mercoledì 24 luglio 2013
Negoziati Israele/Anp: Gaza non ci crede
Negoziati Israele/Anp: Gaza non ci crede
Come la maggioranza dei palestinesi in Cisgiordania, anche gli abitanti di Gaza sono scettici sulla credibilita' della trattativa che gli Usa stanno mettendo in piedi.
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martedì 23 luglio 2013 19:25
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di Rosa Schiano
Gaza, 23 luglio 2013, Nena News - Non solo le fazioni palestinesi, da Hamas al Fronte Popolare per la Liberazione per la Palestina rifiutano la ripresa dei negoziati bilaterali israelo-palestinesi portata avanti dal segretario di stato americano Kerry, ma la stessa popolazione palestinese si dimostra scettica sulla ripresa delle trattative. In particolare quella della Striscia di Gaza.
Secondo il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, il ritorno alle negoziati rappresenta un "suicidio politico" ed una minaccia per la causa palestinese. Jamil Mizher, membro del comitato centrale del FPLP, ha affermato che il FPLP rifiuta totalmente la ripresa di questi negoziati, che non soddisfano minimamente le richieste nazionali del popolo palestinese. "Venti anni di assurdi negoziati hanno ottenuto zero, ed hanno solo aiutato l'occupazione a portare avanti i suoi piani di espansione", ha detto Mizher.
Rabah Muhanna, membro dell'ufficio politico del FPLP, ha detto che il popolo palestinese in Cisgiordania, Gaza, nella Palestina occupata del '48 si schiera a gran maggioranza contro i negoziati, aggiungendo che la ripresa di questi equivale all'abbandono dei diritti nazionali palestinesi.
Allo stesso modo, Hamas ritiene ''molto pericolosa'' la ripresa dei colloqui di pace con Israele. Il portavoce Sami Abu Zuhri ha riferito che la decisione del presidente dell'Autorita' nazionale palestinese Abu Mazen, ''contraddice'' i principi del ''consenso nazionale'' raggiunto dalle fazioni palestinesi. ''La ripresa dei colloqui fa solo gli interessi dell'occupazione e le fornisce una copertura per l'espansione degli insediamenti'', ha concluso Abu Zuhri.
E la popolazione di Gaza, che cosa pensa?
Non diverge molto l'opinione pubblica sulla ripresa dei negoziati da quella dei leaders politici."I tentativi passati sono falliti. La gente di Gaza è stanca, presa ora dalla mancanza di carburante e soffocata dall'assedio. Non abbiamo fiducia nei negoziati, ma la liberazione di prigionieri palestinesi sarebbe un risultato importante", ci ha detto un impiegato palestinese.
La liberazione di prigionieri palestinesi chiusi da molti anni nelle carceri israeliane sembra essere un punto su cui Tel Aviv potrebbe cedere, dato che Netanyahu si e' dichiarato già non disposto ad accettare una ritorno ai confini del 1967. Eppure, alcuni sollevano dubbi su questo rilascio, Israele potrebbe rilasciare prigionieri che sono prossimi all'uscita dalle carceri, e quindi il rilascio costituirebbe solo un' operazione "farsa".
Abbiamo chiesto il parere a Malaka Mohammed, 22 anni, giovane scrittrice palestinese freelance che vive a Gaza, sulla ripresa dei negoziati, sul prossimo incontro previsto a Washington tra i due negoziatori Saeb Erekat ed il ministro israeliano Tzipi Livni, e se questo possa costituire un buon passo per l'ottenimento dei diritti dei palestinesi.
"Bene, siamo realistici e poniamoci alcune domande, poi possiamo ottenere un risultato basato su prove concrete. Cosa le negoziazioni conferiscono a noi come Palestinesi? Abbas ed Erekat sempre concedono. Noi non abbiamo mai ottenuto nessuno dei nostri diritti.", ci ha spiegato Malaka.
"Chi sono quelli che stanno andando a negoziare? Mahmoud Abbas, il cui mandato di presidenza è finito il 9 gennaio 2011. In altre parole, egli non è più un rappresentante della Palestina. Non ha il diritto di parlare a nostro nome", ha proseguito Malaka. "Una persona che abbia una testa o che almeno sappia pensare si mette al tavolo con uno che ruba la sua terra, soldi ed ogni altra cosa che può essere violentata? Se rispondo di si', so di essere pazzo, oppure non capisco, oppure non sono palestinese quindi potrei essere pagato per dire sì o no. Ma Abbas è palestinese! Pensate che colui che abbandona il proprio diritto al ritorno è un palestinese, come Abbas ha fatto, dopo l'abbandono del proprio diritto al ritorno, rappresenti 3.5 milioni di Palestinesi all'interno e 8.5 milioni di palestinesi fuori? Sono molto orgogliosa di affermare che Abbas non rappresenta me e nessun altro palestinese. Non rappresenta nemmeno se stesso", ha continuato Malaka, le cui parole risuonano di rabbia per i diritti negati.
