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27.07.2010
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La Knesset israeliana fascista
di Michael Warschawski
Questa settimana la Knesset ha iniziato la sua pausa estiva e i suoi membri si sono meritate le loro vacanze: negli ultimi giorni della trascorsa sessione, hanno fatto straordinari per presentare diverse proposte, il cui comune denominatore era quello di salvare lo stato dai suoi nemici interni.
Si prenderà nota solo di alcune di esse: proposta di legge per rendere illegale il Movimento Islamico; per fare un referendum nel caso in cui il governo dovesse accettare un accordo di pace che fosse comprensivo del ritiro da Gerusalemme Est o dalla Alture del Golan; per sottoporre il requisito della cittadinanza alla dichiarazione di lealtà allo stato in quanto Stato Ebraico; per criminalizzare quei cittadini che sostengono le sanzioni e/o il boicottaggio di Israele, compreso il boicottaggio dei prodotti delle colonie. A tutte queste e ad altre ancora, si deve aggiungere la vecchia proposta di vietare commemorazioni pubbliche della Naqba.
Il volto della Knesset è il volto della sua attività legislativa più recente: fascista con una opposizione per lo più esigua e patetica. Non c’è da meravigliarsi, perciò, che la Knesset abbia delle difficoltà ad accettare ancora membri quali Hanin Zoabi, sopratutto in quanto ciò non è possibile? Espellerla dalla Knesset, revocando così alcuni dei suoi diritti in quanto funzionario pubblicamente eletto. Il mio cuore sta dalla parte di Hanin Zoabi, di Jamal Zahalkha, di Dov Hanin e di quella manciata di persone sensate che sono presenti nel parlamento d’Israele, che sono costretti a stare in compagnia di circa 100 prepotenti insolenti e deboli di cervello, che ostentano nei loro confronti una violenza verbale, la quale presto o tardi si trasformerà in una reale aggressione.
Questo è un parlamento che abbiamo ereditato direttamente dal sanguinoso attacco contro gli abitanti di Gaza nell’inverno del 2008/2009. Il vasto e quasi compatto sostegno dato ai crimini di guerra di Olmert, Barak e Ashkenazi ha partorito una Knesset fascista nella quale Benjamin Netanyahu ha l’aria di un capo di stato ragionevole e Tzipi Livni risulta essere una radicale di sinistra.
E per questo motivo, lo stato di Israele sta sperimentando un isolamento internazionale senza precedenti, e persino “l’atmosfera amichevole” che presumibilmente ha caratterizzato i recenti incontri tra Netanyahu e il Presidente degli Stati Uniti non può dissimulare il disagio della Casa Bianca nei confronti delle iniziative israeliane. La mortale violenza messa in atto dall’esercito contro la Freedom Flotilla ha scioccato il mondo intero non solo per l’elevato numero di morti e di feriti, ma lo si deve principalmente al messaggio che Israele ha desiderato comunicare al mondo: noi facciamo quello che vogliamo, senz’alcun riguardo per il diritto internazionale, per la propria immagine o per le conseguenze o le implicazioni con la comunità internazionale, incluso un partner strategico quale la Turchia. “Abbiamo mostrato al mondo che siamo preparati a fare pazzie,” si è vantata Tzipi Livni dopo il massacro di Gaza, comprovando in tal modo che ha preso in eredità da Golda Meir il detto che “non ci interessa che cosa dicono gli altri, ma ciò che gli ebrei fanno.” In tal modo usò vantarsi la Meir e come conseguenza, tra le altre cose ci fu, nel 1973, la sconfitta di Israele nella guerra dello “Yom Kippur”. Non c’è dubbio che un altro “Yom Kippur aspetta Israele, quest’ultimo molto più amaro di quello precedente. E’ solo una questione di tempo, e questa volta senza dubbio arriverà dal nord.”
Questa è una corsa rapida verso l’abisso, la cui fine ci è ignota. I greci solevano dire che prima della distruzione dei loro nemici, gli dei li avrebbero fatti impazzire. La serie delle leggi proposte di recente dalla Knesset, e il mostro legislativo al quale hanno dato la luce, stanno a rappresentare la pazzia prima della caduta.
(tradotto da mariano mingarelli)
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