venerdì 26 luglio 2013
SOTTO TORTURA Bambini palestinesi nelle carceri israeliane
La terribile condizione dei minori palestinesi detenuti nel carcere “Al
Jalami”già visibile in un articolo del “Guardian” e rimessa in evidenza dalla
traduzione dell'articolo che ne hanno fatto alcune associazioni ci ha
riproposto con drammatica urgenza una tragedia che non si può ignorare e
rispetto alla quale è importante una immediata mobilitazione di ogni
associazione o persona che abbia a cuore l'incolumità e la sicurezza dei
bambini e l'interesse ad arginare la disumanità, la cinica indifferenza e la
violenza in cui sta precipitando il nostro mondo. Si parla in queste
testimonianze di celle di isolamento 3 metri sotto terra senza finestre, con la
luce costantemente accesa per impedire il sonno e le pareti a spuntoni
perchè non sia possibile appoggiarsi, di interrogatori di 6 ore con i minori
incatenati mani e piedi e sottoposti a forme di torture e minacce di stupro per
estorcere confessioni. A rigore non sono notizie nuove.
Un rapporto dell'Unicef in cui vengono illustrati gli abusi israeliani contro i
bambini palestinesi solo nel 2010 riporta quanto segue:
11 bambini palestinesi sono stati uccisi.
360 bambini palestinesi sono rimasti feriti.
213 bambini palestinesi sono stati stati tenuti sotto detenzione militare.
14 bambini palestinesi sono stati stuprati nelle prigioni israeliane.
75 bambini palestinesi sono stati torturati nelle prigioni israeliane.
62 bambini palestinesi sono stati picchiati,
4 bambini palestinesi hanno subito l'elettroshock per estorcere loro
confessioni.
Qualche anno fa a Ramallah ho incontrato, assieme agli altri membri della
delegazione dell'ass. AMLRP, l'ass.”Defence for children International” che in
Palestina si concentra sul sostegno e la difesa legale dei bambini palestinesi
incarcerati. Ayed Abu Eqtaish coordinatore per la sez. Palestina ci ha fatto un
racconto drammatico: Israele incarcera mediamente 700 bambini all'anno, la
legge militare li considera imputabili a 12 anni. L'arresto avviene di notte con
un numero sproporzionato di soldati che circondano la casa, minacciano la
famiglia e distruggono i mobili. Dopo l'arresto il fanciullo viene ammanettato e
bendato, poi buttato sulla jeep per portarlo all'interrogatorio. Durante il
trasporto è spesso sottoposto a maltrattamenti per prepararlo, di modo che
arrivi già terrorizzato. Nè il minore né la famiglia vengono informati dei motivi
dell'arresto. I genitori non sanno mai dove è stato portato il figlio.
L'interrogatorio avviene in isolamento. Forme di tortura vengono esercitate
sui bambini, sia psicologiche, minacce di stupro o ritorsioni sulla famiglia, sia
fisiche, cioè il ragazzino viene picchiato selvaggiamente e poi minacciato di
maggiori violenze allo scopo di estorcergli confessioni. Quasi tutti i casi
vengono trattati dalle corti militari. I luoghi di detenzione sono in territorio
israeliano, in una struttura militare, spesso in una colonia, in una base militare
o una prigione e gli avvocati cisgiordani non possono accedervi. Gli avvocati
cercano di fare accordi con il giudice perchè il ragazzo resti in prigione il
meno possibile, Le assoluzioni sono escluse, tentativi di ottenere
l'assoluzione portano solo a una pena maggiore. In diversi casi dopo aver
scontato la pena il ragazzino viene ancora trattenuto in detenzione
amministrativa con la scusa di essersi comportato male durante la prigionia. Il
bambino non può vedere la famiglia durante il fermo, ma anche dopo è molto
difficile perchè ci vogliono 3 mesi per ottenere il permesso e spesso i
carcerieri lo sospendono per punizione. Nella prigione il bambino è rinchiuso
21 ore al giorno, il cibo è spesso andato a male, sempre di pessima qualità. I
genitori depositano i soldi sul conto della “cantina” una specie di spaccio
interno, chi non ha soldi subisce le conseguenze e si ammala. L'assistenza
sanitaria è praticamente inesistente, più il bambino resta in prigione più ha
probabilità di uscirne malato. I bambini subiscono gravi traumi dopo questo
trattamento, spesso si isolano o negano il loro trauma che invece le famiglie
percepiscono perfettamente. “Tutti i trattati sulla difesa dell'infanzia qui sono
carta straccia” ha tristemente terminato Ayed. Cosa avevano fatto questi
bambini? Nel peggiore dei casi tirato una pietra, oppure erano stati arrestati
per poter acciuffare un fratello più grande, oppure non avevano fatto
assolutamente niente.
