Proteggete le imbarcazioni dirette a Gaza! Ponete fine al blocco di Gaza!
Il 2 novembre 2011, due imbarcazioni con a bordo 27 civili provenienti da vari paesi, tra cui un nostro giovane rappresentante, sono salpate verso Gaza. Conoscendo le tattiche violente che Israele ha usato per intercettare le precedenti barche dirette a Gaza, tra cui l'assalto militare dell 31 Maggio 2010 verso la Freedom Flotilla, che ha provocato la morte di nove volontari e il ferimento di oltre 50, chiediamo alle Nazioni Unite di adottare misure urgenti per proteggere questa missione così come per porre fine alla complicità col criminale blocco israeliano verso Gaza. Il soldato israeliano Gilad Shalit è stato restituito alla sua famiglia, eliminando così uno dei principali pretesti, sebbene non fosse una giustificazione, di Israele per il severo assedio imposto su Gaza. E mentre 1.027 prigionieri palestinesi sono stati scambiati per Shalit (anche se 550 devono ancora essere rilasciati), oltre 1,5 milioni di palestinesi rimangono intrappolati in una prigione chiamata Gaza.
A scuola, all'università, e attraverso le nostre organizzazioni, abbiamo appreso i diritti umani e il diritto internazionale, eppure sembra che i palestinesi rientrino in una classe di persone a cui questi diritti non si applicano. Come i neri in America mezzo secolo fa, o in Sud Africa due decenni fa, siamo vittime di una ideologia escludente e di quelli che la tollerano e la rendono possibile. Infatti le voci che parlano con più vigore di diritti umani, libertà, stato di diritto, sono quelle stesse che rendono possibile la violazione sistematica di questi stessi principi. Siamo stanchi di ascoltare questi enti ipocriti che non rispettano il nostro popolo, ma solo a parole i nostri diritti e aspirazioni. Cosa ci guadagna l'ONU a condonare questa ipocrisia, questo doppio standard e le sistematiche violazioni delle sue stesse leggi e principi?
Lo scorso maggio, nel tentativo di scoraggiare la Freedom Flotilla II, Segretario Generale Ban Ki Moon ha dichiarato che tutti gli aiuti a Gaza avrebbero dovuto passare attraverso "valichi legittimi e canali prestabiliti", che in pratica significa attraverso Israele. È una vergogna vedere il capo di una organizzazione mondiale che dovrebbe difendere e promuovere i diritti di tutti i popoli, parlare in nome di una potenza occupante belligerante, a scapito di un popolo occupato. Smettete di trattare Gaza (e la Palestina nel suo complesso) come una questione di beneficenza! I nostri problemi e la crisi umanitaria sono il risultato di deliberate politiche israeliane che ci negano libertà e diritti umani. Non ci sono "canali prestabiliti" per la nostra libertà che passino attraverso Israele.
Noi, giovani palestinesi nati e cresciuti sotto il giogo dell'occupazione, dichiariamo il nostro appoggio e la piena partecipazione in azioni palestinesi ed internazionali nonviolente che sfidino la brutalità di Israele, in particolare l'assedio israeliano verso Gaza, che, secondo le stesse dichiarazioni delle Nazioni Unite, costituisce un'illegale punizione collettiva verso la nostra gente. Facciamo appello alle Nazioni Unite, che hanno il compito di mantenere la pace e la sicurezza mondiale, a smettere di riconoscere ed rispettare l'assedio, perchè questo serve solo a dare falsa legittimità alle pratiche di Israele, consentendo in tal modo di continuare questa punizione collettiva, e sporcando così l'intero sistema delle Nazioni Unite. Spetta alle Nazioni Unite adottare misure urgenti per proteggere le imbarcazioni in rotta verso Gaza, e tutti i volontari umanitari a bordo, nonché dichiarare il sostegno a quest'azione umanitaria, progettata per fare quello che l'ONU ei suoi stati membri finora non sono riusciti a fare.
Diciamo oggi, senza mezzi termini, alle Nazioni Unite, al Segretario Generale, e a tutti Paesi che, attivamente o attraverso la complicità (tra cui il silenzio e l'inazione), sostengono la punizione collettiva e l'oppressione continua del popolo palestinese - “lottate per ciò che è giusto o rimanete fuori della nostra lotta, state fuori dalla nostra strada.”
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