MUSEO DELLA TOLLERANZA
Malgrado le numerose proteste, perfino da parte di parlamentari del Likud, la costruzione del museo della tolleranza, sull'antico cimitero mussulmano di Gerusalemme era stata ormai decisa. Gli operai lavoravano alacremente continuando a dissotterrare gli scheletri, tra quei mucchi d'ossa chissà, forse vi erano i resti degli amici di Maometto. Il cimitero risaliva a mille anni fa. Alcune famiglie palestinesi avevano perfino avviato una battaglia legale per interrompere i lavori. Anche associazioni islamiche avevano protestato presso la corte suprema israeliana, ma nulla era servito a fermare lo scempio. Il museo fu costruito e i lavori ultimati nel più completo silenzio. Venne così il giorno dell'inaugurazione.
Un pubblico numeroso e composito affollò ben presto la grande sala. Quando finirono fruscii, chiacchiericcio e spostamenti di sedie e tutti si furono accomodati, comparve la personalità incaricata di pronunciare il discorso. C'erano anche il rappresentante dell'Autorità israeliana per le antichità e un famoso archeologo. Ma prima che l'oratore dicesse una sola parola accadde qualcosa di strano. Un lungo corteo di strani personaggi stava avanzando nella sala. Erano avvolti in una specie di lenzuolo decrepito. Non facevano rumore camminando, al pari di corpi senza peso. Per qualche minuto il silenzio fu totale. Poi, lentamente uno di loro si staccò dal gruppo e avanzò fino al palco, il pubblico assisteva col cuore sospeso.
-Chi è quest'uomo? Come è entrato qui?-
Tuonò l'aspirante oratore. Un poliziotto si avvicinò all'intruso e cercò di afferrarlo e buttarlo fuori, ma costui lo ignorò e si avvicinò di più rivolgendosi ai tre sul palco
-Come potete parlare di tolleranza voi che ci avete cacciati dalle nostre case e ora volete cacciarci anche dai nostri cimiteri…-
-Vuoi vedere che è una manifestazione politica?- Suggerì il giovane Oren all'orecchio della sua ragazza
-A me sembra di più una manifestazione di Purim- rispose questa mentre le sfuggiva un risolino divertito. Le tre personalità sul palco erano inviperite, arrivarono altri poliziotti di rinforzo e circondarono l'intruso, uno di loro disse minaccioso
-Fuori i documenti!- l'uomo rispose
-Non mi fate più paura con i vostri documenti, non ne ho bisogno, questa è casa mia.-
Ora non lo è più, ora è casa nostra- rispose l'archeologo.
Avete cacciato via la nostra gente ed ora volete cancellarne anche la memoria!- Accusò l'arabo, i tre ora lo avevano così vicino che potevano sentire l'odore della terra smossa.
Ma chi diavolo è?- Chiese il politico che doveva parlare. Nel pubblico cominciava a sopravvenire un certo malessere, un disagio ancora senza nome.
Dev'essere uno di quei morti che abbiamo sloggiato- rispose l'archeologo.
Siete fastidiosi anche da morti- sbraitò il portavoce dell'autorità israeliana per le antichità.
In Israele ci sono antichità dappertutto, se non costruissimo su vecchi cimiteri, non potremmo mai costruire-
Allora perché non costruite sui vostri?-
Nel pubblico serpeggiava ora una certa paura. Era chiaro che quegli uomini erano dei sovversivi pericolosi. Per di più mentre andava avanti il battibecco, altri ne erano arrivati, tutti abbigliati nello stesso modo e già erano in numero superiore alla gente del pubblico.
Io me ne vado- disse Yael alla sua amica Rivka che guardava il palco con la bocca aperta per lo stupore -Me ne vado, non mi piace, vedrai che hanno una bomba-
Di cosa ti lamenti?- Stava dicendo adesso il sindaco che era giunto nel frattempo
E' tutto regolare. La municipalità di Gerusalemme ha comprato il cimitero dal custode della proprietà degli assenti-
Noi non siamo assenti. Noi siamo qui da secoli, con quale diritto vendete e comprate il nostro luogo di riposo?-
La lunga processione intanto aveva avuto termine e i morti si erano seduti per terra come se volessero fare un sit-in.
