martedì 23 novembre 2010

Normale usare bimbi palestinesi come scudi umani

LIBERI SOLDATI CHE USARONO BIMBO COME SCUDO UMANO
Il procuratore militare israeliano Avichai Mandelblit è stato minacciato per aver fatto rinviare a giudizio due militari che obbligarono un bambino di Gaza ad aprire sacchi che sospettavano pieni di esplosivo

Gerusalemme, 22 novembre 2010, Nena News – E’ un colpo al procuratore militare israeliano Avichai Mandelblit ma più di tutto è uno schiaffo alle convezioni internazionali contro i crimini di guerra e alle leggi per la tutela dell’infanzia, la decisione presa ieri della corte militare del comando meridionale israeliano di comminare una condanna, con la condizionale, ad appena per tre mesi di carcere a due soldati israeliani accusati di aver usato un bambino palestinese come uno «scudo umano» durante l’offensiva militare Piombo fuso lanciata da Israele alla fine del 2008 contro la Striscia di Gaza. Il piccolo palestinese fu costretto con la forza ad ispezionare sacchetti sospetti dove i soldati ritenevano fossero nascosti ordigni esplosivi.

I due militari, scrive oggi il quotidiano israeliano Jerusalem Post, non sconteranno neanche un giorno di carcere, grazie alla condizionale, e il fatto che siano stati degradati non avrà alcun effetto pratico poiché entrambi hanno terminato il servizio di leva. I soldati avevano confessato ma la Corte militare ha giudicato un semplice «errore» quello che per le convenzioni internazionali è un crimine di guerra.

Per il procuratore Avichai Mandelbilt – minacciato alcuni giorni fa con scritte sotto la sua abitazione per aver chiesto la condanna severa dei due soldati – è una chiara sconfitta. La destra (e non solo) lo accusava di aver voluto fare dei due militari fatti rinviare a giudizio una sorta di «capro espiatorio». Una accusa che, per motivi opposti, rivolgono a Mandelbit anche coloro che chiedono a Israele di accogliere le conclusioni e le raccomandazioni contenute nel rapporto del giudice Richard Goldstone (Onu) su Piombo fuso e di non limitarsi a condannare a pochi mesi di carcere qualche militare. Proprio Mandelblit è stato l’ autore di un rapporto sulla condotta dell’esercito durante l’offensiva a Gaza, l’unico redatto da Israele e che di fatto conferma quanto è già stato reso pubblico da Goldstone. Anche sull’uso di proiettili con fosforo bianco contro il compound delle Nazioni Unite a Gaza city, in aperta contraddizione con i risultati dell’inchiesta svolta dall’esercito israeliano dell’aprile 2009 che smentisce l’utilizzo di questo tipo di munizioni nelle aree abitate di Gaza.

Non è un caso che il rapporto Mandelblit non sia mai stato commentato pubblicamente, se non nelle pagine interne di qualche quotidiano israeliano, e secondo quanto riportato dal giornale Yediot Ahronot, il ministro degli esteri israeliano Avigdor Lieberman si è rifiutato di pubblicarlo sul sito del ministero in versione ebraica, rendendolo disponibile solo nella versione inglese.

Sono 400 i casi di violazioni e abusi commessi da ufficiali e soldati israeliani durante l’offensiva contro Gaza (dicembre 2008 – gennaio 2009), che ha ucciso circa 1.400 palestinesi, di cui 330 bambini. La polizia militare israeliana ha interrogato oltre 600 militari: sui casi investigati, per 50 si sono aperte vere e proprie indagini criminali, 20 hanno ricevuto degli avvisi di garanzia mentre 3 soldati sono stati accusati di aver commesso crimini e abusi. Mandelblit ha anche indagato sull’operato del colonnello Ilan Malka che ordinò il bombardamento sull’edificio dove viveva la famiglia al-Samuni, nel quartiere di Zaitun (Gaza City), che provocò 29 vittime e oltre 45 feriti, tutti componenti dello stesso clan familiare. Mandelblit però ha deciso di procedere ad azioni legali solo in 4 sui 23 casi menzionati nel rapporto Goldstone (crimini di guerra documentati, perpetrati a danno di civili palestinesi), procedendo all’archiviazione di tutti gli altri.

Per buona parte dei media israeliani e per la quasi totalità dell’opinione pubblica, a Gaza furono commessi solo «errori» e non crmini di guerra, a causa del «difficile» teatro nel quale operarono i militari durante Piombo fuso. Nena News

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