giovedì 26 novembre 2009

ISRAELE BOICOTTA L'ISTRUZIONE E LA CULTURA PALESTINESE A GAZA TUTTI IN GALERA!

TAGLIO MEDIO | di Michele Giorgio - GERUSALEMME
ISRAELE Valichi chiusi agli studenti
Libertà di studio? No, se sei di Gaza
L'attesa della 21enne di Gaza Berlanty Azzam finirà oggi. Con una sentenza favorevole oppure con la chiusura definitiva di fronte a lei delle porte di Betlemme. A decidere sarà un tribunale dello Stato di Israele, quindi delle autorità di occupazione, chiamato ad esprimersi sulla richiesta di Berlanty, studentessa di economia aziendale, di poter completare gli studi in Cisgiordania. «Speravo di ottenere una risposta già domenica scorsa ma la lettura della sentenza è stata rinviata di due giorni», ci spiegava ieri Berlanty dalla sua abitazione di Gaza. «Sono angosciata», ha aggiunto «perchè se non mi permetteranno di tornare a Betlemme non solo avrò grosse difficoltà a completare gli studi ma vedrò anche spezzarsi i forti legami che avevo stabilito con tante persone in quella città».
Berlanty non ha commesso alcun reato. Semplicemente dal 2005 viveva e studiava a Betlemme dopo aver ottenuto, con grande sforzo, un permesso dell'esercito israeliano per raggiungere la Cisgiordania. Per un giovane di Gaza, anche benestante, è un sogno soltanto poter studiare in Cisgiordania, a poche decine di chilometri di distanza. Israele, per «motivi di sicurezza» non garantisce, se non in casi eccezionali, il diritto dei ragazzi di Gaza di poter liberamente frequentare le università cisgiordane. E ottenere un permesso delle autorità militari non mette i pochi fortunati al riparo da sorprese amare. Lo scorso 28 ottobre Berlanty Azzam stava tornando a Betlemme dopo aver sostenuto a Ramallah un colloquio di lavoro. Pensava al futuro, come fanno tutti i giovani vicini a completare gli studi. Ma i soldati israeliani di guardia ad un posto di blocco, accortisi del fatto che Berlanty aveva la residenza a Gaza, l'hanno presa, bendata, e sbattuta in cella. Non solo. Alla ragazza è stato impedito di presentare appello contro il provvedimento di espulsione ed è stata immediata portata a Gaza, in manette. «Non aveva fatto nulla, se non frequentare un' università in Cisgiordania. Ma i militari nemmeno mi guardavano in faccia quando provavo a spiegare i miei diritti», ha riferito la ragazza.
Berlanty Azzam forse otterrà una sentenza favorevole, in considerazione degli appoggi internazionali che sta ricevendo e delle pressioni su Israele dei vertici dell'Università di Betlemme, finanziata dal Vaticano. Ma se oggi i giudici confermeranno il provvedimento preso dai militari, la ragazza andrà a far parte del gruppo di quasi 900 studenti di Gaza ai quali Israele e l'Egitto (che tiene chiuso il valico di Rafah) negano di poter studiare.
Tel Aviv e il Cairo spiegano che le restrizioni sono frutto dalle difficoltà di rapporto con il movimento islamico Hamas (che controlla Gaza dal 2007), autorità che loro non riconoscono. In realtà il blocco degli studenti è una delle tante punizioni inflitte all'intera popolazione di Gaza. E le ripetute denunce dei centri per i diritti umani non servono a molto. Secondo un'inchiesta svolta dall'associazione israeliana Gisha, quest'anno 1.983 studenti di Gaza sono stati accettati in università straniere ma per motivi oscuri gli egiziani ne hanno fatti passare da Rafah 1.145. Gli israeliani da parte loro hanno consentito il transito al valico di Erez soltanto a 69 studenti diretti all'estero.
Un caso esemplare è quello di Mohammed Abu Hajar. Lo scorso luglio l'Information Technology and Communications Center di Atene aveva accettato la sua domanda di iscrizione e garantito anche una borsa di studio. Ma Mohammad non riesce ad uscire da Gaza. L'Egitto non considera la sua richiesta di transito per Rafah prioritaria (i permessi si garantiscono velocemente solo a chi è pronto a pagare 2mila dollari ai funzionari del terminal egiziano). Israele invece non riconosce l'istituto universitario greco scelto da Mohammed e neppure prende in considerazione la richiesta del giovane. Non è andata meglio a Ihab Naser, laureato in chimica biologica, atteso per un dottorato di ricerca in Malesia, perché questo paese non ha relazioni diplomatiche con Israele che quindi rifiuta il permesso. Resta un sogno anche il master in economia programmato da Wesam Kuhail negli Usa. Lo studente deve rinnovare i permessi al consolato Usa ma Israele finora non gli ha consentito di raggiungere Gerusalemme. «Ormai non ci credo più - dice Wesam. «A Gaza siamo tutti prigionieri di Israele e solo pochi detenuti ottengono il permesso per qualche giorno di libertà».

2 commenti:

Andrea ha detto...

Tutto ciò non succederebbe se i palestinesi desiderassero davvero la pace...ma non è così, Israele che più di ogni altra cosa vorrebbe la pace deve invece difendersi sempre dalle stesse facce contorte dall’odio, dallo stesso grido “itbach al-Yahud” (massacrate l’ebreo!) che vediamo e sentiamo dai palestinesi oggi come sempre. Lo stesso popolo, lo stesso sogno: distruggere Israele! Ciò che non sono riusciti a fare ieri, sperano ancora di riuscire a farlo oggi; ma, naturalmente, Israele no non deve difendersi....

arial ha detto...

mia cara, i 500.000 coloni fanno sparire ogni "propaganda" sulla volontà di pace..naturalmente chi difende Hebron e company, considera questo un effetto collaterale della pace voluta da Israele..basta dirlo