comandante di US Army Europe, gen. Ben Hodges, ha annunciato
che entro la fine del mese di marzo 600 paracadutisti circa della 173^
Brigata di fanteria aviotrasportata di Vicenza saranno inviati al centro
di Yavariv per addestrare tre battaglioni del Ministero dell’Interno.
“Questa nuova missione in Ucraina serve a rimarcare l’impegno Usa per la
sicurezza del Mar Nero”, ha spiegato Hodges. “I nostri paracadutisti
avranno il compito di preparare le forze armate ucraine a difendersi
dall’artiglieria e dai razzi dei Russi e dei ribelli e interverranno
pure nella messa in sicurezza di strade, ponti e infrastrutture”.

Contemporaneamente al potenziamento del dispositivo militare Usa in
Ucraina, sono aumentati a dismisura gli “aiuti militari” e le consegne
di armamenti pesanti al governo di Kiev. Il primo massiccio stanziamento
finanziario risale al marzo 2014 (23 milioni di dollari), con il “piano
di assistenza alla difesa delle frontiere ucraine contro le provocazioni
delle forze armate russe e le violenze fomentate dai ribelli
filo-russi”, come riferito dal Pentagono. Successivamente, Washington ha
approvato ulteriori stanziamenti a favore delle forze armate ucraine per
5 milioni di dollari in giubbotti antiproiettili, visori notturni,
caschi protettivi, dispositivi robot anti-esplosivi, kit sanitari e
equipaggiamenti per le telecomunicazioni. Altre attrezzature “non
letali” (sistemi d’allarme, vestiario, escavatori, camion, generatori
elettrici, apparecchiature radio, ecc.) sono state assegnate invece alla
neo-costituita Guardia statale di protezione delle frontiere.

Secondo quanto rivelato a fine gennaio dal New York Times,
l’amministrazione Obama si prepara a fornire “aiuti militari”
all’Ucraina per più di 3 miliardi di dollari nel triennio 2015-2017: tra
essi spiccherebbero missili anti-tank, lanciamissili anti-blindati,
radar, velivoli a pilotaggio remoto (UAV), contromisure elettroniche
anti UAV, blindati “Humvees”, ecc. Agli ucraini verrebbero fornite
inoltre armi e munizioni prodotte nell’ex Unione Sovietica, attualmente
stoccate in un deposito della CIA in North Carolina. All’estensione del
programma di riarmo hanno collaborato alcuni “assistenti esterni”
dell’amministrazione Obama, come il generale in pensione Michèle
Flournoy e l’(ex) ammiraglio James Stavridis, già Comandante delle forze
armate Usa e Nato in Europa.

*L’Ucraina è sempre più Nato*

Le relazioni politiche-militari tra le autorità di Kiev e gli alti
comandi della Nato si sono fatte sempre più strette a partire del 2002,
anno in cui fu adottato il cosiddetto “Piano di azione Nato-Ucraina” e
l’allora presidente Kuchma annunciò l’intenzione di aderire all’Alleanza
Atlantica. Nel 2005, il presidente “arancione” Yushchenko fu
ufficialmente invitato a partecipare al summit alleato di Bruxelles che
lanciò un “dialogo intensificato” Nato-Ucraina e, tre anni più tardi, il
vertice interalleato di Bucarest si espresse favorevolmente all’ingresso
dell’Ucraina nella Nato. Nel 2009 le autorità ucraine firmarono un
accordo che consentì il transito terrestre nel paese di mezzi e
rifornimenti per le forze Nato in Afghanistan, mentre gli uomini guida
delle forze armate ucraine furono ammessi a partecipare ai corsi del
Nato Defense College a Roma e Oberammergau (Germania). Sempre in vista
dell’integrazione delle forze armate ucraine con quelle Nato, presso
l’Accademia militare di Kiev è stata poi istituita una “facoltà
multinazionale” con docenti Nato. Con lo scoppio del conflitto in
Crimea, il governo ucraino ha deciso di accelerare l’iter di adesione
all’Alleanza atlantica: il 24 dicembre 2014, il Parlamento ha approvato
la proposta di legge del presidente Petro Poroshenko con cui l’Ucraina
rinuncia unilateralmente allo status di Paese non allineato e formalizza
la richiesta di ingresso nella Nato.

