domenica 22 giugno 2008

LEGGI RAZZIALI

Giorgio Bezzecchi è vice-presidente nazionale dell'Opera Nomadi e da anni lavora per la promozione sociale, politica e culturale dei rom a Milano. La sua famiglia vive in un campo a Milano, il padre è stato deportato in un campo di concentramento, a cui fortunatamente è sopravvissuto. Il nonno, deportato in un altro campo non è sopravvissuto. Domani tutta la sua famiglia sarà fotografata e schedata, conformemente alle attuali decisioni del prefetto che prevedono un rilevamento completo di tutti i rom residenti nel territorio milanese. E' stato deciso un rilevamento di identità da parte della polizia su base esclusivamente etnica.


Per inviare messaggi di solidarietà è importante scrivere sia all'indirizzo dell'opera nomadi di Milano, sia della cooperativa Romano Drom, di cui Giorgio è presidente.
segreteria@operanomadimilano.org
ROMANDROM@libero.it


Testo della lettera di Giorgio Bezzecchi ( Rom-medaglia d'oro al valor civico):


Prossimo intervento differenziale per cittadini Italiani ( censimento fotografico e schedatura-Polizia), domani mattina, presso il campo comunale di via Impastato a Milano (famiglie Bezzechi).

Sono passati sessant'anni dalla promulgazione delle leggi razziali e dalla pubblicazione della rivista "La difesa della razza" di Guido Landra e dei primi rastrellamenti che sfociarono dopo un breve periodo di tempo in un ordine esplicito di "internamento degli zingari italiani" in campi di concentramento (Circ.Bocchini 27/04/41), quei "campi del Duce" di cui in Italia si è preferito perdere la memoria.


"RICORDARE PER NON DIMENTICARE"


Sono passati sessant'anni, ma le preoccupazioni, la percezione del pericolo, I PROVVEDIMENTI PUBBLICI SONO GLI STESSI DI OGGI.


E' agghiaciante quello che sta avvenendo oggi sotto i nostri occhi, a Milano.


Rimanere in SILENZIO oggi vuol dire essere responsabili dei disastri di domani.


NESSUNA collaborazione di Enti o Associazioni è giustificata ( VERGOGNA)........


Mi appello alla società civile,chiedo un sostegno per le comunità di rom e sinti Milanesi.............voci dal silenzio........


Ricordo che domani sarà schedato anche mio padre,CITTADINO ITALIANO, che ha patito la persecuzione nazifascista con l'internamento in campo concentrazionale italiano (Tossicia).................mio nonno deportato a Birkenau e uscito dal camino................VERGOGNA


MI VERGOGNO,IN QUESTO MOMENTO, DI ESSRE CITTADINO ITALIANO E CRISTIANO.................


Chiedo in questo momento tragico per la democrazia e la cultura a Milano ed in Italia ,di URLARE il proprio dissenso per questa politica razzista,incivile
e becera.


RICORDO E NON DIMENTICO che oggi siamo noi e domani..............................

Milano,05/06/2008

Rag. Giorgio Bezzecchi ( Rom-medaglia d'oro al valor civico)

CONTINUA LA PERSECUZIONE CONTRO LA FAMIGLIA COVACIU

CHE NON PASSI SOTTO SILENZIO L'ENNESIMO ATTO DI AGGRESSIONE INCIVILE

Milano, Stelian Covaciu, Rom e missionario cristiano evangelico,
subisce un violentissimo pestaggio, con insulti razzisti e minacce,
da parte di due poliziotti in divisa. E' ricoverato in ospedale, in
prognosi riservata. Gruppo EveryOne: "L'odio razziale ha ormai
contagiato Istituzioni e autorità. E' necessario che le componenti
antirazziste e antifasciste italiane e dell'Unione europea si
impegnino insieme per fermare l'imbarbarimento della nostra società".

