sabato 26 febbraio 2011

RIAPRITE QUELLA STRADA!

Mobilitazioni in varie città del mondo per quello che è ormai diventato il giorno di solidarietà con i residenti palestinesi, di Shuhada Street, quella che un tempo era la via principale del commercio della città di Hebron , in Cisgiordania e che oggi è diventata una strada fantasma come tutto il centro storico.

Hebron, 25 febbraio 2011, Nena News (Foto di Shawn Duffy)- Mobilitazioni ed eventi di solidarietà sono previsti oggi in varie città del mondo (hanno aderito Londra, Roma, Seattle, la Columbia University negli USA, e ancora due città australiane e associazioni sudafricane) per chiedere quello che gli attivisti palestinesi di Hebron dell’organizazione “Giovani contro gli Insediamenti” (Youth against Settlements), insieme ad internazionali e israeliani chiedono ogni sabato da almeno un anno: la riapertura di Shuhada Street alla popolazione palestinese e la fine dell’occupazione. Proprio poco prima dell’estate del 2010, Hebron/Al Khalil, ha aggiunto il proprio nome alla lista dei luoghi che regolarmente vedono sfilare comitati popolari per la resistenza nonviolenta: a Hebron, ogni sabato i manifestanti si radunano di fronte al checkpoint militare israeliano che segna l’inizio di via Shuhada e della città vecchia di Hebron, la zona «H2», occupata da coloni ebrei.



[shuhada-street-1] Shuhada Street in passato è sempre stata una delle principali vie di commercio per la popolazione palestinese, oltre che arteria fondamentale per i residenti di Hebron/Al Khalil. Oggi, poiché Shuhada Street attraversa la colonia ebraica dentro la città Hebron, appare come una strada fantasma in cui l’accesso è negato ai residenti palestinesi, e consentito soltanto ad israeliani e turisti. Graffiti inneggianti all’odio sono stati dipinti sulle saracinesche dei negozi ormai chiusi, e i palestinesi che vivono sulla strada sono costretti ad entrare e uscire dalle proprie case attraverso le porte sul retro, o a volte anche arrampicandosi sui tetti dei vicini.

Secondo i dati rilasciati dale organizzazioni in difesa dei diritti umani, con le progressive chiusure e restrizioni imposte a Shuhada Street e in generale a quello che un tempo costituiva il sud di Al-Khalil, più di 1000 residenti palestinesi hanno lasciato le loro abitazioni e più di 1800 negozi sono stati costretti a chiudere, cioè il 76,6% degli esercizi commerciali dell’area.

Nel 1994, in seguito al massacro di 29 musulmani in preghiera da parte di un colono israelo-americano, Baruch Goldstein, i negozi su Shuhada Street sono stati chiusi, e il traffico di automobili palestinesi è stato vietato. Nonostante un processo e l’ammissione da parte del governo israeliano che si tratta di misure illegali, 16 anni dopo la strada è ancora chiusa ai palestinesi. Shuahada street è oggi il simbolo della questione delle colonie illegali, della politica di separazione a Hebron/Al Khalil e nell’intera Cisgiordania, della mancanza di libertà di movimento, e dell’occupazione in generale.
[cosi era shuda street negli anni 90]

Così appariva Shuhada Street all'inizio degli ani '90 (foto archivio Open Shuhada Street)

Nena News pubblica qui di seguito la testimonianza di Zleikha Muhtaseb, una donna palestinese residente a Shuhada Street.

COSA SIGNIFICA RIAPRIRE SHUHADA STREET

Molte persone potranno chiedersi perché abbiamo bisogno che Shuhada Street sia riaperta. Collegando la parte nord della città con quella a sud, costituisce una delle arterie più importanti di Hebron (Al-Khalil). Non solo: mette in comunicazione i residenti…quando Shuhada Street è stata chiusa, molte persone sono state private della loro vita sociale, dal momento che i loro familiari e amici non vogliono essere fermati ai check-point o lungo il corso del tragitto, quando decidono di far visita a chi vi abita.

In passato poi, quando ancora era possibile accedervi, si trattava di una distanza percorribile a piedi, mentre oggi occorre fare il giro intorno alla città, per raggiungere l’abitazione e la famiglia dove si vuole andare a far visita. Adesso le persone ci pensano dieci volte prima di pianificare una visita a qualche famiglia in Shuhada Street: si deve, infatti, tenere in considerazione il tempo necessario per arrivare lì, oltre che il denaro che si spenderà.

Quando la strada è stata chiusa, molti hanno perso il lavoro, e le opportunità di guadagno ora sono molte meno che prima, per questo ci si pensa bene prima di spendere soldi.

La casa dove vivo, si trova a Shuhada Street, ma non posso usare l’ingresso principale, perché sono palestinese. I miei vicini hanno creato un’apertura nel muro, un passaggio che mi permette di non rimanere prigioniera nella mia stessa casa. Infatti, vivo a casa mia come fossi in una prigione. Per proteggermi dai “regali” dei coloni, le pietre che tirano costantemente contro casa mia, ho dovuto ricoprire i miei balconi con recinti di filo spinato. Prima che li mettessi, non potevo aprire le persiane. Ma se per sbaglio, le dimenticassi aperte, riceverei immediatamente i “regali” dei coloni. Le pietre continuano a essere lanciate, ma non mi colpiscono come prima, e le ho usate per decorare il mio giardino e scrivere la parola “pace” in arabo.

E’ davvero difficile vivere dove vivo, tutto è chiuso, prima andavo a fare la spesa vicino, ma ora se devo comprare qualcosa, devo camminare molto e portarmi a piedi le buste della spesa, dato che non posso usare la macchina. Una volta ho avuto dei forti dolori renali, e nemmeno l’ambulanza è potuta arrivare davanti alla porta di casa mia, per portarmi all’ospedale. Mio fratello vive a due minuti a piedi da Shuhada, ma impiego venti minuto per raggiungere casa sua.

L’esercito e la polizia israeliana ci dicono che la loro presenza è per proteggere sia i palestinesi che gli israeliani, ma nella realtà dei fatti, sono entrati a casa mia, per perquisirla, tre volte in una settimana, dopo la segnalazione di un soldato secondo cui alcuni ragazzini avrebbero tirato pietre sulla strada dalle finestre di casa mia; nonostante io viva da sola con mia madre e non abbia figli. Molte volte i bambini e gli adolescenti, figli dei coloni, hanno tirato pietre contro casa mia, ho presentato degli esposti ai soldati e alla polizia, eppure non hanno fatto nulla per fermali.

Riaprire Shuhada Street è necessario per la pace e per l’umanità.

Zleikha Muhtaseb

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