Secondo fonti giornalistiche indipendenti, in questi mesi Bruxelles
starebbe inviando in Ucraina carichi di armi, consiglieri militari ed
“esperti in contro-insorgenza” in vista di un attacco in grande scala
che le forze armate e i gruppi paramilitari locali intenderebbero
sferrare in primavera a Donbas. Con le linee strategiche anti-russe
approvate al vertice dei ministri della difesa della Nato tenutosi in
Galles nel settembre 2014, si è deciso di raddoppiare i fondi annuali a
favore dell’Ucraina del cosiddetto NATO Science for Peace and Security
(SPS) Programme, il programma interalleato di cooperazione e formazione
sui temi della “difesa” contro gli agenti chimici, biologici e nucleari
e delle cyber war. Nel corso della sua visita a Kiev il 20 e 21 novembre
2014, il generale Bartels, presidente del Nato Military Committee, ha
reso noto che saranno messi a disposizione dell’Ucraina i NATO Trusts
Funds per coprire finanziariamente le spese per la formazione e
l’assistenza del personale militare nei settori C3 (comando, controllo e
comunicazioni), della logistica, della cyber defence e della
riabilitazione del personale ferito in combattimento. A fine dicembre,
nell’ambito del Defence Education Enhancement Programme (DEEP), un team
di esperti militari Nato provenienti da Canada, Repubblica ceca,
Lituania, Polonia e Stati Uniti ha dato vita a Kiev a una serie di corsi
di formazione finalizzati ad accrescere l’interoperabilità dei reparti e
dei mezzi da guerra ucraini con quelli delle forze armate alleate.

*Una punta di lancia Nato contro Mosca*

Sempre in occasione dell’ultimo vertice dei ministri della Nato in
Galles è stato approvato all’unanimità il piano che modifica le azioni
d’intervento ai confini meridionali e orientali dell’Alleanza e triplica
il numero dei militari assegnati alla Response Force (NRF), la Forza
congiunta di rapido intervento che così potrà disporre di 30.000 uomini.
Prima dell’estate saranno definiti i dettagli logistici per il
potenziamento della task force, mentre la piena operatività sarà
raggiunta solo dopo il vertice Nato di Varsavia previsto nel giugno
2016. Sei i paesi che guideranno a rotazione la Response Force:
Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna, Polonia e Spagna. Corpo
d’élite della nuova NRF sarà la brigata di terra Spearhead (punta di
lancia) con 5.000 militari circa e che sarà supportata da forze aeree e
navali speciali e, in caso di crisi maggiori, da due altre brigate con
capacità di dispiegamento rapido. “Al fine di garantirne la massima
prontezza operativa, la task force si avvarrà di sei nuovi centri di
comando e controllo dislocati in Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania,
Polonia e Romania”, ha annunciato il Segretario generale della Nato,
Jens Stoltenberg. “Se esploderà una crisi, questi centri assicureranno
che le forze nazionali e Nato, ovunque si trovino, possano agire subito.
Essi renderanno ancora più rapidi i dispiegamenti, supporteranno la
difesa collettiva e aiuteranno a coordinare l’addestramento e le
esercitazioni”.

“L’Italia assicurerà il proprio supporto al processo di implementazione
del Readiness Action Plan (RAP), il piano di risposta operativa della
Nato, nella certezza che garantirà all’Alleanza un insieme di strumenti
idonei a rafforzare la cornice di sicurezza globale, soprattutto in
risposta alle minacce derivanti dalla crisi tra Russia e Ucraina ed a
quelle provenienti dall’area mediorientale e del Nord Africa”, ha
dichiarato poche settimane fa la ministra Roberta Pinotti. All’Italia,
in particolare, è stato chiesto di ricoprire il ruolo di Framework
Nation per la costituzione della forza congiunta di pronto intervento
basata sulla brigata Spearhead. Inoltre, al nostro paese è stato
assegnato dall’1 gennaio 2015 - e sino alla fine d’agosto - il comando
della Baltic Air Patrol, la missione Nato di pattugliamento dei cieli
delle Repubbliche baltiche avviata nel 2004 e che dopo lo scoppio della
crisi ucraina ha visto quadruplicare il numero dei velivoli e dei
militari impegnati. Per le operazioni aeree anti-russe, l’Italia ha
messo a disposizione quattro caccia multiruolo Eurofighter “Typhoon”,
rischierati nell’aeroporto militare di Šiauliai, in Lituania. Al comando
italiano della BAP sono stati assegnati anche quattro caccia Mig-29
delle forme armate polacche schierati a Šiauliai, quattro Eurofighter
spagnoli di base nell’aeroporto di Amari (Estonia) e quattro
cacciabombardieri belgi F-16 a Malbork (Polonia).

“In Ucraina è in gioco la sicurezza dell’Europa e degli Stati Uniti
d’America e per questo dobbiamo rafforzare in questo paese il nostro
ruolo e la nostra presenza militare”, ha dichiarato il 25 febbraio
scorso il generale Philip Breedlove nel corso di un’audizione al
Comitato per le forze armate del Congresso degli Stati Uniti d’America.
“Non sappiamo cosa farà alla fine Putin, ma dobbiamo prepararci al
peggio. Le forze russe continuano ad operare sul campo in Ucraina,
fornendo sostegno diretto ai separatisti. Mosca ha inoltre inviato più
di 1.000 pezzi di armi pesanti, come carri armati e sistemi
d’artiglieria e di difesa aerea. L’aggressione della Russia non è solo
contro l’Ucraina ma riguarda altri stati ex-URSS come la Moldavia, dove
le forze armate russe sono presenti nella conflittuale regione del
Trans-Dniester”. Così l’Europa torna a sentire le odi alla guerra totale.

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