Milano, 20 giugno 2008. La città di Milano è ancora teatro di una
vile, brutale spedizione punitiva nei confronti di un cittadino
romeno di etnia Rom, effettuata questa volta da agenti di polizia in
divisa. Dopo l'aggressione avvenuta la mattina del 17 giugno nei
confronti di Rebecca Covaciu - la bambina che si è aggiudicata il
Premio Unicef 2008 per le sue doti artistiche - e dei suoi familiari,
ieri sera, 19 giugno 2008, un altro pestaggio, ancora più violento e
inquietante, ha colpito il papà di lei, Stelian Covaciu, missionario
della Chiesa Cristiana Evangelica Pentecostale. In seguito al primo,
drammatico episodio di matrice razzista il Gruppo EveryOne aveva
lanciato un allarme internazionale, coinvolgendo i media nonché
numerose personalità della cultura e della politica.
Contemporaneamente i deputati radicali – Pd depositavano
un'interrogazione urgente al Ministro degli Interni. Immediatamente
dopo la nuova aggressione, Gina Covaciu, moglie di Stelian, chiamava
ancora Roberto Malini del Gruppo EveryOne che, insieme a una
responsabile dell'associazione milanese Naga, allertava un'ambulanza
e le forze della polizia di stato, che accorrevano sul luogo
dell'agguato e conducevano l'uomo, pieno di contusioni e traumi
interni, sofferente e in stato confusionale, presso l'ospedale San
Paolo, dove veniva sottoposto ad esami e ricoverato. E' tuttora in
prognosi riservata. Dopo aver allertato il Partito Radicale, che
raccoglieva i particolari dell'avvenimento per agire a tutela delle
vittime sul piano politico, il Gruppo EveryOne contattava la questura
centrale per assicurarsi che le autorità formalizzassero la denuncia
di aggressione ed effettuassero indagini scrupolose. "Quando Gina ci
ha chiamato," riferiscono i leader del Gruppo EveryOne Roberto
Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, "era talmente agitata e
disperata che faticava ad articolare discorsi comprensibili. Vicino a
lei, Stelian si lamentava, pronunciando parole sconnesse. Quando la
donna si è calmata, ci ha raccontato i particolari dell'agguato. Gli
stessi energumeni che avevano picchiato, insultato e minacciato i
Covaciu si trovavano ancora davanti a loro. Stavolta però erano scesi
da un'auto della polizia, in divisa e armati di manganelli. Dopo la
prima aggressione, la piccola Rebecca, che è una ragazzina molto
intelligente e intuitiva, ci aveva già detto che gli aguzzini della
sua famiglia indossavano guanti simili a quelli che indossano i
poliziotti. Sospettavamo che avesse ragione, anche perché un numero
crescente di Rom ci segnala di questi tempi un comportamento violento
o intimidatorio da parte delle forze dell'ordine, ma speravamo di
sbagliarci. L'ipotesi più grave, invece, è stata confermata dai fatti
e gli agenti razzisti hanno colpito ancora". Questa volta, però, la
violenza degli uomini in divisa si è concentrata su Stelian. La loro
azione brutale si svolgeva in piazza Tirana, nei pressi della
Stazione San Cristoforo, dove la famiglia vive all'interno di un
riparo di emergenza, fatto di teli e cartone. "Gli agenti si sono
avvicinati all'uomo," proseguono i leader EveryOne, "e l'hanno
apostrofato con un tono minaccioso: 'Ci riconosci? Hai fatto un
errore a parlare con i giornalisti, un errore che non devi ripetere'.
Quindi hanno cominciato a picchiarlo con cieca violenza, sia con i
pugni che con i manganelli, riducendolo in condizioni penose. Quindi,
mentre Stelian era a terra, l'hanno insultato e minacciato: 'Non
raccontarlo a nessuno o per te saranno guai ancora maggiori'. Quando
i due picchiatori si sono allontanati, Gina, i figli e alcuni
concittadini di Stelian l'hanno soccorso. Lui si lamentava ed era in
evidente stato di shock". Intanto un'attivista sopraggiungeva sul
posto e raccoglieva numerose testimonianze da parte dei Rom che
vivono nei dintorni della stazione di San Cristoforo, che
confermavano le parole di Gina Covaciu ovvero che due poliziotti in
divisa, scesi da un'auto della polizia, erano gli autori del violento
pestaggio. "E' necessario che si ponga fine a questa persecuzione,"
concludono gli attivisti, "perché il diffondersi dell'odio razziale,
di cui sono latori politici e numerosi media, ha scatenato una
sequenza impressionante di atti di violenza nei confronti dei
cittadini Rom. Sappiamo che le forze dell'ordine sono formate per la
maggior parte da agenti che operano seguendo il codice etico europeo.
Ci appelliamo anche a loro affinché i razzisti e i violenti siano
isolati e perseguiti, mentre le famiglie Rom, che rappresentano la
parte più vulnerabile della società, siano protette. La violenza
contro i Rom e le intimidazioni nei confronti degli attivisti che si
battono per i diritti dei 'nomadi' crescono, in Italia, ogni giorno
che passa. Famiglie intere vengono braccate fin sotto i ponti, nelle
case abbandonate, nei parchi. Forze dell'ordine, sindaci e assessori-
sceriffi, squadristi e giustizieri hanno scatenato una caccia
all'uomo tanto feroce quanto irrazionale. I Rom vengono costretti a
fuggire da un luogo all'altro, privati di qualsiasi forma di
sostentamento - dall'elemosina ai servizi di strada - ridotti a
fuggiaschi disperati, affamati, malati, senza alcun diritto. Nedo
Fiano, Piero Terracina, Goffredo Bezzechi, Tamara Deuel, Mirjam
Pinkhof, tutti sopravissuti all'Olocausto, avvertono con
preoccupazione i cittadini europei affinché non cedano alle seduzioni
del razzismo e paragonano la persecuzione dei Rom agli anni della
Shoah, gli sgomberi e le spedizioni punitive ai pogrom. Rebecca, la
figlia 12enne, di Stelian, è un grande talento, che l'Unicef ha
premiato proprio nel 2008, ma che l'Italia punisce ogni giorno con il
veleno dell'emarginazione, della povertà, dell'odio e della violenza.
Un Paese che si rende colpevole di una simile ingiustizia, un paese
che accetta tanta violenza, tanta crudeltà verso un intero popolo è
un paese imbarbarito, è un Paese che ha perso la strada dei Diritti
Umani ed è vicino a una crisi dei valori tanto grave da essere
paragonata all'Italia delle leggi razziali, dei manganelli, delle
camicie nere e dei treni per Auschwitz".

