lunedì 25 giugno 2012
Sono rimasta molto sorpresa nell’apprendere dall’articolo sul manifesto del 24 giugno che l’unica “nota stonata” del Roma Pride 2012 “subito condannata dagli organizzatori” era uno dei cartelli sul camion con il quale (come negli scorsi anni) ho scelto di sfilare. Per altro non si capisce chi avrebbe pronunciato questa condanna, dato che comunicati ufficiali da parte degli organizzatori in rete non se ne trovano.
Quando ho raggiunto il camion, un mio amico mi ha subito raccontato che qualcuno si era lamentato di un cartello che invitava a boicottare il turismo in Israele. L’altro, ben più visibile, con scritto “Enjoy Stonewall, stop the Apartheid wall”, evidentemente il presunto rappresentante degli organizzatori non l’ha visto o non l’ha capito.
Quello che forse è sfuggito a chi si è pronunciato contro il cartello in questione è che Israele viola da decenni non solo la legalitàinternazionale, ma i diritti umani, che queste violazioni ormai non riguardano solo i palestinesi, ma anche le donne e che nell’ultimo periodo stanno dilagando episodi di razzismo (anche con violenze fisiche) contro migranti e rifugiati, nei confronti dei quali il governo sta attuando una campagna di espulsioni senza precedenti e per quanto ne capisco, ancora una volta fuori da qualsiasi criterio di legalità. Tra l’altro il Ministro degli Interni se ne dice orgoglioso e ritiene motivo di vanto che la sua politica verso migranti e rifugiati venga definita oscurantista e razzista.
Personalmente ritengo che un cartello che condanna la politica illegale (e criminale) di Israele e invita ad agire in prima persona contro di essa, sia tutt’altro che cha una nota stonata in una manifestazione come il gay pride, i cui obiettivi sono il riconoscimento della parità di diritti e il rispetto della diversità. Non credo per altro che all’epoca dell’Apartheid qualcuno avrebbe condannato un cartello con un invito a boicottare il turismo in Sudafrica.
Infine trovo singolare che un giornale come il manifesto riporti una simile notizia senza porsi il problema di approfondirla.
Sveva Haertter
domenica 24 giugno 2012
Marco Pasqua, un'altra perla alla collana del sionismo
Il blog di Marco Pasqua
Archive for the ‘Omniroma’ Category
Roma Pride, quel brutto cartello contro Israele.
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Unica nota negativa, un cartello contro Israele apparso sul carro dei centri sociali. Quei centri sociali la cui presenza era stata contestata, nei mesi passati, da alcune associazioni Glbt, in contrapposizione con il Mario Mieli (che ha organizzato il corteo). Alla fine, si è deciso di farli partecipare, con tutto il loro bagaglio di lotte e slogan. “Boicotta il turismo in Israele”, l’assurda scritta esibita a metà corteo. Reazioni di condanna da parte di Gay Center ed Equality Italia. “Il cartello è sbagliato. Israele è stata premiata quest’anno come capitale più gay friendly al mondo”, ha detto Fabrizio Marrazzo, portavoce del Gay Center: “Penso che sia sbagliato in generale boicottare qualunque Stato per creare problemi ai cittadini – ha aggiunto – Le cose vanno contestualizzate. In un contesto gay, Israele è una nazione più gay friendly dell’Italia”. “Il cartello contro Israele evoca un antisemitismo profondo, che non può essere di casa in un Gay Pride – ha sottolineato Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia – L’organizzazione antagonista che lo ha esposto puo’ farlo, ma a casa sua. Per questo esprimo tutta la mia solidarietà alla comunità ebraica di Roma e agli ebrei presenti alla sfilata. Per quanto mi riguarda, sono fiero di essermi fatto fare una foto con la bandiera Rainbow e la stella di David”. Mancuso non risparmia un appunto agli organizzatori della sfilata: “Sarebbero dovuti intervenire, per spiegare ai signori di questo carro, che quello era il contesto era sbagliato per un cartello del genere, che non conteneva una critica al governo di Israele ma un appello per un boicottaggio di tipo turistico”.
Nel panorama squallido che ci ammorba in questi giorni, prima Zingaretti che vuole prendere esempio da Israele, poi De Magistris che vuole concedere la cittadinanza onoraria a Noa, la finta pacifista che ha insultato i gazawi mentre venivano sterminati durante la strage israeliana denominata significativamente "Piombo fuso"
e ora ci si mettono pure i gay. Riporto il lungo pezzo dell'articolo di questo Marco Pasqua per la singolare bruttezza, ipocrisia e complicità con Israele. Il cartello saREBBE STATO ANTISEMITA? un'affermazione simile denota profonda ignoranza e anche ottusità. Lo sa questo signore che il boicottaggio è uno strumento di solidarietà della società civile con un popolo oppresso? La conosce la differenza tra il concetto di antisionismo e antisemitismo? Lo sa che anche in Israele gli israeliani più coscienti promuovono il boicottaggio, come tantissime espressioni della società civile in tutto il mondo?
Gli ebrei presenti alla sfilata dovrebbero essere i primi a difendere i diritti dei palestinesi visto che si riempiono la bocca di libertà, o forse la libertà la vogliono solo per loro? Non so cosa sia la bandiera rainbow di cui questo Mancuso, di cui si parla nell'articolo, si è fregiato, ma la stella di david è un simbolo che Israele ha infangato più che poteva, se a lui fa piacere che se ne adorni pure, mi sembra coerente visto dove dirige la sua solidarietà. Sbagliati e assurdi sono questi personaggi che nuotano nell'ignoranza e nell'acquescenza, è più comodo, tanto Israele è il paese dove i gay sono più liberi, se poi fa strage di bambini palestinesi e violenta tutti i minuti un intero popolo a loro cosa gliene frega?
Sono disgustata, non ne posso più, ne ho le scatole piene di tanta ipocrisia, ma cosa deve succedere ancora perchè si accorgano di quanto sangue gli lambisce i piedi?
Io la mia solidarietà la dò ai palestinesi e la dò soprattutto come ebrea.
Lettera di ECO a Zingaretti che vuole prendere esempio da Israele
Egregio Signor Nicola Zingaretti,
Presidente della Provincia di Roma 25 Giugno 2012
Egregio Signor Zingaretti,
ci sentiamo in dovere di scriverle, avendo letto il suo scritto “Israele, un modello da imitare”, dal quale apprendiamo che la Amministrazione da Lei presieduta ospiterà, i prossimi 4 e 5 luglio, delle “Giornate dell’Innovazione”, con lo Stato Ebraico ospite d’onore, ed a quanto si può capire a spese della Amministrazione provinciale. La nostra Associazione, Ebrei Contro l’Occupazione, le chiede di abolire questo invito, per le ragioni che qui le esponiamo.
Certamente in Israele esistono tecnici competenti in varie tecnologie avanzate ( si tratta di un Paese diretto, culturalmente e politicamente, da immigranti europei e statunitensi), senza tuttavia giustificare le superlative parole di elogio con cui il suo scritto descrive Israele ai lettori: non si può ragionevolmente pensare che senza l’imitazione dei metodi israeliani le nostre imprese, chi le gestisce, e i tecnici e gli operai che vi lavorano, siano incapaci di muovere un passo.
Ma, molto più importante,Israele non è certo un esempio da imitare per il suo comportamento umano, morale e politico. Lei forse non è al corrente del fatto che Israele, dopo esser stato fondato come Stato occupando la terra di Palestina e cacciandone a mano armata gli abitanti, gli Arabi Palestinesi, ha continuato a occupare la Terra assegnata dalle Nazioni Unite ( sempre con anche il voto favorevole di successivi Governi Italiani) ai Palestinesi perché vi costituissero un loro Stato. L’occupazione Israeliana della Terra palestinese dura ininterrotta dal 1948-49, e si è aggravata di continuo, con l’occupazione militare di nuova parte della parte di Palestina che era rimasta ai palestinesi. All’occupazione militare militare è seguita la confisca della terra ai palestinesi, per consegnarla a nuovi coloni israeliani. Oltre alla terra, Israele ha sottratto ai Palestinesi le risorse idriche, sicchè mentre ai palestinesi manca l’acqua per gli usi domestici e per l’agricoltura, gli israeliani la possono adoperare in abbondanza per lavare le automobili.
L’occupazione militare è diventata, con il trascorrere degli anni, sempre più rigida: i posti di blocco ed un muro di cemento alto 8 metri impediscono ai palestinesi di muoversi liberamente anche nella poca terra che per ora è rimasta loro, ed alcune migliaia di palestinesi, dai 12 anni in su, sono detenuti senza processo né accuse specifiche, in “detenzione amministrativa”, spesso in condizioni di estremo disagio. Amnesty International, e altre organizzazioni umanitarie di diversi paesi, anche qualcuna israeliana, hanno documentato che nelle carceri israeliane viene praticata la tortura.
Come Lei sicuramente sa, nel 2008-2009 Israele ha compiuto un massacro nella Striscia di Gaza, dove, salvo pochi guerriglieri malamente armati, l’esercito ultratecnologico di Israele ha ucciso circa 1400 persone, tra cui oltre 300 bambini, e ne ha ferito 5000. Gaza ed il suo territorio è sottoposta tuttora ad un feroce assedio.
La popolazione di Israele ( escludendo i Territori Palestinesi Occupati), è costituita per circa l’80% da Ebrei, e per il 20% da Palestinesi Arabi. Questi ultimi sono gravemente discriminati a tutti i livelli: abitazioni, scuole, sanità, diritti politici. E, più grave di tutto, è tolto loro un diritto umano fondamentale: quello di convivere con il coniuge, se questo è nato fuori dai confini di Israele, ad esempio nei Territori Palestinesi Occupati. Neppure il governo fascista durante la persecuzione razziale contro gli Ebrei avviata nel 1938 era arrivato a tanto.
Signor Zingaretti, noi della rete Ebrei contro l’Occupazione ( si tratta dell’occupazione che le hoi brevemente descritto), Le chiediamo di abolire l’invito ad Israele per le “Giornate dell’Innovazione”: ne va della dignità e dell’onore della città di Roma e dell’Italia tutta. Noi, e molti altri italiani raccolti in Associazioni o come singole persone, siamo solidali e collaboriamo con i Palestinesi oppressi, contro gli Israeliani oppressori. Ci onoriamo di collaborare e solidarizzare con i nostri amici Palestinesi, e con gli Israeliani, singoli ed organizzazioni, che si oppongono coraggiosamente all’oltraggio alla giustizia ed alla civiltà perpetrato dallo Stato di Israele.
Rete Ebrei Contro l’Occupazione
SEI GIORNI DI ATTACCHI STRAGE A GAZA, UCCISO BIMBO DI 5 ANNI I MEDIA TACCIONO E GLI ITALIANI GUARDANO LE PARTITE E C'È CHI DICE STRONZATE COME DE MAGISTRIS E IL TIZIO DEL GAY PRIDE
23 giugno 2012, sesto giorno di attacchi israeliani su Gaza.
Sale a 16 il numero dei morti, fra cui oggi un bambino di 5 anni e mezzo, e più di 60 sono i feriti.
Questa mattina, in Khan Younis, a sud della Striscia di Gaza, un carroarmato israeliano ha sparato un colpo di artiglieria uccidendo un bambino di 5 anni e mezzo, ferendo suo padre ed altre 3 persone.
Nell'obitorio dell'ospedale Nasser ho visto il corpo segnato e senza vita del bambino.
Ali Moutaz Al Shawat aveva 5 anni e mezzo.
Il padre di Ali si trovava in sala operatoria. Sono andata a far visita alle altre persone ferite in questo attacco, alcune delle quali erano ricoverate all'European hospital in Khan Younis.
Zaki Msabah, 53 anni, è rimasto ferito alla spalla. L'ho incontrato nella sua abitazione. Zaki inizia a raccontarmi quello che è successo. Giovani e famiglie si recano usualmente nel posto che è stato attaccato dal carro armato israeliano. C'è un campo di calcio dove i giovani tengono una sorta di campionato, ci sono tavole da ping pong ed è possibile guardare le partite in tv. Oggi sarebbe dovuta esserci una partita di calcio fra alcuni giovani. Zaki lavora lì e si era recato sul posto al mattino per pulire e preparare ogni cosa. Alcuni amici erano andati ad aiutarlo. C'erano due ragazzi con due bambini che volevano giocare a ping pong e gli avevano chiesto di aprire la sala. Improvvisamente, verso le 10.15 del mattino, Zaki ha sentito una enorme esplosione. "Ho volato per alcuni metri", racconta Zaki.
Non c'erano stati spari di avvertimento prima dell'attacco. La situazione era calma, tranquilla
In ospedale incontro altri due feriti, Omar Tabash, 28 anni, e Yosif Abu Tair, 24 anni.
Omar è rimasto ferito alle braccia ed alla gamba destra.
Racconta che era andato sul posto con suo figlio Ayoub di un mese e mezzo, con Moutaz (il padre di Ali) ed il piccolo Ali.
Voleva giocare a ping pong. "Ali stava parlando al cellulare con sua mamma", racconta Omar. Il piccolo Ali aveva detto a sua mamma "Mamma ti voglio vedere", sua madre gli aveva risposto "Ora sono a lavoro, ci vediamo a casa". Suo padre voleva andare a casa per cambiarsi ed indossare vestiti sportivi. E' uscito all'esterno ed ha gridato. Poi l'esplosione.
Moutaz ha chiamato Omar "per favore vieni", ma Omar, ferito, non poteva. Omar ha chiamato alcuni amici e l'ambulanza. "Ali è morto mentre abbracciava suo padre", conclude Omar.
Nella stessa giornata di oggi 23 giugno 2012, l'aviazione militare israeliana ha attaccato diverse zone nella Striscia di Gaza.
Un primo attacco, verso le 11.00 del mattino, si è verificato ad est di Shjayah, al centro di Gaza city. La bomba non è esplosa.
L'aviazione militare israeliana ha attaccato poi l'area di Jabalia, a nord di Gaza. Una persona è morta. Era un attivista del Popular Resistance Committee, il suo nome è Khalid al-Burei ed aveva 25 anni.
Sempre al mattino di sabato, Israele ha condotto incursioni aeree contro tre siti della sicurezza di Hamas. Almeno 17 persone sono rimaste ferite.
Nel pomeriggio, un palestinese è rimasto ucciso e altre 9 persone sono rimaste ferite in attacco israeliano al centro di Gaza city, in un'area chiamata "Nasser", densamente affollata durante il giorno.
Mi sono recata allo Shifa hospital subito dopo l'attacco.
Il civile morto si chiama Osama Ali ed aveva 34 anni.
Stava attraversando la strada al momento dell'attacco.
All'esterno dell'obitorio, urla e lamenti di parenti ed amici della vittima.
Nella giornata di venerdì 22 giugno, un ragazzo è stato ucciso in un attacco israeliano ad est di Al-Bureij camp. Qassem Abdullah Ahmed aveva 24 anni. Due civili sono rimasti feriti e sono stati trasportati al' Al-Aqsa Martyrs hospital in Deir al-Balah.
La sera di venerdì 22 giugno, un attacco israeliano a nord di Gaza ha ucciso Humam Jamal Abu Qadoos, 20 anni.
In quella stessa giornata l'aviazione militare israeliana ha condotto più incursioni in diverse zone della Striscia di Gaza.
Nella notte tra venerdì e sabato, verso del 2 del mattino, Gaza city è stata scossa da una tremenda esplosione. L'aviazione militare israeliana ha colpito un complesso militare di Hamas in zona Saraya, al centro di Gaza city.
Mi sono recata sul posto durante la notte subito dopo l'attacco. Molti abitazioni sono state danneggiate.
Tra i feriti, membri della security di Hamas e quattro civili.
Quella notte Gaza city non ha dormito. Sono rimasta sveglia a casa di una famiglia palestinese nell'area colpita. Siamo rimasti vicini, raccontandoci lo spavento.
La condivisione di quella paura ci ha uniti in quella notte buia scandita solo dal suono delle sirene ed illuminata solo dal fuoco che rimaneva vivo dopo il bombardamento.
16 palestinesi uccisi e più di 60 feriti dall'inizio dell'offensiva militare israeliana su Gaza, iniziata lunedì 18 giugno 2012.
C'è chi pensa che la situazione andrà a peggiorare nei prossimi giorni. La speranza è che l'orrore di questo massacro si fermi.
Gaza, 23 giugno 2012
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sabato 23 giugno 2012
Forum Sociale Mondiale Free Palestine
L'Europa sostiene il Forum Sociale Mondiale Free Palestine
28 novembre - 1 dicembre 2012, Porto Alegre (Brasile)
BDS Italia aderisce all'appello europeo a sostegno del FSM-Free Palestine . Per aderire: bdsitalia@gmail.com
Un'ondata di solidarietà con la Palestina si sta diffondendo in tutta Europa e nel mondo.
Come organizzazioni europee, facciamo appello per la partecipazione al Forum Sociale Mondiale Free Palestine, un incontro mondiale di ampie mobilitazioni popolari e della società civile provenienti da tutto il mondo. Chiediamo una partecipazione vasta, da diverse organizzazioni della società civile in Europa, a far parte di questa opportunità unica per fare rete con le altre realtà internazionali, e di partecipare alla preparazione del forum.
Il Forum Sociale Mondiale Free Palestine ha lo scopo di:
Mostrare la forza della solidarietà con le richieste del popolo palestinese e con la diversità di iniziative e azioni volte a promuovere la giustizia e la pace nella regione.
Creare azioni efficaci per garantire l'autodeterminazione palestinese, la creazione di uno stato palestinese con Gerusalemme come sua capitale, e la realizzazione dei diritti umani e del diritto internazionale, attraverso:
la fine dell'occupazione israeliana e della colonizzazione di tutte le terre arabe e smantellando il Muro;
la garanzia dei fondamentali diritti di piena uguaglianza dei cittadini Arabo-Palestinesi di Israele , e
l'applicazione, la protezione e la promozione dei diritti dei profughi palestinesi al ritorno alle loro case e alle loro proprietà come stabilito nella risoluzione 194 dell'ONU.
Essere uno spazio di discussione, di scambio di idee, di costruzione di strategie, e di pianificazione al fine di migliorare la struttura della solidarietà.
Facciamo appello ai movimenti di solidarietà, alle organizzazioni della società civile, alle reti e ai sindacati di tutta Europa di sostenere e partecipare al Forum Sociale Mondiale Free Palestine.
Per aderire: bdsitalia@gmail.com
LOTTARE CON I PALESTINESI
Un refusnik israeliano lotta con i palestinesi
Yanin Mazor ha dichiarato di essere rimasto sconcertato negli ultimi mesi dallo sciopero della fame iniziato dai detenuti amministrativi palestinesi.
da Haaretz Daily Newspaper
Un soldato riservista delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) che si era rifiutato di svolgere il servizio militare nell’esercito per protesta contro l’occupazione israeliana dei territori palestinesi, ha iniziato uno sciopero della fame nella prigione militare con il quale ha detto di voler dare una dimostrazione di solidarietà nei confronti dei detenuti amministrativi palestinesi.
Yaniv Mazor, un giovane di 31 anni residente a Gerusalemme, la settimana scorsa è stato condannato a 20 giorni di carcere per il suo rifiuto di prendere una qualche decisione, se essere un combattente o qualcosa d’altro, in quello ch’egli ha detto essere l’esercito di occupazione. Lunedì era stato trasferito nella prigione dell’IDF di Tzifin e il giorno seguente ha dato il via allo sciopero della fame. In una conversazione telefonica con l’avvocato difensore Michael Sfard, fatta venerdì, Mazer ha dichiarato “di essere rimasto sconvolto negli ultimi mesi dallo sciopero della fame incominciato dai prigionieri amministrativi palestinesi, ma che non aveva potuto fare molto al riguardo.”
