domenica 30 gennaio 2011

Il faraone non intende lasciare la poltrona. 90 morti e molti feriti. Israele tifa per il dittatore che gli fa comodo e lo imita col silenzio stampa

ISRAELE: NO COMMENT SULLA RIVOLUZIONE D’EGITTO
Il premier Netanyahu ha imposto un totale silenzio stampa a ministri, diplomati e personale governativo sugli avvenimenti in Egitto.

Gerusalemme, 29 giugno 2011 – Una situazione volatile, dicono da Tel Aviv. Ma sulla quale il premier Netanyahu ha imposto un totale silenzio stampa a ministri, diplomati e personale governativo. No comment, afferma il premier.

Si sa che il governo israeliano sta in queste ore tifando per Mubarak «pedina – dice qualcuno – fondamentale del sistema di sicurezza regionale», e parte attiva non solo nel tenere sotto il tallone i Fratelli Musulmani in Egitto ma anche nell’assedio di 1,5 milioni di palestinesi della Striscia di Gaza dove è al potere Hamas. L’Egitto non è la Tunisia, sintetizzava ieri l’ex ambasciatore israeliano al Cairo, Gideon Ben-Ami, certo che il sistema repressivo di Mubarak abbia i mezzi per sfuggire all’epilogo di Tunisi, segnato dalla precipitosa fuga del presidente Ben Ali. «In Egitto – ha spiegato Ben Ami – ci sono forze di sicurezza e servizi d’intelligence che sanno far fronte alla situazione nel caso d’una minaccia alla sopravvivenza (del regime). E hanno già cominciato ad agire di conseguenza».

Dal ministero degli Esteri israeliano rimangono sotto costante monitoraggio, ora dopo ora, gli avvenimenti in Egitto. Liebermann, in stretto contatto con l’ambasciatore israeliano al Cairo, rassicura i turisti israeliani e il personale diplomatico presente in Egitto. Ma secondo il Jerusalem Post, la compagnia El Al sta cercando in queste ore di far rientrare almeno 200 turisti israeliani nel paese, organizzando un volo speciale dall’aeroporto della capitale.

Intanto sulla stampa israeliana e non solo si aprono i possibili scenari di allenaze tra Israele e i paesi arabi, alla luce della rivoluzione che scuote proprio il primo paese (tra quelli arabi appunto) a firmare un trattato di pace con lo Stato ebraico. Quella pace che dagli anni Ottanta in poi, fa notare l’editorialista Aluf Benn in un articolo apparso oggi sulla versione on-line del quotidiano Ha’aretz, ha consentito a Isreale di tagliare il suo budget destinato alla difesa, con grandi benefici per l’economia del paese. Nena News

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