giovedì 29 novembre 2012

Un pò le bombe un pò la propaganda un pò il razzismo colonialista

Non c'è che dire, Israele ce la mette tutta per gettare fango sulle vittime. Non si accontenta di uccidere, fare stragi e punizioni collettive, le vittime devono risultare colpevoli e Israele un innocente stato che cerca di difendere i suoi cittadini. Non è una novità, solo che ora i mezzi, grazie alla tecnologia si sono raffinati e possono essere usati anche i bambini, tutto fa brodo, anzi questa è proprio una bella mossa! Certo l'educazione comincia dall'infanzia e così mentre io non riesco ad andare nelle scuole a parlare con i ragazzi della Palestina neppure con un libro di racconti, grazie alla complicità degli operatori dell'istruzione o alla loro indifferenza, in Israele sono arruolati i ragazzini in prima persona. Così il mondo si dovrebbe commuovere nel vedere com'è traumatico per un bambino di Askelon o di Sderot vivere con i razzi sulla testa. Lo sarà certamente, ma di questo devono ringraziare il loro governo. Ma se i razzi provocano traumi da stress cosa possono provocare le bombe? Ah, già, quelli di Gaza "non sono come noi" e possono essere sacrificati per la "nostra sicurezza". I bambini di Gaza non hanno bisogno di incursioni per subire traumi da stress continuato, lo subiscono tutti i giorni senza tregua, le bombe oltre ad aumentare i livelli del trauma (ci sono bambini che sono morti di paura) li fanno anche a pezzi. Ma questo non importa quelli non sono bambini che meritano di essere presi in considerazione, ma piccoli futuri terroristi. Non so fino a quando il mondo sarà disponibile ad accogliere queste giustificazioni razziste, colonialiste e disumane. E poi la tecnologia è un'arma a doppio taglio, tweet, video e foto possono raccontare ben altro e lo fanno. Nessuna propaganda razzista e coloniale potrà cancellare l'immagine della casa della famiglia palestinese sterminata e dei quattro piccoli bambini ammazzati. Ministero dell’Istruzione agli studenti delle scuole superiori: aiutate con hasbara di Connie Hackbarth Il Ministero dell’Istruzione israeliano, ha inviato martedì scorso una comunicazione speciale ai presidi delle scuole superiori di tutto il paese, invitando gli studenti a partecipare agli sforzi della propaganda israeliana che riguardano gli attacchi su Gaza. Gerusalemme : monolitico edificio del Ministero dell’Istruzione dal quale è stata inviata agli studenti la richiesta di partecipare alla campagna hasbara di Israele Dalit Stauber, il direttore generale del Ministero dell’Istruzione ha spiegato: “Possiamo conquistare l’opinione pubblica mondiale utilizzando un umorismo affascinante e un linguaggio visivo”. Agli studenti è stato promesso che i lavori selezionati saranno utilizzati dai funzionari israeliani in tutto il mondo e saranno mostrati sul canale educativo televisivo israeliano. I bambini al servizio della propaganda governativa. Secondo un rapporto del sito d’informazione israeliano Ynet, il Ministero dell’Istruzione israeliano ha dato il via ad un’iniziativa congiunta con il Ministero degli Esteri, proponendo di arruolare “decine di migliaia di alunni che possono influenzare l’opinione pubblica mondiale”. Nel comunicato inviato alle scuole superiori di tutto il Paese viene scritto: “Voi siete una parte del pubblico la cui voce vorremmo sentire. Voi siete la generazione dei nuovi media, vi invitiamo a partecipare e ad influenzare l’opinione pubblica mondiale”. Tenendo in considerazione il forte desiderio degli adolescenti di essere socialmente accettati, il Ministero promette che i testi selezionati, le foto, i video ed i tweet saranno utilizzati in tutto il mondo. Paz Azran è una blogger israeliana di 17 anni che vive nella città di Ashkelon. Azran, partecipa attivamente nella propaganda israeliana da 4 anni, come parte di un progetto ufficiale delle scuole superiori. Venerdì scorso, due giorni dopo l’avvio dell’operazione contro i palestinesi della Striscia di Gaza, “Defence Pillar”, Azran è stata contattata dalla campagna nazionale di propaganda della Presidenza del Consiglio dei Ministri: le hanno chiesto di scrivere un blog in lingua inglese, in cui lei avrebbe condiviso con i lettori le su esperienze “dall’inferno”. La ragazza ha riferito a Ynet: “So quanto la storia di un bambino può influenzare le persone in tutto il mondo e penso che ci siano bambini con talento e un forte desiderio di condividere che ci possono aiutare in questo ambito. In primis, mando dei rapporti sul numero di razzi che sono caduti oggi, osservo se succede qualcosa di eccezionale, come il lancio di un missile a Tel Aviv o a Gerusalemme o scuole e case che sono state colpite direttamente dai missili. Il mio scopo è quello di raccontare la mia storia personale e come ci sente a vivere sotto un attacco missilistico”. Il presidente dell’Unione Nazionale della Gioventù, Yuvak Kachlon, ha accolto con favore questa iniziativa. Kachlon ha riferito a Ynet: "Stiamo iniziando una campagna di propaganda per cambiare l'immagine che esiste oggi dello Stato d’Israele, abbiamo l'obbligo di cambiare l'immagine e pubblicare la verità e il lato buono del nostro Paese. Io credo che più si lavora sul tema della propaganda, più si riceverà un sostegno maggiore in tutto il mondo”. La blogger Azran ha detto a Ynet : “Naturalmente ci sono anche delle risposte negative” ai post che pubblica nel suo blog: “Per esempio, in uno dei miei post ho parlato di come una scuola sia stata colpita direttamente da un razzo, e qualcuno ha risposto che anche le scuole di Gaza sono state bombardate. Sono stata molto attenta di spiegare che la ragione di questo è il fatto e le scorte di armi sono nascoste nelle scuole”. (tradotto da Palestina Rossa)

GAZA L'ARMA DEL TRAUMA

GAZA L'ARMA DEL TRAUMA di Nicola Perugini * Nell'operazione «Pilastro di difesa» per la prima volta su Twitter, Facebook e Youtube, l'esercito israeliano ha inviato un flusso incessante di messaggi - uniti alle azioni militari - per dimostrare che ad essere traumatizzati sono solo gli israeliani dei villaggi alla frontiera con Gaza. Per giustificare così, sotto l'aura della scientificità, gli omicidi «mirati» e a questo punto «terapeutici» Il primo tweet dell'esercito israeliano recitava: «Missili innoqui? Un numero sbalorditivo di bambini del sud di Israele soffre ti PTSD (Stress post-traumatico)». Pochi minuti dopo: «Foto: bambini e genitori israeliani dormono in un rifugio anti-missile ad Ashkelon, ieri». Chiaramente, l'uso dei social media durante le guerre sta diventando sempre più diffuso. Tuttavia potremmo chiederci: che cosa c'è dietro la strategia comunicativa che ha accompagnato l'operazione «Pilastro di difesa»? E quale politica del trauma è stata messa in gioco? Per un verso, Pilastro di difesa è stata una battaglia su quali eventi potessero essere definiti come «fatti». Attraverso l'uso di Twitter, Facebook e Youtube, l'esercito israeliano ha fornito informazioni sugli attacchi alle persone, le case, gli edifici pubblici e le infrastrutture palestinesi. Per dargli un'aurea di «fatti», gli attacchi sono stati accompagnati dati, immagini, video e statistiche. Altri messaggi hanno invece cercato di convincere il pubblico che gli assalti israeliani sono stati condotti nel rispetto del diritto umanitario internazionale: «VIDEO: #L'aviazione israeliana annulla un attacco dopo avere visto dei civili vicino all'obiettivo #Gaza». Ma al di là della forma comunicativa che essa ha assunto nell'era dei social media, questa campagna ci dice qualcosa su un altro capitolo della rivendicazione della funzione morale della violenza coloniale. Dobbiamo tenere presente che il fine ultimo di questi messaggi era quello di adornare il presunto diritto di uccidere dell'esercito con un aurea di moralità - cercando allo stesso tempo di «de-moralizzare» la resistenza del colonizzato. Come in questo tweet: «La strategia di Hamas è semplice: usare i civili come scudi umani. Sparare razzi dalle aree residenziali. Accumulare armi nelle moschee. Nascondersi negli ospedali». L'esercito israeliano rivendica spesso di essere «l'esercito più morale al mondo». Questa falsa premessa è stata abbondantemente criticata e smentita, ma al fine di mantenere vivo questo lavoro di demistificazione occorre continuare a prestare attenzione alle nuove forme che la mistificazione assume. Durante «Pilastro di difesa», questa rivendicazione di moralità si è saldata con il riferimento al trauma e alle malattie post-traumatiche. Ne emerge un nuovo assemblaggio che lega ricerca di legittimità morale e politiche del trauma. Uno degli elementi che colpiscono maggiormente di «pilastro di difesa» è il frequente e inusuale riferimento da parte del portavoce dell'esercito israeliano ad alcuni dati sul trauma, come in questo tweet: «Il 75% dei bambini di Sderot, città israeliana bombardata dai missili, soffrono di PTSD». Un link apre un video di Youtube realizzato dall'esercito, in cui le immagini di giovani che cercano un riparo mentre suonano delle sirene vengono montate con alcune interviste. La prima a un militare che afferma: «Nessuno stato democratico accetterebbe una situazione in cui i suoi cittadini soffrono in questo modo». La seconda a un rappresentante delle istituzioni governative di Sderot che cita dei dati sul PTSD tra i bambini. Il sud di Israele viene presentato come una zona soggetta a un'ampia traumatizzazione. I tweet continuano a scorrere, mentre nuovi «omicidi chirurgici» vengono annunciati. Sarebbe un errore considerare questo riferimento allo stress post-traumatico come un elemento completamente nuovo nel dibattito politico. L'esercito israeliano ha da tempo iniziato a rapportarsi con i suoi soldati attraverso le lenti del PTSD. In maniera più generale, la società israeliana ricorre sempre più alla nozione di stress e all'arsenale discorsivo delle politiche del trauma. Una consistente produzione scientifica è emersa negli ultimi decenni e ha messo in correlazione stress, violenza politica e politiche della violenza all'interno del dibattito pubblico israeliano. Il recente attacco contro Gaza ha messo in luce questa saldatura tra sfera scientifica, pubblica e militare. Per esempio, alcuni articoli su quotidiani importanti come Haaretz hanno accompagnato i tweet dell'esercito israeliano, facendo frequente riferimento a questa produzione scientifica sul PTSD nel sud di Israele. In questo quadro, e all'interno del flusso di messaggi e azioni militari di «Pilastro di difesa», l'arma clinica del PTSD e la sua aura di scientificità diventano strumenti per la moralizzazione degli omicidi. Come se a questi ultimi fosse possibile offrire una giustificazione morale in quanto strumenti di riduzione e prevenzione del PTSD. La questione centrale non è quella di negare o dimostrare la presenza del trauma tra gli israeliani che vivono nella prossimità della Striscia di Gaza. Piuttosto, è importante capire come il riferimento a una letteratura scientifica che postula l'esistenza di un trauma diffuso sia trasormato in uno strumento per legittimare l'idea che le vite palestinesi possano essere sacrificate. In questa veste, il trauma assume una sorta di macabra funzione terapeutica. In molti contesti sociali il trauma e il PTSD sono strumenti utilizzati per rivendicare diritti. Ciò che colpisce in questo caso è che il trauma diventi uno strumento discorsivo e pratico per infliggere una punizione collettiva - il diritto a uccidere e «riformattare» la Striscia di Gaza, come hanno affermato alcuni militari. Non possiamo isolare il trauma dal suo contesto di relazionalità coloniale, e dal suo uso come arma contro la popolazione palestinese. In ultima istanza, l'economia morale della violenza - la distruzione e l'uccisione come «prevenzione della sofferenza» e del «trauma» - svela le forme che i discorsi e le pratiche coloniali possono assumere nel presente coloniale israelo-palestinese, e i differenti valori attribuiti alle vite dei cittadini e dei soggetti coloniali: i traumatizzati da proteggere e i soggetti coloniali sacrificabili. * Institute for Advanced Study, School of Social Science, Princeton/Al Quds-Bard Honors College, Gerusalemme

mercoledì 28 novembre 2012

La campagna "Cartellino rosso all'apartheid israeliana" incontra la Federcalcio

La campagna "Cartellino rosso all'apartheid israeliana" incontra la Federcalcio 28 Novembre 2012 Share on Facebook COMMUNICATO STAMPA Oggi, mercoledì, 28 novembre, giornata del sorteggio a Tel Aviv per la Coppa UEFA Under-21 2013, si è svolto un presidio davanti alla sede nazionale della Federazione Italiana Giuoco Calcio per esigere che il campionato venga spostato da Israele. Il presidio è stato organizzato dalla campagna "Cartellino rosso all'Apartheid israeliana", ed una delegazione è stata ricevuta dal Direttore Generale di Federcalcio Antonello Valentini, insieme all'Ufficio stampa. Nell'incontro è stato chiesto di fare pressione sulla UEFA affinché ad Israele non sia concesso il privilegio di ospitare il campionato, sottolineando che qualora questo avvenisse contrasterebbe fortemente con tutti i principi dello sport dato che Israele occupa militarmente da decenni i territori palestinesi, ponendosi di fatto al di fuori dalla legalità internazionale. E stato ricordato che i recenti bombardamenti su Gaza, oltre ad aver provocato 174 morti, quasi tutti civili, tra cui molte donne e bambini, hanno distrutto anche uno stadio di calcio e gli uffici del Comitato Paraolimpico palestinese. La delegazione ha ringraziato la Federcalcio per la sensibilità dimostrata lo scorso giugno durante lo sciopero della fame di 92 giorni di Mahmoud Sarsak, calciatore della nazionale palestinese detenuto senza capi d'accusa per tre anni nelle prigioni israeliane, ricordando che Sarsak e le organizzazioni sportive palestinesi chiedono che il campionato Under 21 venga spostato da Israele. Il Direttore Generale Valentini ha sottolineato l'impegno per la Palestina che la Federcalcio ha dimostrato negli anni, ricordando in particolare l'accordo di collaborazione firmato con la Palestinian Football Association nel 2011. A maggior ragione, la delegazione ha ribadito, che la Federcalcio all'interno della UEFA deve essere coerente con questo impegno e fare pressione affinché l'immeritato onore venga tolto a Israele. Valentini ha assicurato ai presenti che avrebbe fatto arrivare le richieste della Campagna alla UEFA, anche in occasione del sorteggio di stasera a Tel Aviv. È stato consegnato un disegno del vignettista Carlos Latuff e si è ribadito che la campagna proseguirà fintantoché la UEFA non si sarà convinta a spostare il campionato. Il presidio di Roma rientra in una giornata europea di azioni. A Londra sono state consegnate migliaia di firme raccolte in tutta Europa insieme a dichiarazioni da parte di politici e personalità pubbliche tra cui il regista Ken Loach e l'attrice Kika Markham. Anche in Francia, è in corso una raccolta firme tra noti sportivi che dichiarano che consentire a Israele di ospitare i campionati Under 21 equivale a premiarlo "per azioni contrarie ai valori dello sport". NoU21inIsraele@gmail.com http://bdsitalia.org/index.php/campagne/altre/sportivo http://redcardapartheid.weebly.com/ http://cartonrougeapartheidisrael.weebly.com

martedì 27 novembre 2012

Val la pena di essere equanimi?