Per ulteriori informazioni:

il Gruppo EveryOne e l' Associazione Nazionale Thèm Romano ONLUS, sede
nazionale di Lanciano (CH)
per il COORDINAMENTO NAZIONALE ANTIDISCRIMINAZIONE SA PHRALA - OGNI PERSONA
è TUO FRATELLO
Tel: (+ 39) 334-8429527 - (+ 39) 331-3585406
www.everyonegroup.com :: info@everyonegroup.com

ITALIA VERGOGNATI!

TORINO: Agenti irrompono nel campo rom di via Lega, 9 giugno 2008.
Lunedì mattina alle 5, sessanta agenti in tenuta antisommossa hanno fatto irruzione nel campo comunale dei Sinti piemontesi. Gli abitanti sono stati fatti uscire e radunati al centro del campo. Lì hanno atteso in piedi per ore che venissero fatti i controlli sulle loro identità.
MILANO: Rincorsi fuori da scuola minacciati e insultati. Gli alunni rom di una scuola media della periferia milanese sono perseguitati da giovani del quartiere. I docenti scrivono al ministro dell'Istruzione Gelmini denunciando il clima di intimidazione e gli effetti devastanti degli ultimi sgomberi, dopo i quali i ragazzi hanno abbandonato le lezioni.
Gli alunni rom vengono insultati con cori razzisti e minacce d'ogni tipo. C'è un trentenne che organizza i raid al grido di "Zingari schifosi dovete tornarvene al vostro paese" racconta suor Ancilla, responsabile dell'ass. Nocetum che da anni segue i ragazzi rom nel doposcuola.
RIMINI: Ragazzina rom visibilmente incinta presa a calci da un italiano nell'indifferenza generale.
PESARO: Il membro più anziano della locale comunità rom sofferente di un handicap a una gamba e cardiopatico è stato colpito al capo e umiliato in pieno centro storico.
PONTICELLI: i paesani ammettono:" Conoscevamo Angelica (la ragazzina quasi linciata e accusata di aver rapito un bambino) "Le zingarelle giocano frequentemente con i bambini, sappiamo che non ha fatto niente, ma questo episodio è stato utile perchè adesso i rom se ne sono dovuti andare". Intanto Angelica, arrestata e in prigione è stata già aggredita più volte da altre carcerate e la sua incolumità è a rischio.
MILANO: Rebecca, 12 anni,nota per aver vinto il premio UNICEF "Caffè Shakerato 2008" per le sue doti artistiche applicate all'intercultura e il fratellino Ioni sono stati picchiati da due italiani di 35 e 40 anni. Il padre Stelian Covaciu, pastore della chiesa pentecostale e il figlio maggiore accorsi per difenderli sono stati minacciati, insultati, picchiati. Tutta la famiglia è fuggita verso la stazione S. Cristoforo in piazza Tirana e accorgendosi di esserre ancora seguiti hanno chiesto aiuto ai passanti inutilmente. La signora Covaciu cardiopatica, è stata colta da malore

sabato 21 giugno 2008

LEGGI RAZZIALI

LO STERMINIO DEGLI ZINGARI DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE






di Mirella Karpati

Studiosa della cultura zingara, direttrice della prestigiosa rivista scientifica "Lacio Drom".


