Migliaia di agenti di polizia e delle forze speciali hanno impedito ieri ai manifestanti di raggiungere Piazza della Perla, il luogo simbolo della rivolta contro la monarchia assoluta al Khalifa
DELLA REDAZIONE
Roma, 15 febbraio 2012, Nena News – Solo lo schieramento massiccio nelle strade di Manama di agenti di polizia e delle forze speciali della monarchia ha impedito ieri ai bahraniti di raggiungere Piazza della Perla, il luogo-simbolo della rivoluzione esplosa un anno fa contro la monarchia (assoluta) sunnita degli al Khalifa. La «primavera del Golfo» – schiacciata dall’intervento militare saudita a sostegno dell’alleato re Hamad bin Isa al Khalifa – di cui nessuno parla nonostante i suoi 55 morti, centinaia di feriti, migliaia di fermi e arresti e i 4mila cittadini che hanno perduto il posto di lavoro per aver preso parte alle manifestazioni. E’ da sottolineare che il numero delle vittime della repressione, più basso rispetto ad altri scenari di crisi nel mondo arabo, non deve trarre in inganno. La popolazione del Bahrain infatti non raggiunge i 600mila abitanti e, pertanto, 55 morti è un bilancio molto alto.
Ieri per tutto il giorno gruppi di centinaia di manifestanti, sganciandosi più svolte dal corteo principale diretto dalla rotonda Abdelkarim verso il sobborgo di Shurafa, hanno provato a raggiungere Piazza della Perla ma sono stati respinti dalla pioggia di candelotti lacrimogeni lanciati dai poliziotti. Gli agenti, in tenuta antisommossa, non hanno esitato anche a caricare i dimostranti e a sparare proiettili di gomma. La capitale è stata avvolta per ore nel denso fumo grigio dei lacrimogeni. Eppure per il ministero dell’interno, la situazione è rimasta «sotto controllo» e le strade «aperte e sicure». «Nonostante la dura azione delle forze di polizia, le iniziative popolari di ieri sono andate bene perché hanno dimostrato che i bahraniti non si arrendono ma chiederanno sempre uguaglianza e diritti».
Il sito “Witness Bahrain”, una delle principali voci in rete del movimento bahranita per l’uguaglianza e le riforme, ha riferito che le forze di sicurezza, dispiegando un numero così elevato di poliziotti, hanno messo sotto un coprifuoco «di fatto» Jid il Hofs, Sanabes e altri villaggi abitati dagli sciiti (70% della popolazione ma gravemente discriminati dalla monarchia). Arrestati l’attivista dei diritti umani Nabil Rajab e sei cittadini americani, osservatori per “Witness Bahrain”. Due monitor straniere, tra cui la palestinese americana Huwaida Arraf, erano state fermate sabato scorso ed immediatamente espulse dal paese.
Amnesty International in un comunicato diffuso qualche giorno fa sottolinea che «Nonostante sia stati compiuti alcuni passi, come l’apertura del processo contro otto poliziotti (cinque dei quali pachistani, uno yemenita e due bahreiniti, accusati di maltrattamento dei prigionieri e di aver ucciso i manifestanti) e l’arrivo di esperti internazionali dei diritti umani e di personale specializzato per addestrare la polizia, Amnesty International non è a conoscenza di seri provvedimenti adottati per garantire l’accertamento delle responsabilità. È piuttosto evidente che finora nessuna azione è stata intrapresa contro alti funzionari delle forze di sicurezza o del governo per il loro coinvolgimento nelle violazioni dei diritti umani. Né sono stati resi pubblici gli esiti delle indagini sulle presunte torture…Molti continuano a non ricevere giustizia. Venti medici e infermieri, condannati fino a 15 anni di carcere per il loro coinvolgimento nelle proteste, sono adesso sottoposti al processo di appello contro le loro condanne. Quattordici attivisti dell’opposizione, tra cui Abdulhadial-Khawaja e Ebrahim Sharif, sono in carcere perché condannati all’ergastolo dopo un processo iniquo in tribunale militare». Nena News
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