Divieto d'accesso a poveri e ignoranti, così Tel Aviv legalizza l'apartheid
Michele Giorgio *
Primo sì del parlamento ai «comitati di ammissione» che escludono gli arabi
da comunità e villaggi riservati, di fatto, solo a ebrei.Di quei tre piccoli
centri abitati - Manof, Yavalim e Mitzpeh Aviv - nel distretto regionale di
Misgav, aveva scritto qualche mese fa il quotidiano Ha'aretz. Aveva suscitato
attenzione il progetto annunciato dagli amministratori di quelle località di
dare vita a «comitati di ammissione» incaricati di selezionare i nuovi arrivi
nelle loro comunità sulla base di un criterio principale: l'adesione dei
richiedenti agli ideali del sionismo.
Una condizione volta, evidentemente, ad impedire l'insediamento di cittadini
arabi nelle tre comunità. In Israele anche un bambino sa che un cittadino
palestinese, persino il più integrato e rispettoso delle leggi e delle
istituzioni, non proclamerà mai la sua adesione agli ideali del movimento che
fondò lo Stato ebraico. Ma era anche una bella trovata per aggirare una
sentenza dell'Alta Corte di Giustizia che qualche anno fa, stabilendo un
precedente, aveva sancito il diritto dei coniugi Kaadan e dei loro figli, una
famiglia del villaggio arabo di Baqa al Gharbiyeh, a risiedere nella cittadina
di Katzir dove, con vari pretesti, avevano impedito il loro arrivo.
Subirono critiche, poche in verità, gli amministratori di Manof, Yavalim e
Mitzpeh Aviv che, sdegnati, ripetevano di rappresentare i sentimenti più veri
della maggioranza ebraica del paese. Per loro è l'ora della rivincita. La
commissione ministeriale per la legislazione ha approvato qualche giorno fa
alla Knessert, in prima lettura e a larga maggioranza, la legalizzazione nei
centri abitati della Galilea e del Neghev dei «comitati di ammissione».
Dovranno però far riferimento a criteri diversi da quelli adottati inizialmente
a Manof, Yavalim e Mitzpeh Aviv. Diversi nella forma, perché nella sostanza il
fine rimane quello di tenere separati i cittadini ebrei da quelli arabi. E non
è certo insignificante il fatto che a sollecitare la legalizzazione dei
«filtri» sia stato un deputato, Israel Hasson, del partito «centrista» Kadima
guidato dall'ex ministro degli esteri Tzipi Livni. Una proposta analoga è stata
presentata anche da un parlamentare, David Rotem, della formazione di estrema
destra Yisrael Beitenu, terza forza politica del paese e rappresentata nel
governo dal ministro degli esteri Avigdor Lieberman. Un abbinamento centro-
destra estrema non insolito visto che, durante i negoziati per la formazione
del governo la scorsa primavera, i delegati di Kadima e di Yisrael Beitenu
dichiararono di aver raggiunto intese sul 90% dei temi affrontati (poi Livni
scelse di rimanere all'opposizione).
Se la legge, come sembra, verrà approvata in via definitiva, coloro che
vorranno acquistare una casa in un centro abitato ebraico in Galilea e nel
Neghev dovranno prima risultare compatibili con gli abitanti per risorse
economiche, livello culturale e stile di vita. Criteri che ufficialmente
riguarderanno tutti, senza eccezioni, ma che di fatto permetteranno ai
«selezionatori» di respingere le richieste degli arabo-israeliani. «È razzismo
camuffato dal bisogno di omogeneità sociale, è la legge dell'uomo bianco», ha
commentato il deputato arabo israeliano Ahmed Tibi.
Amare le considerazioni di Jafar Faraa, direttore del centro «Mosawa» per
l'uguaglianza tra ebrei e arabi. «Esiste un consenso tra le principali forze
politiche israeliane per spingere la minoranza araba alla disperazione - ha
detto Faraa al manifesto - lo Stato prima ha requisito le nostre terre, poi non
ha permesso l'espansione orizzontale dei centri abitati arabi, quindi ha
cominciato a demolire le nostre case abusive, infine vuole impedirci di andare
a vivere in una comunità ebraica. Presto i palestinesi di Israele vivranno
circondati da muri».
* Da Il Manifesto
1 commento:
Semmai è vero il contrario: chiunque conosca Israele e non si abbeveri solamente di propaganda filo-palestinese sa bene che gli arabi israeliani hanno pieni diritti civili e politici necessari per una completa partecipazione nella società israeliana. Essi sono attivi nella vita sociale, politica e civile del Paese e sono rappresentati nel Parlamento, agli Affari Esteri e nel sistema giudiziario.
Le grandi case possedute dagli arabi israeliani e la quantità di edifici in costruzione nelle città arabe dimostrano la falsità della propaganda secondo la quale Israele discriminerebbe gli arabi israeliani dal comprare la terra.
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