lunedì 28 aprile 2008

UNA LETTERA DI MARIANO MINGARELLI

Le parole valgono più dei fatti.

Il nostro emerito ambasciatore alle Nazioni Unite, Marcello Spatafora, chiede d’imperio la sospensione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sul Medio Oriente, perché indignato dalle parole pronunciate dal vice-ambasciatore libico, Ibrahim Dabbashi, che si è permesso di equiparare la situazione a Gaza con quella nei campi di sterminio nazisti e il Manifesto, nell’articolo di spalla “Proporzioni”, a firma di r.zan., del 25 aprile 2008, plaude il comportamento del nostro “tecnico raffinato” che, bontà sua, è rimasto sconvolto da questa impropria associazione verbale, mentre non risulta che si sia preoccupato di quanta gente potrà morire nel frattempo, nella Striscia di Gaza, in attesa di una nuova convocazione del Consiglio di Sicurezza.
In conseguenza del ferreo embargo, totale ed ininterrotto, imposto a Gaza da Israele, e per l’assenza di provvedimenti reali, effettivi, messi in campo dagli organi delle UN, come pure dai singoli stati “democratici” europei, per far fronte all’emergenza umanitaria, la collettività internazionale sta condannando irrimediabilmente alla morte, con estrema indifferenza, gran parte della popolazione civile dell’”entità nemica” di Israele.
Certo, con i campi di sterminio, il nazismo si era proposto, con razionalità disumana e sistematica, l’eliminazione definitiva non solo degli ebrei, ma anche di tutti i “diversi”, fossero essi oppositori, omosessuali, comunisti, rom e shinti, partigiani o militari non collaborazionisti di paesi ex-alleati.
La nostra memoria ha ormai cancellato il ricordo che la follia nazista portò allo sterminio anche di circa 23 milioni di sovietici.
Che nei campi ci fossero strutture di tortura, di sfruttamento e di eliminazione morale e fisica, ben lo sappiamo.
Ma la Striscia di Gaza non è forse una enorme prigione a cielo aperto, di circa 360 kmq, dove la popolazione civile ha davanti a se solo prospettive di morte? A Gaza si muore sotto i bombardamenti aerei o dell’artiglieria israeliana, per il lancio di missili, per gli “effetti collaterali” degli assassini extragiudiziali o perché centrati “casualmente” dai cecchini dell’IDF. Si muore per l’inquinamento dell’acqua potabile con il refluo delle fogne. Si muore di malattie o di ferite incurabili, per mancanza di medicine, di ambulanze, di strutture ospedaliere funzionanti o per la mancanza di permessi. Si muore di disperazione, dell’effetto fisicamente e psichicamente devastante delle esplosioni conseguenti alla rottura del muro del suono da parte degli aerei con la stella di Davide, in tutte le ore del giorno e della notte. Si muore perché si è rimasti senza casa, senza lavoro, senza cibo, senza futuro.
L’UNRWA e la WHO cercano di far sentire il loro grido di allarme, ma il nostro ineffabile ambasciatore alle UN si mostra sensibile solo a ciò che può risultare non gradito a Israele.

mariano mingarelli - Firenze

(DELLA ONLUS AMICIZIA ITALIA-PALESTINA)

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