lunedì 25 marzo 2013

Tre donne forti e coraggiose

Tre donne forti e coraggiose di Gianfranca Fois Fares Odeh, 13 anni, Mohammed Al Dura, 12 anni, Iman Hejjo, 4 mesi Sono i nomi di bambini palestinesi uccisi "per caso" dal 2000 al 2002, solo alcuni delle centinaia, la maggior parte senza nome né età. Non sono morti in guerra né in conflitti a fuoco, ma appunto "per caso", nel cortile di una scuola, ad un posto di blocco, nella culla, alcuni mentre lanciavano un sasso contro un carro armato israeliano, vittime di un progetto espansionista disumano e crudele. E' questo che ci dice nel prologo del suo libro di racconti "Festa di rovine" Miriam Marino, ebrea italiana, da tantissima anni schierata apertamente dalla parte delle vittime, degli oppressi nel conflitto israelo- palestinese (che forse sarebbe meglio chiamare sionista-palestinese) e smonta subito l'idea ipocrita che questo sia un conflitto tra uguali. Miriam infatti fa parte dell'associazione"Ebrei contro l'occupazione", oltre che delle associazioni "Amici della Luna Rossa palestinese" e "Stelle Cadenti-Artisti per la pace". "Festa di rovine", da un verso del poeta arabo contemporaneo Mahmud Darvish il cui villaggio natale è stato distrutto e non appare più nemmeno sulle carte geografiche, contiene diciotto racconti, gli ultimi dei quali ambientati a Baghdad, prima e durante la seconda guerra irakena, contemporanea alla seconda Intifada. I racconti prendono spunto da fatti reali ma spesso approdano nel fantastico, e il fantastico, come avviene nella migliore letteratura, spesso ci restituisce la realtà in modo più comprensibile e vicino. In tutti è presente la morte, ma con la morte la vita e talvolta si aprono spiragli di speranza che improvvisamente fanno saltare tutti gli schemi codificati. La scrittrice non si sottrae ai problemi che nascono dal suo essere ebrea, affronta con coraggio la lotta contro l'occupazione israeliana della Palestina, e questo le è costata la rottura di relazioni anche importanti con amici ebrei. Miriam Marino ha voluto sottolineare nel suo intervento il ruolo che l'informazione ha svolto e svolge nella narrazione del conflitto israelo-palestinese. Mentre per la prima Intifada nel 1987 grazie proprio all'informazione il mondo viene a scoprire la realtà dell'oppressione a cui sono sottoposti i Palestinesi da parte dello stato israeliano, per la seconda Intifada, invece, Israele riesce a controllare l'informazione, e infatti emergono solo le notizie di attentati terroristici da parte dei Palestinesi e non la distruzione di uomini (circa tremila), di infrastrutture, di memorie, effettuate dall'esercito israeliano. Miriam Marino è la terza donna che abbiamo conosciuto all'interno degli incontri organizzati all'Università in occasione della IX settimana contro l'apartheid israeliano ,le altre due sono Leila Khaled e Rafeef Ziadah, palestinesi. Leila Khaled, la prima donna dirottatrice d' aerei (ora donna politica che porta avanti la lotta in altro modo), attraverso il collegamento Skype, saluta i giovani universitari cagliaritani e ripercorre alcuni degli episodi della recente storia palestinese, ricorda momenti della vita quotidiana dei Palestinesi tra angherie e umiliazioni. Prime fra tutte la confisca dei terreni e il taglio degli alberi d'ulivo, pianta di grande valore economico e simbolico per il popolo palestinese, da parte degli Israeliani che in questo modo tolgono la stessa possibilità di vita e colpiscono la dignità delle persone. E infine Rafeef Ziadah riuscita, unica della sua famiglia, perché si è nascosta per due giorni sotto un letto, a sfuggire al massacro di Sabra el Chatila in Libano quando i falangisti cristiani libanesi, appoggiati e istigati da alti ufficiali dell'esercito israeliano, compirono una terribile strage (circa ottomila persone uccise, soprattutto vecchi, donne e bambini). Rafeef è una poetessa che usa la lingua inglese per denunciare, attraverso la poesia, l'oppressione del suo popolo, oppressione sostenuta anche dall'aiuto militare ed economico degli Stati Uniti e dei paesi occidentali. Tre sono le richieste che avanza nelle sue opere: il ritorno dei profughi, la parità di diritti tra israeliani e Palestinesi, la fine dell'occupazione militare. Le sue poesie sono espresse con un linguaggio chiaro e semplice ma espressivo e appassionato. Una delle più sofferte e sentite è certamente "We teach life, Sir", (Noi insegniamo la vita, signore), risposta in versi alla domanda di un signore inglese che le aveva detto che forse il conflitto in Medio Oriente si sarebbe potuto risolvere se i Palestinesi avessero smesso di insegnare l'odio per gli Israeliani. We teach life, Sir. We Palestinians teach life after they have occupied the last sky We Palestinians teach life after they have built their settlements and apartheid walls, after the last skies. We teach life, Sir. Intifada: sollevazione contro l'occupazione israeliana della Palestina

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