Opere di Mirella Karpati: (a cura di), Zingari ieri e oggi, Centro StudiZingari, Roma;

(con B. Levak), Rom sim. La tradizione dei Rom kalderasha, Centro studi zingari, Roma;

(a cura di, con Ezio Marcolungo), Chi sono gli zingari?, Edizioni Gruppo Abele, Torino.



Indirizzi utili: Centro studi zingari, via dei Barbieri 22, 00186 Roma.





La "giornata della memoria" fissata il 27 gennaio, anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz da parte delle truppe sovietiche, vede unite nel ricordo delle sofferenze subite le vittime di una persecuzione che colpì non solo gli avversari politici dei regimi dittatoriali, in primo luogo i comunisti, ma anche quanti venivano considerati "corpi estranei" minaccianti l´integrità nazionale, in primo luogo gli ebrei e gli zingari.

L´intrecciarsi del destino degli zingari con quello degli ebrei non è un fatto recente. Cinque secoli fa, ed esattamente il 4 marzo 1499, i re cattolici Ferdinando d´Aragona ed Isabella di Castiglia, bandirono dalla Spagna gli zingari, dopo aver bandito nel 1492 i mori e gli ebrei. Questo nell´intento di creare uno Stato unitario, in cui una coscienza nazionale sostenesse il potere, premessa fondamentale per l´instaurarsi delle monarchie assolute. L´esempio della Spagna fu seguito dagli altri Stati dell´Europa occidentale in un crescendo che giunse sino ad assicurare l´immunità a chi uccideva uno zingaro, come stabiliva la Dieta dell´Impero tenuta ad Augusta nell´anno 1500, o addirittura a premiare l´assassino, come nella Repubblica di Venezia. Né mancò la condanna delle Chiese cristiane verso questi propagatori di superstizioni, sui quali pesava il sospetto di appartenere all´Islam; e se gli ebrei erano i "deicidi", nella mentalità popolare gli zingari erano i forgiatori dei chiodi della crocifissione di Gesù. Quanto le misure repressive fossero efficaci, lo dimostra un semplice dato statistico: se nei paesi dell´Europa orientale si stima che gli zingari siano circa otto milioni, nell´Europa occidentale essi non raggiungono i due milioni.

In questa lunga storia di persecuzioni la "novità" del nazismo fu la volontà esplicita, puntualmente programmata e metodicamente eseguita, di sterminare ebrei e zingari come popolo, una volontà di genocidio.

Si è molto discusso se la persecuzione degli zingari sotto il regime nazista e sotto i regimi fascisti degli Stati satelliti sia stata motivata dalla prevenzione e repressione della criminalità oppure da motivi razziali. La prima tesi, sostenuta anche a lungo dal governo della Repubblica Federale Tedesca per negare loro ogni riconoscimento e risarcimento, trova il suo fondamento nella qualifica di "asociali" attribuita agli zingari ancor prima dell´avvento di Hitler. Già nel 1899 era stato istituito a Monaco di Baviera un apposito ufficio (Zigeunerpolizeistelle) con compiti di controllo e di schedatura, la cui competenza fu estesa nel 1926 a tutto il territorio nazionale; nel 1938 l´ufficio fu trasferito a Berlino presso la polizia criminale del Reich alle dirette dipendenze di Himmler.

Ma è possibile che 500.000 vittime, fra cui quasi la metà bambini, fossero tutte dei criminali? In realtà già fin dal 1935, in ottemperanza delle leggi di Norimberga "per la tutela del sangue e dell´onore tedeschi", i teorici della razza includevano nelle misure razziali anche gli zingari. La questione, che si presentava controversa data la loro origine indiana e la lingua ariana parlata, fu affidata nel 1936 ad un apposito ufficio, il Centro di ricerche scientifiche sull´ereditarietà, diretto dal dott. Robert Ritter. Le conclusioni del dott. Ritter e della sua assistente Eva Justin segnarono il destino definitivo degli zingari: erano da considerarsi come un meticciato di diversi elementi razziali e pertanto pericolosi per la purezza del sangue tedesco: dovevano quindi essere sterilizzati e/o deportati nei campi di concentramento.
Le prime deportazioni degli zingari ebbero luogo già nel 1936 nel "campo di lavoro" di Dachau, destinato agli "asociali", categoria in cui erano inclusi, oltre agli zingari, i detenuti politici, gli omosessuali e i Testimoni di Geova. Il 1° luglio giunse un primo trasporto di 170 zingari, seguito da altri tre. Nello stesso anno per "ripulire" Berlino in occasione delle Olimpiadi i Sinti della zona furono rinchiusi nel campo di Marzahn, da cui dovevano uscire solo per essere deportati ad Auschwitz. Nel 1937 crescente fu il numero dei deportati a Sachsenhausen, Sachsenburg, Lichtenberg, Dachau e, dopo l´annessione dell´Austria, a Mauthausen.

