domenica 20 dicembre 2009

GAZA INFESTATA DAI VELENI

Michele Giorgio - Il Manifesto

Il rapporto a un anno dai raid israeliani. Gli sfollati ancora in tenda
«Da un anno viviamo in 14 in questa tenda. È il secondo inverno che passiamo al freddo e non sappiamo come ricostruirci la casa. Il cemento è introvabile a Gaza e quel poco che c'è al mercato nero costa troppo per noi». Umm Khaled Ghaleb alza le braccia al cielo raccontando la condizione di senzatetto della sua e di tante altre famiglie di Beit Lahiya, uno dei centri abitati della Striscia di Gaza dove più pesante è stata l'offensiva «Piombo fuso» lanciata il 27 dicembre 2008 da Israele e terminata dopo 22 giorni.
Ma l'anziana palestinese non sa che la sua salute e quella dei suoi familiari non è messa in pericolo solo dal freddo e dalle malattie infettive. Tra le macerie della sua abitazione e di tante altre case distrutte si nasconde un'insidia che mette a rischio la salute dei palestinesi di Gaza. I bombardamenti israeliani, del 2006 e del 2009, hanno lasciato sul terreno forti concentrazioni di metalli tossici - tungsteno, mercurio, molibdeno, cadmio e cobalto - che potrebbero provocare nella popolazione tumori, problemi di fertilità ed effetti diretti sui nuovi nati, come malformazioni e patologie di origine genetica.
A denunciarlo è il New Weapons Research Group (Nwrc), una commissione indipendente di scienziati, con sede in Italia, che studia l'impiego delle armi non convenzionali e i loro effetti. Il Nwrc, in stretta collaborazione con specialisti e medici di Gaza, ha esaminato 4 crateri: due provocati dai bombardamenti del luglio 2006 e due da bombe sganciate nel gennaio 2009. Ha preso in esame anche la polvere residua all'interno del guscio di una bomba al fosforo bianco esplosa vicino all'ospedale di Al Wafa, nel gennaio 2009. Quindi ha messo a confronto i livelli rilevati in questi crateri con quelli indicati in un rapporto sulla presenza di metalli nel suolo di Gaza pubblicato nel 2005. Le analisi hanno evidenziato la forte contaminazione del suolo di Gaza. «Occorre intervenire subito - ha avvertito Paola Manduca, portavoce del Nwrg e docente di genetica all'Università di Genova - per limitare le conseguenze su persone e animali.
Umm Khaled Ghaben non ha mai sentito parlare di questi «metalli» nascosti nel suolo. Gli unici metalli che conosce sono i ferri attorcigliati che spuntano da ciò che resta della sua casa. «Non sappiamo come fare - dice la donna - siamo troppo poveri per affittare un appartamento e non abbiamo alternative». Sono migliaia gli abitanti di Gaza che vivono ancora nelle tende a un anno di distanza da «Piombo fuso», in cui furono uccisi circa 1.400 palestinesi (tra i quali centinaia di civili) e migliaia di case vennero distrutte o danneggiate. Molti dei senzatetto sono stati accolti da parenti e amici, ma tanti altri non hanno avuto questa fortuna e ora sono al gelo. L'inverno è arrivato tardi a Gaza ma da qualche giorno si fa sentire tra coloro che non hanno un'abitazione per ripararsi.
Le scorte di bombole del gas e di gasolio da riscaldamento sono diminuite sensibilmente da quando Israele ha trasferito la distribuzione del carburante per Gaza dal valico di Karni a quello di Kerem Shalom, più piccolo e meno attrezzato. «Gaza ha urgente bisogno di 268mila metri quadrati di vetro per le finestre e altri 67mila metri quadrati di vetro per riparare i pannelli solari per l'acqua calda», ripete da tempo Mike Bailey dell'Ong «Oxfam», evidenziando che numerose scuole, anche dell'Onu, non hanno alle finestre i vetri, andati in frantumi a causa delle esplosioni delle bombe sganciate dagli aerei e delle cannonate. A pagarne le conseguenze sono migliaia di studenti e i loro insegnanti. La ricostruzione non è mai cominciata, perché Israele non lascia entrare a Gaza il cemento, il vetro e altri materiali per l'edilizia. I quattro miliardi di dollari raccolti, a parole, durante il summit «per Gaza» della scorsa primavera, rimangono nelle casse dei paesi donatori per il divieto imposto da Israele e dagli Stati Uniti di cooperare, in qualsiasi forma, con il governo del movimento islamico Hamas.
Nel quartiere di Izbet Abed Rabbo, uno dei più colpiti dalla violenza dei bombardamenti di un anno fa, Firas, con cinque figli piccoli da sfamare che giocano davanti alla tenda in cui vivono da quasi 12 mesi, afferma di poter resistere al freddo. A spaventarlo piuttosto è la mancanza di lavoro, di un reddito minimo per mantenere la sua famiglia. È un contadino e prima dell'offensiva israeliana coltivava la terra per conto di una famiglia ricca, gli Abu Halima. «Ma ora in quei terreni posso andarci solo a rischio della vita - spiega Firas - sono vicini alle postazioni israeliane e i soldati aprono il fuoco su chi si avvicina». Israele ha imposto una «zona-cuscinetto» lungo il confine, ampia 300-400 metri all'interno di Gaza - ufficialmente per fermare i lanci di razzi - privando così la popolazione delle terre più fertili. Ahmad invece non desidera altro che di poter garantire a Muath, il suo bambino di un anno e quattro mesi, affetto da un tumore al fegato, una assistenza medica adeguata, grazie all'aiuto di una associazione italiana, «Angels». Le autorità israeliane non lo fanno uscire da Gaza, impedendone il ricovero al Policlinico Umberto I di Roma.

1 commento:

Andrea ha detto...

I veleni che danneggiano Gaza e chi gli sta intorno, sono l'odio, il fanatismo jihadista, e Hamas.
"I palestinesi soffrono" è il ritornello di ogni pacifista. Soffrono? E allora perchè non fanno la pace? Semplicemente perchè non gli interessa e perchè gli fa più comodo restare come sono e spremere soldi (hanno ricevuto ieri altri 64 milioni di Dollari dalla Banca Mondiale) e far passare Israele per cattivo e intransigente perchè si rifiuta di scomparire. E' la loro tattica dal 1967. Sarebbe ora che il mondo occidentale credesse a Israele e, finalmente, incominciasse a difenderlo dalla solita odiosa demonizzazione.