“Ho deciso di dare inizio allo sciopero della fame in solidarietà [con i palestinesi], per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della detenzione amministrativa, e non per suggerire una mia versione personale, “ ha aggiunto Mazor. Il soldato riservista dell’IDF ha soggiunto di essere stato incarcerato “ di mia spontanea volontà, per aver fatto qualcosa per la quale capisco debba pagare un prezzo. Lo sciopero della fame è una protesta nei confronti delle detenzioni amministrative.”
Gli amici di Mazor della ONG di sinistra dei Ta’ayush hanno affermato di aver appreso che il soldato di riserva era stato posto in isolamento dopo che si era rifiutato di indossare la divisa del carcere, nonché di rivolgersi ai comandanti della prigione facendo uso dei loro gradi ufficiali. Gli attivisti Ta’ayush hanno pure raccontato che i funzionari della prigione avevano annullato la riduzione automatica della pena (un giorno ogni 10), per motivi non specificati.
Mazor, guida turistica di professione, tra il 1999 e il 2002 aveva prestato servizio nei corpi corazzati, con la maggior parte del suo compito svolto nella Valle del Giordano e un po’ nella West Bank. Sei o sette volte aveva pure fatto rapporto al servizio della riserva, quando, come disse al giornalista Hagai Matar, la questione dell’occupazione dei territori aveva cominciato a infastidirlo sempre di più. “Sono arrivato nell’esercito come un tipico prodotto del sistema,” ha dichiarato a Matar, “un bravo ragazzo che presta servizio nei territori, facendo quello che gli viene detto. Senza pensare. Per lo più senza pensare.”
Secondo Mazor, egli aveva provato anche la cosiddetta “insubordinazione grigia”, in cui il soldato non rende pubblico il suo rifiuto. Tuttavia, dopo essere ritornato da un viaggio all’estero della durata di un anno, aveva deciso che non avrebbe più potuto “riprendere l’apparenza.” In un primo momento, quindici giorni fa, è stato condannato a 15 giorni di sospensione condizionale della pena a seguito dell’annuncio del suo rifiuto a prestare servizio. Sfard ha riferito che il comandante del battaglione aveva detto a Mazor “di andare a casa e di pensarci su.”
“Yaniv mi ha detto di aver fatto, nel fine settimana, un viaggio ad Hebron con il Breaking the Silence – una ONG che raccoglie le testimonianze di soldati dell’IDF relative al servizio prestato nei territori occupati – e con i Ta’ayush nelle Colline a Sud di Hebron,” ha raccontato Sfard, aggiungendo: “Il suo modo di pensare non è cambiato in quei due giorni, come pure la sua posizione in merito all’insubordinazione.” Allora gli è stato ordinato la domenica di ritornare alla base dove il comandante di brigata lo ha condannato. Secondo Mazor, il comandante lo avrebbe informato che avrebbe continuato a ricevere la convocazione per il servizio militare.
In risposta, l’IDF ha confermato che il soldato era stato incarcerato e condannato a restare in una prigione militare, ma ha aggiunto che per rispetto della vita privata del soldato, non ci sarebbe stata alcuna discussione sui dettagli del caso.
(tradotto da mariano mingarelli)
giovedì 21 giugno 2012
45° Anniversario dell’Occupazione Nurit Peled-Elhanan
45° Anniversario dell’Occupazione Nurit Peled-Elhanan 9 Giugno 2012
Questa sera dedico le mie parole a tre prigionieri in sciopero della fame. Mahmoud Sarsak, che è in sciopero della fame da 83 giorni, un eccellente calciatore di Gaza, è stato arrestato tre anni fa nell’ambito della Legge contro i Combattenti Illegali che consente di chiudere in prigione a vita senza processo e senza accusa. Akram Rikhawi, che è chiuso in carcere dal 2004 ed è in sciopero della fame dal 12 aprile per protesta per non essere stato liberato malgrado il suo fragile stato di salute. E Samer al-Barq, che ha ricominciato il suo sciopero della fame dopo averlo interrotto in seguito all’accordo firmato, perché come molti che erano stati rilasciati, ha ricevuto un nuovo ordine di detenzione amministrativa. Quei prigionieri sono ancora vivi perché “quando la libertà si impossessa dell’anima di una persona, neanche gli dei possono toccarla” (Jean-Paul Sartre). Né il dio del potere sionista e neanche l’angelo della morte israeliano. Quei prigionieri e migliaia di altri come loro, fra cui più di trenta membri del Parlamento fra cui il Presidente del Parlamento, Dr. Aziz Dweik, sono detenuti in modo illegale o senza un processo, in condizioni umilianti da anni, senza visite o senza speranza. Sono i combattenti per la libertà di questo paese che ci ricordano ripetutamente che tutti viviamo sotto occupazione e che solo la loro liberazione ci riporterà la nostra stessa libertà.
I cittadini arabi di Israele vivono sotto occupazione da circa 65 anni e i cittadini ebrei stanno vivendo in uno stato di assedio che si sono autoimposti. Siamo tutti sudditi di un regime colonialista che include l’appropriazione delle terre e dell’acqua, la pulizia etnica, la distruzione del paesaggio e dello spirito umano. Una lingua e una cultura di cui non hanno bisogno se non per esprimere il loro essere stati conquistati, è stata imposta agli arabi la cui lingua e cultura è stata deliberatamente e istituzionalmente rimossa dalle vite degli Ebrei in modo tale che noi non possiamo insegnare ai nostri figli né ricordare ai loro figli che “ci può essere anche una storia d’amore fra un poeta arabo e questa terra” (Mahmoud Darwish). Così sin dalla sua costituzione Israele ha perpetuato alla maniera dei regimi oppressivi, una società alienata e una cultura distaccata da questo luogo, da chi vi risiede, dai suoi aromi e i suoi sapori. Anche gli alberi e i fiori dei nostri giardini sono alienati, estranei e non hanno appartenenza. Questa alienazione testimonia continuamente che nel giorno della sua fondazione Israele ha imblasonato nella sua bandiera il simbolo dell’apartheid e del razzismo, e tolto il simbolo della libertà e della fratellanza che assicura la democrazia.
Quest’anno il regime di apartheid dello Stato degli ebrei ha dato prova della sua totale lealtà al razzismo e ai suoi principi. Venticinque decreti razzisti sono stati presentati e più di dieci leggi razziste sono passate quest’anno, e quasi nessun cittadino ebreo è sceso in strada. Più di trecento persone imprigionate senza processo hanno lanciato uno sciopero della fame fino alla morte per più due mesi e quasi nessun cittadino ebreo è sceso in strada. Migliaia di bambini non vanno a scuola a Gerusalemme Est perché il Ministro dell’Educazione ebreo non assegna le classi o perché la Legge Razzista fa di loro cittadini senza collocazione e quasi nessun cittadino ebreo è sceso in strada. La separazione delle famiglie, l’espulsione dei residenti, la confisca delle terre, i bambini rapiti dai loro letti e crudelmente interrogati, le famiglie strappate dalle loro case e gettate in strada, i contadini torturati da bulli con la kippa con la protezione dell’esercito e su ordine del governo e praticamente nessun cittadino ebraico scende in strada a protestare. Questo è il massimo successo conseguito dal movimento sionista.
Lo stato di Israele che è stato ufficialmente definito come uno stato dell’apartheid,si distingue per quello che è sempre stato il più tipico metodo di successo del razzismo: la classificazione degli esseri umani. La lingua ebraica che continua a diventare sempre più brutta sotto gli auspici dell’esercito dell’Occupazione e della burocrazia dell’Occupazione, è piena di classificazioni: ci sono persone che sono un cancro nel cuore della nazione e ci sono persone che sono un pericolo per la sicurezza, ci sono persone che sono una peste o un incubo demografico e ci sono persone che sono un rischio per la salute, tutte queste persone sono classificate e divise in categorie in modo tale che anche il più ignorante e rozzo ministro di Israele riesce ad imparare questa classificazione a memoria.
Siamo tutti soggetti di classificazioni. Siamo tutti controllati dalle leggi razziste di questo luogo e volontariamente collocati in ghetti. Il ghetto sionista ha imparato a non vedere e non sentire nulla oltre i muri che lo circondano: i muri reali fatti di cemento e i muri immaginari datti di obbedienza, odio e terribile paura. Noi non osiamo protestare contro le leggi razziste, non osiamo affrontare i segni del razzismo, non osiamo difendere i bambini torturati, non osiamo buttare giù i muri di Gaza, non osiamo andare a Hebron e Deheisheh, a Jenin e Ramallah per chiedere dei vicini. Questa è la grande vittoria dell’Occupazione. Sotto la copertura dell’Occupazione noi continuiamo a scegliere di nasconderci sotto il commando di criminali di ogni specie, di criminali di guerra, di ignoranti e di cafoni. Così ci autopuniamo per la inutilità e l’appassimento del nostro spirito. Anno dopo anno portiamo i nostri figli ai cancelli delle scuole, lasciamo che si formino in un sistema educativo che brucia i libri di storia e cittadinanza e autorizza libri che incitano all’assassinio di bambini. Li abbandoniamo al lavaggio del cervello e alle bugie sulla guerra di liberazione che abbiamo vinto e del Jerusalem Day che sta a significare le nostre conquiste e la parata per la Samaria che è nostra, lasciamo che siano portati a Hebron, la città dei nostri Patriarchi, e alla Città di David. Gli insegnanti di questo sistema non fanno una piega quando sono chiamati ad avvelenare le menti dei loro alunni con storie mendaci sui nostri diritti storici sulle terre dei vicini, sull’eroismo e la vittoria quando in realtà si è trattato di pulizia etnica ispirata e pianificata dalle istituzioni del razzismo. Lo scopo ultimo dell’educazione israeliana è preparare i bambini a diventare soldati obbedienti della Forza di Occupazione Israeliana.
Pieghiamo la testa quando l’organizzazione terroristica più istituzionalizzata al mondo ci sottrae i nostri figli e li iscrive nei suoi ranghi e insegna loro come classificare la gente, come classificare i bambini, come classificare il dolore come classificare i morti. Tutto questo allo scopo di indurire i loro cuori e smorzare i loro sensi in modo tale che possano maltrattare, distruggere e uccidere con la coscienza pulita. Siamo così occupati che anche quando l’essere umano si cambia in sangue continuiamo a classificare senza capire che tutti noi, i morti e i vivi, siamo vittime della corruzione dell’Occupazione.