Il 27 settembre 1939 fu decisa da Heydrich la "soluzione finale" per ebrei e zingari: la detenzione in campi di concentramento non doveva essere che la premessa della loro estinzione. Un primo passo fu la deportazione dei 30.000 zingari viventi in Germania nella Polonia occupata, il cosiddetto Governatorato generale, rinchiudendoli dapprima nei ghetti di Lodz, Varsavia, Siedle, Radom e Belsec e poi nei Lager di Treblinka, Majdanek, Sobibor. Il Liquidierungsbefehl (ordine di liquidazione) del maggio 1941 dispose "l´uccisione di tutti gli indesiderabili dal punto di vista razziale e politico in quanto pericolosi per la sicurezza", indicando quattro categorie principali: funzionari comunisti, asiatici inferiori, ebrei e zingari. Infine lo Auschwitzerlass (decreto di Auschwitz) del 16 dicembre 1942 dispose l´internamento di tutti gli zingari anche dai territori occupati. Nel febbraio 1943 fu predisposto ad Auschwitz-Birkenau il cosiddetto "campo per famiglie zingare" nel settore II E con 32 baracche, dove furono accolti in condizioni spaventose, come attestato dallo stesso comandante del campo Rudolf Hoess, i 20.946 Zingari regolarmente registrati. Nella notte del 2 agosto 1944 gli ultimi 2.897 sopravvissuti furono passati nelle camere a gas. Ma altri già li avevano preceduti: si sa di trasporti interi uccisi al loro arrivo per sospetto di epidemie. E molti altri trovarono la morte negli altri Lager: Flossenburg, Ravensbrück, Buchenwald, Bergen Belsen, Majdanek, Sobibor, Kulmhof...

L´Austria non aveva atteso queste disposizioni, ma fin dal 1939 aveva creato dei Lager appositi per gli zingari austriaci a Salisburgo e a Lackenbach, mentre quelli stranieri venivano detenuti a Mauthausen. In seguito molti furono avviati nei campi di sterminio. Dei 16.493 cittadini austriaci morti nei campi di concentramento, 4.097 erano ebrei e circa 6.000 zingari. Nel solo campo di Auschwitz fra il 31 marzo 1943 e il 22 gennaio 1944 furono internati 3.923 zingari austriaci, di cui il 42% era costituito da bambini.

Solo gli zingari polacchi non venivano deportati; temendo che potessero evadere, venivano massacrati sul posto: bambini scaraventati contro gli alberi per sfracellarne il cranio o gettati in aria per infilzarli con le baionette, donne incinte sventrate, altre con i seni recisi, fucilazioni in massa con sepoltura in fosse comuni anche dei feriti. Analoga sorte ebbero gli zingari nei territori occupati all´Est ad opera non solo delle SS, ma anche della Wehrmacht. In Boemia e in Moravia la popolazione zingara fu quasi completamente sterminata. In Ukraina la stessa polizia locale si fece parte attiva nell´individuare gli zingari e ucciderli. Del resto gli ukraini si distinsero anche per la loro ferocia come Kapo nei campi di sterminio. Nelle Repubbliche Baltiche la persecuzione ebbe inizio il 5 dicembre 1941 per ordine del comandate della Sicherheitspolizei Lohse: agli zingari, in quanti inaffidabili e propagatori di epidemie, doveva essere riservato lo stesso trattamento che agli ebrei. Singolare la testimonianza del vescovo di Riga, Mons. Springovics, il quale in una lettera diretta al papa Pio XII del 12 dicembre 1942 raccontava come i lettoni avessero accolto i tedeschi come liberatori dal dominio sovietico, ma ben presto avessero dovuto ricredersi: "L´atrocità della dottrina nazista si è mostrata in Lettonia in tutta la sua durezza e abominazione". Sterminati "in modo crudelissimo" ebrei, zingari e malati mentali.

