venerdì 25 febbraio 2011

LIBIA, GHEDDAFI E’ SUL PUNTO DI CADERE

Speciali preoccupazioni ci opprimono per la sorte del popolo libico:
Ci sarà una carneficina?
Che intenzioni hanno gli USA con l'appoggio di alcuni paesi europei quando parlano di invasione militare o umanitaria che la storia recente ci ha mostrato essere la stessa cosa?
Hanno intenzione di gestire loro al posto dei libici il dopo-Gheddafi?
Le preoccupazioni sono concrete considerando gli enormi interessi che questa gente ha nel paese che è pieno di risorse importanti.
Fin'ora, l'Italia in testa, si sono preoccupati ben poco del bagno di sangue e molto dei loro interessi economici compromessi e delle "conseguenze" di una marea di libici scappati che possano approdare sulle nostre coste, con un cinismo disgustoso, ora speriamo che con la scusa di una ipocrita e pelosa "umanità" non scatenino una situazione disastrosa che resti nel tempo come ogni volta che parlano gli eserciti.


A Tripoli l'atto finale dell'insurrezione. Scontri ovunque nella capitale. Anche l'aeroporto e' caduto nelle mani dei rivoltosi. Il regime e' vicino alla fine, si teme una carneficina. Un mese fa cominciava in Egitto la rivoluzione

Roma, 25 febbraio, 2011 – Tensione altissima a Tripoli. Il regime pare sul punto di cadere, potrebbe essere una questione di ore, nonostante il tentativo in extremis del governo di riguadagnare consensi attraverso un generoso aumento dello stipendio ai dipendenti pubblici e dei sussidi alle famiglie più povere deciso questa mattina. I ribelli avrebbero preso nelle ultime ore le cittadine di Misurata e Ghadiyan e secondo quanto riferisce la televisione Al-Jazeera, questo pomeriggio anche l’aeroporto internazionale Maatinqa, a 11 km da Tripoli, sarebbe nelle mani dei rivoltosi dopo che i militari presenti al suo interno si sono ammutinati per unirsi alla rivolta. Nella capitale si ripetono scontri tra oppositori e sostenitori del colonnello Gheddafi nel quali tre forse cinque i manifestanti sono rimasti uccisi nel quartiere Janzour, nella zona di Suq Jal-umua e in via Jumhuriya. Manifestanti con slogan anti-Gheddafi si sono registrate anche a Fashloum, nella parte orientale della città e da poco sono cominciato combattimenti nel mercato. Militari ribelli starebbero marciando con centinaia di manifestanti verso la Piazza Verde, simbolo della rivoluzione «verde» di Gheddafi. In città oggi si è svolta anche una manifestazione a sostegno del colonnello alla quale hanno però partecipato poche centinaia di persone.

Nel paese la resa di Gheddafi viene data per certa ed è già in corso un tentativo per trovare una nuova direzione politica. Personalità della Libia orientale ed occidentale, tra cui membri del governo passati nei giorni scorsi con i manifestanti, starebbero trattando con i capi tribù e i leader della rivolta per formare un nuovo esecutivo. Sono in molti a pensare che l’epilogo sia vicino ma si teme un bagno di sangue. Gheddafi potrebbe mantenere fede all’impegno dato nei giorni scorsi di non arrendersi mai e di resistere fino all’ultimo uomo fedele. Il rischio di una «carneficina finale» perciò è alto. Stamani, inaugurando la sessione speciale del Consiglio dei Diritti Umani a Ginevra, l’Alto Commissario Onu, Navi Pillay, ha detto di avere informazioni secondo cui sono migliaia le persone uccise o ferite nella repressione della rivolta da parte del regime. Continuano a diffondersi in queste ore voci sulla fuga dalla Libia di alcuni familiari di Gheddafi. Uno dei sette figli del colonnello sarebbe da due giorni in Venezuela, nell’isola di Margarita. E Caracas, nonostante le smentite del presidente Hugo Chavez, potrebbe essere presto la destinazione di Gheddafi.

Il vento della rivolta araba non conosce soste ed ostacoli. Dopo la caduta del presidente tunisino Ben Ali e di quella dell’egiziano Hosni Mubarak, un terzo leader arabo ritenuto potente e fino a poche settimane fa, sta per uscire di scena. Se Gheddafi cadesse già oggi, avverrebbe ad un mese esatto dall’inizio della «rivoluzione egiziana del 25 gennaio». Rimane alta peraltro la tensione anche in Yemen, Bahrein, Algeria, Marocco e ora anche in Iraq. Chi sarà il prossimo? Nena News

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