Ieri, alle 2:30 del mattino, il giorno prima che iniziasse il mese sacro del Ramadan, lavoratori inviati dalle autorità israeliane, protetti da decine di poliziotti, hanno distrutto le lapidi nella ultima parte del cimitero Mamilla, uno storico luogo di sepoltura musulmano con tombe risalenti al 7° secolo, finora lasciato intatto. Il governo di Israele è sempre stato pienamente consapevole della santità e dell'importanza storica del sito. Già nel 1948, quando il controllo del cimitero è stato attribuito ad Israele, il ministero israeliano degli Affari religiosi ha riconsciuto Mamilla "essere uno dei più importanti cimiteri musulmani, dove sono sepolti settantamila guerrieri di armate musulmane [di Saladino], insieme a molti fedeli. Israele saprà sempre proteggere e rispettare questo luogo." Malgrado tutto questo, e nonostante la (giusta) indignazione israeliana quando cimiteri ebraici vengono profanati in qualsiasi parte del mondo, lo smantellamento del cimitero Mamilla è stato sistematico. Nel 1960 su una porzione di questo è stato costruito lo "Independence Park"; successivamente è stato costruita una strada urbana che ci passava in mezzo, grandi cavi elettrici sono stati posti sulle tombe e un parcheggio è stato costruito sopra un altro pezzo ancora. Ora, circa 1.500 tombe musulmane sono state rimosse in diverse operazioni notturne per far posto ... al Museo, da 100 milioni dollari, della Tolleranza e della Dignità umana, un progetto del Simon Wiesenthal Center di Los Angeles. (Ironia della sorte, il rabbino Marvin Hier, il direttore del Centro Wiesenthal è apparso su Fox News, per esprimere la sua opposizione alla costruzione di una moschea vicino a Ground Zero a Manhattan, perché il sito dell'attacco dell 11 settembre "è un cimitero.")
Il periodo di un mese tra la visita del 6 luglio di Netanyahu a Washington e l'inizio del Ramadan ha fornito ad Israele una finestra per "pulire il tavolo" dopo una pausa frustrante delle demolizioni di case imposta dalla "vecchia" moderatamente critica amministrazione Obama - anche se non vi è alcuna garanzia che Israele non demolirà durante il Ramadan, soprattutto se vuole sfruttare il periodo fino alle elezioni di novembre, ben sapendo che fino ad allora Obama non si opporrà apertamente a qualsiasi cosa faccia nei territori occupati. Infatti, il processo della demlizione delle case palestinesi non è mai cessato. Il 6 giugno, per esempio, un anno dopo la demolizione di oltre 65 strutture e l'esodo forzato di oltre 120 persone, tra cui 66 bambini; nove famiglie di Khirbet Ar Ras Ahmar nella valle del Giordano, per un totale di 70 persone, hanno ricevuto una nuova serie di "ordini di evacuazione." Una settimana dopo l'Alta Corte israeliana ha ordinato alla Amministrazione Civile di "intensificare l'esecuzione dei provvedimenti contro le strutture illegali palestinesi" nell'area C, sotto il pieno controllo israeliano, che costituisce il 60% della Cisgiordania.
E così, il 13 luglio, al ritorno di Netanyahu (le case palestinesi non sono demolite senza un OK dall'Ufficio del Primo Ministro), tre case sono state demolite nel quartiere palestinese di Gerusalemme Est di Issawiya, seguite da tre case a Beit Hanina. La municipalità di Gerusalemme ha anche annunciato la prevista demolizione di ulteriori 19 case ad Issawiya questo mese. In Cisgiordania, l'Amministrazione "civile" 'israeliana ha demolito 55 strutture appartenenti a 22 famiglie palestinesi nella zona di Al Hmayer Farisiye nel nord della Valle del Giordano, tra cui 22 tende residenziali e 30 altre strutture utilizzate per il ricovero di animali ed il deposito di attrezzature agricole. Secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite degli Affari Umanitari (OCHA): "Questa settimana [14-20 luglio, la settimana del ritorno di Netanyahu a Washington] c'è stato un aumento significativo del numero di demolizioni nell'area C, con almeno 86 strutture demolite nella valle del Giordano e nel sud della Cisgiordania, compresi i distretti di Betlemme e Hebron. Nel 2010, almeno 230 strutture palestinesi sono state demolite nell'area C, espellendo 1100 persone dalle proprie case, tra cui 400 bambini. Circa altri 600 sono stati colpiti in altro modo. "Due terzi delle demolizioni nel 2010 sono avvenute dopo l'incontro di Netanyahu con Obama. Più di 3.000 ordini di demolizione sono in attesa di esecuzione in Cisgiordania, e fino a 15.000 nella Gerusalemme est palestinese.