In generale nei territori sovietici occupati agivano le Einsatzgruppen (gruppi di assalto), unità adibite alla repressione. Particolarmente dura l´azione condotta in Crimea, dove gli zingari erano molto numerosi. Fra il 16 novembre e il 15 dicembre 1941 ne furono massacrati 824. Il quartiere zingaro di Sinferopol fu minato e fatto saltare in aria. Secondo una testimonianza, al processo di Norimberga "la pila dei cadaveri superava i bordi delle fosse e rimase così a lungo allo scoperto".

In Slovacchia, Stato satellite del Reich, in un primo tempo solo gli uomini furono inglobati in squadre speciali di lavoro forzato. Quando la lotta partigiana si fece più forte e organizzata, gli zingari furono sospettati di connivenza e le "Guardie di Hlinka", i fascisti slovacchi, compirono massacri orrendi, sterminando intere famiglie, spesso chiudendole nelle loro capanne per bruciare vivi bambini, donne, anziani.



In Romania si ebbe la deportazione di quanti abitavano nei dintorni di Bucarest nella Transnistria, il territorio compreso fra il Dniester e il Bug, una terra bruciata dalla guerra dove, privati di ogni loro bene compresi i cavalli e i carrozzoni, perirono praticamente di fame. In Ungheria le "Croci stellate", i miliziani fascisti, si fecero parte attiva nella deportazione degli zingari nei Lager polacchi. Invece in Bulgaria, pur occupata da truppe tedesche, il primo ministro Dimitar Pečev si oppose decisamente all´emanazione di leggi razziste e costrinse il re Boris a ritirare il decreto che già aveva firmato sotto la pressione degli occupanti.

Anche nei paesi occidentali ci furono gravi persecuzioni, soprattutto in Francia, dove già nel 1940, cioè prima dell´occupazione tedesca, il governo aveva creato numerosi campi di concentramento, vere e proprie anticamere di Auschwitz. Nell´agosto di quello stesso anno ne esistevano ventisei nel Sud e sedici nel Nord della Francia.

Dal Belgio si ebbe un solo trasporto, il convoglio Z del 1944, con cui furono deportati ad Auschwitz 351 Zingari e solo cinque tornarono indietro.

Nella Jugoslavia occupata il governatore tedesco Thurner poteva dichiarare nel 1942 che quello era l´unico paese dove si era riusciti a risolvere totalmente la questione ebrea e quella zingara. Nel dopoguerra la Commissione di Stato della Repubblica Federale e Popolare della Jugoslavia faceva ammontare a 600.000 le vittime e aveva individuato 289 fosse comuni. Da Belgrado fu deportato a Dachau anche il vescovo ortodosso Nikolaj Velimirović, l´unico vescovo rinchiuso nei Lager nazisti, a motivo che era zingaro. La Chiesa serba ortodossa lo ha dichiarato santo nel 1984. Ma forse il paese dove ci furono gli stermini più atroci fu la Croazia, proclamata Stato indipendente il 10 aprile 1941 sotto la guida di Ante Pavelić, capo degli ustasa, i fascisti croati. Subito il ministro dell´interno Andrja Artukovic proclamò lo sterminio degli avversari politici, degli ebrei, degli zingari e dei serbi, creando ben 71 campi di concentramento. La documentazione fu distrutta alla fine della guerra e ora si stanno faticosamente ricostruendo gli elenchi dei deportati. Fra gli zingari le vittime accertate fino al 1998 sono 2.406, di cui 840 bambini. Il campo più terribile era quello di Jasenovac, dove si uccidevano le persone conmetodi barbari. Né mancarono campi destinati ai bambini, come quello di "rieducazione" a Jastrebarsko, dove fra l´aprile 1941 e il giugno 1942 morirono 3.336 bambini di varie etnie di età fra gli uno e i quattordici anni a causa degli stenti, ma anche degli "esperimenti medici" finiti poi con una pugnalata al cuore o una mazzata in testa. Nel campo per le donne di Stara Gradiska perirono oltre trecento bambini zingari. Direttrice del campo era Nada Luburic, moglie di Dinko Sakic, comandante del campo di Jasenovac. Alla fine della guerra i due si rifugiarono in Argentina per sfuggire al mandato di cattura emanato contro di loro nel 1945 dalla Commissione per i crimini di guerra. Solo nell´autunno 1998 sono stati estradati a Zagabria e sottoposti a processo. Nada Luburic è stata assolta, perché sarebbero mancati i testimoni. Dinko Sakic è stato riconosciuto colpevole delle torture e della morte di oltre 2.000 detenuti serbi, ebrei, zingari e antifascisti croati e condannato a vent´anni di reclusione.

