Le autorità israeliane fanno come meglio credono nei Territori occupati mentre i palestinesi, nella loro terra, sono costretti a richiedere permessi per tutto, anche per la produzione di energia pulita.
MICHELE GIORGIO
Gerusalemme, 29 febbraio 2012, Nena News (la foto, presa in internet, e’ dell’agenzia AP) – In Cisgiordania è lecita la tecnologia voluta da Israele ma non quella che i palestinesi scelgono in autonomia. Mentre le autorità israeliane annunciano di aver messo a punto un piano per la costruzione di quasi 500 km di ferrovie all’interno dei Territori occupati – la fragile Anp di Abu Mazen non è stata neppure consultata -, gli 80 abitanti del villaggio di al Thala, nel sud della Cisgiordania, si vedranno demolire gli impianti fotovoltaici e le turbine eoliche per la produzione di energia pulita perchè «non hanno chiesto il permesso» alle autorità militari occupanti.
La vicenda di al Thala offre un esempio molto chiaro di ciò che significa vivere nella zona C della Cisgiordania, il 60% del territorio palestinese che, a quasi 19 anni dalla firma degli Accordi di Oslo, resta sotto l’esclusivo controllo delle autorità militari israeliane. Fino allo scorso agosto gli abitanti di al Thala non avevano l’elettricità. Poi sono giunti i cooperanti di una ong tedesca e i rappresentani del gruppo Comet-ME (scienziati israeliani per i diritti umani) che hanno costruito pannelli solari destinati a portare l’energia elettrica a 30 comunità palestinesi in quella zona. Un progetto che ha cambiato la vita a tante famiglie. «Abbiamo acquistato un frigorifero per conservare meglio gli alimenti e presto spero di poter comprare una lavatrice, è così faticoso lavare tutto a mano», spiega Hakima Elayan, madre di quattro figli.
Il sogno di Hakima di vivere con qualche comodità in più rischia di non realizzarsi. Il mese scorso, l’amministrazione civile israeliana, che fa capo al comando militare in Cisgiordania, ha inviato un ordine di stop immediato dei lavori, perché le attività in corso sarebbero «illegali», ossia svolte senza i «regolari permessi». Ora sono a rischio demolizione i pannelli e le turbine di al Thala e di altre 5 comunità. E che si tratti di energia pulita non interessa all’occupante.
Quindi un palestinese non può avviare alcuna attività nella sua terra senza una autorizzazione di Israele che, al contrario, può elaborare e realizzare un progetto nella terra di un altro popolo, senza preoccuparsi di consultare neppure il modesto governo di Salam Fayyad, il premier dell’Anp. «L’aiuto internazionale è una componente importante per garantire una vita migliore ai palestinesi ma nessuno può godere di immunità, le leggi vanno rispettate», ha spiegato Guy Inbar, dell’amministrazione civile israeliana. Ma la legge è israeliana, imposta ad un popolo sotto occupazione dal 1967, e visto che rischiano di finire in detriti e macerie anche 400mila euro, i tedeschi fanno sapere di essere alquanto irritati per queste decisioni israeliane. Un raro segno di dispiacere da parte dei principali alleati di Israele nella Ue. La presa di posizione della Germania ha dato coraggio anche alle autorità polacche che, attraverso il vice ministro degli esteri Jerzy Pomianowski, hanno fatto sapere di aver accolto male la notizia che il pozzo di al Thala, riabilitato con fondi di Varsavia, è stato demolito per lo stesso motivo: la mancanza di un permesso israeliano.
Come risponderà Israele? Le autorità militari fanno ciò che vogliono nella area C della Cisgiordania, dove i coloni israeliani si muovono senza alcun problema. Lo scorso anno l’esercito israeliano ha fatto demolire 622 strutture (di cui 222 case), lasciando senza un tetto 1.100 palestinesi, metà dei quali bambini. Israele irrita perfino alleati automatici quali Germania e Polonia. Ma non succederà niente. Qualche piccolo malessere e tutto riprenderà come prima, come sempre. Nena News
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