"Io sono rappresentata dai prigionieri, dalla chiave di mia nonna della nostra casa in Yaffa, dalla kuffeya di mio nonno, dai rifugiati, da Gerusalemme, dalla Palestina e tutti quelli che ci credono". Infine, per quanto riguarda i prigionieri che saranno rilasciati, Malaka conclude che "questa non è affatto una vittoria. Sono abbastanza sicura che tutti quelli che saranno rilasciati stanno per essere rilasciati (la loro sentenza sta per terminare) ed anche se non fosse così, si trovano ancora in Cisgiordania (anche dopo la loro liberazione) il che significa che Iraele potrebbe arrestarli quando vuole e nessuno dirà una sola parola. Anche se non ci sono accuse, Israele esegue la detenzione amministrativa attraverso cui centinaia di palestinesi sono detenuti senza accuse."
Alcune delle famiglie dei prigionieri palestinesi sono tuttavia speranzose nel rilascio di prigionieri, come dimostrano due testimonianze che abbiamo raccolto lunedì mattina al presidio settimanale in solidarietà con i prigionieri palestinesi presso la ICRC di Gaza city.
"Sono ottimista su quanto sta avvenendo. Come madri dei prigionieri aspettiamo queste negoziati per il rilascio dei prigionieri, specialmente di quelli che hanno subito una condanna alta, ne aspettiamo il rilascio da tempo", ci ha detto Rawdan Al Najjar, sorella del prigioniero palestinese Mohammed Al Najjar, condannato ad una sentenza di 12 anni, di cui 5 ne ha già spesi nella prigione di Eshel. Rawdan non ha potuto ancora visitare Mohammed, la sua prima visita sarà in agosto.
"Stiamo seguendo queste trattative e speriamo che portino al rilascio dei nostri prigionieri che soffrono a causa delle torture, della negligenza medica, delle violenze quotidiane, soprattutto ora che stanno digiunando durante il sacro mese del Ramadan. Speriamo di poter celebrare l' Eid insieme a nostro figlio, fuori dalla prigione", ci ha detto la madre di Mohammed Al Bassyoni, condannato ad una sentenza di 7 anni, di cui 3 ne ha già spesi nel carcere del Neghev.
Insomma, fatta eccezione per la questione dei prigionieri, il popolo palestinese di Gaza si dimostra abbastanza pessimista sui risvolti di questi negoziati. Tira un'aria pesante per le strade di Gaza. Poche auto in circolazione, diventa difficile trovare un taxi disponibile. Le strade, in questo periodo di Ramadan, si animano nel pomeriggio, quando famiglie si spostano al mercato per comprare cibo con cui rompere il digiuno la sera. Sono preoccupati i palestinesi di Gaza anche per il rafforzamento dell'assedio da parte egiziana. Dopo aver ditrutto e messo fuori uso la maggior parte dei tunnel fra il Sinai e Gaza, l'esercito egiziano ha deciso di vietare la pesca dei palestinesi nelle acque comprese fra el-Arish (Sinai) e Rafah, a sud di Gaza.
Cio' che gli abitanti di Gaza si chiedono ora è se la crisi politica egiziana continuerà a colpire l' accesso ai beni essenziali, in particolare il carburante, la cui mancanza ha colpito i settori del trasporto, della salute, peggiorando la condizione umanitaria nella Striscia.
"I negoziati non portano a nessun beneficio in nessun settore, ne stiamo parlando da 20 anni, sia per quanto riguarda i prigionieri, Gerusalemme, i territori, il muro, nessun beneficio. Israele continua a costruire colonie in Cisgiordania, Israele va e costruisce, non gli importa del popolo palestinese", ci ha detto Asem, 23 anni, studente di Ingegneria. "Io credo che ci sia differenza tra il negoziato e la resa. La prima priorità è l'unità. Come popolo palestinese vogliamo sederci e parlare, vogliamo avere una buona relazione con il mondo. Vogliamo essere uniti, non solo tra palestinesi, ma anche con i paesi arabi, i paesi musulmani ed il resto del mondo. Abu Mazen sta andando a parlare da solo con Israele, nessuno lo sta supportando", ha concluso Asem.
Nei prossimi giorni si capirà che piega prenderanno i negoziati, intanto Gaza vive tra gli affanni della quotidianità
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