di Paola Caridi Val la pena di essere equanimi? Era il titolo di un commento scritto sulla prima fase della guerra dei Balcani da uno dei miei più cari e mai dimenticati amici, Mauro Martini, grande slavista, morto nel 2005. Val la pena di essere equanimi? Val la pena di mettere sullo stesso piano i due contendenti, insomma, e dire che sono uguali, che hanno uguali colpe e uguali ragioni? Eppure è una domanda cruciale, non solo dal punto di vista meramente politico, ma dal punto di vista etico. Se valga la pena, oggi, di fronte a quello che sta succedendo a Gaza, e sottolineo a Gaza, essere equanimi. Non voglio più fare paragoni. Non voglio più paragonare un razzo sparato da Gaza con un raid aereo su Gaza. Non voglio più sprecare energia a soppesare gli oltre 800 razzi sparati da Gaza con gli oltre 1300 “obiettivi” colpiti dai caccia israeliani dentro la Striscia di Gaza. Non voglio più discutere se la massa della popolazione palestinese di Gaza, sotto assedio da così tanti anni che ce ne siamo dimenticati, sia ostaggio del regime di Hamas, in una striscia di terra di 400 chilometri quadrati in cui si è ostaggio solo della propria disperazione. E della impossibilità di scappare, di scappare in un rifugio (inesistente) o in un campo profughi. Gaza, dal 1948, è già stata trasformata in un enorme campo profughi, e solo chi non c’è mai stato può pensare a Gaza come a un posto normale, in cui ci sono città, campagna, caserme, sedi di governo, tutte suddivise, tutte distanti, e non invece accatastate, affastellate, mescolate… Non voglio più essere equanime, se l’equanimità significa ingiustizia. E lo dico dopo aver colloquiato con i miei amici israeliani a Tel Aviv, che le sirene dell’allarme le sentono. Non voglio più essere equanime, se equanimità significa ipocrisia (della comunità internazionale) senza costrutto, mancanza di qualsiasi strategia per il mondo arabo post-rivoluzioni, incapacità di dire al proprio alleato (Israele) che non è permesso fare qualsiasi cosa. Compreso colpire in cinque giorni oltre 1300 obiettivi (e non sono stati tutti obiettivi militari, come dimostra l’ultimo ‘episodio’, il massacro di una intera famiglia, 12 persone, tra le quali 4 bambini), uccidere circa 90 persone di cui buona parte civili, ferirne altre mille, terrorizzare oltre un milione e mezzo di persone con decine e decine e decine di raid ogni notte. Ho vissuto in Medio Oriente (e soprattutto a Gerusalemme) troppo a lungo perché mi si possa dire che è tutta colpa dei palestinesi e tutta colpa di Hamas. Ho dovuto lottare, nel 2005, perché non si dicesse (come invece si è detto) che Ariel Sharon era un fine stratega, e aveva capito come risolvere il conflitto israelo-palestinese ‘disimpegnando’ Israele da Gaza: ha fatto solo l’ennesimo, l’ultimo danno che poteva fare, tentando ancora una volta di spaccare Gaza dalla Cisgiordania, e dividere la Palestina. Ho dovuto lottare, per tutto il 2006 e il 2007, da Gerusalemme, per far comprendere che non si poteva caldeggiare le elezioni palestinesi, mandare 800 osservatori internazionali, e poi dire che si era sbagliati perché aveva vinto Hamas. Bisognava anzi, pragmaticamente, sfruttare questa occasione per sostenere l’ala pragmatica di Hamas e ‘blindarla’ in una cornice istituzionale. No, non l’abbiamo fatto. Anzi, per quanto possibile siamo riusciti anche a far emergere l’ala più dura, perché così potevamo continuare a usare le categorie precedenti e bearci di un processo di pace man mano avvizzito, consunto, comatoso. E ora definitivamente morto. Così, abbiamo continuato a leggere la realtà mediorientale secondo una trita visione orientalista che le rivoluzioni del 2011 hanno spazzato via. Ora, parliamo con i Fratelli Musulmani come se niente fosse, dopo averli emarginati per decenni: facciamo affari con loro, chiediamo la loro mediazione (egiziana) su Gaza e siamo diventati più realisti del re. Perché non ci siamo attrezzati prima, siamo stati travolti, e ora facciamo i Realpolitiker di basso cabotaggio. Non sono equanime, su questa ultima, inutile, vergognosa guerra su Gaza. Ne va della mia dignità, e della mia saldezza morale.

domenica 25 novembre 2012

Una lettera di Giorgio Forti

Care/i compagne/i, amiche/i, sono completamente d'accordo con Franca Bastianello sul significato della marcia silenziosa, che potrebbe poi essere seguita da un comunicato stampa, e vi invito a partecipare a questo modo efficace di manifestare una forte solidarietà in un modo originale rispetto al "gridare la propria rabbia": questo gridare non giova per nulla ai Palestinesi di Gaza, dei Territori Occupati ed a quelli dei campi profughi, che non bisogna mai dimenticare. Il gridare la propria rabbia non riesce a comunicare nulla ai nostri concittadini, ancora numerosissimi, che non hanno alcuna consapevolezza della tragedia che si svolge, da oltre 65 anni, in Palestina e dintorni; non ha alcun effetto sui nostri governanti italiani ed europei, colpevolmente complici della tragedia palestinese. Il permanente gridare ed indignarsi solo verbalmente fa danno anche a chi grida, perchè¨ impedisce la riflessione sul che fare in pratica, oltre al gridare, per elaborare conoscenza approfondita dei problemi reali da affrontare. Stiamo elaborando una proposta politica, che comunicheremo appena elaborata in modo soddisfacente. Una premessa è la riflessione sul fatto che se i 4 miliardi di dollari che nel 2013 gli USA hanno stanziato per armi e tecnologie militari a favore di Israele, ed i non so quanti miliardi che i Paesi europei, tra cui l'Italia, e l'Unione Europea hanno stanziato per armi ( vedere i trattati di "cooperazione" militare con Israele) e per contratti privilegiati con Israele, venissero investiti per sviluppo di attività industriali ed agricole in Palestina, si risolverebbe il problema del Ritorno dei profughi Palestinesi alla loro Terra, e avanzerebbe ancora un sacco di soldi. Un simile piano deve essere studiato da esperti: potrebbe includere il temporaneo permesso di soggiorno e di lavoro in Europa di una parte dei profughi Palestinesi, nell'attesa che la Palestina sia attrezzata per accoglierli, perchè¨ non è¨ possibile portare in pochi mesi i circa 5 milioni di profughi Palestinesi in case che non esistono ancora prima di averle costruite e messo la Palestina in condizione di dar lavoro, acqua e strutture a tutto il popolo che torna. Israele ha finora bloccato con ogni mezzo il ritorno dei profughi sul territorio che controlla, contravvenendo alle deliberazioni delle Nazioni Unite ed al Diritto Internazionale, oltrechè¨ all'etica politica; sarebbe ad ogni modo impossibile sistemarli tutti in Cisgiordania, che viene continuamente espropriata dai coloni israeliani, per non parlare della sovraffollata Gaza. Gli USA e l'Europa avrebbero così¬ modo di rimediare in qualche misura alle loro terribili colpe: pensate, per quanto riguarda noi europei: la responsabilità della Shoa e dell'aver voluto imporre ai Palestinesi, già dominati colonialmente dall'Inghilterra tra le due Guerre, l'inaccettabile ingiustizia di cedere la loro terra, l'unica a loro disposizione dove hanno diritto di vivere liberi ed indipendenti, agli Ebrei fuggiti dall'Europa. Israele, riconoscendo il Diritto al Ritorno dei profughi e cessando l'occupazione e l'assedio di Gaza, rimedierebbe almeno in parte alle sue pluridecennali, gravissime colpe verso i Palestinesi, avviando in modo pacifico e, nel tempo lungo, si spera amichevole, la sua convivenza tra i popoli del Medio Oriente, facendo anche da ponte tra la civiltà europea a cui gli Ebrei hanno contribuito e quelle civiltà del Medio Oriente alle quali tutti siamo legati, in vari modi. Rivolgiamoci dunque ai nostri amici Arabi ed Ebrei, e anche, con la più grande fermezza, ai nostri governi europei, nazionali e comunitari, che insieme agli USA sono responsabili dell'aver tollerato, appoggiato ed armato le infami persecuzioni di Israele contro i Palestinesi, perchè, tutti, abbandonino le ideologie nazionaliste e colonialiste, anacronistiche e sanguinarie (pensate solo ai 55 milioni di morti ammazzati della seconda guerra mondiale!), prive di avvenire in una storia dell'Umanità che si vuole veder progredire verso una civiltà solidale su scala mondiale. E' necessaria l'accettazione di queste responsabilità da parte dell'Italia e dell'Europa: diciamolo ai nostri governanti, e facciamo pesare questa richiesta alle imminenti elezioni: chi si vuol candidare a governarci si esprima chiaramente riguardo a questo problema. Il nostro voto ne sia condizionato! Io non potrಠesser presente alla manifestazione di Venezia ( abito a Milano, ed abbiamo anche qui manifestazioni ed eventi). Ma vi invito tutti ad aderire solidalmente, uniti, alla manifestazione così¬ come Franca ed i suoi amici la hanno pensata: è¨ ora di abbandonare le sterili divisioni della sinistra italiana, ed agire uniti contro il nemico, che è fortissimo. Fraterni saluti, Giorgio Forti (Membro di ECO)

sabato 24 novembre 2012

La casa della famiglia Al Dalou sterminata dai bonbardamenti israeliani

Raccontare questa guerra di Gaza.

