giovedì 25 giugno 2020



I capitolo DIALOGO CON L'ANIMA

Il mio primo incontro con la scrittura automatica risale a una sera di ottobre dell'anno scorso. Decisa a sperimentare questa tecnica perché mi mettesse in comunicazione con la trascendenza, mi posi davanti al foglio bianco con la penna in mano la cui punta era appena appoggiata sulla pagina. Drizzai la schiena come era scritto nelle istruzioni che avevo trovato in un libro e attesi. Attesi almeno mezz'ora senza che accadesse nulla. Cominciava a farsi strada in me il sospetto che la scrittura automatica non fosse una pratica adatta a tutti e che la penna non si sarebbe mai mossa da sola. Mi concentrai più intensamente aggiungendo una respirazione profonda e proprio quando stavo per gettare la spugna, ossia la penna, questa cominciò a muoversi per conto suo senza l'ausilio della mia volontà. Scrisse sul foglio solo delle righe e dei scarabocchi, ma il fatto stesso che la penna si fosse mossa davvero autonomamente fu sufficiente a riempirmi di entusiasmo. Dopo mi accorsi che alcuni di quegli scarabocchi assomigliavano a lettere il cui senso però mi sfuggì. La seconda volta che provai dovetti ancora una volta attendere una mezz'ora prima che la penna cominciasse a muoversi. Poi con mio grande stupore cominciò a volteggiare sul foglio con sicurezza. Solo quando si fermò vidi che aveva disegnato un cavalluccio marino nell'atto di nuotare. Il disegno era preciso e inequivocabile. Poi la penna si mise nuovamente in moto e questa volta produsse un pesce e un gatto che nuotavano uno in senso contrario all'altro e di seguito una persona nell'atto di tuffarsi. Il corpo era tratteggiato così bene che con tutta probabilità non sarei riuscita a disegnarlo con tanta precisione con i miei mezzi usuali. Era però privo di testa e fornito di ali, sicché ero indecisa se interpretare il soggetto come in volo o nell'atto di tuffarsi. Tracciò anche delle parole alcune delle quali riuscii a interpretare: “tenta di esistere dentro, interno anima. Fai alleggerire mai. Infinito fu e tu nessuna collera.” Il testo aveva tanto più senso in quanto avevo iniziato la seduta di scrittura automatica in preda alla rabbia per qualcosa che ora non ricordo. La terza prova aggiunse nuovo stupore a questa esperienza. La penna aveva cominciato a scrivere con ampi volteggi disegnando una grande farfalla che riempiva l'intero foglio e nella quale non faticai a ravvisare un simbolo dell'anima. Proseguì tracciando ripetutamente un otto allungato, il segno dell'infinito. L'insistenza della penna nel disegnare un otto sopra un altro a grande velocità e la forza con cui scavava la carta fu tale che il foglio rischiò di lacerarsi. Non mancò di aggiungere alcune parole “Cammineremo sempre tenendo fuori fiori nuovi. Resta inalterata serena con te stessa”. Fu a quel punto che decisi di porre delle domande dirette nella speranza di aprire un dialogo con quell'entità che non sapevo ancora chi o cosa fosse, anche se non ci speravo molto. Tentai: sopravviveremo dopo la morte? La risposta fu “Nella vita niente si perde una volta metti gioia nella mente”. Lo interpretai come un si e chiesi ancora : -in questa nuova vita saremo più felici?- La risposta fu “sicuro perché saremo curati” -e da chi saremo curati?- indagai e la riposta fu “esseri di luce” . La scoperta che l'entità evocata con la scrittura automatica rispondesse alle domande mi riempì di stupore e di entusiasmo, in seguito avrei scoperto che potevo rivolgerle ogni tipo di domanda, tanto su argomenti metafisici quanto su piccoli impicci della vita quotidiana trovando sempre una risposta puntuale e saggia.
Una sera di dicembre, a pochi giorni dal natale mi trovavo a Calcata per una mostra che avevo organizzato assieme a mia cognata. L'argomento della mostra erano i gatti, passione che condivido con mia cognata che ne ha dipinti di molto belli. Essendo un orafa io avevo prodotto dei gattini in argento da usare come orecchini e ciondoli. Per esporre le nostre opere avevamo affittato un piccolo locale che se era bello esteticamente in compenso era gelido e sprovvisto di ogni tipo di riscaldamento. Le mie aspettative erano diverse da quelle di mia cognata che non aveva interesse a vendere i suoi quadri, io speravo di realizzare qualche guadagno e proprio per questo avevo scelto una data vicino all'evento natalizio. Purtroppo però le visite furono rare e le vendite ancora di più. Mentre passeggiavo avanti e indietro nel locale perché i piedi non mi si congelassero, pensavo con sconforto a tutte le difficoltà della mia vita e a quanto fosse mal ripagata tutta la dedizione, l'abilità e l'attenzione che mettevo nel mio lavoro. Avevo anche speso dei soldi per pagare la metà dell'affitto del locale e per quello della stanza dove sarei andata a dormire, senza recuperare neppure quelli. La sera, chiusa la piccola galleria mi avviai verso la mia camera. Faceva un freddo gelido e non avevo trovato niente da mangiare. Mentre abbracciavo il termosifone nella speranza di farmi arrivare un po' di calore pensai che per arrampicarmi lungo il pozzo del mio sconforto e risalire alla superficie potevo farmi dare qualche buon consiglio dalla scrittura automatica. Strappato un foglio di quaderno e tirata fuori dalla borsa una penna che ancora scriveva mi misi all'opera.
Domandai in merito ad alcune faccende che mi stavano a cuore, tra cui se dovevo smettere di lavorare e dedicarmi completamente alla letteratura, ricevendone un si, alfine feci la domanda che davvero mi premeva. Chiesi: -Chi sei?- La risposta fu “Sono la tua anima, nella tenerezza mettere sapienza” e un bell'otto dell'infinito come firma. Dopo aver disegnato dei grandi otto a tutta pagina e avermi ripetutamente ammonito “Metti gioia nella mente”, frase che poi ripeté come un motivo conduttore tutte le volte successive, alla mia domanda -Sei davvero la mia anima?- rispose “Si sei in contatto con la tua anima e niente, niente ti può fare del male”.

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