PROSEGUONO SENZA SOSTA LE DEMOLIZIONI DI CASE PALESTINESI
Lo dicono i dati di Ocha (Onu). A luglio le ruspe si sono accanite maggiormente: durante questo mese le autorità israeliane hanno demolito ben 140 strutture, tra case, tende, baracche, stalle, cisterne d’acqua, presidi medici e costruzioni commerciali.
Gerusalemme, 14 agosto 2010, Nena News – Circa 550 palestinesi sono finiti in strada nelle ultime settimane: questo il risultato della politica delle demolizioni di case a Gerusalemme est e nelle aree C della Cisgiordania (60 % del territorio, che gli Accordi di Oslo mette sotto pieno controllo e amministrazione di Israele), secondo i dati diffusi dall’Ocha, l’ufficio dell’Onu che si occupa di coordinare gli affari umanitari nei territori occupati palestinesi. Il mese di luglio è stato quello in cui le ruspe si sono accanite maggiormente: durante questo mese le autorità israeliane hanno demolito ben 140 strutture, tra case, tende, baracche, stalle, cisterne d’acqua, presidi medici e costruzioni commerciali. Il 13 luglio 7 case son state abbattute a Gerusalemme est, lasciando senza un tetto 25 persone, di cui 14 bambini. Allo stesso modo il 19 luglio, il villaggio Al Farisiye, nella Valle del Giordano, è stato interamente distrutto.
Le situazioni più a rischio sono quelle dei residenti in area che le autorità israeliane designano come zone militari, che sono il 18% della Cisgiordania, in particolare localizzate nei pressi delle colonie. Il trend negativo di luglio è destinato a continuare nei prossimi mesi, poiché l’Amministrazione Civile, che è il settore preposto alle demolizioni, ha confermato di aver ricevuto istruzioni dal Ministero della Difesa di portare avanti le demolizioni. A questo si aggiunge il via libera dato alle costruzioni di case dei coloni, come è avvenuto una decina di giorni fa, quando il Comitato Urbanistico del Comune di Gerusalemme ha approvato la costruzione di 40 nuove case nella colonia di Pisgat Ze’ev, a Gerusalemme est. Questo semaforo verde è arrivato nemmeno un mese dopo l’approvazione di altre 32 unità abitative nella stessa colonia. Il tutto rientra nel progetto di costruzione di 220 case da costruire a est del campo profughi di Shuafat e ad ovest dei villaggi palestinesi di Hizma e Anata.
Ai coloni quindi vengono rilasciati permessi, ai palestinesi, di contro, sono demolite le abitazioni, con la motivazione che si tratta di strutture costruite senza il permesso israeliano, e quindi sono considerate illegali dalle autorità israeliane. Ma ottenere permessi edilizi per palestinesi che abitano in area C è pressochè impossibile e a loro non resta che “l’abusivismo”, per riparare, mantenere o allargare le proprie case. Secondo il dati dell’Ocha solo l’1% della terra in Area C è destinata ai palestinesi. A Gerusalemme est solo il 13%, mentre il 35% è per le colonie israeliane. Come potenza occupante Israele è obbligato a amministrare i territori che occupa in modo da garantire benefici alla popolazione civile, assicurando la soddisfazione dei suoi bisogni primari e il rispetto dei diritti alla salute, alla casa, all’acqua e alla formazione. Invece Israele si impegna attivamente nelle demolizioni, privando intere famiglie del proprio sostegno economico e psicologico. Ocha sottolinea in particolare l’impatto devastante sulla psiche dei bambini, che sono spesso affetti da stress post-traumatico, depressione, ansia. Le organizzazioni umanitarie e gli attivisti possono agire sull’emergenza, intervenendo per impedire le demolizioni o nelle situazioni di ricostruzione. Ma ciò che serve, ripete Ocha, è un immediato stop della politica demolizioni e della deportazione della popolazione civile, e il ritorno delle famiglie alle loro case. (red) Nena News
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