E’ incredibile osservare le centinaia di giornalisti stranieri e locali che raccontano questa guerra. di Sherine Tadros Nel 2008, Israele e l’Egitto chiusero le frontiere e confinarono i giornalisti ai margini del conflitto che si svolgeva nella Striscia di Gaza: Io e Ayman Mohyeldin (oggi corrispondente affari esteri della NBC) eravamo gli unici a descrivere al mondo che cosa stava succedendo. Non potevamo raccontare ogni sciopero, ogni tragedia; non potevamo essere ovunque e non siamo stati svegli 24 ore al giorno. In questi giorni invece, Gaza è sotto i riflettori: per via dei social media, della stampa, radio e TV – non c’è la possibilità di ignorare quel che infuria all’interno. Ho le mie teorie sul motivo per cui Israele questa volta ha deciso di non bloccare i giornalisti, ma tutto ciò sarà oggetto di un altro articolo. Gaza non è una storia particolarmente difficile da raccontare; tutto sta accadendo attorno a noi. Il problema principale dei giornalisti che devono raccontare che cosa succede qui è lo sbilanciamento del conflitto: non ci sono paragoni tra Israele e Gaza, tra i combattenti palestinesi e l’esercito israeliano, tra i razzi e i missili. Ma è proprio questo che mette in difficoltà i giornalisti. Ci insegnano a essere neutrali, imparziali, equilibrati. Ma questo non è un conflitto equilibrato e, nel tentativo di appianare le differenze, alcuni finiscono per raccontare una cosa sbagliata o incompleta. Questa settimana, una giornalista televisiva che rispetto e ammiro si è rivolta al collega in studio parlando dell’”assedio israeliano di Gaza, come lo chiamano i palestinesi”. Era nel centro di Gaza mentre le forze di terra di Israele circondavano la Striscia, le navi da guerra accerchiavano la costa e i droni e gli F16 pattugliavano i cieli. Se mai c’era stato un momento in cui si poteva dire che Gaza era sotto assedio, era quello. Eppure il bisogno di apparire equilibrata le ha impedito di dire la chiara, fredda verità. Di fronte al conflitto arabo-israeliano, i mezzi di informazione si sentono obbligati a neutralizzare gli avvenimenti per non suscitare polemiche o urtare sensibilità, a disumanizzare gli eventi per paura di mostrare compassione o, peggio ancora, simpatia verso i palestinesi, che equivarrebbe a un suicidio professionale. Ma evitare di esporsi e di dire le cose come stanno è un tradimento della verità e del giornalismo. Ecco alcuni fatti fondamentali che spesso sono omessi dai giornalisti. Hamas non è Gaza: a Gaza vivono più di un milione e mezzo di palestinesi. Ci sono madri e padri e fratelli e bambini. C’è gente che non si interessa di politica. Gaza è una società, non un rifugio di terroristi. Le parole Gaza e Hamas non sono intercambiabili. Hamas governa Gaza, ma non ci sono scuole, caserme o ministeri di Hamas. Sono definizioni usate da Israele per giustificare gli attacchi. Molti, anche se non la maggior parte di coloro che lavorano in queste istituzioni, non sono membri dell’organizzazione di Hamas. C’è pure differenza tra un membro di Hamas e un combattente palestinese. Un’altra distinzione così spesso trascurata. Il problema più pericoloso per il giornalismo di questi tempi è il concetto di bersaglio legittimo. Una casa in cui vivono dieci persone, compresi bambini, donne e anziani viene colpita da un missile. Tutti muoiono. All’inizio c’è una reazione indignata, ma poi l’esercito israeliano rende noto che l’obiettivo era un “esponente di Hamas”. Di colpo la notizia è raccontata in un altro modo. Il particolare dell’esponente di Hamas è incluso in tutti i servizi senza discutere né contestualizzare: ora è tutto a posto, perché prima l’avvenimento era troppo sbilanciato, troppo rischioso per riportarlo; la notizia sembrava troppo brutta per essere vera (sebbene nel 2008, Israele avesse bombardato casa Samouni uccidendo oltre 25 persone della stessa famiglia). Che qualcuno si fermi e domandi: anche se ci fosse stato un esponente di Hamas dentro casa, è giustificata l’uccisione di dieci civili innocenti per eliminare una persona che è, ovviamente, sotto sorveglianza israeliana? Non è proprio quello che ha evidenziato il Rapporto Goldstone? Quando decide di colpire, Israele ha la possibilità di scegliere se questo attacco vale il vantaggio che ne ottiene – se l’obiettivo è quello di far fuori il bersaglio perché non realizzarlo in un altro momento quando non è insieme a tutta la sua famiglia? Se la situazione fosse invertita e combattenti palestinesi colpissero la casa di un comandante dell’esercito israeliano, uccidendo lui, la madre, la moglie e i quattro figli, i mezzi di informazione accetterebbero tanto ciecamente la motivazione che questo era un bersaglio legittimo? La mancanza di contesto è determinante. I razzi di Hamas non sono una reazione all’ultimo missile caduto, ma a sei anni di assedi, assassini e segregazione. I missili di Israele non sono una risposta ai razzi sparati oggi su Ashkelon, ma agli anni di razzi lanciati contro le comunità del sud del paese. A innescare questa guerra non è stato un omicidio: lo scoppio del conflitto era prevedibile almeno da due anni e mezzo. Quel che in fondo c’è da chiedersi è quando finirà tutto questo. La risposta più semplice è che presto ci sarà una tregua: come in tutte le altre guerre israeliane, ci sarà quando Israele riterrà di aver portato a termine la missione e aver punito abbastanza Gaza. E in questo caso voglio dire proprio Gaza. Sherine Tadros è corrispondente di AlJazeera English dal Medio Oriente

ROMA PER LA pALESTINA

IL CESSATE IL FUOCO NON BASTA. LA PALESTINA DEVE ESSERE LIBERA I bombardamenti contro la popolazione di Gaza, per la gran parte inerme, sono stati sospesi, ma hanno lasciato dietro di se uno strascico di morte e distruzione: 170 morti, la maggior parte civili, molte donne, molti bambini, 1500 feriti di cui alcuni gravissimi e altri che resteranno disabili a vita. Inoltre continuano l’assedio e l’embargo. Dice Noam Chomsky, il grande linguista, filosofo e attivista: “Israele ha usato sofisticati jet da attacco e navi da guerra per bombardare campi profughi densamente popolati, scuole, abitazioni, moschee e quartieri poveri; per attaccare una popolazione che non ha aviazione, contraerea, armamenti pesanti, unità di artiglieria, blindati (...). E la chiama guerra. Ma non è guerra, è un assassinio” Non credete a coloro che vi dicono che Israele ha fatto questo per difesa: non è vero perché Israele occupa e chiude la Palestina, e Gaza è una parte della Palestina, da oltre 64 anni, dopo averne scacciato gli abitanti che da sempre vi risiedevano. E ora sta cercando di cacciare ed uccidere quanti non era riuscita a cacciare ed i loro discendente: quindi Israele non sta affatto difendendosi da coloro che sta occupando, ma sta scientemente portando avanti una vera e propria pulizia etnica. Di questo ed altri massacri sono responsabili soprattutto gli Stati Uniti e l’Europa, inclusa l’Italia, che spende centinaia di milioni di euro ogni anno per comprare e vendere armamenti da Israele mentre in Italia si tagliano i salari, si nega il futuro ai giovani, si abbattono i servizi sociali e sanitari. Ed il Governo Monti in particolare, che durante i bombardamenti ha tenuto a sottolineare il suo totale sostegno ad Israele ignorando il massacro È il governo israeliano il vero pericolo, perché spinge verso la militarizzazione del Mediterraneo, trascinando i popoli dell'area in una pericolosa escalation di guerra. Mentre siamo a fianco del popolo palestinese e condanniamo le politiche militariste e liberticide del governo israeliano, altrettanto netta è la nostra condanna nei confronti di qualsiasi forma di antisemitismo e di razzismo. Libertà e Indipendenza per tutto il Popolo Palestinese Fine dell’occupazione dei Territori Palestinesi Occupati Fine dell’assedio di Gaza e apertura di tutti i varchi di terra e di mare Roma per la Palestina

Antisemiti mai.

COMUNICATO STAMPA Antisemiti mai. Venuti a conoscenza del fatto che un gruppo di tifosi di calcio, durante la partita col Tottenham ha esposto uno striscione con scritte antisemite accompagnate da un FREE PALESTINE, condanniamo risolutamente l’uso strumentale della causa palestinese a supporto di ideologie antisemite e/o fasciste con cui non abbiamo niente da condividere nel modo più assoluto. Il nostro impegno per una Palestina libera, laica e democratica c’impone di prendere posizione contro qualunque strumentalizzazione e, soprattutto, contro qualunque forma di razzismo antisemita e specificatamente antiebraico. Ai tanti che lo ignorano vogliamo inoltre ricordare che anche il popolo palestinese è semita, a prescindere dalla cultura o dal credo religioso che pratica. La nostra critica serrata e inequivocabile contro il governo israeliano e contro le azioni criminali di cui si macchia il suo esercito, non accetta confusioni possibili con chi utilizza la giusta causa palestinese per macchiarsi di antisemitismo. Tutta la nostra solidarietà a chi è stato offeso, in quanto ebreo, dalla rozzezza tipica dell’ignoranza fascista. Solidarietà che non offusca minimamente la nostra critica contro chi appoggia l’operato del governo sionista sul piano legale e/o su quello militare verso il popolo palestinese. Associazione Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese, onlus Patrizia Cecconi Presidente Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese

giovedì 22 novembre 2012

E LA CHIAMANO «GUERRA»

di Noam Chomsky L'incursione e i bombardamenti su Gaza non puntano a distruggere Hamas. Non hanno il fine di fermare il fuoco di razzi su Israele, non puntano a instaurare la pace. La decisione israeliana di far piovere morte e distruzione su Gaza, di usare armamenti letali degni di un moderno campo di battaglia su una popolazione civile largamente indifesa, è la fase finale di una pluridecennale campagna per fare pulizia etnica dei palestinesi. Israele usa sofisticati jet da attacco e navi da guerra per bombardare campi profughi densamente popolati, scuole, abitazioni, moschee e slum; per attaccare una popolazione che non ha aviazione né contraerea, armamenti pesanti, unità di artiglieria, blindati (...). E la chiama guerra. Ma non è guerra, è un assassinio. Quando gli israeliani nei territori occupati dicono che si devono difendere, si difendono nel senso che ogni esercito occupante deve difendersi dalla popolazione che sta schiacciando. Non puoi difenderti, quando stai occupando militarmente la terra di qualcun altro. Questa non è difesa. Chiamatela come volete, ma non è difesa.

mercoledì 21 novembre 2012

Comunicato della rete ECO

Pubblicato su Il Manifesto, il 21/11/2012) La Rete Ebrei contro l’Occupazione (ECO) chiama tutti coloro che si schierano per Giustizia, Libertà, Indipendenza e Pace ad esprimere il loro sdegno e la loro concreta opposizione alla strage condotta da Israele nella Striscia di Gaza. I furiosi attacchi condotti ormai da parecchi giorni contro Gaza con la moderna tecnologia di guerra Israelo-americana hanno già causato decine di morti e centinaia di feriti, per la maggior parte civili, oltre ad ingenti danni. Chiediamo che la strage sia subito fermata: lo chiediamo anzitutto ai governanti di Israele, responsabili della strage e distruzione, ed ai governi che appoggiano questa azione criminale: quelli degli Stati Uniti, dei Paesi occidentali, al nostro governo italiano che ha il dovere di agire, direttamente ed in cooperazione con la Comunità Europea. Su scala europea la azione potrebbe essere più efficace, se utilizza i mezzi forti. Chiediamo anzitutto, la immediata sospensione, a) di ogni collaborazione militare con Israele finchè esso non abbia cessato l’aggressione e l’assedio di Gaza, che impedisce l’accesso dei soccorsi umanitari oltre che strangolare l’economia degli abitanti, e la ricostruzione di quanto distrutto in questi giorni e durante la aggressione di 4 anni orsono. b) la sospensione dei contratti di scambio privilegiati di cui Israele beneficia in molti campi. La aggressione a Gaza è solo l’ultima manifestazione di una politica ostile e oppressiva che Israele attua, nel modo più crudele e sprezzante per i valori umani e civili, sin dalla sua nascita: fin da quando, cioè ha avuto origine lo stato di ingiustizia dovuto alla cacciata dalla loro Terra dei Palestinesi, di cui Israele non ha mai riconosciuto il Diritto al ritorno, pur proclamato dalle Nazioni Unite. Israele ha la responsabilità di aver agito ed agire in dispregio anche dei valori che pure hanno, nei secoli passati, caratterizzato la cultura Ebraica. Per questo, ci rivolgiamo anche alle Comunità Ebraiche, in Italia e nel mondo, perche intervengano con voce che potrebbe essere autorevole nei riguardi di Israele, se chiaramente espressa senza concessioni all’idolatra nazionalismo sciovinista. ECO si unisce a chi, associazioni e singoli cittadini, ha a cuore giustizia, libertà e pace, per manifestare a sostegno dei palestinesi colpiti così ferocemente da un’aggressione che nulla può a vantaggio della sicurezza dei cittadini di Israele.

