EGITTO: ALMENO 22 MORTI E CENTINAIA DI FERITI
Continua a salire il bilancio ufficiale di dimostranti uccisi dalla repressione di Esercito e polizia. Ma secondo il Movimento 6 Aprile i morti sarebbero gia' oltre 30. Scontri anche oggi in piazza Tahrir.
Roma, 21 novembre 2011, Nena News – Proseguono gli scontri in Piazza Tahrir mentre si svolge un Consiglio dei ministri straordinario sulle manifestazioni che da tre giorni infiammano il Cairo e altre città. Al centro della discussione del governo ci sono prima di tutto i 22 egiziani caduti tra sabato e domenica sotto il fuoco di esercito e polizia. Un numero di vittime che ricorda i giorni peggiori della repressione scatenata dall’ex rais Mubarak. I morti sarebbero addirittura trenta e mille i feriti secondo il Movimento 6 aprile protagonista della rivoluzione del 25 gennaio che aveva aperto la strada alla creazione di un nuovo Egitto che invece non è mai nato. Stamani i giovani rivoluzionari hanno comunicato le loro richieste che prevedono un calendario per il passaggio immediato del potere dai militari a un presidente civile, al massimo entro il prossimo aprile, le dimissioni del governo di Essam Sharaf e la nomina di un governo di salvezza nazionale. A questo punto sarà fondamentale la posizione che assumeranno i Fratelli Musulmani e gli altri gruppi islamisti indicate dai sondaggi come i probabili vincitori delle elezioni legislative che cominciano il 28 novembre.
L’Egitto è tornato ai giorni della repressione sanguinosa scatenata dieci mesi fa dall’ex rais Hosni Mubarak rimasto per trent’anni al comando del paese. Ma stavolta ad ordinare a polizia e soldati di aprire il fuoco contro i manifestanti riuniti in Piazza Tahrir al Cairo sono stati i generali del Consiglio supremo delle Forze Armate (Csfa). Lo scorso febbraio i comandanti militari si offrirono di proteggere il popolo e imposero a Mubarak di farsi da parte. Ora non esitano ad usare la forza contro chi contesta il loro potere e chiede che questo potere passi subito ai civili. I generali del Csfa però non cedono, intendono garantirsi, oltre la Costituzione, il diritto di ultima parola su ogni aspetto della vita politica e istituzionale del paese. Un potere che gli egiziani, dalla sinistra agli islamisti, non intendono concedere alle Forze Armate.
Il disprezzo della vita
Ieri hanno fatto il giro del mondo le immagini di un poliziotto che getta in un cumulo di rifiuti il cadavere di un dimostrante. Un scena che pochi dimenticheranno e che simboleggia una giornata segnata dal disprezzo totale della vita umana. Il fuoco è stato indiscriminato, con i cecchini che dai piani alti dei palazzi hanno sparato ai dimostranti che riempivano non solo piazza Tahrir al Cairo ma anche le strade di Alessandria, Suez, Minya, Qena. E’ stata una carneficina, a meno di una settimana delle elezioni legislative (28 novembre). Il governo del premier Essam Sharaf si è schierato dalla parte dei militari. Si è dimesso solo il ministro della Cultura, Emad Abou Ghazi. Ai morti e ai feriti si aggiungono centinaia di arrestati, tra i quali la candidata alle presidenziali Buthaina Kamel. «I generali egiziani sono criminali e fuorilegge. Il Consiglio supremo delle forze armate è come Mubarak», ha protestato Kamel che è stata liberata questa mattina. E’ un Egitto molto lontano da quello che avevano sognato i ragazzi di piazza Tahrir, che ora tornano a manifestare in massain tutto il Paese ma con prospettive molto più cupe.
Si protesta anche per le disparità economiche
Al Cairo è stato dato fuoco al palazzo delle tasse, un atto simbolico che ricorda quello del Partito Nazionale Democratico di Mubarak, bruciato a gennaio. I manifestanti chiedono non solo un Paese con diritti garantiti a tutti e il passaggio immediato dei poteri ai civili. Vogliono anche un Egitto con stipendi che consentano livelli di vita accettabili, la riduzione del gap che vede, come ai tempi di Mubarak, il 10% della popolazione vivere in ricchezza di fronte ad un 90% che, in tanti casi, non riesce ad assicurarsi un pasto al giorno. Gli egiziani lottano per i diritti e per una politica economica più giusta che non favorisca solo l’elite legata ai poteri forti e sostenitrice della politica del pugno di ferro dei militari. Nena News
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