martedì 28 giugno 2011

Israele detta legge e decide per tutto il mondo cosa si può sapere e cosa no dei suoi crimini

Steve Jobs si piega al volere di Israele: cancellata l'applicazione "Terza Intifada"

di Emma Mancini

Paranoia tecnologica o imposizione della propria narrativa? Dietro la richiesta di Israele di cancellare l’applicazione Apple “Terza Intifafa”, probabilmente, ci sono entrambe. Inaccettabile per Tel Aviv che in ogni parte del mondo si possa assistere sullo schermo di un iPad o un iPhone alle violazioni quotidiane subite dai palestinesi.

apple

ll sito 3rdIntifada.com da cui è stato ripresa l'applicazione Apple



Pressioni sulla Apple immediate e Steven Jobs obbedisce: l’applicazione va cancellata. È successo ieri, quando il gigante della tecnologia Apple ha rimosso definitivamente l’applicazione filo-palestinese “Terza Intifada”, un programma in lingua araba creato da una compagnia di Dubai, che secondo il governo israeliano incitava il mondo arabo alla violenza contro gli ebrei. Un’applicazione che riprendeva in tutto e per tutto il sito 3rdintifada.com, un network che fa informazione e offre editoriali sull’occupazione militare israeliana e le ragioni della causa palestinese.

Ma cosa mostrava di tanto temibile l’applicazione Apple? Uccisioni di palestinesi e foto dei martiri, demolizioni di case da parte dei bulldozer militari israeliani, la vita a Gerusalemme Est e le altre violazioni più note del conflitto, documentari e canzoni che narrano la Nakba. Inaccettabile per Israele, che ha accusato la società californiana di incitare alla violenza contro lo Stato ebraico attraverso un’applicazione che fa riferimento a Israele come entità sionista e “convince il mondo intero a simpatizzare con la causa palestinese”.

Steve Jobs, che nei giorni scorsi aveva ignorato le pressioni israeliane e aveva deciso di non rimuovere dagli Apple Store l’applicazione, si è ritrovato nella cassetta della posta una lettera di Yuli Edelstein, ministro israeliano per gli Affari Pubblici e la Diaspora. Nella missiva il ministro ha richiamato Jobs all’ordine, chiedendo “l’immediata rimozione dell’applicazione, così da continuare nella tradizione delle applicazioni Apple dirette solo al divertimento e a fini informativi, applicazioni che non sono mai state strumento di incitamento alla violenza”.

“Se si guarda agli articoli – continua Edelstein -, alle storie e alle fotografie che appaiono nel programma, appare chiaro che si tratta di un’applicazione anti-israeliana e anti-sionista che di fatto, così come suggerisce il nome, chiama ad una rivolta contro Israele”. Difficile resistere ad un ministro tanto convincente, lo stesso che a marzo riuscì a far rimuovere la pagina Facebook “Terza Intifada”, adducendo la stessa motivazione: incitamento alla violenza e alla sollevazione contro Israele attraverso la lotta violenta.

Insomma, se Mark Zuckerberg ha ceduto, difficile che Steve Jobs riuscisse a resistere alle potenti lobby israeliane. “Abbiamo rimosso l’applicazione dagli Apple Store perché viola le nostre linee guida e offende un intero gruppo di persone”, ha detto mercoledì un portavoce della Apple, citato da Al Jazeera.

Riflessioni in merito allo strapotere mediatico ed economico israeliano si sprecherebbero. Ad inchinarsi ai voleri e ai capricci di Tel Aviv sono state due delle compagnie tecnologiche più potenti e influenti del globo, che avevano fatto dell’informazione libera e della condivisione di notizie e opinioni il loro cavallo di battaglia.

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