26 luglio 2010 Ramallah
Oggi restiamo tutto il giorno a Ramallah, questo è confortante perché i giorni passati sono stati molto intensi e siamo un po’ provati. Solo Yousef non mostra segni di stanchezza e continua a spronare tutto il gruppo perché si sbrighi a correre da un incontro all’altro, così il ritornello di questi giorni è stato il suo “Yalla yalla” .
La mattina siamo andati a trovare un’associazione internazionale di difesa dei bambini che opera a Ramallah: “Defence for children International”, c’è anche una giovane volontaria italiana che son convinta di aver già visto a Roma. Il movimento ha 40 sedi in tutto il mondo che cooperano tra loro. Ogni sede sviluppa la sua attività secondo le esigenze del paese in cui si trova. Alcune di queste sedi lavorano con i bambini di strada, qui si concentrano sul sostegno e la difesa legale dei bambini incarcerati. “Tendiamo a elevare il livello di coscienza di chi lavora con i bambini, collaboriamo con il Ministero delle attività sociale e dell’istruzione, registriamo tutte le violazioni israeliane dei diritti dei bambini. Durante l’incursione su Gaza l’associazione ha registrato 350 casi di bambini uccisi e ciò solo durante i 22 giorni della guerra” ci dice Ayed Abu Eqtaish, coordinatore per la sezione Palestina. “Israele ha firmato tutti i trattati sui diritti dei bambini, ma non li applica per quelli palestinesi”.
Ci parla poi della terribile situazione dei bambini in carcere. Israele incarcera 700 bambini all’anno, la legge militare li considera imputabili a 12 anni e maggiorenni a 16. Vengono arrestati dopo mezzanotte, l’invasione avviene con un numero sproporzionato di soldati che circondano la casa, fanno un gran baccano e distruggono i mobili. Dopo l’arresto il ragazzino viene ammanettato e bendato, poi buttato sulla jeep per portarlo all’interrogatorio. Durante il trasporto può essere sottoposto a maltrattamenti per “prepararlo” all’interrogatorio in modo che quando arriva è già terrorizzato. Né il ragazzo né la famiglia vengono informati sui motivi dell’arresto, l’interrogatorio avviene in isolamento. Quando il bambino viene portato davanti alla corte spesso l’interprete non traduce correttamente. Forme di tortura vengono esercitate sui bambini, tra cui quella psicologica di minacce alla famiglia o di violenza sessuale, oppure il bambino viene picchiato selvaggiamente e per fargli confessare reati immaginari viene poi minacciato di maggiore violenza, in questo modo si ottengono le confessioni che lo accuseranno. Gli avvocati in genere cercano di fare accordi con il giudice per fare in modo che i minori restino in carcere il meno possibile, le assoluzioni sono escluse. Quasi tutti i casi vengono trattati dalle corti militari, le prigioni sono in territorio israeliano e quindi gli avvocati della Cisgiordania non possono accedervi. L’associazione con i suoi avvocati difende 700 bambini all’anno. Per quanto riguarda la detenzione amministrativa ci sono bambini che sono rimasti in carcere anche due anni. In altri casi dopo aver scontato la pena il ragazzo viene ancora fermato in detenzione amministrativa, con la scusa di aver fatto qualcosa durante la prigionia. Durante il fermo il bambino non può vedere la famiglia, solo dopo che è stato tradotto in prigione la famiglia può visitarlo, ma solo i parenti di primo grado e anche così non è garantito perché ci vogliono 3 mesi per ottenere il permesso e se i carcerieri lo decidono può esser sospeso per punizione. Insomma un vero sequestro di persona con maltrattamenti su minori. Tutti i trattati sulla difesa dell’infanzia qui sono carta straccia.
“All’interno della prigione poi”- prosegue Ayed - “la vita del bambino è insostenibile, rinchiuso per 21 ore al giorno, visite brevi e incerte, il cibo è scarso e di pessima qualità, vige il “sistema della cantina”. I familiari depositano soldi sul conto della “cantina” perché ci sono state malattie contratte per la cattiva qualità del cibo, chi soldi non ne ha si deve accontentare e subire le conseguenze. Prima permettevano alla MLR di far entrare dei dolci durante le feste, ora non più. L’amministrazione fornisce un materasso, il resto è a carico della famiglia. Durante la prigionia non viene impartita nessun tipo di istruzione, tranne in due prigioni dove è però pessima per qualità e durata. Le conseguenze sui bambini di questi trattamenti sono devastanti. Se trascorrono un lungo periodo in prigione possono ammalarsi per il cibo o per la negligenza sanitaria, psicologicamente le reazioni dei bambini sono varie, alcuni si isolano, tutti subiscono traumi di diversa gravità a seconda di come sono andati il processo e l’interrogatorio, o del tempo passato in carcere o derivanti dalle diverse situazioni dei bambini. In genere nessun bambino si rende conto del suo trauma, se interrogato dice che sta bene ma le famiglie la pensano diversamente.
“Le persone devono abituarsi a non avere diritti e ciò deve essere normale” conclude Ayed.
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