martedì 3 giugno 2014

PALESTINA. Si aggravano le condizioni dei prigionieri in sciopero della fame




Quaranta dei novanta detenuti che rifiutano il cibo dal 24 aprile, per protestare contro la pratica israeliana della detenzione amministrativa, sono stati ricoverati in ospedale. La lettera delle madri e delle mogli al papa. FOTO






testo di Rosa Schiano

Gaza City, 31 maggio 2014, Nena News – “Noi siamo in sciopero della fame non solo per noi stessi e per tutti i detenuti amministrativi in carcere, ma per tutto il popolo palestinese esposto a questo tipo di detenzione arbitraria, amministrativa, a cui può essere sottoposto qualunque figlio del popolo palestinese, in qualsiasi momento, ed io e miei fratelli scioperanti non termineremo il nostro sciopero fino al raggiungimento delle nostre richieste”, così ha dichiarato Ahmad Rimawi, 19 anni, il più giovane dei prigionieri politici palestinesi in detenzione amministrativa ed in sciopero della fame.

Novanta prigionieri in detenzione amministrativa avevano iniziato lo sciopero della fame il 24 aprile, a loro decine di detenuti si sono uniti in solidarietà. Le autorità carcerarie israeliane non solo hanno rifiutato di ascoltare le loro richieste, ma impongono misure punitive contro chi rifiuta il cibo, incluso isolamento, violenze fisiche, privazione di assistenza sanitaria, confisca di prodotti per l’igiene e affetti personali, visite familiari e legali negate o posticipate. I maltrattamenti sono comunque sistematici ed iniziano dal momento dell’arresto, le violenze fisiche e verbali continuano poi durante gli interrogatori.




A 38 giorni dall’inizio della protesta, vi è un grave deterioramento delle condizioni di salute dei detenuti. Almeno 40 dei prigionieri in sciopero della fame dal 24 aprile sono stati ricoverati negli ospedali. L’avvocato Jawad Bulous, che lavora per la Palestinian Prisoner’s Society, ha riferito che la maggior parte degli ospedali israeliani dal Soroka Medical Center nel Sud di Israele al Meir Medical Center in Kfar Saba nell’area centrale hanno ricevuto detenuti.

Secondo Bulous, il servizio carcerario israeliano avrebbe tentato di raggiungere un accordo con i detenuti in sciopero della fame. Gli ufficiali israeliani avrebbero suggerito un incontro con i leader dei prigionieri palestinesi al carcere di Rimon, ma la richiesta è stata respinta perché gli israeliani avrebbero rifiutato la partecipazione alla discussione di un rappresentate dei detenuti in sciopero della fame.





Oltre a chiedere il proprio rilascio, i detenuti chiedono la fine della “detenzione amministrativa”, una pratica che consente ad Israele di arrestare persone senza accusa o processo e per un tempo indefinito.

Alcuni prigionieri hanno vissuto anni in detenzione amministrativa. Questa pratica, infatti, è usata da Israele per trattenere in carcere palestinesi da uno a sei mesi, indefinitivamente rinnovabili. Ordini di detenzione sono emanati senza accuse, senza processo e senza una prova a cui il detenuto o l’avvocato possa accedere, viene negato loro il diritto ad un regolare processo. La detenzione amministrativa viene spesso utilizzata quando non ci sono prove sufficienti per accusare palestinesi. I prigionieri politici amministrativi non conoscono le ragioni per cui sono in carcere, non sanno di cosa sono accusati né perché sono stati privati della loro libertà. Si tratta di uomini e donne, persone di tutte le età ed esperienze, studenti, lavoratori, insegnanti e leader politici. Tra essi c’è anche un noto difensore dei diritti umani, Murad Eshtewi, coordinatore del comitato popolare di Kufr Qaddum, in detenzione da circa 4 settimane. Tra i noti leader politici, ci sono Ahmad Sa’adat e Marwan Barghouti.





In occasione della visita del Papa in Palestina, le madri e le mogli dei prigionieri palestinesi in detenzione amministrativa hanno rivolto un appello urgente al Pontefice. “Noi, le madri e le mogli dei detenuti amministrativi palestinesi nelle carceri dell’occupazione israeliana, ti diamo il benvenuto nella nostra Palestina occupata, ed esprimiamo la nostra profonda ammirazione per la tua umiltà ed il forte impegno per la giustizia sociale”, così inizia la lettera delle donne palestinesi preoccupate per le sorti dei loro cari. “Noi, le madri e le mogli vorremmo esprimerti la nostra profonda preoccupazione per le vite dei nostri figli e dei nostril mariti che sono in sciopero della fame da più di 4 settimane per protestare contro la pratica della detenzione amministrativa. I nostri figli ed i nostri mariti stanno soffrendo di gravi conseguenze come risultato del loro prolungato sciopero della fame, cosi come delle crudeli punizioni perpetrate dagli ufficiali del servizio carcerario, inclusi perquisizioni in cui vengono spogliati, reclusione in isolamento, insulti e umiliazioni durante incursioni quotidiane nelle celle e visite negate dei loro familiari ed avvocati”.

Il 22 maggio 18 organizzazioni per diritti umani avevano inviato una lettera al segretario generale delle nazioni unite Ban Ki Moon per chiedere urgentemente il rilascio dei detenuti in sciopero della fame. Addamer, associazione palestinese per diritti umani e per i diritti dei prigionieri palestinesi, riporta che il 1 maggio 2014 c’erano 5271 detenuti politici palestinesi nelle carceri israeliane. Di questi, 192 tenuti sotto regime di detenzione amministrativa (di cui 8 membri del Consiglio Legislativo Palestinese), 196 minori (27 sotto I 16 anni) e 17 donne. Nena News

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