La demolizione delle case è solo, naturalmente, una piccola, anche se dolorosa, parte della distruzione che Israele causa quotidianamente alla popolazione palestinese. Nel corso delle ultime settimane una violenta campagna è stata condotta contro i contadini palestinesi in una delle zone più fertili della Cisgiordania, la Valle di Baka, che è sempre di più invasa dalle grandi periferie dell'insediamento di Kiryat Arba, a Hebron. Israele prende già l'85% dell'acqua della Cisgiordania per il proprio uso, sia per gli insediamenti (i coloni consumano pro capite cinque volte più acqua dei palestinesi, e Ma'aleh Adumim sta costruendo un parco acquatico, oltre alle sue quattro piscine comunali e le fontane enormi costantemente attive nel centro della città) sia per essere pompata in Israele propriamente detto - il tutto in palese violazione della Quarta Convenzione di Ginevra, che vieta alla potenza occupante di utilizzare le risorse di un territorio occupato.
Accusare gli agricoltori di "rubare acqua" - la loro acqua - la società israeliana dell'acqua Mekorot, sostenuta dalla amministrazione civile e dalle Forze di Difesa israeliane, ha distrutto nelle ultime settimane decine di pozzi, alcuni dei quali antichi, e serbatoi utilizzati per raccogliere l'acqua piovana, ed anche questo è "illegale". Centinaia di ettari di terreni agricoli sono prosciugati dopo che tubi di irrigazione sono stati tirati via e confiscati da parte dell'Amministrazione Civile. Campi di pomodori, fagioli, melanzane e cetrioli stanno morendo poco prima di poter essere raccolti, e l'industria dell'uva in questa valle ricca è minacciata di distruzione. "Sto guardando la mia vita seccarsi davanti ai miei occhi", Ata Jaber, un contadino palestinese che ha avuto la sua casa demolita due volte, la maggior parte dei suoi terreni giace sepolto sotto il quartiere Givat Harsina di Kiryat Arba, ed i suoi tubi di irrigazione goccia a goccia in plastica vengono distrutti annualmente dalla Amministrazione Civile appena prima del raccolto. "Avevo sperato di vendere la mia coltivazione per almeno 2000 dollari prima di Ramadan, ma tutto è perduto."
(È possibile vedere un servizio della BBC sulla distruzione dei serbatoi palestinesi su YouTube
Gli insediamenti continuano ad essere costruiti, naturalmente. Il tanto strombazzato "congelamento degli insediamenti" è risultata pari ad una tregua temporanea delle costruzioni. (In effetti, mai Netanyahu ha usato la parola "blocco", in ebraico egli si riferisce solo ad una "pausa".) Secondo il rapporto di agosto di Peace Now Settlement Watch, hanno iniziato ad essere costruite almeno 600 unità abitative durante il congelamento, in oltre 60 insediamenti diversi - il che significa che il tasso di costruzione è circa la metà di quello di un anno medio, nello stesso periodo, senza congelamento. Dato che il processo di approvazione non è mai stato arrestato - se vi ricordate, il governo israeliano ha annunciato la prevista costruzione di 1600 unità abitative negli insediamenti, quando il vice presidente Biden era in visita - quando il "blocco" finirà alla fine di settembre sarà un compito facile recuperare il tempo perduto. Secondo Ha'aretz, circa 2.700 unità abitative sono in attesa di essere costruite.
Il fatto che il cosiddetto congelamento degli insediamenti non ha per davvero posto fine alla costruzione degli insediamenti è evidente. Il governo americano sembra disposto ad accettare promesse insincere solo da Israele, e insieme essere apertamente e minacciare brutalmente i palestinesi se non acconsentono alla presa in giro. Negoziatori palestinesi hanno rivelato la scorsa settimana che l'amministrazione Obama ha minacciato di tagliare tutti i legami, politici e finanziari, con l'Autorità palestinese se avessero continuato ad insistere su un vero e proprio congelamento degli insediamenti o anche su parametri chiari su ciò che le parti dovranno negoziare. (Netanyahu rifiuta di accettare anche il principio elementare dei confini del 1967 come base di colloqui.)
Ugualmente distruttivo di ogni vero processo di pace, comunque, è il fatto che l'attenzione sul congelamento degli insediamenti devia l'attenzione dal tentativo da parte di Israele di creare "fatti irreversibili sul terreno", che sconfiggeranno lo stesso processo dei negoziati. Anche se Israele avesse rispettato il blocco degli insediamenti, non c'è nessuna domanda, aspettativa, assolutamente nulla per impedirgli di continuare a costruire il Muro (la chiusura del campo profughi di Shuafat all'interno di Gerusalemme e della città di Anata si sta completando in questi giorni , e il villaggio di Wallajeh, una parte del quale cade in Gerusalemme, sta perdendo le sue terre, ulivi secolari e case anche mentre stiamo parlando). Nulla impedisce a Israele di continuare a impoverire e imprigionare la popolazione palestinese attraverso i suoi venti anni di "chiusura economica", compreso l'assedio di Gaza, che hanno ridotto l'economia palestinese in cenere. Niente si frappone dal completare un sistema parallelo (anche se non uguale in dimensioni e qualità) di autostrade da apartheid, quelle più grandi, passando attraverso le terre palestinesi, per gli israeliani, quelle strette per i palestinesi. Niente trattiene Israele dall'espellere palestinesi dalle loro case in modo che i coloni ebrei possano entrarci- il 29 luglio nove famiglie che vivono nel quartiere musulmano della Città Vecchia, tornando a casa la sera da un matrimonio, si sono trovate bloccate fuori dalle loro case da parte dei coloni e impedite di entrare da parte della polizia. (I palestinesi, naturalmente, non hanno alcun ricorso legale per poter reclamare le loro proprietà, interi villaggi, città e quartieri urbani, fattorie, fabbriche e edifici commerciali, a loro confiscati nel 1948 e dopo.)
Nulla impedisce ad Israele dal terrorizzare la popolazione palestinese, vuoi tramite un proprio esercito od un surrogato di milizie fondato da Stati Uniti e gestito dall'Autorità palestinese per pacificare la propria popolazione, vuoi da parte dei coloni che sparano e picchiano i palestinesi e bruciano i loro raccolti, senza timore di essere arrestati, o da agenti sotto copertura, aiutati da migliaia di palestinesi costretti a diventare collaboratori, molti semplicemente in modo che i figli possano ricevere le cure mediche o in modo da poter avere un tetto sopra la testa; se con l' espulsione o la miriade di vincoli amministrativi di un sistema invisibile ma kafkiano di controllo totale e di intimidazione. Nulla si oppone al boicottaggio di Israele del popolo palestinese, isolato dal mondo dai confini controllati da Israele, o politiche, che in effetti boicottano le scuole e le università palestinesi, impedendone il corretto funzionamento. E nulla, assolutamente nulla, ferma Israele dalla demolizione di case palestinesi - 24.000 nei Territori occupati dal 1967, e continuando.
Forse questo modo di accogliere il Ramadan non giunge di sorpresa per gli standard dei territori occupati. Ha assunto un aspetto completamente diverso quando, il 26 luglio, più di 1.300 della polizia di frontiera israeliani, dell'unità "operazioni speciali" delle truppe d'assalto della polizia Yassam, e della polizia regolare, accompagnati da elicotteri, sono discesi sul villaggio beduino di al-Arakib , appena a nord di Beer-Sheva, una comunità all'interno di Israele abitata da cittadini israeliani. Quarantacinque case sono state demolite, 300 persone sono state sfollate con la forza. Una delle parti più grottesche e sconcertanti di questa operazione è stato l'uso di studenti ebrei israeliani delle scuole superiori, i volontari con la guardia civile, per rimuovere gli effetti personali dei loro concittadini dalle loro case, prima della demolizione. Oltre ai resoconti di vandalismo e di disprezzo per le loro vittime gli studenti sono stati fotografati accomodati fra i mobili dei residenti sotto gli occhi dei loro proprietari. Infine, quando le ruspe hanno iniziato a demolire le case, i volontari hanno applaudito e festeggiato. Durante la settimana successiva, quando attivisti israeliani hanno aiutato i residenti raccogliere i pezzi e ricostruire le loro case, il Fondo Nazionale Ebraico, l'israeliano Land Authority, il Ministero dell'Interno e il "Green Patrol" del Ministero dell'Agricoltura (istituito da Ariel Sharon per impedire ai beduini di impossessarsi del Negev), hanno inviato polizia e bulldozer e hanno ottenut la distruzione del villaggio due volte di più.
Anche se al-Arakib è uno dei 44 villaggi beduini "non riconosciuti" nel Negev - di cui solo undici hanno una parvenza di servizi di istruzione e di assistenza medica, senza elettricità, l'accesso all'acqua sia estremamente limitato e nessuno abbia asfaltato le strade (vedi http://rcuv. wordpress.com) - è comunque popolata da cittadini israeliani, alcuni dei quali prestano servizio nell'esercito. Mentre la demolizione di case arabe all'interno di Israele non è un fenomeno nuovo - l'anno scorso il governo israeliano ha demolito tre volte di più le case di cittadini (arabi) israeliani all'interno di Israele, di quanto ha fatto nei Territori Occupati (a parte la distruzione di oltre 8.000 case durante l'invasione di Gaza ) - significa che il termine "occupazione" non può essere limitato solo alla Cisgiordania, Gerusalemme est e Gaza (e le alture del Golan). La situazione dei cittadini arabi di Israele è quasi altrettanto insicura, a quella dei palestinesi dei territori occupati, e la loro esclusione dalla società israeliana è quasi completa. Mentre circa 1.000 città, paesi e villaggi agricoli sono stati stabiliti in Israele dal 1948 esclusivamente per gli ebrei, non un solo nuovo insediamento arabo è stato istituito, con l'eccezione di sette progetti di edilizia abitativa per i beduini nel Negev, dove a nessuno dei residenti è consentito allevare od avere animali propri. Infatti, i regolamenti e la suddivisione in zone vietano ai cittadini palestinesi di Israele di vivere in 96% dei terreni del paese, che è riservato ai soli ebrei.
Il messaggio del bulldozer è chiaro: Israele ha creato un'entità bi-nazionale tra il Mediterraneo ed il fiume Giordano in cui una popolazione (gli ebrei) ha separato sé stessa dagli altri (gli arabi) ed ha istituito un regime di dominazione permanente. E' proprio la definizione di apartheid. Ed il messaggio viene recapitato con chiarezza nelle settimane e nei giorni precedenti il Ramadan. E' mascherato da belle parole. Netanyahu ha rilasciato una dichiarazione che diceva: "Noi consideriamo questo mese importante mentre tentiamo di raggiungere colloqui di pace diretti con i palestinesi e di promuovere trattati di pace con i nostri vicini arabi. So che siamo partner in questo obiettivo e chiedo il vostro sostegno, sia nelle preghiere ed in ogni altro sforzo comune per creare davvero una convivenza pacifica e armoniosa." Anche Obama e la Clinton hanno inviato i loro saluti al mondo musulmano, Obama osservando che il Ramadan "ci ricorda i principi che abbiamo in comune, e il ruolo dell'Islam nel promuovere la giustizia, il progresso, la tolleranza e la dignità di tutti gli esseri umani." Sia la Casa Bianca che il Dipartimento di Stato terranno pasti Iftar. Ma le ruspe ed altre espressioni di apartheid e di confinamento raccontano una storia molto diversa.
(Jeff Halper è il direttore del Comitato israeliano contro la demolizione delle case (ICAHD). Può essere raggiunto a
Il Comitato israeliano contro la demolizione House è basata a Gerusalemme e ha associazioni collegate nel Regno Unito e Stati Uniti.