Sentiamo il dolore dei genitori di un unico prigioniero ebreo e non ci lasciamo penetrare dal dolore dei genitori dei bambini palestinesi rapiti, genitori che non hanno il permesso per anni di visitare i loro bambini incarcerati perché il prezzo richiesto loro per poter visitare i loro figli è la collaborazione con l’oppressore. Ignoriamo le sofferenze dei bambini di Gaza che vivono sui confini della morte, vittime di malnutrizione e mancanza di cure mediche, senza elettricità, senza il diritto a studiare e al sostentamento , senza una possibilità e senza speranza.
.Come tutti oggi sanno la Guerra del 1967 non è stata una guerra senza scelta. E’ stata una fuga dal recinto da parte di giovani generali, puledri dal sangue caldo germogliati e cresciuti nel ghetto sionista che avevano imparato a sognare la conquista. Si sono addestrati e addestrati fino a non poterne più e allora hanno approfittato di un momento di stupidità da parte dei vicini per superare qualunque ostacolo, per mollare le restrizioni e conquistare, espandersi e distruggere gioiosamente, con i sensi intossicati, con una sensazione di onnipotente supremazia ma senza nessun piano per il future, senza alcun pensiero per il giorno successivo e per i milioni di esseri umani divenuti sudditi in una notte. Per giustificare la devastazione e la distruzione, i creatori ufficiali di mitologie vennero mobilitati per apporre un versetto biblico ad ogni uccisione profana e una intera nazione è stata travolta nel flusso di saccheggio e sfruttamento , superandosi ogni anno perché il genio ebraico dal momento in cui è stato arruolato nel compito della rovina e della devastazione, distruzione e uccisione, non ha mai smesso di tirare ottenere sempre nuovi brevetti.
Oggi che l’occupazione sta cominciando a mostrare i propri effetti sulla qualità della vita della nazione dominante, si sollevano e chiedono giustizia sociale. Ma la giustizia sociale subisce anch’essa una classificazione. La giustizia sociale vale per i residenti di questo ghetto non di quello. I residenti di quel ghetto rovineranno la nostra giustizia sociale se li includiamo fra le nostre richieste, se diamo loro un forum, se lasceremo che le loro voci siano udite mentre chiedono quello che spetta loro. Poiché quel ghetto è là per ragioni di sicurezza, i suoi residenti non sono vittime di ingiustizia e razzismo ma sono un problema di sicurezza, ciascuno e tutti loro. E quando vengono uccisi non è per razzismo ma per considerazioni politiche e noi non siamo coinvolti in politica. Perciò quel movimento per la giustizia sociale, il fallimento del quale era scritto sul muro fin dal suo incipit, rappresenta il prodotto più spettacolare del sistema educativo israeliano.
Guai a noi ora che i criminali dell’Occupazione sono i nostri figli, guai a noi ora che abbiamo ceduto al razzismo, ora che abbiamo permesso a i criminali dell’apartheid di occupare i nostri spiriti e di distaccarci da qualunque cosa sia umana, da qualunque cosa sia giusta, da qualunque cosa sia pace e tranquillità, buon vicinato, amore per l’umanità, clemenza e compassione, allo scopo di raggiungere i loro obiettivi fondamentali. Gli spiriti del prigionieri in sciopero della fame nelle loro celle anguste stanno respirando libertà e il nostro spirito è oppresso e a scadenza.
Viviamo in un ghetto che non ha città né un luogo natale, la lingua del quale non è la lingua locale, un ghetto che non ha uno spazio su cui aprirsi eccetto le bypass road che passano oltre qualunque cosa che sia viva.
E’ giunto il momento in cui dobbiamo unirci ai nostri vicini in tutto il Medio Oriente, per cantare le lodi della vera ribellione, per dichiarare l’apertura dei confini e la rottura delle barriere, per abbattere le porte delle prigioni, per restituire gli olivi e le vigne ai legittimi possessori, per restituire i Figli della Palestina ai loro confini e alla loro terra e per tentare di recuperare quanto è stato perso e schiacciato sotto gli stivali chiodati di grassi bulli. Solo allora, se gli autentici figli di questo paese ci permetteranno di imparare come vivere qui, anche noi saremo capaci di liberarci dell’Occupazione e di essere liberi dalla paura, perché come disse Menachem Begin: “L’essenza della libertà è libertà dalla paura, perché la paura non è una padrona meno terribile solo perché viene nascosta”.
Fra di noi la paura è palese; fra di noi la paura è la forza motivante che sta dietro qualunque azione. La paura del rifiuto di servire nell’esercito di occupazione, la paura del sostegno a un boicottaggio giustificato dei prodotti degli insediamenti, la paura di visitare i vicini. I bambini degli asili che sono arrivati qui alcuni mesi fadall’Etiopia sanno già chi odiare e chi temere. Sono attaccati dal terrore e dalla paura degli “Arabi” che non hanno mai visto di persona. Sono sicuri che sono stati gli Arabi a bruciare il tempio, ad uccidere gli ebrei in Germania, a detenerli a Gondar, sono sicuri che stanno appostati in tutti gli angoli in attesa di loro. Dobbiamo liberare i nostri figli dai muri della paura e insegnare loro le basi della libertà e della responsabilità e spiegare a loro e a noi stessi che una persona che obbedisce alle restrizioni che gli impediscono di andare dovunque voglia, si tratti anche di Hebron, Jenin o Ramallah- non è una persona libera ma una persona sconfitta. Una persona che inventa leggi che restringono la possibilità dei vicini di avere un’educazione e guadagnarsi da vivere, è una persona repressa, una persona in stato di assedio. Quell’assedio può essere tolto solo da una resistenza come quella che vediamo a Bil’in e Ni’lin, Babi Salah, Maasara e attraverso una coraggiosa disobbedienza civile, con un chiaro NO, come i nostri vicini stanno facendo.
Concluderò con alcuni versi scritti da Almog Behar per Mahmoud Darwish:
A mio fratello Mahmoud Darwish: chi ha reso la nostra storia conflittuale - E mi ha collocato fra le alte torri - Che stanno a guardia delle pesanti porte di Gaza - Osservando le finestre delle case attraverso I fucili? Chi ha eretto fra noi muri di cemento e ferro e occhi di telecamera? E ci ha diviso in conquistatori e conquistati? Quando saremo fratelli?
Tradotto dall’ebraico da George Malent
e dall’inglese da Patricia Toagh delle Donne in Nero
Sei pozzi palestinesi demoliti a Jenin
Sete di giustizia: sei pozzi palestinesi demoliti a Jenin
da Al Haq
Giovedì 7 giugno, sono stati demoliti sei pozzi d’acqua nei villaggi palestinesi di Beit Qad e Deir Abu-D’if, a Est di Jenin. Sta drammaticamente aumentando il numero di operazioni di demolizione di pozzi d’acqua in Cisgiordania da parte delle autorità israeliane.
L’esercito israeliano ha proceduto con le demolizioni affermando che i pozzi sono stati costruiti senza i permessi necessari rilasciati dalle autorità israeliane. I proprietari dei pozzi hanno raccontato di non aver ricevuto nessuna notifica degli ordini di demolizione.
Mahmoud Sharif ‘Abd-al-Razeq.
Mahmoud Sharif ‘Abd-al-Razeq è un contadino che vive nel villaggio di Deir Abu-D’if, a Est di Jenin, circa 7mila abitanti. Mahmoud possiede 20 dunam di terre agricole (1dunam = 1km²), nelle quali si trovava il pozzo d’acqua. Il pozzo era profondo 235 metri, 40 centimetri di diametro, ed era stato costruito nove anni fa dietro una spesa di 40mila dinari giordani (circa 40mila euro).
Il 7 giugno 2012 intorno alle 7.30 del mattino, un convoglio militare israeliano (10 jeep e due bulldozer) è giunto nel villaggio di Deir Abu-D’if. Le truppe erano accompagnate anche da una jeep dell’Amministrazione Civile israeliana. I bulldozer hanno demolite diversi pozzi vicini alla proprietà di Mahmoud. Alle 10, ufficiali israeliani sono giunti nella terra di Mahmoud e in pochi minuti hanno demolito il suo pozzo. Mahmoud ha protestato con i soldati contro la demolizione e i militari hanno reagito picchiandolo. Mahmoud è stato spinto a terra e costretto a lasciare l’area dai fucili puntati dai soldati. Mahmoud è stato informato da un soldato, in arabo, che avevano demolito il pozzo perché non possedeva i necessari permessi. Mahmoud non aveva ricevuto alcuna notifica dell’ordine di demolizione, prima dell’esecuzione. L’intera operazione è durata meno di 20 minuti. Poi, l’esercito ha lasciato l’area.
Il pozzo demolito non serviva solo alla terra di Mahmoud, ma anche alle terre dei contadini adiacenti alla sua proprietà, per un totale di 40 dunam di terra agricola.
La distruzione della fonte d’acqua ha danneggiato anche venti contadini, che lavoravano nella terra di Mahmoud per sfamare le famiglie.
‘Issam ‘Izat Yasin.
La stessa mattina alle 9, un convoglio militare israeliano è arrivato sulla terra di ‘Issam, nel villaggio di Deir Abu-D’if. Il convoglio era composto da 12 jeep militari, due bulldozer e una jeep dell’Amministrazione Civile israeliana. Le truppe hanno circondato la terra e subito i bulldozer hanno cominciato la demolizione del pozzo. Quando ‘Issam ha chiesto spiegazioni ad un soldato, è stato informato che la distruzione era stata ordinata per mancanza del permesso di costruzione e dietro l’accusa di furto d’acqua.
demolished-well-02
Circa mezz’ora dopo, i bulldozer avevano completamente distrutto il pozzo, la pompa dell’acqua, il sistema elettrico e le tubature. Inoltre, i bulldozer hanno chiuso il pozzo ricoprendolo di terra. Il pozzo era profondo 240 metri, 45 cm di diametro, ed era stato costruito nove anni fa per una spesa totale di 50mila dinari giordani (circa 50mila euro). La demolizione del pozzo ha rappresentato un’enorme perdita sia per ‘Issam che per la comunità: il pozzo veniva utilizzato sia da ‘Issam per l’irrigazione e per l’acqua potabile, sia dai residenti del villaggio, tra cui una fattoria di polli.