Il racconto di Ayed non mi risultava nuovo avendo già letto alcuni anni prima
l'ottimo e documentato rapporto dell'Associazione dei giuristi democratici da
cui riporto ulteriori notizie. Fino al 2011 Israele considerava maggiorenni i
palestinesi a 16 anni anziché a 18, contrariamente all'art.1 della convenzione
ONU sui diritti del fanciullo. Il rapporto dei giuristi democratici recita: L'età
viene attribuita al condannato non in base a quando ha commesso il “crimine”
ma al momento in cui è pronunciata la sentenza. I minori spesso trascorrono
un lungo periodo di detenzione e si ritrovano maggiorenni al processo, quindi
questi ragazzi tra i 16 e i 18 anni rischiano l'ergastolo. Le torture esercitate
sui detenuti minorenni sono elencate così dal rapporto:
Pestaggi con il calcio del fucile o gli stivali
Privazione di sonno
Isolamento
maltrattamento fisico e verbale
Mani legate, occhi bendati
Minacce di morte, di stupro e ritorsione sulle famiglie
Tortura della posizione: vengono messi sulle punta delle dita, con i polsi e le
caviglie incatenate. Vengono messi in tinozze colme di ghiaccio e costretti a
ingoiare dei cubetti, bruciati con sigarette, sottoposti a una prolungata
esposizione a temperature estreme,
Per quanto riguarda l'assistenza sanitaria:
Alla richiesta di essere visitato da un medico da parte del detenuto minore i
servizi di prigione israeliani non rispondono in tempo ragionevole, i malati
sono trattati con tavolette di Acamol qualsiasi sia il loro male. L'autorità
interessata non informa le famiglie anche in caso di malattia grave e pericolo
di morte.
Oltre al solito spettro di malattie che colpiscono generalmente i bambini i
piccoli palestinesi soffrono anche per ferite subite durante arresto e
detenzione, disturbi psicologici, malattie che insorgono per il sovraffollamento
e carenti condizioni igienico-sanitarie.
Insieme al rapporto dell'ass. Giuristi democratici segnalo “Non se ne parla”
della giornalista Alessandra Antonelli ediz. Tolbà 2006, già autrice di “Sposata
a un palestinese” e per quanto riguarda il periodo della prima Intifada i libri di
Flora Nicoletta “Le pietre dell'Intifada” ediz.Rubbettino 1995 e “Il fuoco della
pace. Nel paese dell'Intifada” ediz. Associate 1990
Ulteriori e continue notizie vengono riportate in rete da agenzie giornalistiche
come Nenanews, volontari e associazioni che si occupano dei prigionieri
come “Addamer”.
Vorrei infine ricordare che la convenzione Onu sui diritti del fanciullo stabilisce
che sono bambini coloro che hanno meno di 18 anni e che Israele considera
imputabili i bambini dai 12 anni in poi, ma li arresta anche a 11 e 1o anni e a
volte anche prima, che l'esercito israeliano ha usato bambini come scudi
umani per entrare nelle case senza correre pericoli oppure li ha legati sui
carri armati e sulle jeep allo stesso scopo.
Non sono le notizie che ci mancano, ma una mobilitazione con un
coordinamento nazionale delle varie associazioni per costruire
un'opposizione concreta e specifica su tale drammatica situazione.
Miriam Marino. Articolo pubblicato dalla rivista "Semi di pace"
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