giovedì 24 marzo 2011

Osservatorio Iraq

in Iraq.



Circa 10mila persone sono scese in piazza nei giorni scorsi a Baghdad, in quella che è stata la più grande manifestazione tenuta finora in Iraq.



A protestare sono stati gli sciiti che hanno manifestato la propria solidarietà ai loro correligionari del Bahrain, vittime della repressione di un governo guidato da sunniti.



Teatro della protesta Sadr City, l'enorme slum di Baghdad in cui vivono oltre due milioni di persone, in maggioranza sciiti, considerato una roccaforte del movimento di Muqtada al Sadr. E manifestazioni importanti si sono tenute anche nella città santa di Najaf e a Bassora, nel sud del Paese.



Gli slogan: "Sì, sì al Bahrain. No, no alla famiglia dei Saud", con riferimento all'Arabia Saudita, che ha inviato truppe proprio in Bahrain a sostegno delle forze governative contro i dimostranti.



Condanne per la repressione governativa e per lo schieramento delle truppe saudite nello Stato del Golfo Persico sono arrivate anche dal premier iracheno Nuri al Maliki, mentre il Grande Ayatollah Ali al Sistani, il leader religioso più influente fra gli sciiti iracheni, è uscito dal suo tradizionale riserbo per chiedere alle autorità del Bahrain di "smettere di usare la violenza contro cittadini inermi".





2. Iraq e Libia

(http://www.osservatorioiraq.it/modules.php?name=News&file=article&sid=10244)



E il mondo politico iracheno si divide invece sull'attacco lanciato dalle potenze occidentali contro la Libia di Gheddafi e a sostegno dei ribelli che hanno preso il controllo della parte est del Paese.



L’operazione ha avuto il sostegno ufficiale del governo di Baghdad, ma è stata duramente contestata dai sadristi, che pure fanno parte dell’esecutivo.



"Il governo iracheno appoggia gli sforzi internazionali per proteggere il popolo libico", si legge nella dichiarazione attribuita al portavoce governativo, Ali al Dabbagh, e diffusa dal suo ufficio.



Contrari all'attacco in corso invece si sono detti i sadristi e in particolare il loro leader Muqtada al Sadr, intervenuto per condannato l'intervento militare in Libia così come quello precedente dell’Arabia saudita in Bahrein.



"Sua Eminenza – si legge sul sito dell'ufficio comunicazione del movimento - ha respinto e condannato l'interferenza straniera negli affari interni della Libia e del Bahrain, dicendo che sono i popoli a dover decidere, e che i governi devono farsi da parte se il popolo lo chiede"



Lo stesso Sadr avrebbe poi invitato "coloro che vogliono rovesciare il regime di Gheddafi coi loro aerei” a “evitare di uccidere civili, ed evitare le calamità dei bombardamenti".





3. Siria

(http://www.osservatorioiraq.it/modules.php?name=News&file=article&sid=10242)



Intanto qualcosa sembra muoversi anche in Siria.



Martedì 15 marzo dopo la preghiera di mezzogiorno centinaia di manifestanti anti-governativi hanno riempito le strade centrali di Damasco ed Aleppo. Mercoledì 16 si è replicata la protesta, con ancora più persone in strada.



L'iniziativa sarebbe stata convocata dal gruppo Facebook “The Syrian revolution against Bashar al-Assad 2011”. Altri due appelli, lanciati sempre su Facebook tra gennaio e febbraio, non avevano avuto risposta, probabilmente a causa della massiccia presenza delle forze di sicurezza, in allerta nei giorni chiave della rivoluzione egiziana.



Le richieste dei manifestanti riguardano riforme democratiche ed il rilascio dei prigionieri politici. La Siria, come l'Egitto, vive in uno stato d'emergenza in vigore dal 1963, anno dell'ascesa al potere della minoranza sciita alawita per mano di Hafez al-Assad, padre dell'attuale premier, Bashar al-Assad, succeduto al padre nel 2000.



L'agenzia di stampa Associated Press riporta la notizia di scontri fra i manifestanti ed i sostenitori del presidente Bashar al-Assad.



Più determinato è stato l'intervento delle forze di polizia nella giornata di mercoledì: con l'impiego di manganelli hanno cercato di disperdere la folla, procedendo in seguito ad altri quattro arresti. Gli oppositori, stimati dalla Bbc in circa 150 individui, si sono concentrati nei pressi del ministero dell'Interno.



Proprio la dura repressione delle autorità siriane preoccupa particolarmente i manifestanti. “Dopo una lunga attesa e la speranza di un'imminente rilascio dei prigionieri politici siriani, le nostre speranza sono svanite”, riporta un comunicato del Syrian Observatory for Human Rights.





4. Palestina

(http://www.osservatorioiraq.it/modules.php?name=News&file=article&sid=10234)



E migliaia di persone hanno manifestato nelle città della Cisgiordania e della striscia di Gaza lo scorso 15 marzo in risposta all’appello lanciato da varie associazioni giovanili che chiedono la riconciliazione tra le forze politiche della Palestina e l’unità del suo popolo.



Nel documento gli organizzatori hanno chiesto una riconciliazione basata sulla condivisione di valori comuni e sul rispetto delle opinioni politiche altrui, ma anche il rilascio di tutti i prigionieri politici detenuti da Hamas a Gaza e dall’Autorità Palestinese in Cisgiordania.



Nel lanciare il proprio appello le stesse organizzazioni hanno poi tenuto a ribadire la propria indipendenza da ogni formazione politica “tradizionale” e hanno denunciato il tentativo, da parte del governo Fayyad in Cisgiordania e di quello di Hamas a Gaza, di “cooptare il movimento per servire i propri interessi ed auto-legittimarsi”.



E i timori della vigilia si sono concretizzati in particolar modo a Ramallah, dove Fatah ha di fatto preso il controllo della dimostrazione monopolizzando la piazza centrale di al-Manara.

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