Oliva, la barca internazionale che naviga in acque palestinesi per monitorare le violazioni dei diritti umani in esse perpetrate, è stata attaccata due volte in due giorni dalla marina militare israeliana, mettendo in pericolo le vite stesse del suo equipaggio.
L'idea era partita quest'inverno da Vittorio e Nacho. Nacho veniva dalla Spagna, ed aveva conosciuto Vittorio a causa di un film su Gaza che aveva girato, lo aveva intervistato quando raccontava degli accompagnamenti dei pescatori palestinesi. Vittorio diceva che, con la presenza di internazionali nella barche palestinesi, con i pescatori erano riusciti a superare il limite delle 3 miglia marine imposto da Israele e la quantità di pesce era aumentata al punto da far calare drasticamente i prezzi al mercato. Hanno smesso quando i soldati li hanno portati via tutti, con i pescatori che accompagnavano, e sono stati tenuti sotto sequestro in una prigione israeliana prima di essere deportati nel loro paese d'origine.
Allora, appunto quest'inverno, Vittorio e Nacho si sono messi in testa che una barca internazionale, individuata chiaramente come “terza parte” posta in acque palestinesi per osservare e documentare quel che succedeva, sarebbe stato un aiuto concreto per i pescatori sotto minaccia israeliana. Il nome “Oliva” era stato scelto in una partecipata assemblea al Gallery, un bar all'aperto di Gaza city. Gli ultimi tre nomi rimasti erano: Tahrir (libertà), AlManara (faro) e, appunto, Oliva. Oliva ricorda l'amore dei palestinesi per la loro terra. Oliva ricorda gli alberi sradicati e l'olio, quell'olio che deve per forza essere il migliore del mondo perché porta in se tutta la forza ed il sangue di coloro che sono morti per difenderlo. La parola Oliva, poi, ha proprio un bel suono.
Intanto i pescatori continuavano a raccontare le loro storie. Come quella di Mustafa, Mahmoud e Hjazi, usciti il 5 di marzo durante una tempesta per pescare (“non possiamo permetterci di perdere un giorno di lavoro” - dicevano). La nave da guerra israeliana li ha raggiunti mentre si trovavano a 2,5 miglia dalla costa, ed ha cominciato e sparare alle loro reti, e loro continuavano a tirarle dentro la barchetta perché, dicevano, non potevano lasciarle li, e non è una novità che i soldati sparino alle reti. I soldati, però, hanno minacciato di sparare anche a loro se non si fossero fermati. Così hanno spento il motore, la nave da guerra ha compiuto qualche giro attorno alla piccola barca rischiando di farla capovolgere, i pescatori sono stati obbligati a denudarsi e buttarsi in mare per nuotare fino alla nave sionista, dove sono stati bendati, fatti inginocchiare sul freddo ponte in metallo e legati con strette cinghie alle mani. Ad Ashdod (il porto israeliano) sono stati interrogati, e componenti dello shin bet (servizio segreto israeliano) hanno chiesto loro dove si trovassero i diversi uffici del porto, loro hanno risposto in maniera evasiva. Di fronte a Mustafa, il più vecchio, è stato posto del denaro, molto denaro...gli è stato domandato se volesse lavorare per loro. Lui ha scosso la testa in segno di diniego. Sono stati rimandati a Gaza senza scarpe, entrando da Erez. Non hanno più rivisto la loro barca, con le reti e tutto il materiale.
Alaam ha 15 anni ed è stato sequestrato con suo padre Nasser mentre stava pescando. Nasser racconta: “La nostra barca è ridicolmente lenta, ha un motore di soli 8 cavalli. Così, mentre gli altri con cui eravamo sono riusciti a scappare, siamo rimasti da soli. [Le navi da guerra] ci hanno raggiunti e ci hanno ordinato di fermarci. Gli ho risposto che stavo andando a casa ed ho continuato ad andare indietro. Ci hanno ordinato nuovamente di fermarci, ma ho continuato a navigare verso la spiaggia... solo 4 giorni fa avevano sparato a mio figlio Yasser e non avevo nessuna voglia di obbedire loro. A quel punto hanno iniziato a sparare e non mi è rimasta altra alternativa che fermarmi”. Poi, come in tutte le volte, sono stati fatti spogliare, hanno nuotato fino alla nave israeliana e sono stati sottoposti ad interrogatorio ad Ashdod. La barca, come sempre, sequestrata. Alaam era stato colpito dai proiettili israeliani anche un anno prima, e ha mostrato le cicatrici sul petto.
La storia di Yasser non è molto diversa da queste o da moltissime (troppe) altre: ha un proiettile nel petto ben visibile dalle ecografie e, quando gli è stato chiesto se volesse lasciare un messaggio, ha affermato: “vogliamo il nostro mare indietro. Aiutateci a far si che il mare sia di nuovo aperto per noi!”.