(tradotto Palestina Rossa)
mercoledì 20 giugno 2012
Aggiornamento da Gaza di Rosa Schiano, intanto Zingaretti vuole prendere esempio da Israele, vergogna!!
Non si fermano gli attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza.
Si contano tra ieri ed oggi sette morti, tra cui una bambina di circa un anno e mezzo, ed una decina di feriti.
Questa sera l'aviazione militare israeliana ha bombardato l'area di Zayotun, quartiere est di Gaza city.
Una bambina di circa un anno e mezzo è morta, il suo nome è Hadeel Ahmed Al-Haddad.
Suo fratello è stato trasportato allo Shifa Hospital ed altri due membri della famiglia sono rimasti feriti.
Sempre in serata un elicottero apache ha lanciato un missile colpendo un'auto nelle vicinanza del quartiere di Zaytoun in Gaza city. Una persona è rimasta ferita.
Ancora in serata l'aviazione militare israeliana ha bombardato un sito di allenamento delle brigate Al-Qassam vicino la città di Sheikh Zayed in Beit Lahiya, a nord della Striscia di Gaza. Un uomo è rimasto ferito ed è stato trasportato al Kamal Odwan hospital.
Nel primo pomeriggio un uomo è rimasto ferito in un attacco israeliano in Deir El Balah, area centrale della Striscia di Gaza, mentre era in motocicletta in Salah Ad Din street.
Il mattino di ieri, 18 giugno 2012, Ismail Abu Owda, 20 anni, e Mohammed Shabat, 23 anni, sono stati uccisi in un attacco israeliano a nord di Beit Hanoun. I due erano membri della resistenza palestinese, brigate Al-Quds, braccio armato della Jihad Islamica. Erano in motocicletta al momento dell'attacco.
Mi sono recata all'ospedale di Beit Hanoun subito dopo l'attacco. L'obitorio era colmo di parenti e di fotografi. I due corpi erano coperti dalla bandiera della Jihad Islamica."Hanno riportato ferite molto profonde ed hanno perso gli arti superiori", mi dice uno dei dottori.
Fuori l'ospedale comincia la marcia funerea. Uomini della resistenza col volto coperto iniziano a sparare al cielo con i kalasnhikov per celebrare i due martiri.
Quella mattina c'era inoltre stata un' incursione di carroarmati e bulldozers israeliani ad Erez, in Beit Hanoun.
Nel pomeriggio di ieri, un altro attacco in Beit Hanoun ha ucciso due ragazzi, Abdallah Al-Zaneen, 22 anni, e Mohammed Abu Shabab, 24 anni.
Il fratello di Abdallah è stato ricoverato in ospedale in gravi condizioni.
Abdallah non era legato a nessun gruppo della resistenza palestinese. Sono andata a far visita alla sua famiglia oggi pomeriggio. La madre anziana di Abdallah è distesa nel letto ed ammalata. Non riesce a parlare. "E'una madre forte", mi dice Samah, la sorella di Abdallah.
Samah mi racconta di suo fratello in inglese. "Era molto gentile, amichevole, amava i bambini. Si era sposato un anno fa, aveva avuto una bambina di 6 mesi, Lama, e lavorava come poliziotto per la Palestinian Authority".
La moglie di Abdallah, Rasha, 18 anni, ha lo sguardo perso nel vuoto. Non parla. Inizia a piangere improvvisamente. Giovani donne che crescono in fretta, troppo in fretta.
"Hanno ucciso un padre, hanno ucciso un figlio ed un fratello contemporaneamente", continua Samah.
Una delle donne della famiglia tiene in braccio la piccola figlia di Abdallah, Lama, 6 mesi.
"Come possiamo pararle del padre quando sarà grande?" continua Samah.
"Abdallah non ha fatto nulla di male, era giovane, amava la sua famiglia", continua Samah. Esclama poi guardandomi in lacrime "Perché?!"
Come potevo darle una risposta? Mi venivano alla mente mille parole, ma non una, non una, avrebbe potuto lenire quel dolore
Successivamente, durante la notte di quello stesso lunedì, due ragazzi sono stati uccisi in un attacco israeliano nella zona di Maghazi, al centro della Striscia di Gaza.
C'era stata un' incursione di carroarmati nell'area che hanno aperto il fuoco verso il campo profughi di Maghazi.
Uno staff medico palestinese ha recuperato i corpi dei due giovani al mattino di oggi.
Mohammed Bassam Abu Meilq e Joseph Tilbani, entrambi avevano 19 anni ed erano legati a gruppi della resistenza palestinese.
La sera del 17 giugno c'era stato anche un attacco da parte di un apache israeliano nella zona di Kherbet Eladas, a nord di Rafah, a sud della Striscia di Gaza, in cui era stata colpita una fabbrica per la lavorazione di metalli. Almeno quattro i feriti.
Un caccia F-16 ha poi bombardato una zona in cui opera la resistenza palestinese nel quartiere di Zaitoun in Gaza city.
La resistenza palestinese ha risposto agli attacchi israeliani lanciando missili da diversi punti della Striscia di Gaza.
In queste ore si sta tentando un accordo per il cessate il fuoco tramite le autorità egiziane.
Rosa
Gaza, 19 giugno 2012
martedì 19 giugno 2012
Richiesta di intervento per la protezione di Rosa Schiano
Car* Amic*,
v'invio la mail riferita alla tutela di Rosa a Gaza che è stata già spedita, come associazione, a Terzi e agli indirizzi sottoelencati , pregandovi di fare altrettanto come singoli. Basta un copia e incolla. Oggi sono stati ammazzati altri due giovani gazawi colpevoli di essere oppositori dello stato che assedia Gaza. Rosa si trova a condividere gli stessi rischi e se un intervento delle noste istituzioni può servire a tutelarla (forse!!) servirà anche a raggiungere l'obiettivo di denunciare Israele per quel che fa al popolo palestinese e agli altri internazionali.
Vi prego di inviare la mail e, anche se servirà a poco, ricordiamoci sempre che il poco è incommensurabilmente lontano dal niente.
Grazie.
Patrizia Cecconi
N.B. : Per Napolitano, il testo va ricopiato su https://servizi.quirinale.it/webmail/
Gli altri indirizzi sono: segreteria.terzi@esteri.it , segreteria.prefettomorcone@governo.it ; usg@mailbox.governo.it ;
Ogg: Richiesta intervento urgente per Rosa Schiano
Giulio Terzi di Santagata
Ministro per gli Affari Esteri
cc:
Andrea Riccardi
Ministro per la Cooperazione Internazionale e l'Integrazione
Presidenza del Consiglio dei Ministri
Ufficio del Segretario Generale
On. Sen. Giorgio Napolitano
Presidente della Repubblica Italiana
Egregio Signor Ministro,
Rosa Schiano è una cittadina italiana, fotoreporter e attivista che, dalla Striscia di Gaza, documenta giornalmente le quotidiane violazioni dei diritti umani da parte delle Forze di occupazione che avvengono in quella Terra.
Rosa è stata vittima, insieme ad altri attivisti, di un attacco da parte della Marina israeliana, mentre si trovava a bordo della barca Oliva.
Dopo l'attacco con potenti getti d'acqua che hanno inondato e rischiato di far affondare la barca (questo il video che lo documenta (http://www.youtube.com/watch?v=Pn4Q1kmWx5c&feature=youtu.be), la Marina israeliana voleva arrestare Rosa e i suoi compagni. Alla fine, l'Ufficiale li ha lasciati andare ma li ha minacciati di arrestarli e portarli a Ashdod, in Israele, se li avesse rivisti in mare.
Rosa Schiano fa un lavoro preziosissimo di protezione dei civili e di documentazione; senza il suo contributo quotidiano, niente si saprebbe di quanto accade nella Striscia di Gaza. Accompagna nei campi i contadini palestinesi che vengono colpiti dalle pallottole isreliane sparate dalle torrette, mentre cercano di coltivare la propria terra; accompagna i pescatori palestinesi nelle acque territoriali per permettere loro di pescare, perché la Marina israeliana colpisce (anche a meno di 3 miglia dalla costa; distanza stabilita, arbitrariamente, in contrasto con quanto contenuto negli accordi di Oslo) con spari e cannoni ad acqua, nonché arrestando i pescatori e confiscando le loro barche.
Per portare a termine questo suo impegno, Rosa rischia in prima persona.
Come cittadini italiani chiediamo che sia data protezione a Rosa Schiano, intervenendo con decisione e urgentemente (dal momento che, presto, la barca Oliva tornerà in mare) presso il Governo israeliano, affinché interrompa immediatamente le azioni che mettono a repentaglio la vita dei Palestinesi e degli internazionali presenti sul posto e che violano i diritti umani basilari di quel Popolo.
E chiediamo che il Suo intervento non sia una semplice richiesta a Rosa Schiano di lasciare la Striscia di Gaza, visto che il lavoro degli internazionali è fondamentale, ma che segua quanto stabilito dalla Legge, nonché dai principi generali di rispetto del Diritto universale che sono alla base della funzione da Lei espletata.
Confidiamo in un suo sollecito interessamento.
Grazie,
nome , cognome, città
lunedì 18 giugno 2012
Presidente, alzi la voce per la giustizia!
Presidente, alzi la voce per la giustizia!