APPELLO rivolto alle Istituzioni nazionali e internazionali

L’associazione umanitaria Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese, onlus attenta e addolorata per quanto sta succedendo nella Striscia di Gaza, rivolge alle Istituzioni nazionali e internazionali l’accorato appello ad assumere posizione affinché la situazione di profonda ingiustizia da cui nasce questo ennesimo massacro abbia fine. NESSUNO può fingere di ignorare che la sicurezza è figlia della giustizia e del diritto delle genti NESSUNO può invocare, quindi, il “diritto alla sicurezza” di Israele se non vengono rimosse le cause prime che minano questo diritto e che negano totalmente lo stesso diritto al popolo palestinese. L’associazione Amici della MRP chiede, pertanto, a tutti gli organismi dell’ONU, ai Parlamentari europei, alle Istituzioni italiane che svolgono il loro compito in nome della Costituzione italiana e dei Principi fondamentali che l’hanno ispirata , di fare tutto quanto possibile affinché la giustizia abbia finalmente il posto che le compete avviando, così, un reale percorso di pace. Solo questo potrà porre fine alla violenza israeliana la quale non può non richiamare la violenza di alcuni gruppi palestinesi che, a fronte degli attacchi armati che subiscono, hanno scelto forme di resistenza armata che possono aver fine solo se viene abrogata logica della forza e sostituita con la ricerca della giustizia. La Striscia di Gaza si trova sotto assedio illegale israeliano da 6 anni, dopo una durissima occupazione militare; la Cisgiordania si trova sotto occupazione da 45 anni; l’illegale muro che ruba terra ai palestinesi avanza da oltre 10 anni; il diritto al ritorno dei palestinesi cacciati dalle loro case - diritto sancito dall’ONU - giace inascoltato da 64 anni; gli insediamenti illegali dei cosiddetti coloni avanzano senza che nessuna sanzione internazionale possa fermare Israele; le violenze dei coloni e dell’esercito israeliano sono all’ordine del giorno; i pescatori di Gaza vengono Associazione Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese, onlus C.F. 90054650586 Sede legale V.le dei Consoli n. 11 – 00175 ROMA - Sede operativa Via B. Orero n. 59 – 00159 ROMA Tel/fax (+39)06.76962041 – 06.5880187 Mobile (+39) 345.7250308 – 347.9013013 Contatti mail: info@palestinamezzalunarossa.org – amicidellapalestina@gmail.com cannoneggiati e spesso feriti o uccisi mentre pescano nelle loro acque, mentre le navi che portano aiuti alla popolazione stremata vengono fermate e sequestrate in acque internazionali dalla marina israeliana. In questo quadro di totale illegalità, arroganza e sopraffazione non ci si può stupire che gruppi senza più speranza nella legalità internazionale decidano, in linea con l’art. 51 della Carta dell’ONU, di rispondere alla violenza con la violenza. Come fermare questa spirale? Ai droni e agli F16 che bombardano quotidianamente la Striscia, la resistenza armata di Gaza risponde con i lanci di razzi, meno potenti ma altrettanto portatori di terrore e talvolta di morte, come successo pochi giorni fa nel sud d’Israele. Non sarà la disparità di armi a fermare gli aggrediti, né tantomeno gli aggressori. Solo l’autorevolezza accompagnata dalla forza sanzionatrice dell’ONU e dei “governi del mondo” può dire a Israele BASTA e, quindi, fermare la spirale di violenza. Se questa, come noi crediamo, è la premessa corretta da cui partire, la conseguenza per garantire la sicurezza di Israele non può che essere l’abbandono dell’illegalità dell’assedio e dell’occupazione. Israele deve porre fine allo Stato di guerra con Gaza instaurato unilateralmente da quando ha dichiarato Gaza “entità ostile” e restituire alla popolazione di Gaza l’accesso al godimento dei diritti fondamentali contemplati dai trattati internazionali In questo contesto è di fondamentale importanza che la comunità internazionale appoggi l’azione del Presidente Abu Mazen volta ad ottenere il riconoscimento dello Stato di Palestina come Stato, benché non membro, da parte dell’Assemblea Generale dell’ONU. Il riconoscimento della Palestina come Stato è condizione imprescindibile per fermare la spirale di violenza in nome della giustizia, lo è perché permetterebbe di portare Israele davanti alla Corte Internazionale di Giustizia, cosa possibile solo come Stato riconosciuto, e non come semplice “entità”. Associazione Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese, onlus C.F. 90054650586 Sede legale V.le dei Consoli n. 11 – 00175 ROMA - Sede operativa Via B. Orero n. 59 – 00159 ROMA Tel/fax (+39)06.76962041 – 06.5880187 Mobile (+39) 345.7250308 – 347.9013013 Contatti mail: info@palestinamezzalunarossa.org – amicidellapalestina@gmail.com Per questo chiediamo di sostenere la RICHIESTA che, in quanto tale, non può essere definita dichiarazione unilaterale e che Abu Mazen presenterà il 29 novembre all’Assemblea Generale dell’ONU. Lì si potrà vedere chi si schiera realmente per favorire una pace giusta e chi si schiera per mantenere sempre vivo un conflitto che fa vendere tante armi in cambio di tante vite nonché di quella sicurezza, invocata solo strumentalmente, che le armi non possono garantire L’associazione Amici della MRP è un’associazione umanitaria, supporta la Mezzaluna Palestinese e lavora, principalmente, per garantire la vita, la sicurezza e lo sviluppo sereno dell’infanzia palestinese. Scegliamo, per nostra convinzione e in base al nostro statuto le forme di resistenza non violenta, ma sappiamo bene che solo la speranza nella giustizia può alimentare questo agire. Per questo non vi chiediamo di schierarvi per l’una o l’altra parte, vi chiediamo di schierarvi per la giustizia, coscienti che solo la giustizia può fondare la pace. Anche da Israele si levano voci in tale direzione. Sono voci che il governo cerca di smorzare, ma riescono comunque a farsi sentire. Anche per questo, nonostante tutto, abbiamo ancora speranza. Ed è per questo che vi rivolgiamo il nostro appello. Associazione Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese, onlus amicidellapalestina@gmail.com

martedì 20 novembre 2012

Sesto giorno di guerra – 19 novembre 2012, report dallo Shifa hospital

Posted on novembre 20, 2012 by SimonCMSS fonte: http://ilblogdioliva.blogspot.co.il/2012/11/sesto-giorno-di-guerra-19-novembre-2012.html Ieri pomeriggio mi sono recata come ogni giorno allo Shifa hospital per registrare i feriti e le vittime degli attacchi israeliani. Il dottor Sami ci ha confermato che molti persone hanno riportato feriti da esplosioni. Verso le 11 del mattino di ieri apaches israeliani hanno nuovamente bombardato con due missili l’edificio Shourouq in Gaza city, dove si trovano uffici di agenzie stampa e lavoravano tanti giornalisti. Una persona è rimasta uccisa, Ramiz Harb, 36 anni, originario di Shijaia, Gaza city, e tre persone sono rimaste ferite. Il dottor Sami ha confermato che la maggior parte dei feriti in questi attacchi israeliani sono donne e bambini, così come la famiglia Al Dalu, sterminata l’altro ieri in un bombardamento in Nasser street. “Si sta verificando una situazione simile a quella del 2008-2009 – facendo riferimento a Piombo Fuso – quando in oespdale arrivavano padrei, madri, bambini, intere famiglie di feriti” , continua il dottor Sami, concde affermando che c’è una chiara escalation da ieri. Nelle prime ore del mattino di ieri infatti l’aviazione militare israeliana ha bombardato il quartiere di Zaytoun in Gaza city, colpendo tre abitazioni. Tre le famiglie colpite,tra cui la famiglia Abu Zor, 4 persone uccise, tra cui un bambino di 4 anni, ed almeno una decina i feriti. Le vittime sono: Iyad Abu Zor, 4 anni Nesma Abu Zor, 19 anni Sanar Abu Zor A’ahed Al Qatati, 38 anni Tre bambini della famiglia Abu Zor sono attualmente in Terapia Intensiva nello Shifa hospital: Foad Abu Zor, 6 anni Mohammed Abu Zor, 9 anni Hanady Abu Zor, 10 anni Eccoli nel reparto di Tarapia Intensiva. Tutti sono in condizioni estremamente critiche. Hanno subito traumi soprattutto alla testa. Foad Abu Zor, 4 anni. Trauma cranico, fratture multiple, emorragia cerebrale. Mohammed Abo Zor, 9 anni Trauma cranico, fratture multiple, emorragia cerebrale. Sottoposto a ventilazione meccanica. Hanady Abu Zor, 10 anni Ferita alla milza, che è stata rimossa. Fratture multiple al volto. Emorragie cerebrali. Ferita sull’occhio. Forte ematoma sull’addome. E’il caso più grave in terapia intensiva Verso le 16.30 arriva in ospedale un ragazo ferito durante il bombardamento su Sheik Adwan, a nord di Gaza, il suo nome è Ala Al Ashi, 16 anni Ala Al Ashi, 16 anni Ala Al Ashi, 16 anni Verso le 17.00 arriva in ospedale un altro bambino ferito in un attacco israeliano su Nasser street, in Gaza city. Yasser Al Ejla, 11 anni. Yasser Al Ejla, 11 anni Altri feriti arrivano in ospedale: Jamal Mushta, 16 anni; Abed Abu Al Byed, 22 anni, vigile del fuoco, rimasto ferito in un attacco israeliano nell’area di Rimal, Gaza city. “E’andato sul posto per cercare di aiutare le persone, ed è rimasto ferito”, mi hanno detto mi dottori. Successivamente arriva un bimbo ferito alla testa. Moataz Al Rifi, 6 mesi. Moataz Al Rifi, 6 mesi Ore 18.30, circa 100 feriti arrivati allo Shifa hospital in 24 ore. Arrivano ancora bambini feriti. Nihad Jihad Masri, 9 anni Nihad Jihad Masri, 9 anni e Abdallah Mohammed Ashour, 7 anni, ferito in un attacco israeliano sul campo rifugiati di Shati. Abdallah Mohammed Ashour, 7 anni Successivamente, arriva in ospedale un ragazzo ferito in un bombardamento sul quartiere Tuffah di Gaza city. Anche una donna ferita è giunta in ospedale, in stato di alto stress, Samah Hlewa, 17 anni, ed una bambina di 12 anni, Ranin Al Skafy. Samah è incinta di 8 mesi. Sempre in serata, è arrivato in ospedale un uomo appartenente alla famiglia Abu Zor, colpita nella mattinata nel quartiere di Zaytoun Il suo viso tremava, il suo corpo tremava, era in stato shock. Aveva perso la moglie in giornata nel bombardamento su Zaytoun. Gli attacchi si sono susseguiti, altri feriti sono giunti in ospedale. Saad El Baradu, 21 anni, rimasto ferito in Al Samir square, al centro di Gaa city. Abbiamo appreso anche di un nuovo bombardamento sul campo rifugiati di Jabalia, in cui una abitazione è stata colpita, ed 8 persone sono rimaste ferite, appartenenti alla famiglia Salha. Verso le 20.20 un ragazzo ferito in un bombardamento su Jabalia è stato trasportato in ospedale MustafaHagiasi, 17 anni, era stato trasportato al Kamal Odwan hospital in Beit Lahia, per poi essere trasferito allo Shifa hospital. Un dottore mi ha spiegato che Mustafa è stato colpito da pietre che si sono scaraventate sul suo corpo a seguito dell’esplosione. Ha subito trauma cranico ed ora resterà allo Shifa hospital per gli accertamenti sulle sue condizioni. suo padre Foad invece è rimasto ucciso. Colgo l’occasione di parlare con un dottore anche del bombardamento che ha colpito in “Saraya” la notte precendente. Una bambina, Dana Shandi, è morta a seguito di questo bombardamento. “Non è morta perché ferita, non avea segni sul suo corpo”, mi ha detto un dottore, “è morta per spavento, per l’enorme esplosione. Spesso i bambini muoiono solo per attacchi di cuore”, perché spaventati. Successivamente apprendiamo di un attacco aereo su Rafah, A sud della Striscia di Gaza, in cui sono stati riportati 3 feriti appartenenti alla famiglia Ramzy Al Raiy. Un’altra famiglia sterminata. Un attacco sul campo rifugiati di Jabalia ha colpito l’abitazione della famiglia Hajiazi. Due bambini ed i loro genitori sono morti. I due bambini sono: Sohaib Foad Hajazi, 2 anni Mohammed Hajazi, 4 anni Verso le 21.40, a seguito di un bombardamento su Sheik Rudwan, in Nafaq street, una donna è arrivata in ospedale traumatizzata. Wafa Ghazably, 28 anni. Wafa Ghazably, 28 anni Verso le 22.00 è avvenuto un nuovo attacco a nord ovest di Rafah, a sud della Striscia di Gaza. Un’abitazione della famiglia Al Natrata è stata coinvolta nell’attacco, due bambini, di un 1 anno e mezzo ed 11 anni, sono rimasti feriti una donna anziana ed un ragazzo ed un’altra decina di persone. Successivamente si sono susseguiti diversi attacchi aerei da nord a sud. Un attacco in Gaza city nel quartiere di Tal Al Awa ha coinvolto l’abitazione della famiglia Al Hallaq, verso le 22.20. Un amico palestinese con me in ospedale stava cercando di trascrivere un riassunto delle vittime e dei feriti della giornata con l’aiuto della radio, ma non era possibile in quanto gli attacchi avevvenivano minto dopo minuto e di conseguenza il numero dei feriti. Nel reparto di Terapia Intensiva c’erano anche altre persone rimaste ferite negli ultimi attacchi israeliani, tra cui una bambina di 4 anni, Nesma Qalaja, ferita nel bombardamento che ha colpito il palazzo dei media “Shourouq building”, in Gaza city. Nesma Qalaja, 4 anni. Trauma cranico, emorragie cerebrali In Terapia Intensiva vi erano anche altre tre persone, tra cui una donna appartente alla famiglia Hajazi, colpita nel bombardamento in Jabalia. Anna Hajazi, 50 anni, sarebbe morta poco dopo. Anna Hajazi, 50 anni Verso mezzanotte un apache israeliano ha colpito l’abitazione della famiglia Nasarsa in Rafah. Due fratelli sono morti e 10 persone rimaste ferite: Mohammed Al-Nasasra, 20 anni e Ahmad Al-Nasasraa 18 anni . Verso le 3.20 del mattino un attacco israeliano ha colpito un’abitazione di 3 piani in Zaytoun, dove viveva la famiglia Al Khor. Cinque bambini sono rimasti feriti, una persona appartente alla famiglia Al Tawil, ed un’altra donna ferita è stata trasportata allo Shifa hospital con fratture, totale 7 persone ferite. Un attacco ha colpito anche la sede centrale della National Islamic Bank in Gaza city. Durante la notte si sono susseguiti anche i bombardamenti da parte della MArina militare israeliana a cui soono aggiunti attacchi da parte dei carro armati a sud della Striscia di Gaza, nell’area di Khan Younis, e a nord della Striscia di Gaza, nell’area di Beit Hanoun. Gaza ore 1.00 pm

