venerdì 9 agosto 2013

Palestina – Dividere la terra, cancellare l’identità a Qalandiya.

Qalandiya, un villaggio alla periferia della Gerusalemme occupata, è diventato un crudo esempio dei crimini dell’occupazione israeliana: in nome di “esigenze di sicurezza”, Israele ha scisso il paese, dividendo sia terra che persone, spaccando anche in due una famiglia. di Malik Samara Ramallah – A nord della Gerusalemme occupata c’è un piccolo villaggio isolato con una popolazione di non più di 1.100 persone. Ma il villaggio occupa una posizione strategica nella periferia di Gerusalemme, tra diverse fabbriche e impianti vitali, compresi i siti di produzione militare israeliani. Il villaggio è adiacente all’aeroporto di Gerusalemme, noto come Qalandiya Airport, che venne costruito durante il Mandato Britannico. Oggi, l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) vuole che, in un futuro stato palestinese, la struttura divenga il suo aeroporto ufficiale. La posizione di questo villaggio, come di molti altri attorno a Gerusalemme, lo ha reso esposto ai progetti militari e di colonizzazione israeliani, che si appellano sempre alle “esigenze di sicurezza” dello stato ebraico. Recentemente, Israele ha “annesso” la parte orientale di Qalandiya alle aree che cadono dietro la Linea Verde – la linea di demarcazione che segna il confine de facto tra l’Israele vero e proprio e i territori catturati nel 1967. Ma ciò che Israele chiama “annessione” è in realtà un processo per modificare il percorso della barriera di separazione, dividendo il paese a metà – con solo tre case nella parte orientale, annessa allo stato ebraico, e le rimanenti sotto in controllo dell’ANP. In altre parole, durante la notte con un tratto di penna la mappa del villaggio è cambiata. La popolazione del villaggio che per centinaia di anni è vissuta come un’unica comunità, ora è soggetta ai capricci dei funzionari dell’occupazione israeliana. Oggi, solo tre famiglie vivono nella parte orientale del paese, tra cui due che posseggono la carta di identità blu israeliana e una che ha quella verde palestinese, pur essendo imparentate l’una all’altra. Questa è una delle tante assurdità che sono connesse all’occupazione israeliana, con membri della stessa famiglia che sono in possesso documenti di identificazione diversi. Nella parte di Qalandiya che non è stata annessa, ad esempio, alcuni hanno carte blu e altri verdi, e nonostante alcuni siano direttamente imparentati a gente della parte orientale, solo ai titolari della carta blu è concesso di andare a visitare i loro parenti. “Anche coloro che hanno il permesso di andare a Gerusalemme non sono autorizzati a visitare tale zona,” ha dichiarato Youssef Awadallah, capo del Consiglio del villaggio di Qalandia. Nella parte annessa del villaggio, la vita delle tre famiglie residenti è ora limitata dal programma giornaliero dell’occupazione. Questi residenti sono autorizzati ad andare e tornare per sole tre ore ogni giorno attraverso il checkpoint istituito nel villaggio dall’occupazione, dalle 7 alle 8:30 di mattina, poi dalla 12:30 alle 13:00 e infine dalle 16:00 alle 17:00 del pomeriggio. Ma perché gli israeliani hanno sequestrato proprio la parte orientale del villaggio? Mahmoud Awadallah ha riferito che, “l’importanza di questa regione ha a che fare con la sua posizione strategica. Il villaggio è adiacente all’aeroporto e al parco industriale di Atarot, così come alla strategica Route 443 e all’ingresso di Atarot. Non hanno voluto mettere il muro direttamente lungo la strada e hanno annesso questo segmento del villaggio per porre il muro al di là dello stesso, al fine di lasciare una zona cuscinetto. Il villaggio è pure vicino a un impianto gestito da Mata, una società aerospaziale israeliana che produce e aggiorna gli elicotteri”. Coprifuoco e checkpoint Tra le famiglie della parte annessa di Qalandiya, quella dell’attivista Mahmoud Awadallah si trova nella situazione più curiosa, essendo l’unica con carte verdi palestinesi. Questo sta a significare che essa vive all’interno di una “enclave israeliana, parzialmente isolata dal resto del mondo Questa famiglia non può muoversi liberamente all’interno della Linea Verde, come le altre due, o nella West Bank, tranne durante le ore stabilite dall’occupazione. Più spesso che no, gli israeliani non mostrano alcuna indulgenza per le emergenze umanitarie e familiari. La famiglia Awadallah incarna il netto disprezzo dell’occupazione per la vita palestinese. Mahmoud Awadallah ha raccontato, “una notte, dopo la chiusura dei cancelli del villaggio da parte delle autorità di occupazione, mia madre si ammalò, ma ci venne impedito di portarla in ospedale. Dovemmo aspettare fino al giorno dopo prima che potessimo spostarla.” Alle vetture non è consentito entrare o uscire dall’area, ha aggiunto Awadallah, e anche coloro che sono in possesso delle carte d’identità blu devono percorrere un lungo itinerario a piedi per raggiungere la seconda parte del villaggio al di fuori delle “ore di visita”. In altre parole, l’occupazione trasforma un viaggio di cinque minuti tra le due parti del piccolo villaggio nella camminata di un’ora. Anche le relazioni sociali tra le famiglie ora dipendono dall’umore delle autorità israeliane di occupazione. Ciò include le relazioni coniugali, per esempio, quando uno dei coniugi possiede una carta israeliana e l’altro quella palestinese. Youssef Awadallah ha affermato, “io posseggo la carta blu e sono costretto ad attraversare una grande distanza per recarmi nella seconda parte del villaggio. Ma a che cosa mi serve una carta d’identità se sono isolato dalla mia terra e dai miei parenti? Io vivo nella parte orientale, e i miei figli e fratelli vivono nella parte araba. Da quando il paese è stato diviso, le nostre visite giornaliere si sono interrotte.” Soprattutto, ciò di cui i residenti dell’area hanno maggiore paura è l’isolamento dalle loro famiglie e dai vicini nel caso di una maggiore escalation quanto potrebbe venire chiusa l’intera regione. Nel frattempo, nessuna delle petizioni presentate dai residenti del villaggio ai tribunali israeliani ha partorito ancora frutti. Awadallah ha detto, “finora, si sono rifiutati di rispondere o almeno di prendere in considerazione la questione.” Ora i residenti intendono recarsi alla Corte Suprema israeliana, per chiedere o la piena libertà di movimento o il permesso di soggiorno di Gerusalemme. (tradotto da mariano mingarelli)

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