Pubblicato da Francesco Penzo il 16/6/12 • Inserito nella categoria: Hanno detto,Numero 151
Lettera a Napolitano e Monti sui finanziamenti militari a Israele
Illustre Presidente della Repubblica,
On. Presidente del Consiglio,
L’associazione ebraica statunitense Jewish Voice for Peace da tempo chiede di sospendere gli aiuti militari a Israele, fino a che non termini l’occupazione dei territori palestinesi. Contro la proposta del Presidente Obama di aumentare ulteriormente il contributo USA a Israele per le spese militari, si stanno mobilitando associazioni e istituzioni. Noi, della Rete Ebrei Contro l’Occupazione (Rete-ECO), pensiamo che la politica italiana riguardo al problema urgente di render giustizia, pace ed indipendenza ai Palestinesi sia altrettanto ingiusta e assurda di quella degli Stati Uniti. L’Italia ha rinnovato il trattato di collaborazione militare con Israele, che oltre ad essere assai gravoso economicamente per noi, è soprattutto una atroce ingiustizia contro i Palestinesi, i quali dopo esser stati cacciati dalla loro terra armi alla mano , vengono perseguitati in modo indicibile e privati dei più elementari diritti umani, oltre che dei diritti politici universalmente ritenuti fondamentali nei Paesi civili, e stabiliti nella Dichiarazione alla base della fondazione delle Nazioni Unite nel 1948. L’atteggiamento politico dell’Italia, da troppo tempo ormai, è succube della volontà di Israele e Stati Uniti al punto dal dubitare che l’Italia sia un Paese indipendente. Eppure tanti italiani, organizzati in Associazioni o individualmente, danno concrete prove di solidarietà ai Palestinesi: nei campi profughi in vari Paesi, a Gaza assediata, nella Cisgiordania occupata militarmente da Israele sin dal 1967. La nostra Associazione, ECO, ha contribuito con le sue piccole forze a questa solidarietà insieme a tanti nostri concittadini e ad amici Israeliani e Palestinesi.
E’ assurdo che le Istituzioni politiche italiane si dimostrino del tutto insensibili al fondamentale problema di giustizia e libertà per il popolo Palestinese, ed indifferenti al dovere di rappresentare tanta parte dei cittadini italiani, di cui noi di ECO siamo parte, che si sente colpevole dell’ingiustizia di cui si macchia il nostro Paese. Chiediamo quindi a voi, ognuno nel modo pertinente alle sue funzioni, di rimediare alla grave colpa del nostro Paese, prendendo una chiara, forte ed efficace posizione contro le soperchierie e le terribili persecuzioni che Israele esercita contro i Palestinesi. Solo se giustizia sarà fatta sarà possibile che i due popoli vivano in pace in Palestina, e che l’Italia e l’Europa si riscattino dalla colpa infamante dell’aver scaricato sugli Arabi Palestinesi, innocenti, le proprie colpe del genocidio degli Ebrei durante la seconda guerra mondiale.
Rete ECO
sabato 16 giugno 2012
VINCENZO VITA, RILASCIO IMMEDIATO ATTIVISTA ARRESTATO IN ISRAELE
VITA, RILASCIO IMMEDIATO ATTIVISTA ARRESTATO IN ISRAELE
(ANSA) - ROMA, 15 GIU - ''Apprendiamo con preoccupazione che
la polizia di frontiera israeliana ha arrestato oggi al Ponte
Allemby l'attivista della resistenza non violenta Issa Amro, e
ne chiediamo l'immediato rilascio''.
Lo ha detto Vincenzo Vita, Senatore PD, che aveva promosso
per martedi' prossimo un incontro tra Issa Amro e Roberto di
Giovan Paolo (PD), della Commissione diritti umani del Senato.
Issa Amro era stato invitato in Italia dell'Associazione per la
pace e avrebbe dovuto partecipare a numerosi incontri pubblici e
istituzionali.
''Questa vicenda - afferma Vita - e' sconcertante proprio per
la modalita' in cui e' avvenuta. Evidentemente la resistenza non
violenta agli israeliani fa quasi piu' paura delle iniziative
non pacifiche?. Chiedo, insieme ai colleghi della Commissione
diritti umani del Senato - conclude Vita - che venga
immediatamente rilasciato e possa riprendere il suo viaggio
verso l'Italia, dove e' atteso.''. (ANSA).
Issa Amro è un giovane leader civile palestinese di Hebron impegnato nella documentazione degli abusi dei diritti umani e nel coordinamento del lavoro dei volontari che accompagnano gli agricoltori e contribuiscono alla ricostruzione delle case e delle cisterne d’acqua rase al suolo. Issa è il fondatore dell’organizzazione Youth Against Settlements (Giovani contro gli insediamenti) che si occupa inoltre di organizzare le proteste di resistenza nonviolenta contro l’espansione delle colonie e la confisca delle terre.
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ASSOPACE: «ISRAELE LIBERI IMMEDIATAMENTE ISSA AMRO»
COMUNICATO STAMPA
ASSOPACE: «ISRAELE LIBERI IMMEDIATAMENTE ISSA AMRO»
L’Associazione per la Pace apprende con sconcerto e preoccupazione che Issa Amro, coordinatore della Youth Against Settlements di Hebron, è stato arrestato oggi dalla polizia di frontiera israeliana al confine con la Giordania e portato al posto di polizia della colonia di Kyriat Arba. Il giovane leader della resistenza civile palestinese era in viaggio verso l’Italia, su invito dell’Associazione per la Pace, per partecipare a numerosi incontri con rappresentanti delle istituzioni italiane e organizzazioni della società civile.
Chiediamo con forza l’immediata liberazione di Issa Amro, il cui arresto è l’ennesima, palese e intollerabile violazione del diritto internazionale da parte di Israele. Chiediamo al governo italiano di intervenire per la sua liberazione, Issa è un difensore dei diritti umani.
«Issa Amro, avrebbe dovuto arrivare oggi in Italia per far conoscere la lotta nonviolenta contro l'occupazione militare israeliana e il muro, avrebbe incontrato società civile, parlamentari, sindaci, rappresentati di partiti – spiega Luisa Morgantini dell’Associazione per la Pace-. Il suo arresto è l’ennesima violazione del diritto internazionale da parte di Israele, che ancora una volta nega con la forza la libertà di parola e di movimento ad un leader della società civile palestinese che si batte, insieme ad israeliani e internazionali per la libertà, la pace e il riconoscimento dei diritti del popolo Palestinese».
Issa Amro avrebbe dovuto essere a Roma, Sessa Aurunca, Supino, Bologna, Padova, Vicenza, Como Menaggio. Le iniziative continueranno, Israele con la sua politica repressiva non ci fermerà: la voce dei rappresentati dei giovani di Hebron, del loro diritto e bisogno di libertà verrà ascoltata via Skype.
Roma, 15 giugno 2012
mercoledì 13 giugno 2012
LA BARCA OLIVA ANCORA CANNONEGGIATA. MIRACOLOSAMENTE INCOLUME L'EQUIPAGGIO. ISRAELE NON VUOLE TESTIMONI MENTRE SPARA SUI PESCATORI
Come ho scritto nell'ultima email, questa mattina siamo stati attaccati sulla barca Oliva.
Questo è il video, l'unica cosa che si è salvata...
http://www.youtube.com/watch?v=-9zsz69euac
Diffondetelo ovunque, a tutte le testate, a tutti i media, non solo in Italia, vi prego
Rosa
Da: Rosa Schiano
A: "freedomflotillaitalia@googlegroups.com"
Inviato: Mercoledì 13 Giugno 2012 10:13
Oggetto: da Gaza, URGENTE siamo stati attaccati sulla Oliva
sono appena tornata dal mare, sto scrivendo tremando ancora con i vestiti bagnati addosso
Eravamo fermi accanto a un'imbarcazione questa mattina a circa tre miglia dalla costa, la marina israeliana si è avvicinata alla nostra barca, ci siamo allontanati ma erano troppo veloci per noi, ci hanno seguito fino a un miglio e mezzo dalla costa sparandci addosso cannonate d'acqua ininterrottamente, la nostra barca si è riempita di acqua, ci hanno gridato di fermarci, ci siamo dovuti fermare anche perché il motore ha smesso di funzionare, hanno continuato a spararci acqua addosso, eravamo in tre sulla barca, io, un'altra ragazza e il capitano palestinse. Ci hanno detto di posizionarci sul fronte della barca per poter essere arrestati, ho gridato per favore di non arrestarci, ho chiesto di lasciarci andare a casa, ma hanno risposto di nuovo con cannonate d'acqua, non riuscivo a smettere di tremare per il freddo, poi ci hanno ordinato di nuovo di metterci sul fronte della barca per poter essere presi e portati ad Ashdod, abbiamo detto ok, ok, ma abbiamo chiesto di arrestare solo noi due internazionali e di non arrestare il capitano palestinese ma non hanno voluto, ci hanno detto tutti noi tre dovevamo essere arrestati, noi non volevamo che il palestinese venisse arrestato, ci hanno spruzzato altra acqua, infine ci hanno detto che ci lasciavano andare ma ci hanno minacciati, ci hanno detto che se la prossima volta ci vedono di nuovo in mare ci arrsteranno e porteranno ad Ashdod in Israele.
La mia fotocamera è completamente rotta, l'ho messa nel riso per cacciar via il sale ma ho poche speranze, 700 euro andati a mare, anche il mio cellulare non funziona più. Solo una card di una piccola fotocamera si è salvata e caricherò il video dell'attacco più tardi
Se la prossima volta ci arrestano non saremo più in grado di monitorare le violazioni della marina israeliana, per favore fate qualcosa
lunedì 11 giugno 2012
DIAMO UN CALCIO AL SIONISMO
DIAMO UN CALCIO AL SIONISMO
Libertà per Mahmoud Sarsak
giocatore della Nazionale di calcio palestinese.
Libertà per i prigionieri politici palestinesi
Lo sciopero della fame di massa dei prigionieri palestinesi si era concluso con un accordo per il rilascio della maggior parte dei prigionieri politici che sono in detenzione amministrativa e con la promessa da parte di Israele di ridurre l’applicazione di una reclusione di questo tipo. Ma Mahmoud Sarsak è in prigione senza accuse, senza processo e, come "aggravante", con un'accusa ancor più illegale, quella di essere un “combattente nemico illegale”.
Mahmoud Sarsak, 25 anni, palestinese di Rafah nella Striscia di Gaza, è un giocatore di calcio della Nazionale di calcio palestinese; è stato arrestato il 22 luglio 2009, dopo aver ottenuto dagli israeliani il permesso di unirsi alla squadra per una partita a Balata, in Cisgiordania. Appena giunto al valico di Erez, è stato arrestato, interrogato per 30 giorni e da allora è detenuto in assenza di accuse o di processo.