lunedì 19 novembre 2012

Sporchi giochi politici sulla pelle degli innocenti

Un film sulla Shoah, siamo in un ghetto ebraico un ragazzo sta camminando, un soldato nazista punta il fucile e spara, lo uccide così senza una ragione, perchè gli va, perchè può farlo. Ghetto di Gaza 2012 un bambino sta giocando a pallone, un soldato israeliano punta il fucile e spara, lo uccide senza motivo. Perchè gli va, perchè può farlo. Oggi gli “ebrei” sono i palestinesi, sono gli ebrei degli israeliani. Costoro hanno per i palestinesi lo stesso disprezzo che a suo tempo ha colpito gli ebrei. L'occidente ha sempre creduto di essere superiore ai popoli “orientali” considerati come bruti senza cervello che era giusto dominare e sottomettere, Israele fatte salve poche eccezioni di coraggiosi, pensa di essere occidentale. Così fa piovere le sue bombe di “stato democratico”, come si percepisce, sulle teste di un popolo inerme uccidendo senza motivo ad oggi più di 90 persone. Maledetti. Maledetti assassini. Interpellato da un giornalista Peres, noto criminale di guerra giustifica l'atroce massacro con un luogo comune così stantio che ho potuto citarlo, come già vecchio, in un racconto che ho scritto nel 2002. “Abbiamo fatto la pace con la Giordania e con l'Egitto, ma i palestinesi non vogliono la pace”. E dire che gli hanno dato il nobel per la pace...ma del resto lo hanno dato anche ad Obama e poco c'è mancato che lo dessero a Sharon. Il noto cosiddetto pacifista Yoshua invece si produce in un'affermazione surreale: “Gaza è uno stato con un esercito e sta attaccando Israele”. Vuoi vedere che il famoso stato palestinese c'era già e non ce ne eravamo accorti? Ma i motivi in realtà ci sono, si tratta di sporchi calcoli politici sulla pelle di bambini e giovani innocenti. Da tempo i guerrafondai israeliani minacciavano un altro “piombo fuso” perchè lo hanno scatenato adesso? Ci sono a breve le elezioni in Israele e cosa meglio di una “guerra” per compattare la popolazione e rastrellare voti? Più morti ci sono più voti rimediano. Ma come si fa a chiamare guerra un massacro unilaterale su una popolazione inerme? Anche le definizioni sono false e bugiarde. Un secondo motivo è la richiesta all'Onu da parte dell'Ap del riconoscimento dello stato palestinese come osservatore che avverrà a novembre. Israele sa che il suo complice abituale non può porre il veto e si tratta perciò di imbrogliare le acque, far tanto casino da oscurare questo avvenimento che potrebbe dare ai palestinesi qualche strumento di difesa e di contrattazione. Si dice che non è importante chi ha cominciato e invece si, è importante sapere che ha cominciato Israele gratuitamente e proditoriamente rompendo una tregua che Hamas ha sempre rispettato. Israele aveva bisogno che i gazawi si incazzassero tanto da tirare centinaia di razzi che del resto sono meno di una puntura di spillo per Israele che li intercetta pure prima che cadano. Così potrà dire che sono i gazawi a essere terroristi e quanto sia inopportuno dare ai palestinesi questo riconoscimento. Ma non illudiamoci, anche senza i kassam avrebbe trovato comunque qualche argomento perchè chi ha il potere ha sempre ragione e il mondo accetta le sue argomentazione secondo cui il sasso tirato da un bambino contro un carro armato è un atto di guerra. Il 16 novembre è stato assassinato Ahmed Jabari, dipinto come un terrorista della peggior specie e come “il nostro Bin Laden” la testimonianza di Gershon Baskin l'attivista che ha contribuito a mediare tra Israele e Hamas nelle trattative per il rilascio di Shalit, ci dà un quadro ben diverso della situazione e dimostra quanto Israele voglia la pace. di Nir Hasson – 16 novembre 2012 Ore prima di essere ucciso, l’uomo forte di Hamas, Ahmed Jabari, aveva ricevuto la bozza di un accordo di tregua permanente con Israele, che comprendeva meccanismi per mantenere il cessate il fuoco nel caso di scontri tra Israele e le fazioni della Striscia di Gaza. Baskin ha dichiarato giovedì ad Haaretz che alti dirigenti israeliani erano al corrente dei suoi contatti con Hamas e i servizi segreti egiziani, mirati a formulare una tregua permanente ma che, ciò nonostante, essi hanno approvato l’assassinio. “Penso che abbiano commesso un errore strategico,” ha affermato Baskin, un errore “che costerà la vita di un grande numero di innocenti di entrambe le parti.” “Questo sangue avrebbe potuto essere risparmiato. Quelli che hanno preso la decisione devono essere giudicati dagli elettori, ma, con mio rammarico, otterranno più voti proprio per questo,” ha aggiunto. Baskin aveva inviato messaggi quotidiani per mesi prima della formulazione dell’accordo. Aveva mantenuto aperto il canale di comunicazione con Gaza anche dopo il completamento dell’accordo su Shalit. Secondo Baskin, negli ultimi due anni Jabari aveva interiorizzato la consapevolezza che le tornate di ostilità con Israele non erano di beneficio né ad Hamas né agli abitanti della Striscia di Gaza e causavano soltanto sofferenze, e aveva agito molte volte per evitare i lanci di Hamas contro Israele. Ha affermato che anche quando Hamas era stato forzato a partecipare al lancio di razzi, i suoi razzi finivano sempre in spazi israeliani aperti. “E ciò era voluto,” ha chiarito Baskin. Mesi fa Baskin ha mostrato al ministro della difesa, Ehud Barak, una bozza dell’accordo e sulla base di tale bozza è stato creato un comitato interministeriale sul problema. L’accordo doveva essere la base per una tregua permanente tra Israele e Hamas, che avrebbe prevenuto le ripetute tornate di scontri. “In Israele,” Baskin ha detto, “hanno deciso di non decidere e nei mesi recenti ho preso l’iniziativa di sollecitare di nuovo.” Nelle settimane recenti egli ha rinnovato il contatto con Hamas e con l’Egitto e proprio questa settimana era in Egitto a incontrare personaggi di vertice del sistema dei servizi segreti e con un rappresentante di Hamas. Egli afferma di essersi formato l’impressione che la pressione esercitata dagli egiziani sui palestinesi perché smettano gli attacchi sia stata seria e sincera. “Era destinato a morire; non un angelo né un giusto uomo di pace,” ha detto Baskin di Jabari e dei suoi sentimenti dopo l’uccisione, “ma il suo assassinio ha ucciso anche la possibilità di ottenere una tregua e anche la capacità di operare dei mediatori egiziani.

94 ASSASSINATI A GAZA UN MIGLIAIO I FERITI TANTI I MUTILATI E FERITI GRAVI

I PALESTINESI UCCISI SONO 94. QUASI UN MIGLIAIO LE PERSONE FERITE. TRA LORO MOLTI I MUTILATI GRAVI. SONO IN CORSO MANIFESTAZIONI DURAMENTE REPRESSE IN TUTTA LA WEST BANK SI PARLA DI 54 FERITI, POCO FA A BETLEMME ERANO IN CORSO DURI SCONTRI VICINO AL CHECK POINT DELLA TOMBA DI RACHELE. IERI SONO GIRATI VIDEO ALLARMANTI SULLA REPRESSIONE DELLE E DEI MANIFESTANTI A NABLUS E RAMALLAH. GAZA E' UNA STRISCIA DI TERRA LUNGA 40 KM E DI UN AREA COMPLESSIVA DI 365 KM2 (MENO DELL'ISOLA Saintes-Maries-de-la-Mer /Bouches-du-Rhône. per chi la conosce) CI VIVONO 1.7 MILIONI DI PERSONE. DI QUESTE 1.1 SONO RIFUGIATI E PERSONE INTERNAMENTE DISLOCATE. IL 56% SONO BAMBINI. E'UNA DELEL ZONE PIU' DENSAMENTE POPOLATE AL MONDO. E' UNA PRIGIONE A CIELO APERTO. CHI E' SOTTO LE BOMBE NON PUO' SCAPPARE. DA SEI GIORNI PIOVONO LE BOMBE DAL CIELO DI GAZA E DAL MARE. REPUBBLICA TITOLA: UN TERZO SONO CIVILI.. LE NAZIONI UNITE STANNO CALCOLANDO CHE I CIVILI SIANO ALMENO L'80%. PAGLIARA, INVIATO RAI, MENTE, MENTE E POI MENTE ANCORA. NOI IN ITALIA NON ABBIAMO MODO DI CAPIRE QUANTO ACCADE IN QUEI LUOGHI SE CI AFFIDIAMO ALLA NOSTRA STAMPA E ALLA TELEVISIONE. A SEGUIRE TROVATE I NOMI E LE ETA' DEI MORTI. AGGIORNATO ALLE 5.30 DI QUESTA MATTINA. (SONO 89, GLI ALTRI CORPI DEVONO ANCORA ESSERE IDENTIFICATI) ...up until 05.30 confirmed names 1. Ahmad Al-Ja’bary, 52 years old. 2. Mohammed Al-Hams, 28 years old. 3. Rinan Arafat, 4 years old. 4. Omar Al-Mashharawi, 11 Month old 5. Essam Abu-Alma’za, 20 years old. 6. Mohammed Al-qaseer, 20 years old. 7. Heba Al-Mashharawi, six-months pregnant, 19 years old. 8. Mahmoud Abu Sawawin, 65 years old. 9. Habis Hassan Mismih, 29 years old. 10. Wael Haidar Al-Ghalban, 31 years old. 11. Hehsam Mohammed Al-Ghalban, 31 years old. 12. Rani Hammad, 29 years old. 13. Khaled Abi Nasser, 27 year old. 14. Marwan Abu Al-Qumsan, 52 years old. 15. Walid Al-Abalda, 2 years old. 16. Hanin Tafesh, 10 months old. 17. Oday Jammal Nasser, 16 years old. 18. Fares Al-Basyouni, 11 years old. 19. Mohammed Sa’d Allah, 4 years old. 20. Ayman Abu Warda, 22 years old. 21. Tahrir Suliman, 20 years old. 22. Ismael Qandil, 24 years old. 23. Younis Kamal Tafesh, 55 years old. 24. Mohammed Talal Suliman,28 years old. 25. Amjad Mohammed Abu-Jalal, 32 years old. 26. Ziyad Farhan Abu-Jalal, 23 years old. 27. Ayman Mohammed Abu Jalal, 44 years old. 28. Hassan Salem Al-Heemla’, 27 years old. 29. Khaled Khalil Al-Shaer, 24 years old. 30. Ayman Rafeeq Saleem, 26 years old. 31. Ashraf Hassan Darwish, 22 years old 32. Osama Mousa Abdel Jawwad, 27 years old 33. Ali Abdul Hakim Almana'ama, 20 years old 34. Mokhlis Adwan, 30 years old 35. Ahmed Osama Al-Atrash, 22 years old 36. Mohammed Saleh Allolhai, 22 years old 37. Awad Hamdy Al-Nahhal, 23 years old 38. Abdel Rahman Salem Al-Masri, 31 years old 39. Mohammed Mahmoud Yassin, 24 years old 40. Osama Abdel Jawad, 25 years old 41. Ali Hassan Ali bin Said, 25 years old, killed in an attack on his motorbike in Deer Al-Balah, central Gaza, at 8:10 pm, November 17. 42. Mohammed Sabri Alouidat, 25 years old 43. Osama Yousif Al-Qadi, 26 years old. 44. Ahmed Salem Salama Said, 42 years old 45. Hani Abdel Majid Aberriam, 21 years old 46. Samaher Khalil Qudeih, 28 years old 47. Tamer Al Hemry, 26 years old 48. Tamer Salameh Abu Sufyan, 3 years old 49. Jumana Salameh Abu Sufyan, 1 years old 50. Muhamed Abu Nuqira 51. Iyad Abu Khousa, 18 monthss old 52. Tasneem Zuhaer Al Halal, 13 years old 53. Ahmad Essam Al-Nahhal, 25 years old 54. Nawal Farag Abdelaal, 52 years old 55. Ahmed Hassan, 27 years old 56. Mohammed Jamal Al Dalou, (grandfather of Dalou family), Age Unconfirmed 57. Ibrahm Mohammed Jamal Al Dalou, 1 year old 58. Raneen Mohammed Jamal Al Dalou, 5 years old 59. Jamal Mohammed Jamal Al Dalou, 7 years old 60. Yousef Mohammed Jamal Al Dalou, 10 years old 61. Samah Al Dalou, 25 years old 62. Sulafa Al Dalou, 46 years old 63. Tahani Al Dalou, 50 years old 64. Amina Matar Al-Mzanner, 83 years old 65. Abdallah Mohammed Al-Mzanner, 23 years old 66. Jamal Al Dalou, (father of Dalou family), age unconfirmed 67. Hussam Abu Shaweesh, 37 years old 68. Suhail Hammad, 45 years old 69. NourAmin Hammad, 15 years old 70. Atiyyeh Mubarak, 54 years old 71. Hussam Abu Shaweish 72. Mohammed Bakr Al-Of, 24 years old, killed in an attack on A-Yarmouk st. in Gaza city. 73. Samy Al Ghfeir, 22 years old, killed in an attack on Shijaiyya area, west Gaza. 74. Nabeel Ahmad Abu Amrra, age unconfirmed 75. Ahmed Abu Amra, age unconfirmed 76. Hussein Jalal Nasser, 8 years old 77. Jalal Nasr, 39 years old 78- Sabha Al-Hashash, 60 years old. 79- Saif Al-Deen Sadeq 80- Ahmad Hussein Al-Agha. 81- Emad Abu Hamda, 30 years old, killed after being seriously injured in as a drone fired a rocket at Beach camp, west Gaza. 82- Mohammed Salama Jindiyya, 31 years old and mentally disabled, killed in an attack on Helles roundabout in Shijaiyya, west Gaza. 83. Saadiyeh Al Tayyub, age unconfirmed 84. Nawal Abdel Ali, age unconfirmed 85. Ahmad Najeeb, age unconfirmed 86. Nisma Abu Zour, 19 years old 87. Mohammed Iyad Abu Zour, 5 years old 88. Sahar Abu Zour, age unconfirmed 89. Ahed Al Qattati, 38 years old

