lunedì 30 marzo 2009

APPELLO

Movimento Globale di Resistenza Non Violenta
alla politica estremista e violenta dello Stato d’Israele




L’attuale situazione a Gaza evidenzia, una volta di più, lo stallo e l’orrore con cui si devono confrontare i Palestinesi.Non possiamo accontentarci di mettere le due parti sullo stesso piano o sperare che una soluzione venga fuori da trattative dirette senza coinvolgimenti e interventi esterni forti e determinati.

Assumere una posizione di falsa neutralità o di spettatori impotenti è in fondo accettare di lasciar fare e limitarsi a constatare, dopo ogni crisi, ogni massacro, che la situazione si deteriora, che i negoziati di pace non hanno portato ad alcunché e che la sorte dei Palestinesi peggiora ogni giorno che passa.

La quantità di organizzazioni di sostegno al popolo palestinese è impressionante, in tutto il mondo e in particolare in Occidente. Eppure si ha la sensazione che si faccia fatica a mettersi d’accordo su una visione o una strategia comuni. Durante i dibattiti spesso si confonde l’analisi delle cause del conflitto con l’esposizione dei principi della resistenza o ancora con i mezzi da usare o le soluzioni da proporre: in queste condizioni è difficile trovare un percorso comune, e ben chiaro, per porre le basi di un discorso, orientare un’azione ad ampio raggio e su più fronti e costituire un fronte unito e solido

Bisogna iniziare indicando alcuni principi sui quali siamo generalmente concordi :



1. Il conflitto israelo-palestinese è innanzi tutto un conflitto politico (anche se ha delle dimensioni religiose che implicano il rispetto della libertà di culto di tutti – ebrei, cristiani, musulmani – e la libertà di coscienza per tutti, credenti o no).

2. Ci sono un oppressore (lo Stato d’Israele) e un oppresso (il popolo palestinese).

3. La resistenza palestinese è legittima.

4. I Palestinesi hanno diritto ad uno Stato e alla libertà.

5. La pari dignità dei Palestinesi esige una parità di diritti e trattamento, quale che sia la soluzione prospettata.

6. I Palestinesi cacciati dalle loro terre hanno un naturale diritto a tornarvi.

7. Il nostro impegno si fonda su di un incondizionato ed uguale rifiuto di ogni razzismo, sotto qualsivoglia forma (razzismo antiebraico, antiarabo, anticristiano o antimusulmano, ecc.).


Su questi sette principi fondamentali è possibile costituire dei collettivi locali, regionali e nazionali che stabiliscano gli obiettivi prioritari del movimento di resistenza locale/globale. Le esperienze dei "collettivi" o "coordinamenti" in Inghilterra, in Francia e in alcune regioni (negli Stati Uniti o in Europa) devono moltiplicarsi in tutti i paesi nei diversi continenti, poiché le conseguenze del locale conflitto israelo-palestinese hanno conseguenze globali sulle realtà politiche ed economiche del mondo. Questi collettivi regionali, nazionali e internazionali dovrebbero avere questi principali obiettivi:



1. Diffondere informazione continua sulla situazione in Medio Oriente (website, newsletters, conferenze, video, libri, ecc.): sviluppare e mantenere la coscienza responsabile di quello che significa il conflitto oltre le situazioni di crisi e il tipo di copertura mediatica.

2. Individuare i mezzi di resistenza non violenta in tutto il mondo (boicottaggi e coordinamento di azioni concrete: manifestazioni, interventi presso i politici, ecc.) che talune organizzazioni mettono in atto ma senza sufficienti sinergie se non in momenti di crisi.

3. Supportare e mobilitare un movimento di solidarietà per il finanziamento di progetti di sviluppo e di ricostruzione (infrastrutture, scuole, ecc.).



Gli ultimi avvenimenti a Gaza e l’atteggiamento dei governi d’Oriente e d’Occidente hanno evidenziato che la passività e l’ipocrisia tanto ampiamente diffuse non permetteranno di giungere alla soluzione di questo conflitto. Tutto sta avvenendo come se lo Stato d’Israele, con il sostegno degli Stati Uniti e di qualche governo europeo, avesse imposto un clima di terrore intellettuale in cui nessuno osa parlare, dire la verità, denunciare l’inaccettabile. Eppure i popoli del mondo sono sempre meno succubi, ed è possibile sensibilizzare e mobilitare un numero vieppiù maggiore di persone che rifiutano di subire il lavaggio mediatico del cervello o di vedersi ridotti nelle condizioni di spettatori impotenti.

Oggi è importante chiarire i nostri principi, individuare i mezzi della resistenza e coordinare la nostra azione. Alcune recenti esperienze nazionali dimostrano che questo processo si può generalizzare. Rivolgiamo un appello alle organizzazioni che hanno anni di esperienza, alle nuove strutture e ai singoli affinché considerino prioritaria la creazione di questo movimento globale mediante collettivi e coordinamenti regionali e nazionali che si pongano obiettivi e un pensiero chiari e che propongano azioni comuni più ampie ed efficaci.

È importante altresì rifiutare sia le frammentazioni sia le strumentalizzazioni politico-ideologiche : un fondamento di princìpi comuni chiarisce questo impegno condiviso, e le azioni devono tradurre in pratica lo spirito determinato di questa resistenza globale. Dal momento che non possiamo restare semplici spettatori della negazione dei diritti, delle umiliazioni e delle atrocità in Palestina, noi lanciamo il Movimento Globale di Resistenza Non Violenta. Desideriamo invitare e coinvolgere nel Movimento personalità pubbliche (intellettuali, artisti etc.), attivisti e cittadini di tutto il mondo, così come le organizzazioni attente alla protezione dei diritti e della dignità degli individui e dei popoli che rifiutano di restare passivi di fronte al silenzio complice degli Stati d’Oriente e d’Occidente mentre i civili palestinesi vengono quotidianamente uccisi, incarcerati o umiliati nei nuovi bantustan che ormai sono divenuti i Territori, occupati dalla politica israeliana di colonizzazione e di apartheid.

Una mobilitazione popolare può avere successo soltanto se è internazionale e globale.

Firmate questo Appello, fatelo conoscere, mantenetevi informati e diffondete l’informazione attorno a voi ; entrate a far parte delle organizzazioni, dei collettivi e dei coordinamenti locali, regionali e nazionali esistenti, o impegnatevi voi stessi a crearne di nuovi là dove vi trovate. Moltiplicate — sul lungo periodo — le azioni d’informazione e di resistenza civile e politica nel mondo.

Nessun commento: