http://www.theonlydemocracy.org/2010/04/israel-demolishes-and-silences-its-bedouin-villages
“Israele demolisce ed impone il silenzio sui suoi Villaggi Beduini.”
di Jesse Bacon e Yeela Raanan
(nota dell’editore: questo articolo mette in evidenza come le demolizioni di case non siano limitate ai palestinesi che vivono nei Territori Occupati o a coloro che sono sospettati di aver commesso dei crimini)
La settimana scorsa, il governo d’Israele mi ha processato (lunedì 19 aprile 2010, a Beer Sheva, alle ore 11:00 del mattino): per aver manifestato il mio disgusto per le brutali demolizioni di case avvenute nei “Villaggi Beduini Non-riconosciuti”. Il governo e le sue strutture operative non ammettono alcuna resistenza nei confronti della realizzazione delle loro pratiche razziste, e desiderano perciò spaventare ed intimidire coloro che parlano chiaro.
Da 60 anni il governo d’Israele sta negando alla popolazione indigena il diritto al nostro deserto: l’accesso alle risorse, la loro sopravvivenza, le fonti della loro dignità – e a un tetto sulle loro teste.
A 80.000 dei suoi stessi cittadini stanno negando da tempo l’accesso alle autorizzazioni per l’edilizia. Senza l’adito ai permessi per costruire, ogni abitazione edificata viene considerata “illegale”, tanto che ogni anno ne vengono demolite a centinaia. Talvolta interi villaggi sono stati rasi al suolo. Tutti gli ordini di demolizione scritti stanno servendosi della giustificazione del diritto, leggi che sono state scritte e messe in atto per fornire privilegi alla maggioranza ebraica – costituita quasi del tutto da coloro, compreso me stesso, che sono sopravissuti o sono vittime di leggi dello stesso tipo in altri paesi molto lontani.
Io sono cresciuto ad Arad, una cittadina costruita in mezzo ai beduini per garantire che gli ebrei divengano i dominatori di questo spazio. Impiegai molti anni per capire che i beduini, che vedevo ogniqualvolta lasciavo la mia città natale, non erano parte della natura, come le rocce ed i ruscelli. Non è stata la mia istruzione ad aprirmi gli occhi, di buona formazione sionista, che mi insegna come essere parte di un sogno di riscatto della terra. Ciò è successo a dispetto di questa educazione.
Ma una volta che vengono tolti i paraocchi, allora ha inizio il dolore. Ho visto la sofferenza nell’ingiustizia, nella continua percezione dei miei vicini, ora divenuti amici, di essere trattati come men che meritevoli, come una fonte di preoccupazione per lo sviluppo naturale della nostra regione – il Negev. Ogni bambino nato – una “minaccia demografica”, ogniqualvolta viene costruita una casa, raggiunta una stabilità – viene considerato una minaccia per il solo paese che loro possono chiamare patria.
Ho completato un dottorato di ricerca, allo scopo di aver l’aria più sgargiante. E’ stato un privilegio fin da allora lavorare con il Consiglio Regionale per i Villaggi Beduini Non-riconosciuti (RCUV), una organizzazione della dirigenza dei Villaggi Non-riconosciuti, creata contro tutte le diseguaglianze, per lottare a sostegno dei diritti degli abitanti dei villaggi, utilizzando tutti i mezzi democratici disponibili. Fin dalla sua costituzione, nel 1997, il governo di Israele lo ha considerato come la minaccia maggiore, come se avesse il potere di rivelare al mondo il segreto delle pratiche orripilanti messe in atto nei confronti dei beduini, costringendo forse Israele ad applicare alcuni provvedimenti di giustizia rivolti a queste minoranze a lungo sofferenti. Ha il potere di svelare le bugie che Israele prova piacere nel diffondere: “Loro non hanno alcun gruppo dirigente, non sanno ciò che vogliono…” Ha anche il potere di organizzare la resistenza di una minoranza battuta ed oppressa.
Le demolizioni di case sono le pratiche di gran lunga le più brutali messe in atto nei confronti degli abitanti dei villaggi beduini. E’ difficile descrivere la sofferenza, se non ne sei stato testimone da vicino. Ma provate ad immaginare: centinaia di poliziotti ben armati, vestiti con nere uniformi, che svuotano con la forza la vostra casa della vostra famiglia, dei vostri figli, di vostro marito divenuto incapace di difendere la propria famiglia nella sua stessa casa, con gli altri abitanti che guardano con sospetto, pieni di paura e di orrore, con tutti quelli che osano mostrare una qualche resistenza che vengono arrestati all’istante, per essere accusati più tardi di essere “arabi che attaccano la polizia”.
Una donna durante la demolizione della sua casa nel villaggio di Im el-Hiran. In sostituzione del suo villaggio il governo ha intenzione di mettere una comunità ebraica col nome di “Hiran”.
Allora i bulldozer. La maggior parte delle case è fatta di lamiere, occorrono circa 3 minuti e l’unico luogo nel quale una donna e la sua famiglia potrebbero sentirsi al sicuro, non c’è più; è stata rasa al suolo brutalmente di fronte a uomini, donne e bambini.
Una casa viene distrutta in pochi minuti.
Nessuna famiglia ha un qualche altro luogo nel quale traslocare, così le case vengono ricostruite. Il governo non può realizzare i suoi obiettivi dichiarati – rimuovere gli abitanti, ma d’altro canto gli abitanti del villaggio vivono con sempre più risentimento ed alienazione nei confronti del governo.
E tutta la retorica sponsorizzata dal governo sulle “costruzioni illegali” e sugli “intrusi sul terreno del governo” non può cancellare la verità: è solo un mezzo per costringere i beduini ad abbandonare l’ultima delle loro terre. Israele li ha già privati del 97 % del Negev, le demolizioni di case vengono fatte per assicurarsi l’ultimo 3 %.
Due anni fa, mentre stavo bevendo il mio caffè a casa, a meno di due miglia dal confine con Gaza, udii degli spari insoliti sul confine. Un’ora più tardi venni a sapere che un soldato beduino era stato ucciso in uno scontro con palestinesi che avevano tentato di entrare in Israele. Era stato ucciso mentre proteggeva la mia famiglia. Arrivando al lavoro sentii che il governo, nonostante questa perdita subita dalla comunità beduina, aveva l’intenzione di demolire le loro case.
In quanto facente parte del RCUV, giunsi sulla scena della demolizione di case nel villaggio non-riconosciuto di A-Shahabi pochi minuti prima dei bulldozer. Conoscendo pienamente che non avrei potuto bloccare la demolizione – Mi sedetti nella casa per fare sentire una voce contro l’ingiustizia di queste demolizioni, contro le pratiche discriminatorie, brutali e nocive. Starsene seduti da soli in una casa con il bulldozer alla parete, era una protesta pacifica, non-violenta. Come immaginavo, venni trascinato fuori dalla polizia che poi mi arrestò.
bedouin-arrest-then-demolishab
Essere trascinato fuori da una casa, che sarebbe stata successivamente demolita.
A proposito – il soldato che era stato ucciso, aveva un ordine di demolizione sulla sua casa.
Il comandante della stazione di polizia era arrabbiato e mi gridò, “L’ultima cosa della quale abbiamo bisogno è quella di ebrei che si associano alla lotta dei beduini…” Ed è per incuterci paura e tenerci lontano dal lavorare per la giustizia nel nostro paese, che la settimana scorsa sono stato cacciato in prigione.
Jesse Bacon – ha un master per l’insegnamento ottenuto al Roosevelt University College di Chicago. E’ un ebreo osservante progressista che si è alleato con i palestinesi, come con tutti i popoli diseredati, secondo la migliore tradizione dell’ebraismo. E’ stato in Israele e in Palestina nel 1996, nel 2001 e nel 2002. Per tre anni ha lavorato nel comitato direttivo della “Voce ebraica per la Pace” di Chicago e poi un anno nel consiglio del “Ricerca la Pace” di Seattle.
Yeela Raanan – è rappresentante del Consiglio Regionale per i Villaggi Beduini Non-riconosciuti (RCUV)
(tradotto da mariano mingarelli)
Nessun commento:
Posta un commento