lunedì 17 gennaio 2011

GERUSALEMME: DOPO LO SHEPHERD, APRE IL ‘PICCOLO MURO DEL PIANTO’

Modifiche in vista per il vicolo Rabat al-Kurd, nel cuore del quartiere arabo: rimossi ieri i ponteggi dei lavori per far spazio ai religiosi ebrei. Intanto a Gerusalemme Est si manifesta per la distruzione dello Shepherd: i coloni chiedono 70 nuove case, anziché 20.(Vedi i video)

Gerusalemme 15 gennaio 2011, Nena News (foto France 24) – Manifestazione ancora più numerosa, venerdì a Gerusalemme Est: mentre i bulldozer della compagnia Volvo ripulivano dalle macerie lo spazio dove fino alla scorsa domenica si trovava l’hotel Shepherd, edificio storico palestinese, manifestanti israeliani, palestinesi e internazionali hanno sfilato fermandosi davanti al cantiere e protestando contro l’ennesimo insulto. Dopo che il premier Netanyahu, per placare le critiche arrivate da Unione Europea, Stati Uniti e dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, ha dichiarato che “il progetto è portato avanti da individui privati in accordo con la legge israeliana” negando il coinvolgimento del governo israeliano, è di ieri la notizia diffusa dalla stampa israeliana e dall’AFP, che l’organizzazione di coloni ha richiesto la costruzione di ulteriori 50 appartamenti, oltre ai 20 già approvati.

I lavori di demolizione dello storico hotel erano iniziati la scorsa domenica come previsto, a Sheikh Jarrah, nella zona palestinese (Est) di Gerusalemme sotto occupazione dal 1967, dove prosegue lentamente ma senza sosta la penetrazione dei coloni israeliani che negli ultimi due anni sono stati in grado, di occupare in quella zona diverse case sfrattando le famiglie palestinesi che le abitavano e di modificare l’assetto del quartiere. La nuova colonia ebraica che sorgerà al suo posto si chiamerà Shimon Ha-Zadik.


Ha condannato l’avvio dei lavori di demolizione dello Shepherd Hotel anche l’organizzazione israeliana Ir Amin, che dal 2004 monitora le modifiche apportate ai quartieri arabi di Gerusalemme Est dai piani regolatori promossi dal comune e anche i lavori archeologici e non che interessano il cuore della città vecchia. Ed è sempre Ir Amin ad aver lanciato l’allarme ieri, quando in seguito ad un articolo apparso sul quotidiano Ha’aretz, si sarebbe diffusa la notizia della rimozione delle impalcature che limitano l’accesso a quello che viene definito il piccolo Kotel, il piccolo Muro del pianto, che si trova proprio nel quartiere arabo della città vecchia.

Una sezione conosciuta come Rabat al-Kurd alley, usata come passaggio per accedere alle loro abitazioni da 17 famiglie di residenti palestinesi, le cui finestre affacciano proprio nel cortile dal quale le impalcature sono state rimosse. I lavori interessano da anni l’arco, e le gallerie sotterranee che attraversando la proprietà palestinese arrivano fino al vero e proprio Muro del Pianto, e lo spazio, visto che si tratta di un luogo estremamente sensibile, è stato solo occasionalmente aperto alla preghiera dei religiosi ebrei o ad eventi privati. Tanto che tre mesi fa anche un rappresentante del Ministero del Turismo israeliano ha sconsigliato qualsiasi lavoro strutturale che alteri lo status quo, proponendo, il trasferimento di responsabilità del luogo, dal Ministero alla fondazione che gestisce il patrimonio del Muro del Pianto.

Una decisione che risponde alle pressioni di Ateret Cohanim, un’istituzione privata di ultra-ortodossi, che promuove da anni la colonizzazione non solo della città vecchia ma anche di Gerusalemme Est e che ha sempre chiesto con forza la rimozione delle impalcature e l’apertura del sito, nonostante le proteste dei residenti e quelle del ‘Wafq’, l’autorità religiosa islamica. Secondo quanto riportato da diverse fonti, la rimozione delle impalcature risponde al desiderio di far posto ad uno spazio più ampio destinato alla preghiera dei fedeli di religione ebraica che già ora, ma in misura ridotta, visitano il sito. (Nena News)

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