mercoledì 24 ottobre 2012
Dove erano le voci palestinesi al Tribunale Russel sulla Palestina?
Il Tribunale Russell ha lo scopo di esporre e di definire le responsabilità per le violazioni dei diritti umani commesse da Israele contro i palestinesi. Ma privilegiare le voci degli 'esperti' rispetto a quelle delle vittime, non serve forse a rafforzare le strutture di potere dominanti?
da Elisha Baskin
La quarta e ultima sessione del Tribunale Russell sulla Palestina si è svolta lo scorso fine settimana a New York City. Il tribunale è un " tribunale internazionale del popolo creato in risposta alla inazione della comunità internazionale per quanto riguarda le riconosciute violazioni del diritto internazionale commesse da Israele." Il suo obiettivo dichiarato è quello di affrontare la compiacenza e la responsabilità degli Stati Uniti, delle Nazioni Unite e degli altri attori internazionali nel facilitare e consentire gli abusi israeliani dei diritti umani in Palestina.
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L'affluenza e l'entusiasmo per l'evento erano alti, molto probabilmente a causa della giuria VIP, che comprendeva l'icona statunitense dei diritti civili Angela Davis, Roger Waters dei Pink Floyd e Alice Walker, vincitrice del Premio Pulitzer e oggetto di recenti polemiche sul BDS. Il Tribunale, che funziona in modo molto simile a un tribunale ordinario, è stato supervisionato da una giuria che includeva Dennis Banks, co-fondatore del Movimento degli indiani americani, ed l'ex membro del Congresso Cynthia McKinney.
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L'edificio della Cooper Union è stato pieno per la maggior parte del tempo, con giornalisti che andavano dentro e fuori. La folla sembrava essere per lo più bianca, con gli incitamenti di giovani attivisti di New York e della costa orientale. La maggior parte delle sessioni sono state basate sui dati: convenzioni di diritto israeliane ed internazionali e statuti, un'esposizione della storia di Israele / Palestina, le guerre e l'occupazione - ma la testimonianza e la narrazione da parte dei palestinesi sono state praticamente assenti.
Sebbene una struttura tipo tribunale, o "tribunale del popolo" sia uno strumento potente, è però ancora suscettibile alle trappole del potere istituzionale. La giuria di 12 persone era relativamente diversificata e comprendeva diverse persone di colore. Tuttavia, non comprendeva né arabi, né musulmani, né palestinesi, né israeliani o altri residenti del Medio Oriente. Dei 19 testimoni, solo due erano palestinesi. E anche se la giuria comprendeva persone con lunga esperienza nella difesa dei diritti umani e della giustizia, come Davis e Walker, il loro ruolo era quello di ascoltare; le loro voci si sono sentite raramente. I testimoni, che erano studiosi, avvocati dei diritti umani ed ex funzionari delle Nazioni Unite, hanno impostato il tono del procedimento, che è stato in gran parte legalista, accademico e lontano dalla vita quotidiana in Palestina. Su 31 voci, tra membri della giuria e testimoni, solo cinque erano palestinesi.
Il problema della rappresentanza e della “voce” è importante in questo contesto e deriva dal fatto che il Tribunale si è concentrato su questioni di diritto internazionale, lasciando la maggior parte del tempo all'esposizione degli "esperti". La scelta di testimoni "qualificati" è spesso fatta sulla base di credenziali "professionali". Nel movimento solidarietà con la Palestina, il problema si pone spesso quando si cercano esperti di diritto internazionale o voci di attivisti. Come cittadino ebraico di Israele, io ho molta familiarità con questa dinamica con la quale vengono cercate voci israeliane e / o ebraiche al posto di quelle palestinesi. Mi è stato chiesto di parlare in occasione di eventi sulla Palestina in cui ci si aspettava che parlassi a nome dei palestinesi. Questo problema è stato espresso di recente dall'attivista ebrea-americana Anna Baltzer, la quale ha sostenuto che il favorire le voci ebraiche nel movimento americano di solidarietà ha le sue radici nel razzismo. Ella afferma:
Intenzionale o no, quello che succede è che, mentre stiamo cercando di abbattere lo squilibrio di potere e di privilegio in Israele / Palestina, stiamo ricreando lo stesso squilibrio nel contesto degli Stati Uniti. Dobbiamo sfidare non solo gli abusi di Israele verso i palestinesi, ma il razzismo di fondo presente al suo interno in base al quale, in qualche modo, gli ebrei sono più importanti dei palestinesi. Dobbiamo riconoscere che il fatto di privilegiare voci ebrei americane, piuttosto che l'ascolto di voci palestinesi, è radicato nel razzismo.
Nel caso del Tribunale, voci ebraiche non erano necessariamente favorite, ma le voci palestinesi erano chiaramente carenti. Questo tipo di favoritismo, sia nel caso ebraico che nel caso dei professionisti "esperti", dimostra come le voci palestinesi siano emarginate.
Anche se tutti i palestinesi che sono stati invitati fossero stati in grado di partecipare, sarebbero stati comunque una piccola minoranza tra gli oratori - 5 su 31. Se la scelta degli oratori - che comprendeva l'esperto legale sudafricano John Dugard, l'avvocato britannico Michael Mansfield, l'emerito giudice spagnolo José Antonio Martin Pallin e il diplomatico francese Stephane Hessel, tra gli altri, si è basata sulla volontà di fornire la legittimità, la precisione e l'obiettività privilegiando voci non-palestinesi a quelle palestinesi, rafforzando così la convinzione che dei palestinesi non ci si può fidare, che non dicono la verità e quindi sono i bianchi e gli “esperti” le figure che possono istruire il pubblico sulla Palestina.
Per tutto il fine settimana ho notato sul podio varie manifestazioni di questo tipo, ma un caso spicca in modo particolarmente inquietante. Durante una seduta, Saleh Abdel-Jawad, uno dei due testimoni palestinesi, è stato verbalmente aggredito da un membro della giuria dopo aver parlato di apartheid. Saleh è stata l'unica persona sul podio ad essere attaccata su questa materia. E' stato a causa di un disaccordo di fondo con il suo argomento, o l'identità di Saleh ha svolto un ruolo in questo attacco aggressivo?
Naturalmente, questo è un incidente minore nel più ampio schema delle cose, ma ha ricordato ancora una volta come certi tipi di persone continuano a dominare la conversazione, garantendo legittimità ai confini "accettabili" della lotta di liberazione palestinese. E' fondamentale per le voci e le esperienze palestinesi essere al centro della scena e per gli altri fare semplicemente un passo indietro e trovare modi per sostenere il lavoro, invece di dirigerlo.
Elisha Baskin è un membro del consiglio di Jewish Voice for Peace e membro del boicottaggio dall'Interno.
(tradotto da barbara gagliardi
per conto dell'Associazione di Amicizia Italo-Palestinese Onlus)
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