giovedì 2 giugno 2011

JERUSALEM DAY: RAZZISMO E VIOLENZE NELLA PARATA ISRAELIANA

Nel giorno in cui Israele celebra il 44° anniversario dell’annessione illegale di Gerusalemme Est, 40mila militanti sionisti marciano dal quartiere arabo di Sheikh Jarrah al Muro del Pianto: aggrediti residenti e negozi palestinesi. Tensioni con attivisti della sinistra. Arrestate 24 persone.

DI EMMA MANCINI

Gerusalemme, 02 giugno 2011, Nena News – Quarantamila israeliani in marcia hanno celebrato ieri per le strade di Gerusalemme quello che chiamano il “Giorno della Riunificazione”, ovvero l’occupazione della zona Est della città nel giugno del 1967, durante la Guerra dei Sei Giorni.

Quarantamila israeliani, migliaia di bandiere bianche e blu ma anche atti di violenza e di intimidazione: alla fine della lunga parata, il bilancio è di 24 arresti. Dal quartiere arabo di Sheikh Jarrah, soggetto alla penetrazione di coloni internazionali, al Muro del Pianto, il movimento sionista, che torna ad avere grande presa sui più giovani, non ha risparmiato Gerusalemme: atti di vandalismo, aggressioni e razzismo sono andati avanti per l’intera marcia.

A pattugliare l’intera città sono arrivati 3000 poliziotti, in borghese e in divisa. Il quartiere di Sheikh Jarrah è stato chiuso al traffico fin dalle prime ore del mattino, in attesa della partenza della parata. Ed infatti i quarantamila sono partiti da Sheikh Jarrah nel pomeriggio, intonando slogan spesso con un contenuto razzista anti-arabo e circondando l’intero quartiere di Gerusalemme Est. La strada principale è stata invasa da bandiere e slogan sionisti e non sono mancati scontri con attivisti israeliani venuti in supporto dei residenti palestinesi.

Una trentina di loro ha fatto da scudo umano ad una casa palestinese, imbracciando cartelli con su scritto “Solidarietà tra ebrei e arabi contro il fascismo” e “Le colonie illegali a Gerusalemme Est sono un ostacolo alla pace”. Una provocazione difficile da digerire per chi marciava in nome della conquista della città: gli attivisti sono stati aggrediti da alcuni manifestanti e due di loro sono stati arrestati.

Un arresto anche tra le file sioniste: un dimostrante è entrato in una moschea sventolando la bandiera israeliana. In risposta, alcuni bambini palestinesi sono saliti sul tetto di un palazzo vicino con in mano cinque bandiere palestinese, tra le grida e gli insulti dei manifestanti in strada.

Non sono mancati scontri nemmeno nel quartiere più caldo di Gerusalemme Est: a Silwan, minacciato quotidianamente dalla costruzione di un’area archeologica e dall’incremento esponenziale delle colonie, sette palestinesi sono stati arrestati per aver lanciato delle pietre.

Ma il fronte caldo è stato la Città Vecchia. Alla Porta di Damasco Gate e all’ingresso di Via Suleiman, alcuni giovani ebrei hanno lanciato pietre contro residenti palestinesi, ferendone tre: uno di loro è stato portato in ospedale per una ferita alla testa. I dimostranti sionisti hanno poi fatto il loro ingresso nel cuore della città dalla Porta di Damasco intonando slogan razzisti e invocando la morte di tutti gli arabi di Gerusalemme e la distruzione della moschea di Al-Aqsa.

Alcuni manifestanti hanno tirato pietre e verdure contro negozi e passanti palestinesi, che avevano tentato di evitare aggressioni: tutti i negozi del quartiere musulmano erano stati chiusi, ma alcuni giovani avvolti nelle bandiere della colonia di Kiryat Arba e della città di Hebron hanno attaccato porte e finestre, distruggendone alcune. Altri cinque dimostranti sono stati arrestati, insieme ad una donna araba che ha risposto agli insulti con slogan antisemiti.

Gerusalemme è città divisa e contesa da 60 anni. Dal 1948 le contraddizioni si sono trasformate in conflitto: dopo l’occupazione israeliana della città nel 1967, celebrata ieri dai quarantamila manifestanti sionisti, Gerusalemme è stata annessa allo Stato d’Israele, ma la sua sovranità è ancora oggetto di controversia internazionale. Secondo il piano di spartizione dell’Onu del 1947 e la risoluzione 181, Gerusalemme è territorio internazionale, ma dalla Guerra dei Sei Giorni del 1967 l’area orientale araba è stata annessa a quella occidentale, ebraica. Quello a cui si sta assistendo in questi decenni è il tentativo di “giudaizzazione” della città divisa, con azioni e leggi volte a separare Gerusalemme Est dal resto della Cisgiordania. Una separazione forzata e concreta, visibile nel cemento del Muro che la taglia a metà e che isola il tessuto economico e sociale dell’area araba, spezzando legami e famiglie.

Nonostante la risoluzione Onu n.181 sia ancora considerata valida sia dalle Nazioni Unite che dagli Stati Uniti d’America, Israele non ha mai cessato l’occupazione della città, considerandola propria capitale indivisibile: Gerusalemme è la capitale de jure dello Stato d’Israele. La comunità internazionale non riconosce legittima l’annessione di Gerusalemme Est né tantomeno lo status di capitale israeliana della città, ragione per cui gran parte delle ambasciate estere sono a Tel Aviv.

Ma al governo israeliano poco importa. Durante il discorso alla Knesset di martedì, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha espressamente detto che Gerusalemme non potrà mai più essere divisa. Aggiungendo che la popolazione araba non sarà dimenticata: “Crediamo che Gerusalemme potrà diventare presto una città internazionale. Stiamo migliorando i quartieri, non solo quelli ebraici, ma anche quelli arabi. Lo meritano, non hanno abbastanza scuole. Credo si tratti di cambiamenti essenziali per il futuro di Gerusalemme”.

Una città contesa tra i suoi 789mila abitanti: secondo le statistiche ufficiali israeliani, 492mila sono ebrei, 273mila musulmani e 15mila cristiani. Hasan Khater, coordinatore del Comitato Islamico-Cristiano, ha spiegato a Sawt Falastin (‘Voce dalla Palestina) come una simile categorizzazione abbia conseguenze politiche sullo status di Gerusalemme: “È un gioco pericoloso quello del potere occupante. Queste statistiche mi spaventano. Non si dovrebbe dimenticare che ci sono oltre 150mila residenti che sono stati isolati da Gerusalemme dal Muro di Separazione. Vivono a a-Daheyah, Kufr Aqab, Abu Deis, al-Izzariyeh e intorno alla città. Si tratta di residenti di Gerusalemme che in realtà vivono fuori dalla città a causa del Muro”. E tagliati fuori anche dalle statistiche ufficiali. Nena News

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