domenica 23 agosto 2009

E' USCITO IL MIO ULTIMO LIBRO "GABBIE"

Non è come il precedente una raccolta di articoli e relazioni, ma di racconti. Sono soprattutto una scrittrice di narrativa anche se spesso mi capita di scrivere articoli e saggi. All'interno del libro, edito dalla casa editrice "La città del sole" racconti sulla Palestina e sui migranti, la prefazione è stata scritta da Yousef Salman delegato della Mezza Luna Rossa in Italia, il libro è stato presentato la prima volta a Bassano in Teverina il 20 agosto all'interno di un'iniziativa dedicata a Gaza: "Gaza mon amour".
E' reperibile nelle librerie, a Roma alla libreria Bibli (Trastevere) e Prospettiva (S. Lorenzo)
Se qualcuno desidera acquistarlo per posta può scrivermi sul blog o sulla posta miryammarino@libero.it il costo estremamente contenuto è di 6 euro, frutto di un accordo con l'editore allo scopo di permettere a tutti di acquistarlo senza problemi.

SEMPRE PEGGIO A GERUSALEMME

* Come Israele continua a espellere i palestinesi

Dopo le espulsioni delle famiglie palestinesi Al Ghawi e Hanoun, giunge dalla corte distrettuale israeliana l`ennesima sconfitta per le famiglie palestinesi di Gerusalemme est. Domenica scorsa la corte ha respinto infatti la richiesta di far rientrare nelle proprie case almeno 7 famiglie, tra le 9 espulse nei giorni scorsi, contro le quali non era mai stato emanato nessun ordine di espulsione formale. Oltre a respingere l`appello, la corte ha emesso contro i due capi famiglia Abdelfatah Al Ghawi e Maher Hanoun una nuova sanzione di 10.000 shekel (1.800 euro) .
Il 2 agosto, alle prime ore dell`alba, le forze di occupazione israeliane hanno fatto irruzione nelle case delle famiglie dei 6 fratelli Al Ghawi e dei 3 fratelli Hanoun costringendole a lasciare le proprie case nel quartiere di Sheykh Jarrah a Gerusalemme est dove risiedevano dal 1956. 53 persone, tra le quali 19 minori, sono ora senza casa. Solo un paio d'ore dopo l'esproprio un gruppo di coloni israeliani era già pronto per occupare le case palestinesi protetto delle stesse forze di polizia e dell'esercito israeliano che avevano preventivamente transennato l'intera area e che tuttora presidiano notte e giorno gli ingressi delle abitazioni espropriate.
Nella stessa mattina le forze israeliane hanno demolito per la settima volta la tenda simbolo della protesta non violenta contro le espulsioni di palestinesi di Gerusalemme est costruita nel novembre 2008 dopo l`espulsione forzata di un'altra famiglia palestinese di Sheykh Jarrah, la famiglia Al Kurd. Le proteste degli abitanti del quartiere e degli attivisti alle nuove espulsioni sono state represse con una trentina di arresti.
Nel quartiere di Sheykh Jarrah a Gerusalemme est ci sono ancora 25 famiglie che rischiano l`espulsione. Dai primi anni '70, subito dopo l'occupazione militare israeliana di Gerusalemme est, un gruppo di coloni ebrei rivendica la proprietà di quei terreni, nonostante la proprietà fosse stata trasferita alle famiglie, profughi del 1948, direttamente dal governo giordano e dall'UNRWA (l'agenzia delle Nazioni unite per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi) nel 1956. L'espansione delle colonie israeliane a Gerusalemme est ha come effetto la frammentazione territoriale dei quartieri palestinesi e l'isolamento di Gerusalemme est dal resto della Cisgiordania, creando di fatto le condizioni per cui Gerusalemme diventi la capitale 'unica ed eterna' di Israele compromettendo irrimediabilmente la prosecuzione dei negoziati di pace.
Intanto sono ormai quotidiane le aggressioni dei coloni israeliani contro i residenti palestinesi del quartiere di Gerusalemme dove sono avvenute le espulsioni. Venerdì scorso sono stati colpiti con pietre e bottiglie di vetro alcune donne e bambini palestinesi che partecipavano a un campo estivo. Sabato sera è stato aggredito Khamis Al Ghawi di 59 anni poi arrestato dalla polizia israeliana. Domenica pomeriggio l'episodio più grave. Durante la visita ai nuovi coloni di Yacov Katz e Uri Ariel, membri del partito religioso Unità Nazionale e rappresentanti alla Knesset, una trentina di coloni ha poi attaccato i residenti palestinesi provocando diversi feriti. La polizia israeliana è intervenuta lanciando gas lacrimogeni contro la folla. A queste espulsioni sono seguite le immediate reazioni di condanna da parte della comunità internazionale. Il coordinatore speciale per il Processo di pace in Medioriente per le Nazioni unite, Robert Serry, ha definito ''inaccettabili'' queste espulsioni e richiama Israele ''al rispetto del diritto internazionale e degli oblighi della Roadmap''. Posizioni forti sono giunte anche dal Segretario di stato americano Hillary Clinton che condanna l'espulsione delle famiglie palestinesi e le demolizioni di case a Gerusalemme est e accusa inoltre Israele di "non tenere fede agli obblighi internazionali previsti dalle iniziative di pace". Simili condanne sono state espresse dall'Unione europea nonché da diversi paesi dell'Unione tra i quali Svezia, Norvegia, Francia e Gran Bretagna. Inespressa rimane invece la posizione dell'Italia.