ECCO I NEMICI DI ISRAELE! ECCO DA CHI HA IL DIRITTO DI DIFENDERSI QUESTO STATO CRIMINALE!

domenica 18 novembre 2012

I piccoli uccisi

Una famiglia sterminata

domenica 18 novembre 2012 Gaza bombardamento attacco / Gaza bombardamento feriti attacco / Operation Pillar of Cloud Una famiglia sterminata - Operation Pillar of Cloud Pubblicato da Rosa Schiano a 23:53 Quinto giorno di guerra contro Gaza, continua l'Operazione militare israeliana Pillar of Cloud. 72 persone uccise, incluso 19 i bambini, 670 i feriti al momento in cui scrivo, la maggior parte donne e bambini. Oggi l'aviazioni militare israeliana ha bombardato un edificio di tre piani in Nasser street, Gaza city, sterminando una intera famiglia. Ho visto i corpi delle piccole vittime in ospedale. Ibrahim Al Dalu, 11 mesi Jamal Al Dalu, 6 anni Yousif Al Dalu, 5 anni Sara Al Dalu, 3 anni Anche la loro madre è morta: Samah Al Dalu, 22 anni, ed il loro padre, Mohammed Al Dalu, 28 anni. Morta anche la zia Ranin Al Dalu, 22 anni, e dipersa la seconda zia, Yara Al Dalu. Morta anche la nonna, Suhila Al Dalu, 50 anni. Morti anche due vicini di casa: Abdallah Mzanar, 20 anni, e Amina Mznar, 80 anni. Un'intera famiglia sterminata. il bombardamento è avvenuto sull'intero edificio di tre piani, completamente distrutto. L'aviazione militare israeliana sta continuando a bombardare in questo momento. Enorme bombardamento in questi minuti anche dalla Marina militare israeliana. In serata un'altra casa è stata colpita in Jabalia, a nord di Gaza city, un bambino di 4 anni, Hasan Nasser, è morto e suo padre è gravemente ferito. A breve report completo dallo Shifa hospital. 18 novembre 2011, ore 23.50

Alain Gresh : omicidi e disinformazione a Gaza

Alain Gresh : omicidi e disinformazione a Gaza Alain Gresh fa il punto sulla situazione a Gaza prima dell'escalation militare cominciata nell'ottobre scorso e intensificatasi negli ultimi giorni. Il direttore aggiunto di Le Monde Diplomatique denuncia la politica degli omicidi mirati e condanna la complicità dei media nei confronti della propaganda israeliana. di Alain Gresh * - traduzione a cura di Jacopo Granci Per capire l'escalation a Gaza è necessario introdurre qualche dato su questo territorio (360 km2, più di un milione e mezzo di abitanti - una caratteristica che lo rende uno dei luoghi del pianeta con maggiore densità di popolazione), occupato da Israele dal 1967. Nonostante il ritiro dell'esercito dalla striscia (2005), infatti, i suoi accessi con il mondo esterno sono sempre controllati dallo Stato ebraico e la circolazione all'interno è limitata. Il blocco attuato qualche anno fa dura fino ad oggi: per le Nazioni Unite Gaza rimane un territorio occupato. I dati che seguono sono stati diffusi dall'ufficio dell'ONU per il coordinamento delle questioni umanitarie nei territori palestinesi (OCHAOPT) in un documento del giugno 2012 intitolato Five Years of Blockade: The Humanitarian Situation in the Gaza Strip (in allegato): - è nel giugno 2007 che il governo israeliano ha deciso di intensificare il blocco di questo territorio, già severamente "sotto controllo"; - il 34% della popolazione (e la metà dei giovani) è disoccupata; - l'80% della popolazione dipende dagli aiuti umanitari; - il PIL pro capite era, nel 2011, il 17% al di sotto di quello del 2005 (considerando l'inflazione); - nel 2011 solo un camion al giorno usciva da Gaza con prodotti volti all'esportazione, ossia meno del 3% delle cifre di affari registrate nel 2005; - il 35% delle terre coltivabili e l'85% delle acque riservate alla pesca sono parzialmente o totalmente inaccessibili agli abitanti di Gaza a causa delle restrizioni israeliane; - l'85% delle scuole sono costrette a fornire un doppio servizio - uno la mattina e un altro nel pomeriggio - a causa del sovrappopolamento. Ogni guerra, si sa, viene accompagnata da un'intensa propaganda e il governo israeliano è ormai maestro in quest'arte. Già al momento dell'offensiva di dicembre 2008 -gennaio 2009 avevamo assistito, in questo senso, alla deflagrazione mediatica. Perfino alcuni intellettuali francesi, tra cui l'imbarazzante Bernard-Henri Lévy, avevano contribuito a tale disinformazione. L'uomo assassinato qualche giorno fa da Israele, Ahmed Jabari, era il capo dell'ala militare di Hamas. La grande maggioranza dei media lo descrivono come un "terrorista" responsabile di tutti gli attacchi compiuti contro Israele. La realtà, tuttavia, è ben lontana da questo ritratto - senza contare l'utilizzo del termine "terrorismo", per lo meno ambiguo. Come spesso accade, è proprio un giornalista israeliano - Aluf Benn - a ricordare che: “Ahmed Jabari era un appaltatore, incaricato da Israele di mantenere l'ordine e la sicurezza nella Striscia di Gaza. Questa definizione sembrerà senza dubbio assurda a tutti coloro che, nelle ultime ore, hanno visto Jabari descritto come 'l'archetipo del terrorismo', 'il capo del personale del terrore' o ancora 'il nostro Bin Laden'. Tuttavia, questa è la realtà degli ultimi cinque anni e mezzo. Israele aveva imposto ad Hamas di osservare una tregua nel sud e di farla rispettare alle numerose organizzazioni armate insediate nella striscia. L'uomo a cui era stato affidato questo compito era appunto Ahmed Jabari”. Basta osservare i grafici pubblicati dallo stesso ministero degli Affari Esteri israeliano sul lancio dei razzi palestinesi per rendersi conto che, in generale, la tregua è stata rispettata. L'accordo è stato rotto dai raid dell'esercito israeliano il 7 e l'8 ottobre 2012, poi il 13 e il 14, provocando un'escalation che da allora continua senza interruzioni. E, alla vigilia dell'omicidio di Jebari, un'altra tregua era stata conclusa grazie alla mediazione dell'Egitto, come conferma la testimonianza dell'attivista pacifista Gershon Baskin ripresa da Haaretz. Storicamente, ogni escalation degli attacchi a Gaza fa seguito ad omicidi mirati di militanti palestinesi. Queste esecuzioni extragiudiziali sono una pratica consolidata per il governo israeliano (a cui gli USA hanno dato il loro consenso ormai da tempo). Avete detto "terrorismo"? Leggete l'articolo di Sharon Weill “De Gaza à Madrid, l’assassinat ciblé de Salah Shehadeh”. Lo scenario era identico nel 2008. Mentre la tregua era rispettata sul versante palestinese dal giugno 2008, sono stati gli omicidi in novembre di sette attivisti nella Striscia che hanno dato il la all'intensificazione degli attacchi e poi all'operazione "Piombo fuso". Sulle violazioni dei cessate il fuoco compiute da Israele negli ultimi anni è interessante leggere l'articolo di Adam Horowitz, “Two new resources : Timeline of Israeli escalation in Gaza and Israel’s history of breaking ceasefires”. Del resto, è difficile parlare di un vero scontro tra due parti: i razzi palestinesi non sono armi paragonabili agli F-16 e ai droni israeliani. Il bilancio in termini di vite umane, stilato dopo la tregua del gennaio 2009 seguita all'operazione "Piombo fuso", lo conferma. L'organizzazione israeliana per la difesa dei diritti umani B’Tselem ha pubblicato un elenco dei palestinesi e degli israeliani uccisi a Gaza tra il 19 gennaio 2009 e il 30 settembre 2012. 271 palestinesi (di cui 30 bambini) e 4 israeliani. Le cifre parlano da sole. * La versione orginale dell'articolo, pubblicato su Les blog du Diplo de Le Monde, è qui. ocha_opt_gaza_blockade_factsheet_june_2012_english.pdf Speciale Gaza/ Di omicidi e disinformazione


Gaza : Il j'accuse di Chomsky alla stampa.

Noam Chomsky e altri esponenti del mondo culturale scrivono un appello ai media mainstream: "Nous accusons. La stampa non informa sulle atrocità di Gaza". E si rivolgono ai giornalisti: "Rifiutate di essere strumento di questa politica". di Noam Chomsky e altri - traduzione a cura di Elena Bellini* 13 novembre 2012 Mentre i Paesi in Europa e Nord America commemoravano, l’11 novembre scorso, le vittime di guerre passate e presenti, Israele stava bombardando i civili. Il 12 novembre, svegliandosi pronti per una nuova settimana, i lettori a colazione sono stati inondati da racconti strazianti sui militari vittime di guerre passate e presenti. Non c’era però nessun accenno, o ce n’erano di molto brevi, al fatto che la maggior parte delle vittime delle guerre di oggi sono civili. Era veramente difficile trovare, la mattina del 12 novembre, anche una qualsiasi menzione agli attacchi su Gaza che sono andati avanti per tutto il weekend. Una rapida occhiata lo conferma per Canada's CBC, Globe and Mail, Montreal's Gazette e Toronto Star. Stessa cosa per Equally, per il New York Times e per la BBC. Secondo il rapporto di PCHR – Palestinian Center for Human Rights, domenica 11 novembre, 5 civili palestinesi, inclusi tre bambini, sono stati uccisi nella Striscia di Gaza nelle precedenti 72 ore, oltre a due membri del personale di sicurezza palestinese. Quattro delle vittime sono morte in seguito all’attacco dell’artiglieria israeliana su un campetto di calcio. Inoltre, 52 civili sono stati feriti, dei quali sei erano donne e 12 erano bambini. Da quando abbiamo iniziato a scrivere, il numero delle vittime palestinesi è aumentato, e continua ad aumentare. Articoli che non riportano della maggior parte delle uccisioni e si concentrano prevalentemente sull’uccisione del personale di sicurezza palestinese. Per esempio, un articolo di Associated Press, pubblicato su CBS – notizie dal mondo del 13 novembre, intitolato “Israele ipotizza di riprendere gli omicidi mirati di militanti di Gaza”, non dice assolutamente niente dei civili morti o feriti. Rappresenta le uccisioni come “assassini mirati”. Il fatto che le vittime siano state prevalentemente civili indica che Israele non è tanto impegnata in “assassinii mirati”, quanto in assassini “collettivi”, visto che, ancora una volta, sta commettendo il crimine di punizione collettiva. Un’altra notizia di Associated Press su CB news del 12 novembre riporta: “Il lancio di razzi da Gaza aumenta la pressione sul governo di Israele”. Allega una foto di una donna israeliana che guarda un buco sul soffitto di casa. Di nuovo, nessuna immagine, nessun accenno alle numerose vittime sanguinanti o ai cadaveri a Gaza. Sempre sulla stessa linea, un titolo della BBC del 12 novembre recita: “Israele colpito da un nuovo lancio di razzi da Gaza”. Tendenze simili possono essere mostrate anche sui media mainstream europei. Quanto viene riportato si focalizza principalmente sui razzi che sono stati lanciati da Gaza, nessuno dei quali ha causato vittime. Ciò che non emerge sono i bombardamenti su Gaza, che in molti casi hanno causato effetti gravi e fatali. Non ci vuole un esperto in scienza della comunicazione per capire che ciò che abbiamo di fronte è, nella migliore delle ipotesi, un modo scadente e distorto di riportare i fatti, nella peggiore invece una volontaria e disonesta manipolazione dei lettori. Inoltre, articoli che non fanno menzione delle vittime palestinesi a Gaza riferiscono abbondantemente che le operazioni israeliane vengono condotte in risposta ai razzi da Gaza e al ferimento di soldati israeliani. Comunque, la cronologia degli eventi (che hanno portato, n.d.t.) all’attacco è iniziata il 5 novembre, quando un uomo di 20 anni, innocente e apparentemente disabile mentale, Ahmad al-Nabaheen, è stato ucciso dai proiettili mentre cercava di avvicinarsi al confine. I medici hanno dovuto aspettare sei ore per avere il permesso di recuperarlo e sospettano che potrebbe essere morto a causa del ritardo nei soccorsi. Poi, l’8 novembre, un ragazzino di 13 anni che stava giocando a pallone davanti alla sua casa è stato ucciso dai proiettili dello IOF, che era entrato nel territorio di Gaza con carri armati ed elicotteri. Il ferimento di quattro soldati israeliani al confine il 10 novembre era quindi già un anello della catena di eventi in cui sono stati uccisi dei civili di Gaza, e non il fattore scatenante. Noi sottoscritti siamo da poco rientrati da una visita nella Striscia di Gaza. Alcuni di noi, adesso, hanno contatti tramite social media con palestinesi che vivono a Gaza. Per due notti di fila i palestinesi di Gaza sono stati impossibilitati a dormire a causa della continua presenza di droni, F16 e bombardamenti indiscriminati di vari obiettivi nella Striscia di Gaza così densamente popolata. Lo scopo di tutto ciò è chiaramente quello di terrorizzare la popolazione, riuscendoci, così come abbiamo potuto accertare dai rapporti dei nostri amici. Se non fosse per i post su Facebook, non sapremmo nulla del livello di terrore patito ogni giorno dai civili palestinesi di Gaza. Questo contrasta in modo netto con la consapevolezza mondiale sui cittadini israeliani terrorizzati e sconvolti. Un estratto di un report inviato da un medico canadese che si trovava a Gaza e ha aiutato al pronto soccorso dell’ospedale Shifa durante la settimana dice: “I feriti erano tutti civili con molteplici ferite da proiettile: ferite al cervello, al collo, emopneumotorace, blocco cardiaco, rottura della milza, perforazioni intestinali, fratture di arti, amputazioni traumatiche. Tutto questo senza monitor, pochi stetoscopi, una macchina per gli ultrasuoni… Molte persone con ferite serie ma non in pericolo di vita sono state mandate a casa per essere riconvocate la mattina dopo, a causa del picco di vittime. Le ferite da proiettile erano preoccupanti. Piccole ferite con pesanti lesioni interne. C’era pochissima morfina per l’anestesia”. A quanto pare, scene del genere non fanno notizia per il New York Times, la CBC, o la BBC. Pregiudizio e malafede rispetto all’oppressione dei palestinesi non sono una novità nei media occidentali e sono state ampiamente documentate. Nonostante ciò, Israele continua nei suoi crimini contro l’umanità con il tacito consenso e il pieno supporto finanziario, militare e morale dei nostri governi: Stati Uniti, Canada, Unione Europea. Netanyahu attualmente sta coltivando il supporto diplomatico occidentale per altre operazioni su Gaza, il che ci fa temere che un’altra Piombo Fuso possa essere all’orizzonte. Infatti, gli ultimi fatti ci confermano che un’escalation è già cominciata, visto che il conto dei morti di oggi sale. La mancanza di pubblica indignazione verso questi crimini è una diretta conseguenza del modo sistematico in cui i fatti sono negati e/o del modo sbilanciato in cui vengono dipinti. Vorremmo esprimere la nostra indignazione per la riprovevole modalità di copertura di questi atti da parte dei media mainstream. Facciamo appello ai giornalisti che, nel mondo, lavorano per le grandi testate mediatiche affinché rifiutino di essere strumenti di questa sistematica politica di dissimulazione. Facciamo appello a cittadini perché si informino attraverso media indipendenti, e perché diano voce alla loro coscienza attraverso qualsiasi mezzo per loro possibile. Hagit Borer, U.K; Antoine Bustros, Canada; Noam Chomsky, Usa; David Heap, Canada; Stephanie Kelly, Canada; Máire Noonan, Canada; Philippe Prévost, France; Verena Stresing, France; Laurie Tuller, France *Qui la versione originale della lettera. La traduzione di Elena Bellini è stata realizzata per la pagina Facebook We are all on the Freedom Flotilla 2 - News. 16 novembre 2012 Speciale Gaza/ Il j'accuse di Chomsky alla stampa