Giovedì 7 giugno Mahmoud Sarsak è entrato nell' 85° giorno di sciopero della fame, senza interruzione dal 19 marzo scorso.
Sarsak rischia la morte in qualsiasi momento; le autorità israeliane insistono nel trattenerlo nel carcere di Ramleh dove manca ogni tipo di attrezzaura medica per curarlo.
Sarsak respinge il ricatto israeliano, la falsa promessa di liberarlo il primo luglio prossimo in cambio dell'interruzione dello sciopero. Le autorità israeliane rifiutano di rilasciare un documento ufficiale in cui dichiarano che sarà liberato il primo luglio come dicono.
Ricordiamo ancora una volta che nelle carceri israeliane ci sono più di cinquemila prigionieri, sottoposti ai più svariati tipi di tortura; chiediamo la loro liberazione.
Sono iniziati i campionati europei di calcio. Sarsak è un giocatore della nazionale palestinese: per questo invitiamo tutti a manifestare solidarietà, a intensificare l'invio di lettere e fax, e ad organizzare iniziative mirate a fare pressione sul governo israeliano per il rilascio immediato di Sarsak, prima che sia troppo tardi.
Invitiamo a partecipare, con kefie, bandiere palestinesi, striscioni e cartelli che chiedono la liberazione di Sarsak e dei prigionieri palestinesi al sit-in davanti alla sede della Federazione Italiana Gioco Calcio che rappresenta la FIFA (Federazione Internazione di calcio) in Italia, in via Gregorio Allegri 14 a Roma. La FIFA, così come La UEFA, continua ad ignorare le violazioni di Israele e mantiene normali relazioni con la forza occupante israeliana.
Roma, mercoledì 13 ore 11
via Gregorio Allegri 14
Libertà per i prigionieri palestinesi
Palestina Libera
Comitato "Con la Palestina nel cuore"
Associazione amici dei prigionieri palestinesi
Rete romana di solidarietà con la Palestina
Giovani Palestinesi
PdCI
Associazione Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese
Comunità palestinese di Roma e del Lazio
Un ponte per...
Coordinamento Freedom flotilla - Benvenuti in Palestina
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..........................................
sabato 9 giugno 2012
Israele contro la cultura palestinese
Direttore artistico del The Freedom Theatre arrestato dall’esercito israeliano.
Approssimativamente alle 03:15 del mattino l’esercito israeliano ha fatto irruzione nella casa di Nabil Al-Raee, Direttore Artistico del The Freedom Theatre e lo ha trasferito in una località ignota.
La moglie di Nabil, Micaela Miranda, precisa che cos’è successo: “Il cane ha cominciato ad abbaiare così sono uscita e ho visto soldati che scavalcavano la porta ed entravano nel cortile di casa. Mi hanno chiesto di mio marito ed io ho chiesto loro per quale motivo, in quanto è mio diritto saperlo perchè questa è casa mia. I soldati hanno replicato di non essere venuti per parlare con me. Poi hanno prelevato Nabil, l’hanno cacciato in una jeep dell’esercito e sono partiti. Siamo molto preoccupati perché non sappiamo dove l’hanno portato e perché.”
Jonatan Stanczak, Direttore Generale del The Freedom Theatre : “Io abito nell’appartamento al piano di sopra a quello di Nabil e quando ho sentito ciò che stava accadendo, dato che parlo l’ebraico, sono sceso per provare a parlare con i soldati. La casa era circondata da soldati israeliani mascherati e tre di loro mi hanno puntato immediatamente contro le loro armi e mi hanno respinto in casa.”
Si è tentato subito di contattare il DCO (Ufficio di Coordinamento del Distretto) e l’esercito israeliano, ma senz’alcun risultato.
Di recente, più della metà dei dipendenti del The Freedom Theatre sono stati convocati dall’esercito israeliano per essere interrogati, compreso Nabil Al-Raee. Tutti si sono recati all’appuntamento com’era stato programmato e hanno risposto come meglio potevano in base alle loro conoscenze alle questioni poste benché siano stati sottoposti ad intimidazioni e a minacce.
Jonatan Stanczak prosegue: “Non capisco perché lo facciano dato che sanno che sarebbe stato sufficiente fare semplicemente una telefonata a Nabil e questi si sarebbe recato per rispondere a tutte le questioni o motivi di preoccupazione che potessero avere. Dato che tutto ciò è accaduto ormai tante volte nel passato, non posso interpretarlo se non come il ripetersi delle continue vessazioni che devono subire i dipendenti del The Freedom Theatre e le loro famiglie da parte dell’esercito israeliano.”
A questo punto non è chiaro se, durante la notte, è stato arrestato anche qualche altro membro del The Freedom Theatre. Diversi di loro non hanno risposto alle telefonate.
Per ulteriori informazioni rivolgersi a Jonatan Stanczak, direttore generale del The Freedom Theatre, raggiungibile al jonatan@thefreedomtheatre.org e al +972(0)599017654
Micaela Miranda può essere contattata al micaela@thefreedomtheatre.org e al +972(0)597016230
(tradotto da mariano mingarelli)
Per sostenere la richiesta di liberazione di Nabil e Zakaria firmate:
http://www.firmiamo.it/liberiamo-nabil-e-zakaria-freedom-for-nabil-and-zakaria
COME ISRAELE UCCIDE I SOGNI
Palestina. Mahmoud Sarsak: storia di un calciatore a cui è impedito sognare
Mahmoud Sarsak ha 25 anni, è una giovane promessa del calcio palestinese. Dalla Striscia di Gaza, dove è cresciuto, cercava di raggiungere la Cisgiordania e la sua Nazionale per rincorrere un pallone e, insieme, il sogno di rappresentare il suo paese con il calcio. È stato arrestato nel giugno del 2009 e da 3 anni si trova in un carcere israeliano senza accuse ne’ processo. Dopo 81 giorni di sciopero della fame il suo sogno e la sua vita stanno per finire.
di Cecilia Dalla Negra
Il suo nome è Mahmoud Sarsak, e la sua storia è un paradigma. Ha 25 anni, è un calciatore della Nazionale Palestinese.
Una giovane promessa del calcio perché, giovanissimo, ha iniziato ad allenarsi in uno dei luoghi più disagiati del mondo: il campo profughi di Rafah, a sud di una Striscia di Gaza da anni sotto assedio, tra raid aerei, assedio, bombardamenti.
Racconta il fratello Emad che Mahmoud avesse la stoffa per diventare un campione, e che il primo passo “verso il gol della sua vita” fosse quello di uscire dal ghetto di Gaza e raggiungere i suoi compagni di squadra in Cisgiordania.
La Nazionale Palestinese, primo importante traguardo verso il sogno di giocare in una squadra internazionale, per portare nel mondo quella Palestina non riconosciuta, per rappresentare il suo paese rincorrendo un pallone e, insieme, un ideale di giustizia e libertà.
La sua storia è un paradigma, perché è quella di tanti ragazzi cresciuti a Gaza che resistono semplicemente continuando a esistere, cercando con ogni linguaggio possibile di raccontare la Palestina e difenderla da chi tenta di cancellarla. Indossando una maglia, magari, o sventolando una bandiera, simboli che almeno nel mondo dello sport dovrebbero poter trovare cittadinanza.
Aveva la stoffa per essere un campione, e anche il fisico adeguato, 50 kg fa. Prima di passare dal carcere a cielo aperto di Gaza a quello, in cemento armato, di Ramleh, in Israele.
Il 22 giugno 2009, con le sue valige, Mahmoud Sarsak si dirigeva al valico di Erez, unica porta che collega Gaza ai Territori Palestinesi Occupati, sigillata da Israele. Unico passaggio diretto possibile verso il suo sogno, che si è aperto per portarlo invece verso un’altra prigionia.
Slegato da gruppi, partiti e fazioni politiche, credeva di non avere niente da temere da quei soldati che controllano il valico. Invece è stato arrestato, condotto del carcere di Ramleh dove, da allora, non è mai potuto uscire.
Le accuse? Ignote. In 3 anni Mahmoud non le ha mai conosciute, e non ha mai affrontato nessun tipo di processo.
Se per i palestinesi della Cisgiordania è infatti in vigore il regime – illegale – della detenzione amministrativa, in base alla quale Israele può detenerli a tempo indeterminato senza accuse specifiche ne’ processo, per i cittadini di Gaza esiste un valido parallelo: è la “Unlawful Combatant Law” (Legge sui Combattenti Illegali), strumento che consente ad Israele di imprigionarli alle stesse condizioni. Tempo indeterminato, fine pena potenzialmente mai.
Mahmoud, come molti altri prigionieri prima di lui, 81 giorni fa è entrato in sciopero della fame. Una protesta – l’unica possibile – che o sta uccidendo. E, con lui, il miraggio di una giovane promessa del calcio di poter inseguire il suo pallone e il suo sogno.
Spiega il legale, Mohammed Jabarin, che il termine per il suo arresto è stabilito al 22 agosto prossimo. Ma non ci sono garanzie che le autorità israeliane non lo rinnovino di altri 6 mesi, come hanno sempre fatto nel corso di questi 3 anni.
Con lui tanti altri, che solo il 14 maggio scorso avevano siglato un accordo – già ripetutamente violato da Israele – per il miglioramento delle condizioni cui sono sottoposti i prigionieri politici palestinesi. Anche Akram Rikhawi, con cui Mahmoud ha firmato l’appello al governo palestinese e alla comunità internazionale perché agiscano, e non aspettino “di vederci morire”.
Il 5 giugno scorso alcuni attivisti francesi, in sostegno alla battaglia di Mahmoud, hanno simbolicamente occupato la sede della Federazione di calcio francese.
Come spesso accade, è stato risposto loro di andare a protestare in "altra sede". Un “passaggio palla” ben noto agli attivisti internazionali che si battono per i diritti del popolo palestinese, in una partita ad armi impari che vede sempre il più forte segnare.
La storia di Mahmoud è un paradigma soprattutto perché non fa notizia. Se il club per il quale gioca fosse una squadra quotata, sostenuta da migliaia di tifosi; se Sarsak fosse una delle tante super-star calcistiche mondiali, se non fosse palestinese, se non fosse stato arrestato da Israele, la sua sarebbe una notizia da prima pagina.