*attivista contro le occupazioni delle case palestinesi

LA BARBARIE AVANZA

LAMPEDUSA CHIEDE A GRAN VOCE I NOMI DEI RESPONSABILI DELLA STRAGE IN MARE E DICE BASTA ALLE MENZOGNE.



Ancora una volta Lampedusa è teatro dell'ennesima tragedia del mare, ma stavolta non è colpa del mare in tempesta, stavolta 73 persone sono morte per l'indifferenza e l'egoismo di quanti non hanno prestato soccorso, per paura di fare la fine dell'equipaggio del Pinar, di essere respinti dai porti di Malta e Lampedusa per giorni e giorni e rimanere ostaggio delle politiche xenofobe e razziste dei respingimenti, politiche che alla fine condannano a morte i migranti in cerca d'asilo, in cerca di una terra in cui approdare.

Si riuscirà questa volta ad avere i nomi dei responsabili di una simile tragedia? E a dare un nome alle vittime?



Siamo sgomenti di fronte alla disumanità di chi addirittura mette in dubbio le parole dei 5 eritrei sopravvissuti e, ancor di più, di fronte alla faccia tosta di chi ringrazia, anche da Lampedusa, il leghista, l'uomo del nord per avere così risolto il problema dell'immigrazione a Lampedusa.



Lo sgomento e la necessità di dissociarci da simili atteggiamenti dettati da fini propagandistici a tutela di interessi privati, ci impone in primo luogo di precisare:



1) gli eritrei sopravvissuti approdati a Lampedusa non sono immigrati clandestini, ma richiedenti asilo, con diritto a soggiornare regolarmente nel nostro Paese, non assimilabili per nulla ai migranti irregolari. I 73 morti sono stati abbandonati al loro destino da nazioni che hanno firmato la convenzione di Ginevra del 1951 e che, in più, hanno una tradizione marinara, fondata sulle leggi del mare che impongono, al di là di qualsiasi normativa nazionale o transnazionale, di prestare soccorso e assistenza a chiunque si trovi in difficoltà;

2) non si comprende sulla base di quale logica i 5 sopravvissuti avrebbero dovuto mentire, già nell'immediatezza dello sbarco, sulle atrocità vissute, sui cadaveri che hanno dovuto abbandonare al mare e sulle imbarcazioni incrociate durante i venti giorni di viaggio, considerato anche che tutto ciò non influisce minimamente sul loro status di rifugiati; e non si capisce la ragione per cui ai giornalisti presenti sull'isola viene impedito qualsiasi contatto diretto con i sopravvissuti. Paura della verità?

3) sulla base di dati certi del 2008, forniti dallo stesso Viminale, le politiche dei respingimenti in Libia hanno il risultato di colpire per il 75% persone che hanno diritto a richiedere asilo e solo per il 25% l'immigrazione irregolare, il che significa che avrebbero impedito l'ingresso in Italia di circa 10.000 nuovi immigrati clandestini a fronte di oltre 300.000 ingressi irregolari all'anno nel resto d'Italia. E un risultato di cui andare fieri? E a quale costo?



