Neanche il diritto a un nome
di Christian Elia
Il governo d'Israele annuncia che la toponomastica sarà solo in ebraico, anche per Gerusalemme
Né Jerusalem né al-Quds. Da oggi in poi Gerusalemme, la città santa per le tre grandi religioni monoteiste, avrà solo il nome ebraico: Yerushalaim. Lo ha riferito ieri il quotidiano israeliano Yediot Ahronot, citando il ministro dei Trasporti e della Sicurezza Stradale israeliano Israel Katz, esponente del partito Likud.
La guerra dei cartelli. ''Per me è inaccettabile che Gerusalemme venga indicata nella cartellonistica con il nome nelle tre lingue: inglese, arabo ed ebraico. Ci sarà solo quello ebraico''. Così Katz ha commentato la sua iniziativa, che lo stesso giornale definisce ideologica. L'esponente del Likud non è nuovo a questo genere di esternazioni. La stessa iniziativa della 'pulizia etnica' dei cartelli stradali e della toponomastica è iniziata un anno fa, ma da quando Katz è stato nominato al dicastero dei Trasporti l'iniziativa ha conosciuto nuova vita, nonostante le polemiche. Nella stessa intervista, Katz ha dichiarato che la decisione non riguarderà solo Gerusalemme, ma anche Nasera che diventerà Nazareth ed Akka che diventerà Akko. In realtà è più corretto dire che rimarranno solo con il nome ebraico, perché gli israeliani le chiamavano già così.
Campagna anti-araba. L'iniziativa è solo l'ultimo passaggio di una campagna che la comunità arabo-israeliana vive come un vero e proprio affondo. L'iniziativa dei cartelli segue quella del 'giuramento di lealtà' al quale, secondo l'attuale ministro degli Esteri Lieberman, gli arabo-israeliani dovrebbero sottoporsi e il divieto di qualsiasi commemorazione della Nakhba, la catastrofe, come i palestinesi chiamano la nascita dello Stato d'Israele.
''Quando di Katz non si ricorderà più nessuno, al-Quds esisterà ancora'', commentava ieri uno dei deputati arabo-israeliani della Knesset, il parlamento israeliano.
Conflitto anche per gli spot. La tensione tra la comunità arabo-israeliana e il governo, però, è molto alta. Ogni situazione viene vissuta come un attacco dagli arabi che all'interno d'Israele si sono sempre sentiti cittadini di seconda serie. Ultima polemica quella attorno all'ultimo spot pubblicitario della compagnia di telefonia mobile Cellcom. Il video mostra alcuni soldati israeliani che, vicino alla loro camionetta, pattugliano una zona nei pressi del muro che Israele ha costruito in Cisgiordania. A un certo punto arriva dall'altra parte del muro un pallone e i militari lo rimandano dall'altra parte. Comincia una sorta di partita tra persone che non si vedono.
''Dopo tutto cosa cerchiamo noi? Solo un po' di divertimento'', dice la voce fuori campo che chiude lo spot. Ahmed Tibi, deputato arabo-israeliano, ha chiesto il ritiro dello spot, perché a suo dire è l'ennesima dimostrazione di come Israele non si renda conto del dramma dei palestinesi.
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