Mahmoud è un giovane calciatore che sta giocando la partita della vita con uno sciopero della fame che lo ucciderà nel silenzio internazionale. Una promessa cui è stato vietato di segnare, di giocare, di sognare.
7 giugno 2012
mercoledì 6 giugno 2012
Non lasciar morire Mahmoud Sarsak – Datti da fare ora!
Non lasciar morire Mahmoud Sarsak – Datti da fare ora!
di Yoav Haifawi, Freehaifa
La vita di Mahmoud Sarsak, al suo 78° giorno di sciopero della fame, si trova in condizioni di estremo pericolo. Eppure il regime razzista israeliano si avvantaggia della nostra stanchezza dopo l’ultimo sciopero della fame di massa e il successo della campagna di solidarietà e cerca deliberatamente di trascinare Mahmoud fino alla morte.
sarsakhungerstrike
A differenza di Khader Adnan, che è stato trasferito all’ospedale di Safad, a Mahmoud e ad Akram Rikhawi, che è al 54° giorno del suo sciopero della fame, è stata negata volutamente un’assistenza medica adeguata. Il 30 maggio, il tribunale israeliano ha concesso alle autorità della prigione un lungo periodo, fino al 10 giugno, prima che queste possano alfine permettere ai due prigionieri in sciopero della fame l’accesso a medici indipendenti, nonostante il pericolo immediato per le loro vite!
Lo sciopero della fame di massa ha ottenuto una promessa di rilascio per la maggior parte dei prigionieri politici che sono incarcerati in detenzione amministrativa e di riduzione dei criteri per l’applicazione di una reclusione di questo tipo. Ma Mahmoud Sarsak è in prigione senza accuse, senza processo e con una supervisione ancor meno legale, per un altro motivo, quello di “Combattente Nemico Illegale”.
Dopo circa tre anni di detenzione tutto quello che sappiamo per ciò che riguarda Mahmoud Sarsak, di Rafah nella Striscia di Gaza, è che era un giocatore di calcio della Squadra Nazionale Palestinese. Non è stato catturato in battaglia o mentre stava nascosto. Il 22 luglio 2009, dopo aver ottenuto il permesso israeliano di unirsi alla squadra per una partita a Balata, nel suo cammino verso la West Bank è arrivato al valico di Erez. Appena giunto, è stato arrestato, interrogato per 30 giorni e da allora è detenuto in assenza di accusa o di processo.
Non è poi così difficile per Israele incriminare palestinesi e condannarli a lunghi periodi da trascorrere in prigione per la più insignificante delle accuse. In realtà, nei tribunali militari israeliani i diritti degli imputati palestinesi non sono in alcun modo protetti. I tribunali civili israeliani “credono” a tutte le bugie che vengono raccontate dallo Shabak e tendono a emettere per i palestinesi che sono accusati di violare la “sicurezza dello stato” dei verdetti che sono perfino più duri rispetto a quelli dei loro omologhi militari. Infatti, quando qualcuno ottiene 2 – 4 anni di carcere tutta la gente che gli sta attorno dirà: “Vedete, abbiamo sempre saputo che non avevano nulla contro di lui!”
Così, siccome Mahmoud è in carcere senza accusa né processo, è solo perché Israele vuole far vedere che lo può fare. Quando cercano di spingerlo verso la morte in questo momento, è per rompere il nuovo movimento di protesta e mostrare che le vite dei palestinesi, alla stregua della loro libertà, non hanno alcun valore e nessuna protezione.
Ci sono un sacco di cose che potete fare al riguardo:
° potete organizzare o partecipare a una manifestazione,
° potete fare una veglia di protesta,
° potete pubblicare o condividere su Facebook o altri supporti
° potete scrivere dei graffiti
° potete disegnare un poster
° potete esporre l’immagine di Mahmoud e i manifesti in luoghi pubblici
° potete scrivere lettere, fax o petizioni chiedendo l’immediato rilascio di Mahmoud
° potete chiedere a organismi locali, nazionali o internazionali di calcio o dello sport di boicottale gli sport israeliani fintanto che Israele opprime i palestinesi e in particolar modo impedisce loro di praticare liberamente gli sport
° potete organizzare attività di BDS e dedicarle alla causa di Mahmoud Sarsak e di tutti i prigionieri palestinesi
° potete parlare ai vostri amici e chiedere loro di fare qualcosa per salvare la vita di Mahmoud. Se un numero sufficiente di noi farà anche solo qualcosa di tutto ciò, potremo salvare la vita di Mahmoud. Perché Israele non ha nulla di reale contro di lui. Si può proseguire con questa spietata violazione dei diritti umani solo fino a che il mondo se ne sta in silenzio.
Per favore fa qualcosa ora!
(tradotto da mariano mingarelli)
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martedì 5 giugno 2012
Non c'è pace per Gaza
Nella notte del 3 giugno 2012 Israele ha condotto una serie di incursioni aeree colpendo diverse areee nella Striscia di Gaza. Verso le 2.00 del mattino, l'aviazione militare israeliana ha colpito:
una casa abitata nel campo profughi di Nuseirat, zona centrale della Striscia di Gaza. La casa è stata colpita da 4 missili. Sette persone sono rimaste ferite fra cui 4 bambini;
un'area disabitata ad ovest di Nuseirat, in questo caso il missile è rimasto inesploso;
un'area disabitata tra una moschea ed una casa, sempre in Nuseirat;
una fattoria in Khan Younis, a sud della Striscia di Gaza;
una fattoria in Beit Lahia, a nord della Striscia di Gaza;
un'abitazione disabitata in legno in Deir el Balah, nella zona centrale della Striscia di Gaza.
La notte seguente, il 4 giugno 2012, l'aviazione militare israeliana ha colpito nuovamente diverse aree nella Striscia di Gaza:
una fattoria che produce formaggi nell'area di Zaitoun, zona est di Gaza city;
una zona disabitata in El Kashif mountain, a nord di Gaza city.
Il 3 giugno, al mattino, mi sono recata in Nuseirat per visitare l'abitazione colpita durante la notte.
L'abitazione è completamente distrutta nel cortile esterno. Due missili hanno lasciato due profondi fori sul terreno. All'interno
dell'abitazione, due missili hanno bucato il soffitto della camera da letto, uno dei quali ne ha forato anche una parete. Macerie e vetri sono sparsi ovunque.
Un'altra abitazione vicina è stata fortemente danneggiata. Parte del soffitto è crollato su una culla dove dormiva una bambina di 3 mesi, Deema (Dima).
Video che ho girato sul posto:
http://www.youtube.com/watch?v=9ujPPL-lpGo&feature=youtu.be
La bambina di 3 mesi, Deema, sta bene. Ha riportato ematoma al cranio, tagli alle braccia, allo stomaco, vicino un occhio ed ad una gamba. E' viva per miracolo.
Questa mattina mi sono recata alla fattoria distrutta durante la notte da un bombardamento israeliano. La fattoria si trova in un centro abitato in area Zaytoun, zona est di Gaza city. La fattoria è completamente distrutta. Il tetto, frantumato sul terreno, presenta ancora un enorme foro provocato dalla bomba lanciata da un caccia F-16. C'era un insopportabile odore acre di cloro misto a latte e formaggi. Sul terreno, macerie e contenitori per il formaggio.
Portavoce israeliani hanno comunicato di aver colpito obiettivi militari. Molti media internazionali hanno riportato le dichiarazioni dei portavoci israeliani. La verità è un'altra.
La verità è fatta di case civili ridotte in macerie, di soffitti crollati di notte, di famiglie ridotte in povertà, di occhi di bimbi spaventati, di feriti.
Un report e foto dei bombardamenti anche sul mio blog: http://ilblogdioliva.blogspot.co.il/2012/06/attacco-israeliano-su-gaza-3-4-giugno.html
Rosa
Gaza, 4 giugno 2012
sabato 2 giugno 2012
AGGIORNAMENTO DA GAZA DI ROSA SCHIANO: ISRAELE SEMPRE PIÙ FEROCE
Verso le 4.00 di questo mattino, un ragazzo appartenente alla resistenza palestinese, Ahmed Abu Nasser, 20 anni, si è diretto al confine con Israele in Khan Younis, a sud della Striscia di Gaza, oltrepassandolo. E' iniziato uno scontro a fuoco con i soldati israeliani che l'hanno ucciso. Media israeliani hanno riferito che anche un soldato israeliano è rimasto ucciso.
Successivamente tre ragazzi su un motociclo si sono avvicinati al confine per andare a prendere il corpo del ragazzo non sapendo se fosse morto o ferito, mentre si trovavano ad una distanza di più 600 metri dal confine un drone israeliano ha lanciato un missile ed i tre sono rimasti gravemente feriti.
Suraqa Qudeeh, 18 anni, è rimasto ferito alla testa, ha perso una gamba ed ha frammenti di missile nel corpo.
Mohammed Qudeeh, 24 anni, ha perso in parte una gamba.
Najy Qudeeh, 27 anni, ha perso due gambe gambe. Najy non ce l'ha fatta ed è morto in ospedale questa sera. Era padre di 5 bambini.
Maggiori dettagli sulle condizioni degli altri due li potrò dare domani quando andrò in ospedale.
Sono andata sul posto questa mattina dopo l'attacco israeliano, il missile ha provocato un foro profondo nel terreno.
Pezzi di corpi umani sparsi, sangue sulle piante, schizzi di sangue sulle case, vestiti stracciati nell'esplosione
Ho incontrato la madre di Mohammed, uno dei tre feriti, che non poteva fermare le lacrime.
La resistenza palestinese risponde alle aggressioni quotidiane dei soldati israeliani al confine. Ma Israele è feroce e il suo attacco devastante.
Soldati israeliani hanno anche bruciato un campo dove la settimana prossima avremmo dovuto accompagnare dei contadini a raccogliere il grano.
Cercherò di dormire per quel che posso ed anche se le mani ancora mi tremano
Rosa
Gaza, 1 giugno 2012
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