In Italia non ci furono provvedimenti razziali contro gli zingari. Le leggi razziali, emanate nel 1938, riguardavano solo gli ebrei e i mulatti, cioè i figli degli italiani in Africa, dove vigeva il costume del madamato, cioè di avere una concubina africana. Ai loro figli fu negato il diritto alla cittadinanza italiana.

Verso gli zingari furono introdotte invece misure speciali di polizia a cominciare dal 1938, quando le famiglie nomadi, che vivevano lungo i confini orientali, furono deportate in Sardegna e in Basilicata, dove però furono lasciate libere a patto che non abbandonassero quelle regioni.

Dopo l´entrata in guerra dell´Italia il 10 giugno 1940 una circolare del Ministero dell´Interno ordinava ai Prefetti di predisporre il concentramento degli zingari nomadi in appositi campi. L´ordine fu eseguito solo parzialmente per l´opposizione dei Comuni di accoglierli sul loro territorio; ma anche là dove esistevano, la sorveglianza era minima. Per i Rom stranieri furono creati due appositi campi a Tossiccia sul Gran Sasso in provincia di Teramo e ad Agnone in provincia di Isernia. Vi furono rinchiuse le famiglie dei Rom della Slovenia, divenuta provincia italiana. Ad esse si aggiunsero molti altri, che si consegnavano spontaneamente ai soldati italiani per sfuggire ai massacri degli ustasa. I due campi durarono fino all´8 settembre 1943, quando i carabinieri, che li avevano in custodia, si rifiutarono di consegnarli ai tedeschi e li lasciarono liberi di fuggire. Molti si rifugiarono in montagna ed alcuni si aggregarono ai partigiani. Si ha notizia di singole persone rinchiuse in altri campi, come per esempio a Ferramonti di Tarsia in provincia di Cosenza, il più grande campo di concentramento italiano.

Quando è finita la guerra, abbiamo detto "mai più", invece purtroppo oggi dobbiamo dire "ancora". Le guerre intestine scoppiate nella ex Jugoslavia e i conseguenti programmi di "pulizia etnica" hanno visto in primo luogo tra le vittime i Rom delle Krajne, della Bosnia, della Erzegovina e del Kosovo. Sono continui gli episodi di violenza, dovuti soprattutto a gruppi neonazisti in Slovacchia, in Repubblica Ceca, in Romania, in Bulgaria (villaggi bruciati, gente picchiata a morte o scaraventata dalle finestre o annegata nei fiumi) tanto che l´OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) ha istituito un apposito ufficio a Varsavia per la tutela dei Rom e il Consiglio d´Europa ha approvato nel maggio 1997 un documento che condanna il razzismo contro gli zingari.

Le persecuzioni e la crisi economica del paesi dell´est ha provocato un forte esodo verso l´occidente, dove questo flusso di profughi non è stato certo accolto benevolmente. Anche l´Italia non è immune da episodi di violenza. La cronaca riporta episodi di fucilate contro gli accampamenti o di mine poste al loro ingresso, di tentativi di bruciare le roulottes, di giocattoli esplosivi regalati ai bambini. E che dire dello stillicidio di morti bianche dei bambini che muoiono di freddo o bruciati vivi nelle fatiscenti baracche, in cui le famiglie vivono spesso ammassate nei cosiddetti campi nomadi (per loro che non sono nomadi) in condizioni indegne di un essere umano, campi che sono valsi per l´Italia il 18 marzo 1999 una dura condanna di razzismo da parte del Comitato per l´Eliminazione delle Discriminazioni Razziali (CERD) dell´ONU.

Per la giornata del ricordo del 27 gennaio 1999 l´Associazione Presencia gitana di Madrid ha lanciato un manifesto con una ruota spezzata su uno sfondo di camini dei forni crematori e la scritta "ma bister" (in lingua zingara "non dimenticare"). Credo che questo monito dovrebbe essere sempre tenuto vivo proprio per non veder ripetersi gli orrori del passato.





BIBLIOGRAFIA

Nella Collana europea "Interface":

AA.VV., Gli Zingari nella Seconda guerra mondiale. 1 - Dalla "ricerca razziale" ai campi nazisti.