In ultimo, sentiamo il dovere di smentire quanto in questi giorni avrebbe affermato un imprenditore locale, in relazione alla presunta svolta che Lampedusa starebbe per intraprendere grazie alle nuove misure del Governo in materia di contrasto all'immigrazione e di cui si dice grato al Ministro Maroni. Ricordiamo al nostro concittadino che se oggi Lampedusa non è la Guantanamo d'Europa, mentre nel resto d'Italia i C.I.E. stanno esplodendo, questo è il risultato dell'aspra battaglia sostenuta da tutti i lampedusani che sono riusciti ad impedire la realizzazione abusiva del carcere per migranti a Ponente, per di più in un sito particolarmente protetto in ragione di vincoli imposti da leggi. E tutto ciò accadeva mentre la maggior parte degli albergatori, durante tutto l'inverno, facevano il pienone di militari nelle loro strutture a spese dello Stato, abbondantemente beneficiando, anzi attingendo a piene mani dal business dell'immigrazione verso cui oggi punta il dito l'albergatore Lombardo. Forse da qui la gratitudine al leghista del nord?

E' vero, l'intera economia dell'isola è basata sul turismo e il turismo è fatto d'immagine. Ma quale immagine?



Per Legambiente: Giusi Nicolini

Per Arci Askavusa: Giacomo Sferlazzo
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sabato 22 agosto 2009

COME VENGONO TRATTATI I BAMBINI PALESTINESI DA ISRAELE

http://news.bbc.co.uk/go/pr/fr/-/middle_east/8186905.stm

Le truppe israeliane “maltrattano” bambini.
di Katya Adler, reporter della BBC a Gerusalemme e nella West Bank.

Un ex comandante militare israeliano ha riferito alla BBC che è consuetudine che i ragazzini palestinesi vengano maltrattati dai soldati israeliani durante la detenzione preventiva.

“ Si cattura il ragazzino, lo si benda, lo si ammanetta, egli sta tremando per davvero…Talvolta gli si legano anche le gambe. Qualche volta le fascette bloccano la circolazione.


“Egli non capisce una parola di quanto sta accadendo attorno a lui. Non sa che cosa faremo di lui. Sa solo che noi siamo soldati armati. Che uccidiamo la gente. Può darsi che pensi che stiamo per ucciderlo.
Loro mi hanno trascinato fuori da casa mia tenendomi per il collo. Quanto più io gridavo, tanto più loro stringevano fino a soffocarmi….....Mi hanno tirato riverso sullo stomaco per un tratto. Le mie ginocchia stavano sanguinando. Mi hanno colpito con le loro armi e mi hanno sferrato calci per tutto il tratto di strada fino alla jeep.

Mohammad Khawaja, di 13 anni.


“ Molte volte urinano nei pantaloni. Non appena vengono fatti sedere là pisciano nei pantaloni, urlando. Ma di solito se ne stanno molto tranquilli.”

Eran Efrati è un ex-comandante dell’esercito israeliano che ha prestato servizio nei Territori Occupati della West Bank.

Ci siamo incontrati in un parco appartato di Gerusalemme per parlare delle accuse secondo le quali soldati come lui spesso maltrattano minorenni palestinesi, sospettati di aver tirato dei sassi.

Mr. Efrati, che si è congedato dall’esercito da cinque mesi, afferma che le accuse sono vere:

“Io non ho mai arrestato un ragazzino la cui età fosse inferiore a 9 o 10 anni. Per me se avevano 11, 13 o 14 anni erano ancora ragazzini. Solo che anch’essi venivano arrestati come fossero degli adulti.

“Può darsi che il ragazzino venisse bendato perché non potesse vedere la base e come ci stavamo comportando….Ma sono portato a credere che lo si bendasse perché non volevamo vedere i suoi occhi. Non volevamo che lui ci guardasse – si sa, che ci supplicasse di fermarci, o che stillasse davanti a noi. E’ molto più facile se non si vedono i suoi occhi.

“Quando il ragazzino se ne stava seduto là, nella base, io non lo faccio, ma, si sa, nessuno lo sta considerando come un bambino – se c’è qualcuno bendato ed ammanettato, probabilmente deve aver fatto qualcosa di veramente criminale. Quindi va bene schiaffeggiarlo, va bene sputargli addosso, qualche volta va bene riempirlo di calci. Non è proprio un problema.”

Nella maggior parte dei casi i giovanissimi palestinesi vengono arrestati per aver tirato sassi ai coloni ebrei o ai soldati israeliani.

Essi dicono che questo è il loro modo di dare sfogo alle loro frustrazioni prodotte dalla occupazione della loro patria, la West Bank, da parte dell’esercito israeliano.

Ogni settimana, nel villaggio di Bilin, nella West Bank, i palestinesi organizzano una dimostrazione contro la barriera israeliana nella West Bank.

