lunedì 6 giugno 2011

Porterò il lutto per la Nakba

di Nurit Peled-Elhanan



Porterò il lutto per la Palestina scomparsa che, nella sua maggior parte,
non conoscerò mai.
Porterò il lutto per la Terra Santa, che perde la sua umanità, il suo paesaggio,
la sua bellezza e i suoi figli sull’altare del razzismo e del male.

Porterò il lutto per i giovani ebrei che invadono e profanano
le case delle famiglie a Sheikh Jarrah, buttano in strada i loro abitanti
e ballano e cantano in memoria di Baruch Goldstein, assassino infame
di bambini palestinesi, mentre i proprietari cacciati dalle loro case
con i loro bambini ed anziani dormono sotto la pioggia,
in strada, di fronte alle loro abitazioni.
Porterò il lutto per i soldati e i poliziotti che proteggono questi
malvagi invasori ebrei ortodossi senza alcun rimorso.
Porterò il lutto per le terre di Bil’in e Nil’in e per gli eroi di Bil’in e Nil’in,
molti di loro bambini tra i 10 e i 12 anni,
che senza paura si alzano in piedi per il loro diritto a vivere
con dignità nella terra dei loro padri.
Porterò il lutto per i Diritti Umani che sono stati sepolti da tempo in questo paese,
per il sangue versato impunemente, per gli assassinii commessi con la
benedizione dei rabbini, per il falso mito sionista in cui sono stata
educata e per la storia palestinese, la cui narrazione é proibita, ma
la cui verità ritorna e i cui germogli verdi
spuntano tra i semi delle leggi razziste.
Porterò il lutto per l’ex ministro dell’educazione, Livnat,
che ha difeso la legge contro la commemorazione del giorno della Nakba,
dicendo che “Se non c’è nulla per cui possano portare il lutto,
non avranno motivi per ribellarsi”; parole peggiori delle
peggiori parole dei nostri avversari e dei colonialisti più malvagi.
Porterò il lutto per tutti noi che non sappiamo che fare di fronte a
una legge che è pura crudeltà, una tra le decine di altre leggi razziste
destinate ad assicurarci i posti d’onore – se non tutti i posti –
negli Atti del Parlamento del Democratico Stato Ebraico.
Porterò il lutto per la democrazia di questo paese dove la metà dei
suoi abitanti deve vivere in condizioni che sarebbero proibite,
anche a degli animali, in altre democrazie.
Porterò il lutto per i bambini.
Quelli che sono morti. Quelli che moriranno domani.
Quelli che non sopportano più di vivere qui e quelli che qui vivono,
simili a mostruosi golem[2] che si ribellano contro i loro creatori,
esseri formati di paura, di male, di razzismo, di amore contorto per una
terra che non è la loro, di odio per tutto ciò che non è a loro immagine
e di appetito insaziabile per l’assassinio.
Porterò il lutto il giorno della Nakba.
E anche il giorno che lo precede che noi chiamiamo Giorno della Commemorazione
e che non è altro che un giorno dedicato all’idolatria della carne morta,
alla fine del quale ciascuno esce e cuoce alla griglia altre carni morte,
canta, balla e alla fine è sazio e ubriaco.
Porterò il lutto per il giorno della nostra indipendenza,
che non è altro che la celebrazione del trionfo della reclusione
e dell’assoggettamento.
Per tutte queste ragioni, porterò il lutto il giorno della Nakba.
Mi unirò ai milioni di spossessati, oppressi e umiliati
che non hanno perso la speranza nel futuro e che pensano
che rimanga un’opportunità e che si ergono come i testimoni e
come le braci ancora vive del vero spirito umano.
Porterò il lutto il giorno della Nakba per essere degna di loro,
perché i miei figli sappiano da che parte sto
e perché anch’essi possano credere che c’è una possibilità per la speranza
e per un futuro in cui la giustizia prevarrá.
Porterò il lutto per la democrazia di questo paese
dove la metà dei suoi abitanti deve vivere in condizioni
che sarebbero proibite, anche a degli animali,
in altre democrazie.


(N.B. La prof. ebrea israeliana Nurit Peled-Elhanan - Premio Sajarov
per i Diritti Umani, membro del Parents Círcle for Peace - ha
perduto una figlia quattordicenne in un attentato suicida contro un
autobus. In un documentario in mio possesso del giornalista di
inchiesta australiano John Pilger, il marito di Nurit Peled ha detto di
comprendere la rabbia dei giovani palestinesi: “ Come mia figlia, sono
anch’essi vittime delle dissennate politiche del nostro governo”.)

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