venerdì 9 dicembre 2011

Palestina chiama Europa

Palestina chiama Europa



L'avvocato palestinese Khalil Shaheen del Pchr in giro per l'Italia per chiedere aiuto per la popolazione civile palestinese

''La situazione economica a Gaza e in Cisgiordania può essere semplificata in un'immagine sola: una profonda miseria. Al contesto generale si sono sommati i tagli che gli Stati Uniti hanno portato ai fondi per l'Autorità Palestinese dopo la richiesta di riconoscimento alle Nazioni Unite e il congelamento dei dazi e delle tasse, che bisogna chiarire sono palestinesi, che Israele si rifiuta di erogare come prevede il diritto internazionale. La situazione generale è un disastro''.

L'avvocato palestinese Khalil Shaheen è il responsabile dell'unità Economica e Sociale del Palestinian Centre for Human Rights (Pchr), organizzazione non governativa di Gaza City, che si batte per il rispetto dei diritti umani, per la legalità e per la democratizzazione della società palestinese. Ma si batte soprattutto contro l'occupazione israeliana della Cisgiordania e contro l'embargo imposto alla Striscia di Gaza. Affiliato alla Commissione Internazionale dei Giuristi, con sede a Ginevra, il Pchr è nato nel 1995, fondato da un gruppo di avvocati palestinesi come Shaheen, che documentano le violazioni dei diritti umani, da qualsiasi parte provengano. Sheheen, in particolare, si occupa di lavorare all'importanza dei diritti socio-economici della popolazione civile.

Se da un lato, il Pchr si batte per far pressione su Hamas e sull'Autorità Palestinese per implementare la legislazione palestinese sul modello degli standard internazionali di rispetto dei diritti umani, dall'altro non si può non denunciare l'occupazione, che crea una situazione claustrofobica per la popolazione civile. Shaheen ha girato in questi giorni l'Italia, per una serie di conferenza di riflessione e denuncia, nel Paese al quale il Pchr è molto legato, grazie anche al lavoro e all'impegno di Vittorio Arrigoni, che proprio al Pchr devolse i diritti del suo libro Restiamo Umani.

''Siamo qui per incoraggiare gli attivisti italiani e chi vuole occuparsi di diritti umani, perché servono voci e testimonianze della catastrofe palestinese, proprio come lo era Vittorio Arrigoni, volontario italiano ucciso dal terrorismo. Lui era una di queste voci ed era riuscito a descrivere in modo magico il dramma dell'occupazione della Palestina'', ha detto Shehaan in una delle serate nelle quali ha incontrato attivisti e persone comuni.

''Dobbiamo far conoscere alla comunità internazionale cosa succede nei Territori Occupati - spiega Shaheen - un luogo dove Israele ha instaurato una politica di apartheid e distrutto la convivenza civile, distrutto le case dei civili, bloccato le frontiere a persone, merci e informazioni: un vero e proprio assedio e una volontà di pulizia etnica. Circa un milione e mezzo di persone vivono sotto assedio. Nel 2008 durante l'operazione militare israeliana Piombo Fuso morirono 1436 persone, tra le quali molti bambini. Adesso Gaza è una città distrutta: 70mila case sono devastate e mancano i servizi primari, in particolare nella rete idrica e nelle strutture sanitarie. E non si può fare niente per ricostruirla perché Israele lo impedisce''.

I tagli si abbattono come una mannaia su una situazione disperata. ''Di tutti gli aspetti complicati, quello della sanità di sicuro il più complesso. Manca tutto e le cure esterne in Israele sono praticamente annullate. In nessun modo riusciamo a finanziarci, avendo qualsiasi forma di esportazione bloccata. L'agricoltura è limitata a un'economia di sussistenza, non si può pescare perché ci sparano addosso. Questa totale assenza di opportunità non può che avere ricadute sociali, con la disperazione che sempre più si insinua nelle case, tra le famiglie, nei rapporti sociali e interfamiliari. Che altro aspettarsi in un territorio dove il 65 percento della forza lavoro è disoccupata? Che altro aspettarsi in un territorio dove più della metà della popolazione sopravvive solo grazie agli aiuti umanitari?''.

Questo giro di conferenze, però, è una speranza. Gli Usa e Israele non hanno perdonato la richiesta di riconoscimento che la Palestina ha presentato alle Nazioni Unite, l'Europa è come sempre reticente e divisa sulla questione. Che si aspetta da questi incontri? ''Un moto di coscienza, un fremito di indignazione. Perché l'Europa, abbandonandoci, tradisce la sua storia. Bisogna premere per il rispetto dei diritti umani, per la fine di questo embargo criminale e perché si arrivi davvero a un processo di pace giusto''.

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