Israele afferma che ha bisogno della barriera per bloccare gli attacchi ai suoi cittadini. I palestinesi sostengono che si tratta di un furto della loro terra e che anche la loro vita quotidiana risulta peggiorata.

I soldati israeliani, dall’altra parte della barriera, controllano la protesta.

Arresti notturni

Durante una recente protesta, vidi una banda di ragazzi palestinesi lanciarsi tra gli alberi di olivo, raccogliere sassi e pietre e lanciarle ai soldati.

Alcuni usavano delle fionde. Molti avevano delle sciarpe o degli scialli avvolti attorno al viso per nascondere la loro identità.

I soldati rispondevano con gas lacrimogeni e bombe assordanti. In qualche caso, avevano utilizzato anche pallottole con avvolgimento in gomma.

Spesso, dopo incidenti di questo tipo, i soldati israeliani facevano un’incursione in un villaggio della West Bank.

Di solito nel bel mezzo della notte. Gli arresti potevano essere eseguiti in nodo brutale.

“Le loro facce erano dipinte quando andarono per arrestarlo. Fu terrificante. Tutti quei soldati per un solo ragazzo. Nella jeep gli misero sulla schiena dei pesi di ferro e lo picchiarono durante tutto il percorso fino alla prigione. Per una settimana non fu in grado di alzarsi.”

Il figlio 15 enne di Mohammad Ballasi, detto anche Mohammad, venne arrestato dai soldati israeliani con l’accusa di aver tirato sassi.

Incontrammo lui e sua moglie appena fuori dalla base israeliana nella West Bank. I palestinesi più giovani venivano processati in tribunali militari.

I tribunali considerano come minori i palestinesi di 16 anni o di età inferiore. Nei tribunali civili d’Israele i minori sono giovani di età inferiore a 18 anni.

La prima volta, i genitori di Mohammad rividero il figlio, dal momento del suo arresto, solo due settimane prima che fosse portato in giudizio, dove venne giudicato colpevole.

“Quando tu sei stato picchiato in quel modo, confesseresti cose perfino contro la tua stessa madre,” ha ammesso Suad Ballasi, trattenendo a stento le lacrime.

giovedì 6 agosto 2009

COME I PALESTINESI DI GERUSALEMME VENGONO CACCIATI DALLA LORO CITTA'

Clickando su
http://www.youtube.com/watch?v=M_BF8pbEkvs&feature=channel

è possibile avere la testimonianza indiscutibile di un reato che viola il diritto internazionale e che viene perpetrato alla luce del sole e sul quale lo stesso governo dell'UE si è dichiarato inadeguato a trovare una soluzione: la vendita di immobili (appartamenti o case che siano), costruiti dai coloni israeliani su terre rubate ai palestinesi della West Bank, ad eventuali acquirenti stranieri - anche europei.
Tale atto criminale sta coinvolgendo diverse imprese immobiliari in Gran Bretagna e in Belgio.

Dal video in questione potete passare alla visione di altri video correlati al problema delle colonie costrite nella totale illegalità - secondo il diritto internazionale - nei Territori Palestinesi Occupati.

mariano


* BREVE
PULIZIA ETNICA A GERUSALEMME EST
Cacciate due famiglie arabe, dentro coloni ebrei
La polizia israeliana ha espulso l'altro ieri due famiglie palestinesi (53 persone) dal quartiere Sheikh Jarrah di Gerusalemme est, la parte araba della città occupata da Israele dopo la Guerra dei sei giorni del 1967. Subito dopo l'esecuzione degli ordini d'espulsione, negli appartamenti sono entrati coloni ebrei israeliani. L'ordine di espulsione - effettuato sulla base delle rivendicazioni avanzate da un'organizzazione di coloni fondate su un documento di proprietà della terra del XIX secolo - è stato portato a termine nonostante l'Amministrazione statunitense abbia più volte nelle ultime settimane raccomandato al governo Netanyahu di fermare la colonizzazione dei Territori occupati e in maniera particolare di non esasperare la tensione a Gerusalemme est, dove - specialmente nei quartieri di Sheikh Jarrah e Silwan - i coloni si stanno insediando sempre più tra la popolazione palestinese.Robert Serry, coordinatore delle Nazioni Unite per il Medio Oriente, ha definito le espulsioni «totalmente inaccettabili».

lunedì 3 agosto 2009

COLONI USANO I FIGLI LATTANTI COME SCUDI UMANI

Saturday, August 1, 2009
What kind of monsters would use their own babies as human shields?
Ultra-Orthodox Jews:

Police arrested 15 ultra-Orthodox Jews on Saturday during clashes that erupted after Haredim broke into a parking lot in Jerusalem, in the latest protest against the opening of the site on Shabbat. (...)