Testimonianza da Gaza

qui a Gaza si vive ancora una situazione molto tesa, i bombardamenti israeliani continuano incessantemente e stanotte non ci hanno fatto chiudere occhio. Stanno continuando a colpire su tutta la striscia e finora a hanno compiuto piu di 600 bombardamenti, un'operazione che sta terrorizzando l'intera popolazione di Gaza sotto assedio. Finora 28 persone sono state uccise, piu di 250 quelle ferite di cui 100 bambini e 30 casi in condizioni gravi. Oggi le milizie palestinesi hanno colpito con un razzo un campo aperto fuori Gerusalemme, oltre ad aver già raggiunto Tel Aviv. Dalle 8 di stasera gli israeliani hanno detto che avrebbero incrementato l'attacco...lo stiamo sentendo. Ci attende un'altra notte di bombe e boati che risuonano intorno, droni ed F16 che ronzano con il loro carico di distruzione in cielo. I bombardamenti avvengono in prossimità a dentro aree densamente popolate mettendo a rischio la vita dei civili. Ogni bombardamento causa la vibrazione delle abitazioni, creando un effetto terremoto che scuote le case. Un'amica s Vive vicino a un campo di addestramento che stanotte hanno colpito ripetutamente. La sua casa è stata scossa forte e il boato cosi assordante che pensava stessero attaccando casa sua. Stamattina mi ha scritto: "E' da stamattina che tremo e ho paura. pensavo che ci sarebbe caduta la casa addosso verso le 6. non so cosa usino ma è terrificante." Fa rabbia leggere le versione dei principali media e giornali, che enfatizzano i lanci di razzi senza raccontare del disastro umanitario di gaza, dell'illegalità del blocco israeliano, e dei bombardamenti indiscriminati su una popolazione imprigionata. Stanno terrorizzando l'intera popolazione, per fare la loro campagna elettorale. Penso che la maggior parte della gente per 8-10 ore al giorno non ha elettricità nelle case (come da tre anni a questa parte) e molti la sera sentono gli aerei e gli attacchi stanno nel buio delle loro case, penso alla paura dei bambini (a gaza il 50% della popolazione ha meno di 14 anni). Munir un amico mi ha raccontato che suo figlio di 3 anni grida spaventato per i botti e la bimba di 8 anni non vuole mangiare nè bere niente.

Shifa hospital di Gaza city sotto i bombardamenti israeliani

Ecco il mio report su questa notte passata allo Shifa hospital di Gaza city sotto i bombardamenti israeliani a presto anche video http://ilblogdioliva.blogspot.co.il/2012/11/dallo-shifa-hospital-16-novembre-2012.html Questa sera, verso le 19.45, sono andata allo Shifa hospital con l'attivista spagnolo Manu e il palestinese Maher. Ho tentato di prepararmi psicologicamente alla dura notte che avremmo vissuto. Inizialmente abbiamo parlato con il Dr.Ashraf Al Qedra, portavoce del Ministero della Salute, che ci ha avvisati di alcuni attacchi aerei, di cui uno in Maghazi camp, dove un uomo ed i suoi due fratelli sono morti: Ahmed Abu Jalala, 28 anni, leader delle brigate al Qassam, e i suoi due fratelli, che rimasti feriti, sono morti poi nelle ore successive, Amjad Abu Jalala e Zyad Abu Jalala. A quell'ora il dottore ci aveva annunciato il totale di 11 persone uccise ed 81 feriti nella giornata di oggi. Un attacco areo è avvenuto a nord di Gaza verso le 20.00, ed un altro ad est di Jabalia (nord Gaza city). Da quel momento è stato un susseguirsi di attacchi aerei. Alle 20.04 un enorme luce che ci ha illuminato dal cielo ha preannunciato una enorme esplosione: attacco aereo a nord di Nasser street. Alle ore 20:10 arriva il primo ferito in ospedale: una bambina di 7 anni, Samira, che ha riportato frattura del braccio, a seguito di un bombardamento in Shijaia (quartiere est di Gaza city). Alle ore 20:18 abbiamo avvertito un'altra esplosione: attacco aereo in Zaytoun, quartiere est di Gaza city. Successivamente un attacco aereo ha colpito Rafah, a sud della Striscia di Gaza. Gli attacchi sull'area di Rafah sono stati innumerevoli e costanti durante la notte. Ore 20:45, ancora esplosioni. Alle ore 20:50 un uomo porta in ospedale i suoi due bambini feriti durante il bombardamento su Shijaia, Gaza city. Raghad Deeb, 4 anni, e Adham Deeb, 11 anni. La piccola Raghad è stata colpita da schegge di vetri su gran parte del corpo, suo fratello sulla gamba destra. Adham abbraccia la sua sorellina e si concede alle foto dei fotografi. Gli occhi di Raghad sono spalancati. Sembrava chiedersi il perché di ciò che era successo. Il padre ci ha detto che i bimbi stavano guardando la tv al momento del bombardamento. Dopo aver ricevuto il trattamento medico, padre e bambini sono stati trattenuti in ospedale prima di essere rilasciati perché raggiungere la zona in cui vivono sarebbe stato troppo pericoloso ed in quel momento uscire in strada sarebbe stato impossibile a causa dei fitti bombardamenti. Proseguono gli attacchi aerei. Attacchi a nord di Nasser street, ed un attacco in Deir El Balah, area centrale della Striscia di Gaza. Alle ore 21.00 arriva un altro ferito durante un bombardamento sul quartiere di Zaytoun, Gaza city. Abdullah Al Bara'asy, 27 anni, cantava mentre era trasportato in barella, era in stato di shock, ed ha subito lussazione alla spalla. Alle 21.15 un raid aereo ha colpito una motocicletta in Deir El Balah, al centro della Striscia di Gaza. Subito abbiamo appreso di una persona morta e di due feriti. La persona uccisa si chiama Khaled Khalil Al Shair, 27 anni. Successivamente anche le altre due persone ferite sono decedute: Mohammed Salman e Ahmed Abu Msamhi. I tre erano membri della Islamic Jihad. Alle 21.30 un altro attacco aereo su Shijaia. Dopo 10 minuti ne arrivano i primi due feriti in ospedale. Successivamente arrivano in ospedale 4 poliziotti feriti durante un bombardamento su Tel Al Awa, Gaza city. Uno di loro è in visibile stato di shock. Un infermiere mi ha detto che questo stato è causato anche dalla polvere contenuta nell'esplosivo e che viene inalata. Alle ore 21:50 arriva in ospedale una donna ferita nel bombardamento su Tel El Awa. Khadija Abed Al Karim Abu Ghanimer, 28 anni. Alle ore 21.55 un padre porta in ospedale il suo bambino ferito sempre nel corso del bombardamento su Tel El Awa. Mohammed Abdallah Khor, 6 anni, è stato ferito da frammenti al lato destro del volto, da cui perdeva sangue. Alle ore 22:05 altri due feriti arrivano in ospedale, dopo un bombardamento su Shijaia (est di Gaa city). Ahmed Al Jaabary, 27 anni, viene trasportato direttamente in terapia intensiva. Ancora esplosioni, ancora attacchi. Alle 23:08 un raid israeliano ha colpito una motocicletta nel campo di Jabalia, ed abbiamo saputo di feriti. Successivamente la situazione è diventata più tranquilla ed il cielo stranamente silenzioso. Abbiamo saputo che le autorità israeliane avevano dichiarato una "pausa" di tre ore a partire dalle 22.00. Non mi sono mai fidata di ciò che comunicano da Tel Aviv. E quel cielo stranamente silenzioso mi faceva paura. Lo sentivamo come il preludio a qualcosa di terribilmente spaventoso. In quei momenti siamo stati insieme a quei pochi fotografi che avevano deciso di rimanere in ospedale durante la notte. Ancora una volta, la vicinanza fa sentire più protetti sotto il cielo minaccioso. E come previsto, quella "pausa" è durata poco più della metà di quanto era stato dichiarato. Israele l'ha interrotta con un attacco aereo alle 23.50 sul quartiere di Shijaia, dove una persona è rimasta uccisa. Il suo nome è Ayman Sleem, 26 anni. In quel momento il numero totale dei morti dall'inizio di questa Operazione militare è salito a 30. Contiunavano nel frattempo gli attacchi costanti sulla città di Rafah. A mezzanotte un attacco aereo ha colpito il nord di Nasser street. Successivamente apprendiamo la morte di un'altra persona durante il bombardamento sul campo di Maghazi, il suo nome è Hasan Al Helma'a. All'1.45 di notte abbiamo sentito una enorme esplosione. Un attacco era avvenuto nella zona a nord ovest di Gaza city. Succesivamente, caccia F-16 bombardano dapprima l'area di Soudania (a nord di Gaza city), e poi ancora il quartiere di Zaytoun. All'1.50 apprendiamo di un attacco aereo in Deir El Balah, su un check point della polizia. E poi è di nuovo un susseguirsi di bombardamenti... Ore 1.58 nuovo attacco sul quartiere di Zaytoun. Intanto la Marina militare israeliana stava sparando contro la zona di Soudania, a nord di Gaza city. Un successivo attacco aereo ha colpito Khan Younis, a sud della Striscia di Gaza, ed un altro attacco ha colpito la zona di Nuseirat, vicino l'impianto di elettricità. Questa zona verrà colpita anche successivamente. Attacchi da nord a sud della Striscia di Gaza si sono susseguiti minuto dopo minuto. In Rafah è stata colpita una casa di proprietà di Jamel Al Nahal e le abitazioni attorno sono state danneggiate. Per fortuna nell'abitazione non vi era nessuno. Successivamente, alle 2.30 del mattino un attacco aereo colpisce un sito della resistenza in Sheik el Zeid. Avvertiamo ancora esplosioni. Alle 2.43 un altro attacco ad est di Gaza city ed alle 2.50 avvertiamo una nuova esplosione: attacco sul quartiere di Zaytoun, di nuovo. Droni volavano incessantemente. Alle 2.50 un attacco aereo ha colpito il campo di Bureij, precisamente la zona tra un'abitazione e la moschea Al Rahman. Quattro missili le hanno colpite. Da questo attacco si riportano 2 feriti. Successivamente due attacchi ancora su Beit Lahia e Zaytoun. Alle 3.05 abbiamo avvertito una enorme esplosione: attacco aereo sul quartiere di Tuffah (Gaza city), avvenuto sulla fattoria della famgilia Al Aqloqs. Alle 3.25 mi trovavo nel cortile dell'ospedale quando 5 terribili esplosioni consecutive hanno scosso l'ospedale. Sono corsa all'interno dell'ospedale terrorizzata. Attacchi aerei hanno colpito la stazione di polizia di Al Jawzat e quella di Ansar, al centro di Gaza city. Non vi sono feriti, ma il luogo è circondato di abitazioni. Non oso immaginare lo spavento dei residenti. Attacchi aerei lungo tutta la Striscia sono proseguiti fino al mattino. Verso le 5.30 del mattino, estremamente stanchi, abbiamo deciso di tornare a casa, sebbene il cielo fosse ancora scosso da terribili esplosioni. A quel punto siamo stati colti dal terribile dubbio, scegliere di tornare a casa a piedi o in auto. Diverse auto infatti sono state colpite nei raid aerei. Abbiamo deciso infine di prendere l'auto, saremmo arrivati prima a casa. Appena entrati in macchina, ancora all'interno del cortile dell'ospedale, 3 esplosioni vicine ci hanno scosso ed infine abbaimo deciso che sarebbe stato meglio andare a piedi. Ci siamo così incamminati verso il porto, ma dopo pochi minuti, gli attacchi si sono fatti più vicini, tremando per il rumore delle esplosioni in strada ho chiesto a Manu e Maher di rifugiarci all'interno di un ingresso laterale dello Shifa hospital. A quel punto c'era solo una scelta da prendere, tornare a casa con un'auto, il più in fretta possibile. Mentre attendevamo un taxi all'interno, nuove forti esplosioni hanno scosso l'ospedale, sono corsa nei corridoi interni in preda al panico, frammenti di non so cosa si sono scaraventati contro una porta interna dell'ospedale. Finalmente il taxi. "Apri il finestrino", mi ha detto Maher, "perché se bombardano non saremo feriti dai frammenti di vetri". Una corsa a finestrini aperti ed infine casa finalmente, lacrime di nervosismo, sento il tremolio delle pareti dell'ospedale dentro di me, il frastuono delle bombe in strada. Allo stesso tempo mi chiedo, se io sono scossa così, quanto possano essere turbati i bambini di Gaza, mi chiedo, anche se la risposta ce l'ho nei loro occhi. Mohammed, il piccolo Mohammed, aveva costantemente gli occhi fissi verso l'alto. Chissà, cosa stava pensando. o immaginando. Rosa Gaza, 17 novembre 2012