Libreria Anicia - Via San Francesco a Ripa, 62 - 00153 Roma

AA.VV., The Gypsies during the Second World War. 2 - In the shadow of the Swastika

martedì 10 giugno 2008

41ESIMO ANNIVERSARIO DELLA GUERRA DEI SEI GIORNI

Quando nel 1967 Israele occupò la Cisgiordania e la Striscia di Gaza per i palestinesi fu una seconda nakba. la guerra provocò 300mila nuovi profughi che andarono ad aggiungersi a quelli del 48. Molti erano al loro secondo esilio. La vittoria di Israele in sei giorni mise in luce non solo la debolezza dell'appoggio degli stati arabi alla causa palestinese, ma anche l'enorme sostegno internazionale che riscuoteva Israele da parte dei media e dell'opinione pubblica secondo cui si stava assistendo alla vittoria di un novello Davide. In realtà la guerra era il risultato della politica di espansione israeliana volta a conquistare nuovi territori e nuove risorse idriche, in particolare le acque del Giordano.
La versione secondo cui sarebbe stato l'Egitto ad attaccare Israele non regge alla prova dei fatti. Sebbene la guerra sia stata presentata come una risposta a un imminente attacco dell'Egitto e degli altri paesi arabi, contro cui IsrAELE AVEVA IL DIRITTO DI DIFENDERSI, DI FRONTE AI CLAMOROSI PREPARATIVI DI GUERRA DA PARTE DI ISRAELE NON CI FU UNA RISPOSTA DA PARTE DEGLI STATI ARABI LA CUI AVIAZIONE FU DISTRUTTA A TERRA PER IL 90% DALL'AVIAZIONE ISRAELIANA. GLI STATI arabi FURONO COLTI DI SORPRESA PERCHÈ NON SI ERANO AFFATTO PREPARATI ALLA GUERRA.
Quando sei giorni dopo la guerra finì Israele aveva occupato Le alture del Golan, il Sinai, la Striscia di Gaza, la Cisgiordania e Gerusalemme est da cui cercò di cacciare la popolazione con i metodi del 48. Tutti gli edifici importanti della parte araba di Gerusalemme furono distrutti, al loro posto Israele costruì case moderne e fortificate per i nuovi coloni. Lo scopo era cancellare ogni traccia di storia e cultura araba dalla città che subì danni incalcolabili.
Tutto ciò fu definito da Israele "riunificazione di Gerusalemme" e mentre ancora l'ONU stava considerando la questione annunciò al mondo l'avvenuta annessione di Gerusalemme est. Annessione che nessuno stato ha accettato e tuttavia mai sono stati fatti dei tentativi concreti per imporre la restituzione.
La popolazione palestinese si trovò a fronteggiare una nuova tragredia. La striscia di Gaza fu separata dalla Cisgiordania, mentre nascevano lecolonie che interrompevano la continuità territoriale e costringevano i palestinesi a vivere in un territorio sempre più frammentato, in enclaves sempre più somiglianti ai bantustan sudafricani.Le case dei coloni erano fornite di pompe potenti per prelevare l'acqua dal sottosuolo ciò prosciugava i pozzi dei palestinesi che però non avevano il permesso di scavarne di nuovi.
Anche in Israele l'occupazione aprì contraddizioni e portò conseguenze.
La prima contraddizione fu quella di aver conquistato un territorio con l'idea di fare la "grande Israele" territorio che però era abitato dai palestinesi, ciò significava che la popolazione ebraica sarebbe diventata una minoranza, cosa che secondo Josep Weitz, vicepresidente del Fondo nazionale Ebraico "può causare la distruzione del nostrro stato".
Sul piano morale le conseguenze dell'occupazione furono disastrose. Inganni, menzogne aggressioni e continui abusi usati per mantenere i territori occupati produssero un'atteggiamrento mentale che era il contrario dell'etica ebraica ma anche dell'idealità sionista. I kizzuz persero la loro organizzazione socialista e si avviarono a diventare aziende e alberghi con mano d'opera palestinese. Ci fu un rafforzamento dell'esercito sia sul piano numerico che tecnologico che influenzò e pesò su tutta la società. Si sviluppò un'imponente industria militare che strinse rapporti di collaborazione con il Sudafrica razzista dell'epoca, specie sul nucleare, e con gli Stati uniti.
Sulla società le conseguenze dell'occupazione furono il prodursi di una mentalità militarista, di un crescere della violenza anche all'interno delle famiglie dove si rigetta lo stress di 4o anni di occupazione da parte dei militari impegnati fino a 40 anni di età nell'esercito e un imbarbarimento generale della società.