About 150 protestors managed to force their way into the site, despite efforts by police to prevent their entry.

Police subsequently threatened to forcibly remove the Haredi and bring a vehicle with a water cannon to the scene. At this point, a woman holding a baby joined the men demonstrating, in order to prevent police from making good on their threat.


What I don't understand is why the police didn't water-cannon the demonstrators all the same. Of course, the baby could have been hurt or even killed. But he would only have had his mother to blame, right? What is good for the Gaza is good for ... or how was it?


Publicado por Ibrahim Ibn Yusuf en 9:43 PM

Aquiloni solcano il cielo di Gaza

GLI AQUILONI DI GAZA

DA REPUBBLICA

Iniziativa dell'Onu: sulla spiagga vicino alla frontiera israeliana i piccoli abitanti
della Striscia hanno potuto dimenticare per qualche ora la guerra e l'isolamento



Tremila aquiloni, il record di Gaza un giorno di festa per i bambini


GAZA - Tremila aquiloni, lanciati da altrettanti bambini, hanno riempito di colori e leggerezza, per un giorno, il cielo sopra Gaza, a pochi chilometri dal confine israeliano di Eretz. Un record mondiale e un messaggio al mondo, affinché termini l'isolamento nel quale sono strette 1,5 milioni di persone, a sei mesi dalla fine dell'offensiva israeliana "Piombo Fuso" che ha provocato la morte di oltre 1400 palestinesi. Oltre un terzo dei quali, secondo l'Unicef, donne e bambini.

Decine di autobus con a bordo i ragazzi che frequentano i campi estivi organizzati dall'Unrwa, l'agenzia delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi, sono arrivate da tutta la Striscia sulla spiaggia di Beit Lahiya, per entrare nel Guinness dei primati con il maggior numero di aquiloni fatti volare contemporaneamente nello stesso posto. Fiori, animali, insolite figure geometriche realizzate dagli stessi ragazzi, ma anche bandiere palestinesi o semplici rombi con la scritta "Free Gaza". Secondo i volontari del Comitato internazionale della Croce rossa, che hanno monitorato l'evento, gli aquiloni erano tremila, contro il precedente record di 710.

"Metà degli abitanti della Striscia, circa 750 mila, sono bambini - ha ricordato John Ging, il direttore dell'Unrwa, che ha promosso l'evento - Ci sono tanti record mondiali in questi ragazzi, dobbiamo offire loro la possibilità di realizzarli, rompendo l'assedio che stringe Gaza".

La ricostruzione, a sei mesi da "Piombo Fuso", è praticamente ferma, a causa del divieto imposto dal governo israeliano di far entrare nella Striscia materiali come cemento e ferro.

Sono 20 mila le famiglie che hanno perso la casa durante il conflitto e circa 35 mila quelle che non hanno accesso all'acqua potabile. Cibo e medicine passano in modo irregolare e molte scorte stanno per esaurirsi. L'associazione delle Agenzie internazionali per lo sviluppo calcola che durante l'offensiva 18 scuole sono state distrutte e almeno 280 danneggiate: a un mese dall'inizio dell'anno scolastico, nessuna di queste è stata adeguatamente ricostruita o riparata.

"La chiusura dei valichi ha causato indicibili sofferenze ai bambini di Gaza, che devono affrontare un altro anno accademico in terribili condizioni - ha dichiarato Philippe Lazzarini, capo dell'Ocha, agenzia Onu per le emergenze nei Territori palestinesi - per questo, con le Nazioni Unite e le organizzazioni non governative chiediamo al Governo di Israele di favorire con urgenza, oltre all'entrata di materiali per la ricostruzione, gli strumenti necessari per assicurare a studenti, insegnanti e operatori di poter uscire ed entrare liberamente a Gaza per continuare a studiare".
Anche le ong italiane che operano nella Striscia si sono appellate nei giorni scorsi all'Unione europea e al Governo italiano per la riapertura dei valichi. La Farnesina, infatti, ha appena stanziato quattro milioni di euro per realizzare a Gaza progetti in campo sanitario, idrico, agricolo e sociale. Ma con i valichi chiusi, dicono le ong, ogni aiuto rischia di venire seriamente compromesso.