Durante gli accordi di Oslo era stato stabilito che i pescatori palestinesi non potessero allontanarsi più di 20 miglia marine dalla costa di Gaza. Questo limite è stato abbassato unilateralmente da Israele prima alle 6 miglia marine e poi, dopo l'attacco terroristico israeliano denominato “piombo fuso”, fino alle 3 miglia marine. Questo limite è fatto rispettare dalle navi da guerra sioniste tramite l'uso di armi da fuoco. Per dare dei numeri, tra il 27 dicembre 2010 ed il 27 gennaio 2011 sono stati riportati 5 attacchi da parte della marina militare israeliana, che hanno portato al sequestro di 16 persone. Tra l'agosto 2008 ed il giugno 2009 55 palestinesi e 3 attivisti internazionali sono stati portati via dalle navi da guerra; nello stesso periodo sono state confiscate 26 navi e relativo materiale necessario per la pesca. Tutto ciò ha portato ad un aumento delle famiglie sotto la soglia di povertà presso i pescatori palestinesi: esse erano il 90% nel 2010 e il 50% nel 2008. Secondo il Palestinain Center for Human Rights (PCHR) le forze militari israeliane violano il diritto dei pescatori palestinesi alla vita, sicurezza ed incolumità. L'attacco diretto ai civili è una violazione delle legge umanitaria internazionale, ed è considerato crimine di guerra.
Lo scopo principale di Oliva è di sviluppare una terza parte nonviolenta che supporti lo stato di diritto in acque palestinesi e monitori le potenziali violazioni di diritti umani. Sul sito è possibile leggere: “CPSGAZA impiegherà un gruppo di pace di circa 10 internazionali formati per fare da osservatori in acque territoriali di Gaza. […] La squadra CPSGAZA si muoverà in una barca identificabile con il nome di “Oliva”. L'Oliva accompagnerà i pescatori di Gaza e riporterà e documenterà riguardo i diritti umani e le violazioni dello stato di diritto alle parti in gioco ed ai rappresentanti della comunità internazionale”. È un progetto pensato per durare a lungo, perché è sul lungo termine che si possono cambiare le ingiustizie. Il gruppo attivo in CPSGAZA è indipendente da qualsiasi partito politico, e rispettoso della cultura locale.
Oggi gli ideatori iniziali del progetto non si trovano più a Gaza, Vittorio è morto ammazzato e Nacho ha ricevuto il “denied entry” da Israele. Però la barca continua a salpare, grazie alle numerose associazioni che la supportano e grazie al coraggioso e paziente lavoro di un gruppo di attivisti ed attiviste.
Il 13 ed il 14 di luglio Oliva ha subito pericolosi attacchi da parte delle navi da guerra israeliane. Alle 12.05 di mercoledì 13 si trovavano a bordo un'attivista inglese, un danese, il capitano ed una giornalista. Ruqaya, inglese, racconta: “Quando ci hanno attaccato ci trovavamo a meno di 2 miglia marine dalla costa di Gaza. Li abbiamo visti sparare acqua ad alcune barche di pescatori così ci siamo diretti verso quell'area. Quando ci siamo avvicinat*, la nave da guerra ha abbandonato le barche dei pescatori e si è rivolta verso di noi. Ci hanno attaccat* per circa 10 minuti, seguendoci mentre noi ci dirigevano verso la costa ed infine rallentando quando ci trovavamo a circa un miglio da essa.”
Per quanto riguarda giovedì 14, alle 8:15 due navi da guerra si sono avvicinate ad Oliva mentre stava navigando entro le 3 miglia. Gli statunitensi a bordo ed il capitano sono stati attaccati con cannoni ad acqua che hanno riempito la nave di acqua fino al punto di farne rischiare l'affondamento o il capovolgimento. I due membri statunitensi dell'equipaggio ed il capitano sono stati salvati dalla nave e portati in un peschereccio palestinese che però ha continuato a subire le angherie dei soldati israeliani -che continuavano a girare attorno alla barca sparando acqua- per un'altra ora. Prima di allontanarsi la marina israeliana ha fatto sapere che se fossero tornati in mare avrebbe sparato sia ai pescatori palestinesi che a chi era li per monitorare le violazioni dei diritti umani.
Mi hanno scritto da Gaza dicendo che sono riusciti a recuperare la barca, e che continueranno con i quattro viaggi settimanali come era stato deciso all'inizio. Domani saranno di nuovo in mare...
I sionisti sono violenti e sadici, ma non sono stupidi. Se attaccano Oliva hanno le loro ragioni. E le loro ragioni mi sembrano oggi più palesi che mai: quello di cui loro hanno paura, quello che li mette in stato di angoscia, quello che può realmente mettere in crisi il sistema terroristico che hanno creato, è dire la verità su quel che stanno facendo. Raccontare i loro feroci crimini, fare in modo che si sappia cosa stanno facendo passare al popolo palesitinese. Perché talvolta accade che chi legge o ascolta riguardo le infamie di questa forza occupante prende posizione attivamente contro di esse, per esempio boicottando Israele. E questo fa paura ai sionisti: loro sono li perché il nostro mondo li autorizza a starci, perché non abbiamo preso posizione con sufficiente forza... Boicotta Israele.
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