GAZA, QUINTO GIORNO DI ATTACCHI - L'appello dei cooperanti italiani

Pubblichiamo l'appello dei cooperanti italiani che si trovano a Gaza, ricevuto e divulgato ai propri aderenti dalla Piattaforma ONG italiane in Medio Oriente e Mediterraneo. Gaza City, 18 Novembre 2012 Siamo al quinto giorno di attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza. Scriviamo questo comunicato nel mezzo del suono incessante dei bombardamenti, che proseguono ininterrottamente giorno e notte, tenendoci svegli e nel terrore assieme a tutta la popolazione di Gaza. Sentiamo sulle nostre teste il rumore continuo dei droni e dei caccia F16 che sorvolano il cielo della Striscia. Ogni attacco di questa offensiva militare indiscriminata e sproporzionata riaccende i terribili ricordi di Piombo Fuso. Al momento le strade di Gaza, solitamente caotiche e affollatissime, sono surrealmente deserte, la gente non può far altro che cercare rifugio nelle proprie case. L’esercito israeliano con l’operazione militare “Pilastro della Difesa” sta colpendo tutta la Striscia di Gaza, spesso in aree densamente popolate mettendo a rischio la vita dell’intera popolazione civile. Da mercoledì 14 novembre le forze aeree israeliane hanno condotto più di 1000 bombardamenti, decine di attacchi dalle navi militari, portando a 50 il numero dei morti, di cui 13 bambini e 4 donne. Circa 500 persone sono state ferite dagli attacchi, l’80% dei quali sono civili e molte sono in condizioni critiche. Nella notte del 18 novembre sono stati bombardati gli uffici dei principali organi di informazione palestinesi, un gravissimo attacco deliberato alla stampa e all’informazione che ha causato il ferimento grave di sei giornalisti. Il Ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi, ha dichiarato che l’escalation è iniziata con un’"enorme offensiva partita da Gaza" a cui Israele avrebbe legittimamente risposto con una reazione “molto dura, anche se ampiamente anticipata". Ha inoltre affermato che "è necessaria e urgente un'azione che riduca le tensioni, dia sicurezza a Israele e restituisca un minimo di tranquillità alla Striscia di Gaza". Non possiamo condividere queste posizioni. Le ostilità sono cominciate giovedì 8 novembre con l’incursione via terra dell’esercito israeliano a est di Khan Younis che ha causato la morte di Hamid Abu Daqqa, un adolescente di 13 anni che giocava a pallone davanti casa. Quella israeliana non è una “dura reazione” ma piuttosto un’offensiva indiscriminata che colpisce principalmente la popolazione civile di Gaza, soggetta da sempre alle incursioni via terra, mare e aria sul suo territorio. I bombardamenti di cui siamo testimoni in questi giorni colpiscono una popolazione imprigionata dal blocco israeliano, illegale secondo il diritto internazionale umanitario, che da cinque anni impedisce il movimento delle persone e isola quasi completamente la Striscia di Gaza dal resto del mondo. Il lancio di circa 400 razzi dalla Striscia di Gaza ha causato 3 vittime tra i civili israeliani. Condanniamo ogni attacco nei confronti dei civili. Non possiamo accettare che il Governo Italiano parli di piena sicurezza da un lato e di un “minimo di tranquillità” dall’altro. Crediamo però che anche la popolazione di Gaza così come quella israeliana abbia diritto ad una piena sicurezza e alla massima tranquillità. Ciò può essere possibile solo con la fine dell’assedio e dell’occupazione, con il pieno rispetto dei diritti umani e della dignità del popolo palestinese. Ci appelliamo al governo italiano e alla comunità internazionale affinché si adoperino per mettere fine a questa aggressione illecita contro i civili palestinesi. I cooperanti italiani presenti a Gaza

sabato 17 novembre 2012

Comunicato AMLRP

L’asservimento mediatico (con rarissime eccezioni) alla tracotante e sempre impunita criminalità israeliana, non ha impedito che in quasi tutto il mondo si organizzassero manifestazioni di solidarietà col popolo di Gaza, segnando la netta separazione tra la società civile, che condanna lo stato più violento del mondo e le numerose istituzioni che, invece, lo sostengono garantendogli l’impunità. In Italia oggi, 16 novembre, si sono svolti numerosi presidi e altri se ne svolgeranno domani e nei prossimi giorni. Il presidio che si è svolto a Roma in piazza Montecitorio ha visto la presenza emozionata e attiva di un centinaio di persone, sia palestinesi che italiane, che hanno portato solidarietà al martoriato popolo di Gaza, riaffermando il suo diritto a difendersi contro l’assedio e l’occupazione, e il suo diritto alla sicurezza, termine prodigioso che pare riguardi solo Israele, dandogli la possibilità di sterminare a ciclo continuo i palestinesi di ogni età, neonati compresi. Questo è stato ricordato dall’ambasciatore palestinese in Italia nel suo intervento ed è stato ribadito in modo diverso negli interventi di tutti, dal portavoce di Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione, al rappresentante dell’Unione delle comunità palestinesi, a tutti gli altri. Tutti sappiamo che la sicurezza è figlia della giustizia e del diritto universale e seguiteremo a ribadirlo e a pretendere che le nostre istituzioni smettano di coprire ingiustizia e illegalità in una spirale di morte di cui non vogliamo essere complici e che vogliamo, anzi, combattere. Per questo abbiamo invitato e seguitiamo a invitare tutte e tutti quell* che possono, ad andare al presidio indetto anche oggi in piazza Montecitorio . Presidio al quale diamo la nostra adesione come Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese e al quale molti nostri iscritti saranno presenti. Per i bambini di Gaza, per le donne di Gaza, per gli uomini di Gaza che hanno diritto alla salute, alla libertà e alla sicurezza al pari di ogni altro uomo donna o bambino del mondo, facciamo sentire la nostra voce in ogni luogo e in ogni momento possibile. Grazie ancora a tutti coloro che hanno partecipato al presidio di venerdì 16 e a quelli che potranno partecipare al presidio di oggi sabato 17, al quale diamo la nostra adesione per la libertà e la sicurezza di Gaza e della Palestina tutta. Amici della Mezzaluna Rossa palestinese, onlus amicidellapalestina@gmail.com

venerdì 16 novembre 2012

DOMANI PRESIDIO

DOMANI SABATO 17 NOVEMBRE PRESIDIO A PIAZZA MONTECITORIO ALLE 17,30 PER FERMARE I CRIMINI ISRAELIANI A GAZA

Fermare il nuovo massacro israeliano a Gaza: Boicotta Israele ora!

Comunicati del Comitato nazionale palestinese per il boicottaggio (BNC), del PACBI e di BDS Italia Fermare il nuovo massacro israeliano a Gaza: Boicotta Israele ora! 15 Novembre 2012 Palestina occupata, 15 novembre 2012 - L'8 novembre Israele ha lanciato un attacco contro civili nella Striscia di Gaza assediata e occupata, sparando al tredicenne Ahmad Abu Daqqa mentre giocava a calcio con gli amici. Tra l’8 e il 14 novembre Israele ha intensificato i suoi attacchi su Gaza e ha iniziato ad attuare un piano intensivo di aggressione che, ad oggi, ha ucciso almeno 15 palestinesi, di cui almeno 6 bambini e ha ferito oltre 150, prevalentemente civili. Nonostante notizie sbilanciate da parte dei media occidentali riportino il contrario, è chiaro che Israele ha iniziato questo nuovo assalto, insieme all’escalation, [1] alla vigilia delle sue prossime elezioni politiche, sottolineando la consolidata formula israeliana di corpi palestinesi in cambio di voti. [2] Vale la pena notare che la stragrande maggioranza della popolazione di Gaza è profuga della pulizia etnica portata avanti dalle milizie sioniste e successivamente dallo stato di Israele durante la Nakba del 1948, e ai quali Israele nega il diritto, garantito dalle Nazioni Unite, di tornare alle loro case d'origine. Questa aggressione belligerante è l'attacco israeliano più micidiale e disumano contro il popolo palestinese dal massacro di Gaza del 2008-09, che uccise più di 1.400 palestinesi, ferendone più di 5.000, soprattutto civili. Gli Stati Uniti e l'Europa sono riusciti finora ad impedire un ricorso palestinese alle strutture internazionali di giustizia per i crimini contro l'umanità commessi da Israele durante il massacro e che sono stati documentati da una missione d’inchiesta delle Nazioni Unite, nonché da parte di un team di esperti di diritto internazionale commissionati dalla Lega araba. Devono essere intraprese misure urgenti per impedire a Israele di agire di nuovo con impunità. 1.6 milioni di palestinesi a Gaza hanno subito la peggiore della violenza e dell’impunità di Israele, incluso un assedio medievale, insicurezze alimentari deliberatamente create e frequenti atti di terrorismo di stato israeliano. È un dovere per tutti i sostenitori del diritto internazionale e dei diritti umani universali tenere Israele responsabile attraverso misure efficaci, come quelle richieste dal movimento globale, guidato dai palestinesi, per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS). Il Comitato nazionale palestinese per il BDS (BNC), la più ampia coalizione della società civile palestinese, compresi tutti i maggiori partiti politici, sindacati, movimenti sociali e reti di ONG, chiede: - alla gente di coscienza in tutto il mondo di intensificare le campagne BDS in modo da tenere Israele responsabile per le sue azioni, e di fare pressione sul proprio governo per sospendere immediatamente il commercio di armi con Israele, applicare sanzioni commerciali, e consegnare alla giustizia tutti i funzionari e militari israeliani che hanno partecipato, a tutti i livelli, nei crimini di Israele contro i palestinesi a Gaza. - alle organizzazioni della società civile, compresi sindacati, università, gruppi studenteschi e ONG, di boicottare i prodotti israeliani, disinvestire da tutte le aziende israeliane e internazionali che sono complici con l'occupazione israeliana e l'apartheid, ed esigere dai governi l’attuazione di un embargo militare e sanzioni commerciali contro Israele. - ai governi, in particolare governi arabi e governi vicini alla Palestina, di rispettare l’obbligo legale di proteggere il diritto dei palestinesi alla vita e all’auto-determinazione e di imporre sanzioni contro Israele in modo che ponga immediatamente fine al suo assalto e cessi il suo assedio illegale della Striscia di Gaza occupata e le sue politiche di colonialismo e d’apartheid che opprimono il popolo palestinese. Come questo nuovo attacco contro il popolo di Gaza dimostra, Israele continuerà nella sua belligeranza, aggressione e terrorismo di stato finché non sia stato costretto a pagare un prezzo molto alto per i suoi crimini contro palestinesi, libanesi e altri popoli arabi. Gli ultimi sette anni del movimento globale BDS e la lunga storia della solidarietà internazionale con la lotta contro l'apartheid in Sud Africa attestano che la forma più efficace, sostenibile e moralmente coerente di solidarietà con gli oppressi è per la società civile internazionale e persone di coscienza in tutto il mondo di applicare il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro l'oppressore e tutte le istituzioni che colludono per mantenere e giustificare l’oppressione. È giunto il momento per il BDS contro Israele. È il percorso più immediato verso la libertà, la giustizia e l’uguaglianza per i palestinesi e per l'intera regione. Comitato nazionale palestinese per il BDS (BNC)