Chi è questo matto?- Chiese il sindaco. L'archeologo gli disse piano all'orecchio
Non si preoccupi, è solo un morto-
Avete costruito un museo della tolleranza sopra le nostre ossa, come quando parlate di democrazia mentre torturate…-
Il sindaco stava perdendo la pazienza
So bene che non potete capire la tolleranza voi che siete un popolo di terroristi!- Disse la parola -terroristi- quasi gridando e con un tale accento che un brivido di paura attraversò il pubblico già in parte decimato.
Siete voi che vivete prigionieri nella gabbia del vostro odio, noi vogliamo solo riposare in pace-
Riposerete, riposerete- aggiunse il politico -i resti non li abbiamo buttati, li porteremo da un'altra parte dove saranno seppelliti-
-Non vi accontentate di cacciare le persone, volete deportare anche le ossa…-
-Tu non capisci- riprese il sindaco -tu non capisci l'importanza della cosa. Il museo è stato costruito per il centro Wiesenthal ed ha un alto valore etico. Ma di cosa sto a parlare con te…- e fece un gesto spazientito.
Ma è veramente morta tutta quella gente lì seduta?- Chiese con una certa apprensione la piccola Ilana a sua madre
Ma no- rispose questa, ma anche lei cominciava a spaventarsi -ma no, è una performance, non vedi?-
-Adesso basta! E' troppo! Morti o non morti ve ne dovete andare. Non si è mai visto un branco di straccioni tanto molesti!-
-Non possiamo. Questa è la nostra casa per sempre-.
Il sindaco telefonò con il suo cellulare, mentre qualcuno avvertiva nel microfono che il discorso di inaugurazione era rimandato, ma il pubblico, a parte qualche coraggioso o qualche curioso di vedere come finiva la faccenda, si era già defilato. Il portavoce dei morti si era frattanto seduto con gli altri.
-E' inutile parlare con loro, Amhed- disse uno dei morti mettendogli affettuosamente la mano sulla spalla. In pochi minuti la sala del museo fu piena di poliziotti che si buttarono sugli uomini seduti per sbatterli fuori, ma costoro non reagirono nemmeno alle manganellate, come se fossero acqua fresca e quando cercarono di afferrarli e trascinarli fuori di peso essi gli scivolavano di mano come anguille.
-Insomma, sparate!- Tuonò il sindaco. La polizia sparò e le pareti furono crivellate di colpi mentre il sit-in continuava in silenzio, imperterrito.
-Non si è mai vista una cosa del genere!- Gridò un ufficiale, ci vorrebbero delle granate-
-Ebbene prendetele, che aspettate!- Gridò il politico. Ormai erano così inveleniti che non potevano più fermarsi se non quando quei morti fossero stati definitivamente distrutti. Il sindaco aveva chiamato l'esercito il quale aveva provveduto a circoscrivere il museo dichiarandolo zona militare e a sloggiare tutti i curiosi.
-Non possono sfuggirci- dichiarò un ufficiale.
-Uccideteli tutti!- Gridò il sindaco rosso in faccia
-Non ci aveva detto che erano morti?-
-Morti o vivi, distruggeteli!-
L'esercito sparò all'interno con la mitragliatrice e poi con il cannone, dopo un po’ uno dei morti si fece alla soglia protestando
-Quando finirete di disturbare il nostro riposo?-
Le pareti del museo, che era costato 150 milioni di dollari, erano piene di buchi grandi come finestre, l'ufficiale disse
Non riusciremo mai ad aver ragione di loro con questi mezzi, ci vorrebbe il fuoco!-
Incendiarono l'edificio del museo e tra le fiamme attraverso i buchi aperti dalle palle di cannone poterono vedere il gruppo dei morti seduti in cerchio che meditavano o pregavano con un massabeh tra le mani.
-Non abbiamo altra scelta- disse l'ufficiale ordinando al soldato nell'elicottero di sganciare una bomba di una tonnellata sull'edificio.
-Non può esserci rimasto nulla là sotto, signor sindaco- disse l'ufficiale al primo cittadino che ora guardava allibito e smarrito le macerie del museo della tolleranza.
Più tardi vennero le ruspe e le macerie furono portate via, per un po’ non si parlò più del museo della tolleranza, chi aveva ancora voglia di costruire qualcosa su quella terra stregata?
-Finalmente un po’ di pace- disse Saleh all'amico Amhed.
-Già,- rispose costui, -ma dove diavolo saranno finite le mie ossa?-
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