mercoledì 13 ottobre 2010

Israele condanna la resistenza non-violenta

Abdallah Abu Rahmah, leader del Comitato popolare di Bil’in, condannato ad un anno di prigione.



Abdallah Abu Rahmah ha ricevuto oggi la sentenza che lo condanna a 12 mesi di carcere per il suo coinvolgimento nella lotta popolare nonviolenta di Bil’in contro il Muro e gli insediamenti.



Il tribunale militare israeliano ha emesso oggi la sua sentenza contro Abdallah Abu Rahmah, condannato a 12 mesi di prigione oltre al pagamento di un’ammenda pecuniaria di 5mila Shekels. Nella sentenza, il giudice ha citato come circostanza attenuante la mancata attuazione della sentenza dell’Alta Corte di Giustizia Israeliana, che ha dichiarato illegale l’attuale tracciato del Muro a Bil’in. L’accusa (rappresentata da militari, ndt) farà probabilmente ricorso contro questa sentenza – così come fece nel caso di Adeeb Abu Rahmah, che venne condannato a 12 mesi di carcere per accuse simili ma che si trova ancora in prigione dopo 15 mesi, in attesa della decisione sul ricorso in appello. L’avvocato della difesa, Gaby Lasky, sta prendendo anche lui in considerazione la possibilità di ricorrere in appello contro la sentenza di condanna di Abdallah.



Al pronunciamento della sentenza oggi erano presenti personalità diplomatiche dell’Inghilterra, dell’Unione Europea, del Belgio e della Germania, insieme ai rappresentanti dell’UNSCO e di “Human Rights Watch”. “L’Esercito israeliano, che in questo caso rappresenta l’accusa, il giudice e la giuria, sta cercando di utilizzare il caso di Abdallah Abu Rahmah come deterrente per la gente che partecipa alle proteste, come loro stessi hanno ammesso”, ha dichiarato Mohammed Khatib, del Coordinamento dei Comitati Popolari per la Resistenza popolare nonviolenta. “Ma il loro messaggio cade nel vuoto: non abbiamo altra scelta che continuare a lottare per la nostra terra, la nostra libertà e la nostra dignità”, ha aggiunto.





La storia



Abdallah Abu Rahmah, coordinatore del Comitato Popolare di resistenza nonviolenta di Bil’in contro il Muro e gli insediamenti, è stato arrestato lo scorso anno dai soldati durante un raid notturno nella sua abitazione. È stato successivamente incriminato davanti ad una Corte militare Israeliana con accuse prive di fondamento, tra cui quella di aver tirato pietre contro i soldati durante le manifestazioni, oltre al possesso di armi. Abu Rahmah è stato prosciolto da entrambe le accuse, ma condannato per aver organizzato manifestazioni illegali ed aver incitato la popolazione a partecipare. Quello di Abu Rahmah è un caso esemplare del cattivo utilizzo del sistema legale militare israeliano in Cisgiordania, che ha il chiaro proposito di mettere a tacere il legittimo dissenso politico della popolazione. La sua condanna è stata oggetto di forti critiche anche a livello internazionale: Catherine Ashton, Alto Rappresentante dell’UE per la Politica Estera e di Sicurezza Comune, e Vicepresidente della Commissione, ha espresso la viva preoccupazione “che la possibile condanna del signor Abu Rahmah sia volta ad impedire, a lui o ad altri palestinesi, il legittimo esercizio del loro diritto di protesta”, dopo che i diplomatici dell’Unione Europea erano stati presenti a tutte le udienze del processo. Alle dichiarazioni di Catherine Ashton ha fatto seguito quella, non dissimile, del Parlamento Spagnolo. L’attivista sudafricano per i Diritti Umani, arcivescovo Desmond Tutu ha rivolto un appello a Israele affinché la sentenza venisse rovesciata, a nome degli “Anziani”, un gruppo composto da figure pubbliche di rilievo internazionale - tra cui statisti, attivisti per la pace e difensori dei diritti umani - riuniti da Nelson Mandela. I membri del gruppo degli Anziani, tra cui Tutu, avevano incontrato Abu Rahmah prima del suo arresto, durante la loro visita al villaggio di Bil’in.

Anche Amnesty International ha condannato la sentenza contro Abu Rahmah, definendola “un attacco alla sua libertà di espressione”, mentre Human Rights Watch ha criticato la sentenza definendo l’intero processo come “iniquo”.



La vicenda legale



Abu Rahmah è stato prosciolto da due delle quattro accuse a lui rivolte – il lancio di pietre e quella, ancora più ridicola, di possesso di armi – ma è stato condannato per incitamento e organizzazione di manifestazioni illegali. Il suo caso è un chiaro esempio di come l’accusa militare israeliana utilizzi i procedimenti legali come metodo per ridurre in silenzio la protesta disarmata e legittima della popolazione. La Corte israeliana inoltre ha riconosciuto Abu Rahmah colpevole di due dei più draconiani e illiberali articoli di legge militare: incitamento e organizzazione di manifestazioni illegali. L’accusa in questo caso si è basata soltanto sulle testimonianze di alcuni minori che erano stati arrestati nel cuore della notte ed a cui era stato negato il diritto ad una consulenza legale, pur riconoscendo la significativa devianza del loro interrogatorio. La Corte non ha neanche considerato il fatto che non fosse stata fornita alcuna prova concreta dell’implicazione di Abu Rahmah nell’incitamento alla violenza, nonostante tutte le manifestazioni a Bil’in siano sistematicamente filmate dall’Esercito israeliano. Secondo la legge militare, l’incitamento è definito come “Il tentativo, verbale o meno, di influenzare la pubblica opinione nell’area in un modo che possa disturbare la quiete o l’ordine pubblico” (sezione 7/a dell’Ordinanza di Divieto delle Attività di Istigazione e Propaganda Ostile num.101 del 1967), che prevede una pena massima di 10 anni di detenzione.


(Traduzione a cura di Cecilia Dalla Negra - Associazione per la Pace)

3 commenti:

Andrea ha detto...

cazzi suoi, se lo faceva in Iran di protestare a quest'ora era appeso a una gru

arial ha detto...

perchè non inserisci il bottone di FB e Twitter? posso postarlo direttamente dal tuo blog

Anonimo ha detto...

Israele invece non sta a fare tanta fatica, non si preoccupa di salire su una gru e impiccare la gente, gli spara con meno fatica con la playstation
Lilit